inserisci una o più parole da cercare nel sito
ricerca avanzata - azzera

Il coniuge che assume un'obbligazione non pone l'altro nella veste di debitore solidale. - Cass. sez. III, 15 febbraio 2007, n. 3471

Giovedì, 15 Febbraio 2007
Giurisprudenza | | Legittimità

- Responsabilità -
Nella disciplina del diritto di famiglia, introdotta dalla legge 151/1975, l'obbligazione assunta da un coniuge, per soddisfare i bisogni familiari, non pone l'altro coniuge nella veste di debitore solidale, difettando una deroga rispetto alla regola generale secondo cui il contratto non produce effetti rispetto ai terzi. Il suddetto principio opera indipendentemente dal fatto che i coniugi si trovino in regime di comunione dei beni, essendo la circostanza rilevante solo sotto il diverso profilo della invocabilità da parte del creditore della garanzia dei beni della comunione o del coniuge non stipulante, nei casi e nei limiti di cui agli artt. 189 e 190 (nuovo testo) c.c. Nella disciplina del diritto di famiglia, in relazione alle obbligazioni contratte da uno solo dei coniugi nell'interesse della famiglia, il creditore che, ai sensi dell'art. 189 c.c., voglia agire anche nei confronti del coniuge dello stipulante, deve dimostrare non solo che il convenuto è coniuge dello stipulante, ma anche che i beni della comunione non sono sufficienti ad estinguere l'obbligazione e che l'unico debitore principale, il coniuge stipulante, non abbia adempiuto l'obbligazione, assunta esclusivamente a suo carico. In materia di rapporti patrimoniali tra coniugi, il contraente che ha contrattato con uno solo dei coniugi può invocare il principio dell'apparenza del diritto, al fine di sostenere il suo ragionevole affidamento sul fatto che questi agisse anche in nome e per conto dell'altro coniuge solo qualora si verifichino le seguenti condizioni: a) uno stato di fatto non corrispondente allo stato di diritto; b) il ragionevole convincimento del contraente, derivante da errore scusabile, che lo stato di fatto rispecchiasse la realtà giuridica; ne consegue che, per poter invocare il principio dell'apparenza del diritto il terzo deve comunque poter provare la propria buona fede e la ragionevolezza dell'affidamento, non essendo invocabile il principio in questione da chi versi in colpa per aver omesso di accertare, in contrasto con la stessa legge oltre che con le norme di comune prudenza, la realtà delle cose.

autore: