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La quota di trattamento di fine rapporto di lavoro spettante all'ex coniuge può essere richiesta solo dopo che è maturato il diritto a percepire il TFR ed è inammissibile nel giudizio di divorzio la domanda di accertamento del diritto all'indennità di fin - Cass. sez. I, 23 marzo 2004, n. 5719

- Diritto dell'ex coniuge -
Nell'ambito del giudizio di divorzio è inammissibile, per difetto di interesse, la domanda proposta da un coniuge contro l'altro e diretta a ottenere una pronuncia - di mero accertamento - dichiarativa dell'esistenza e della titolarità del diritto a una quota dell'indennità di fine rapporto allorché questi cesserà la propria attività lavorativa, atteso che in caso di azione di accertamento l'interesse ad agire sussiste unicamente qualora vi sia l'esigenza di rimuovere una oggettiva e pregiudizievole situazione di incertezza dipendente da atti o fatti concreti e non da mere supposizioni. Conseguentemente il diritto di un coniuge alla quota di trattamento di fine rapporto percepito dall'altro sorge solo dopo che il TFR è stato effettivamente percepito; pertanto non è ipotizzabile in proposito un'azione di condanna condizionata. E' inammissibile l'azione di accertamento del diritto al trattamento di fine rapporto prima che il diritto sia sorto. Difetta, infatti, l'interesse ad agire che, nell'azione di mero accertamento, è identificabile nell'esigenza di rimuovere un'oggettiva e pregiudizievole situazione d'incertezza, dipendente da atti o fatti concreti, non da mere supposizioni (Cass. Sez. unite. n. 565/2000 e n. 264/1996 e, fra le molte, Cass. n. 3157/2001, n. 6859/1993, n. 3461/1990).

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