La previsione del diritto ad una quota di TFR riguarda la retribuzione in senso tecnico e non altre indennità. - Cass. sez. I, 11 aprile 2003, n. 5720
Venerdì, 11 Aprile 2003
Giurisprudenza
| Trattamento di fine rapporto di lavoro
| Legittimità
| Merito
-
Diritto dell'ex coniuge -
La quota "dell'indennità di fine rapporto" spettante, ai sensi
dell'art. 12 bis della Legge 1 dicembre 1970, n. 898 (introdotto dall'art. 16 della legge 6 marzo
1987, n. 74), al coniuge titolare dell'assegno divorzile e non passato a nuove nozze ha riguardo a
quella parte della retribuzione, destinata al sostegno del nucleo durante la convivenza dei coniugi,
percepita in forma differita. Tale previsione, riferita alla retribuzione in senso tecnico, tipica del
rapporto di lavoro subordinato, pubblico o privato che sia, non può pertanto essere estesa ad istituti
di diversa natura, preminentemente previdenziale ed assicurativa, aventi origine in regimi
professionali di natura privata, come l'indennità di cessazione dal servizio corrisposta ai notai,
accomunata agli altri trattamenti di fine rapporto solo dalla scadenza al momento della cessazione
dell'attività. È pertanto manifestamente infondata La questione di legittimità costituzionale
dell'art. 12 bis della L. n. 898/1970 al riguardo sollevata in riferimento all'art. 3 Cost., in quanto
a situazioni di fatto diverse ben può il legislatore attribuire regimi diversi, ed in riferimento
all'art. 38 Cost., il cui ambito attiene ai compiti dello Stato verso i più deboli e non impone oneri
ai coniugi in quanto tali; né è configurabile violazione dell'art. 29 Cost., non venendo in rilievo il
principio di parità nel matrimonio.
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