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Il diritto alla pensione di reversibilità decorre dal primo giorno successivo a quello in cui si è verificato il decesso dell'ex coniuge ed è subordinato alla titolarità in concreto di un assegno di mantenimento stabilito anche successivamente. - Cass. sez. I, 14 gennaio 2004, n. 336

Mercoledì, 14 Gennaio 2004
Giurisprudenza | Successioni | Legittimità

- Presupposti e decorrenza -
L'art. 13 della legge n. 74 del 1987, regolando in via innovativa il trattamento economico del divorziato in caso di morte dell'ex coniuge, in concorso o meno con il coniuge superstite, gli ha attribuito non più la mera possibilità di conseguire un assegno assimilabile a quello pensionistico, ma la pensione di reversibilità od una quota di essa, fissando come condizioni di tale attribuzione la titolarità dell'assegno di divorzio, il mancato passaggio a nuove nozze e la preesistenza alla sentenza di divorzio del rapporto da cui trae origine il diritto dell'ex coniuge alla pensione. Per effetto di tale disciplina il diritto al trattamento pensionistico sorge nel coniuge divorziato in via automatica, con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello in cui si è verificato il decesso dell'ex coniuge pensionato, in forza di un'aspettativa maturata, sempre in via automatica e definitiva, nel corso della vita matrimoniale, ed è quindi insuscettibile di essere modificato dagli eventi relativi al rapporto matrimoniale, trovando radice nell'apporto recato da ciascuno dei coniugi alla formazione non solo del patrimonio comune, ma anche di quello dell'altro coniuge, e nelle aspettative formatesi durante e per effetto del matrimonio. Il requisito della titolarità dell'assegno di divorzio si sostanzia nell'avvenuto riconoscimento del diritto all'assegno mediante specifica statuizione contenuta nella sentenza di divorzio o in altra pronunzia successiva, non essendo sufficiente la sola maturazione delle condizioni per il suo riconoscimento od una determinazione pattizia non recepita in un provvedimento giudiziale.

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