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Gli acquisti effettuati da un coniuge dopo la sentenza di separazione sono esclusi dalla comunione ove sia stata proposta impugnazione per il solo addebito. - Cass. sez. I, 31 maggio 2008, n. 14639

Sabato, 31 Maggio 2008
Giurisprudenza | Comunione legale | Legittimità

- Acquisti esclusi dalla comunione -
Secondo il condiviso ed ormai consolidato orientamento di questa Corte nel giudizio di separazione personale dei coniugi, la richiesta di addebito, pur essendo proponibile solo nell'ambito del giudizio di separazione, ha natura di domanda autonoma; infatti, la stessa presuppone l'iniziativa di parte, soggiace alle regole e alle preclusioni stabilite per le domande, ha una causa petendi (la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio in rapporto causale con le ragioni giustificatrici della separazione, intollerabilità della convivenza o dannosità per la prole) ed un petitum (statuizione destinata a incidere sui rapporti patrimoniali con la perdita del diritto al mantenimento e della qualità di erede riservatario e di erede legittimo) distinti da quelli della domanda di separazione; pertanto, in carenza di ragioni sistematiche contrarie e di norme derogative dell'art. 329, secondo comma cod. proc. civ., l'impugnazione proposta con esclusivo riferimento all'addebito contro la sentenza che abbia pronunciato la separazione ed al contempo ne abbia dichiarato l'addebitabilità, implica il passaggio in giudicato del capo sulla separazione. Conseguentemente l'acquisto di un immobile effettuato da un coniuge dopo il passaggio in giudicato del punto relativo allo status non comporta l'acquisizione di quel bene alla comunione.

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