inserisci una o più parole da cercare nel sito
ricerca avanzata - azzera

Riflessioni a margine del decreto Tribunale per i Minorenni di Bari, 2 novembre 2022 su adozione omogenitoriale e divieto di maternità surrogata

autore: M. Labriola

SOMMARIO: 1. Il caso. - 2. Che genere di famiglia. - 3. La sentenza della Corte Costituzionale sulle adozioni in casi particolari. - 4. Lo stato della giu- risprudenza italiana sulla maternità surrogata e l’ultimo arresto S.U. n. 38162/2022. - 5. La responsabilità genitoriale delle famiglie same sex. - 6. Ulteriori brevi riflessioni a margine della sentenza del tribunale di Arezzo del 10 novembre 2022 PMA e coppie same-sex.



1. Il caso





Il Tribunale per i Minorenni di Bari è intervenuto nell’ambito di un procedimento relativo alla trascrizione di una sentenza di adozione, ai sensi del co. 4 art. 36 l. 184/1983, emessa in Inghilterra nei confronti di due uomini, uno italiano e l’altro inglese, in favore di bambini nati dalla stessa madre. Il tribunale, a seguito di una breve istruttoria, ha accertato che l’adozione dichiarata all’estero era stata definita sul presupposto di una condizione di pregiudizio dei minori, generata dalla precarietà accuditiva della famiglia biologica senza alcun coinvolgimento della coppia adottiva in un momento antecedente a quello dell’abbinamento, quindi, senza ricorrere alla pratica di surrogazione di maternità. Tra l’altro, il Giudice minorile ha verificato l’assenza di rapporti tra i genitori biologici e i minori, in conformità con quanto previsto per legge in Italia come presupposto necessario per la dichiarazione di adozione legittimante.

Di conseguenza, il Tribunale minorile barese, dichiarando la propria competenza, ha disposto il riconoscimento dell’efficacia in Italia della sentenza emessa dalla “Family Court” inglese dichiarativa dell’adozione dei minori, con l’ordine all’ufficiale di stato civile del comune di trascrivere le pronunce straniere di adozione allegate e gli atti di nascita redatti dall’Autorità straniera nei registri dello stato civile. La circostanza della diversa cittadinanza dei due padri è apparsa compatibile con una interpretazione ermeneutica della locuzione “a istanza di cittadini italiani”, di cui al co. 4 art. 36 l. ad., che lascia intendere come sia ammissibile la domanda qualora almeno uno dei genitori sia di nazionalità italiana.

Sotto il profilo più strettamente procedurale, come già evidenziato, il Tribunale si è dichiarato competente con l’applicazione, alla fattispecie, dell’istituto dell’adozione internazionale e ha ritenuto non utilizzabile la disciplina della trascrizione della sentenza di adozione formatasi all’estero tra i due uomini.

Questo ha comportato un sindacato di conformità alla legge interna e un sindacato di idoneità adottiva sui genitori.

Il Tribunale minorile ha argomentato sulla propria competenza per materia, assumendo di non discostarsi dalla precedente ed apparentemente difforme affermazione delle S.U.1 sulla competenza della Corte d’Appello relativa alla trascrizione della sentenza di adozione decisa in Inghilterra, posizione valutata “obiter dictum”, seppur attribuita ad un caso simile di coppia same sex – un italiano e un americano.

Benché la Cassazione2 avesse, inizialmente, circoscritto la discrezionalità decisionale dei giudici, chiamati al riconoscimento di una sentenza straniera di adozione legittimante in Italia, immaginando un sindacato che si estendesse anche al merito della valutazione del provvedimento straniero sullo stato di adottabilità e di idoneità dei futuri genitori, e avesse rinviato la questione alle S.U.3, queste ultime hanno statuito che i nostri principi costituzionali, la l. 183/1984 e la l. 76/2016 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso), oltre al presupposto del rispetto dell’ordine pubblico interno, non impediscono al provvedimento straniero, che abbia consentito alla coppia omosessuale l’adozione legittimante, di ottenerne l’efficacia nel nostro Stato proprio con lo strumento della delibazione della sentenza straniera.

La domanda dei due padri, nel caso sottoposto all’attenzione del Tribunale barese, ha superato il vaglio del limite rappresentato dall’ordine pubblico interno in quanto il provvedimento straniero di adozione è basato sulla decadenza della responsabilità dei genitori biologici non impattando, pertanto, nei divieti sanciti dall’art. 12. della l. 140/2004 sulla surrogazione di maternità.

Quindi, la scelta del Giudice minorile di non creare una sperequazione nella disciplina delle adozioni internazionali tra famiglie costituite da coppie eterosessuali e quelle costituite da coppie omosessuali è nel senso, in termini sostanziali, della rilevanza, del rispetto e del diritto del minore a crescere nella famiglia.

Il decreto di riconoscimento della sentenza di questa adozione internazionale assume rilievo anche in ragione degli effetti giuridici che derivano da tale decisione, atteso che ai minori è riconosciuto uno status di filiazione “legittima”.

Con il presente studio si trae spunto dalla lettura del decreto del Tribunale per i Minorenni di Bari per avvivare alcune riflessioni sulla adozione e sulla maternità surrogata di coppie same sex in Italia.



2. Che genere di famiglia



Quando si parla di famiglia è necessario pensare che col tempo la parola si sia tramutata in qualcosa d’altro rispetto all’inalterabile concetto di società naturale fondata sul matrimonio. Alcuni autori parlano di ossimoro citando l’espressione che la Carta costituzionale ci rimanda quando definisce la “famiglia”4. Gli studi dottrinari, condotti già all’indomani della riforma del 1975 sul diritto di famiglia, plaudivano alla equiparazione tra i figli “legittimi” e “naturali”, fornendo una prima, ma decisiva, riflessione sui principî di tutela delle diversità e sul superamento dello stigma sulle differenze tra i componenti delle famiglie5.

Nel 2001, il nuovo assetto normativo in tema di minori ha sostituito il titolo da “disciplina dell’adozione” della l. 184 del 1983 con il “diritto del minore ad una famiglia” e ha trasferito sui figli il punto centrale dell’intera legislazione.

C’è un nuovo dato sociale variegato ed imprescindibile che porta a concludere come la filiazione giuridica non coincida sempre con la discendenza o l’appartenenza genetica. L’identità personale, non necessariamente biologica, rappresenta una parte considerevole della vita familiare. Da tale argomento discende, come si vedrà, la necessità di rendere visibili, per lo Stato, quei genitori – intenzionali o sociali – che hanno operato una scelta, quasi sempre obbligata da condizioni di impossibilità soggettiva, di non avere alcun legame genetico con i figli nati all’interno di relazioni sentimentali sia eterosessuali sia omosessuali.

Benché la letteratura giuridica sul diritto di famiglia perseveri nel citare, ancora oggi, la famosa affermazione di Arturo Carlo Jemolo6, pronunciata nel 1949, per cui la famiglia è una “isola che il mare del diritto deve solo lambire”, in realtà, gli interventi pubblicistici in questo ambito, sempre meno privatizzato da alcuni decenni, devono adeguarsi ai cambiamenti sociali e culturali in atto per la tutela di istanze che si palesano sempre più diversificate. Si pensi alle disposizioni sulle azioni di welfare statale a sostegno delle famiglie o alla funzione di garanzia sostitutiva delle istituzioni nei casi di incapacità genitoriale, nei c.d. provvedimenti de potestate.

L’intervento officioso del giudice, nei diritti indisponibili di alcuni soggetti – minori e disabili – non trova esempi di pari intensità nel nostro ordinamento, percepito, talvolta, come invasivo. La famiglia non può più essere solo lambita, in ragione del fatto che il diritto, di recente, ha immaginato, altresì, una funzione di controllo nei percorsi di autonomia negoziale – basti pensare al visto di conformità del p.m. nella negoziazione assistita in cui sono presenti i minori – o un accertamento rigoroso sulle autorizzazioni alle trascrizioni anagrafiche dei figli nati all’estero con PMA.

In quest’ultima ipotesi, si consideri come l’acceso dibattuto giurisprudenziale, sulla compatibilità tra l’ordine pubblico interno e quello internazionale, sia il sintomo di quanto il nostro Stato ritenga di dover attestare le capacità genitoriali con il metro di una normativa interna non sempre al passo coi tempi.

Le comunità familiari sono tante, anche non fondate sul matrimonio, e caratterizzate dalla convivenza dei suoi membri, dall’esistenza di vincoli di solidarietà reciproca, da condivisioni economiche, da affettività tra i suoi componenti, da un certo grado di stabilità e, in presenza di figli, dalla loro tutela attraverso la cura, l’istruzione e l’educazione7.

Di questi ultimi non se ne occupano solo i genitori, l’esperienza degli affidamenti eterofamiliari, ad esempio, sottolinea come sull’accudimento e sulla affettività il compito o il mandato genitoriale che lo Stato, sino a pochi anni fa, assegnava al padre e alla madre, tenendo conto della biologia o della genetica e della modalità della nascita8, adesso può essere conferito a soggetti diversi o a componenti senza legami biologici col figlio ed inseriti in nuove unioni familiari.

La contiguità lessicale tra l’art. 14 della Conv. Eu9 e l’art. 1 co. 5 della l. 184/1983 aiuta l’interprete nel difficile compito di superare le barriere imposte da un rapporto dicotomico tra ordine pubblico interno ed ordine pubblico internazionale10, in quanto non è più possibile comprimere gli interessi del minore atteso che, soprattutto nel caso delle famiglie omogenere, il dato giuridico dell’eventuale inserimento del figlio nel nucleo già formatosi è posteriore al dato fattuale. Il riconoscimento della co-genitorialità nelle unioni same sex deve basarsi sulla importanza della relazione tra i componenti di questa famiglia ed il bambino.

Abbiamo appreso, ormai, come non vi siano evidenze scientifiche che indichino quale sia il genitore perfetto (un padre e una madre, due madri o due padri), pertanto, lo Stato che interviene e sale sull’isola della famiglia del prof. Jemolo, deve prendere atto che ciò che più conta è il minore e il suo diritto all’amore e all’attenzione.

Infatti, l’asse portante della legislazione minorile italiana, cui si ispira l’art. 1 della l. 184/1983 co. 5, è “il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell’ambito di una famiglia, […] senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i principî fondamentali dell’ordinamento”. Perché ciò sia possibile lo Stato deve rimuovere gli ostacoli che impediscono la crescita del minore.

Si è ritenuto, da più parti, che la struttura delle norme introdotte con il d.lgs. 154/2013 abbia stabilito una netta demarcazione tra filiazione e matrimonio, nel senso che “il baricentro della famiglia si è spostato dal matrimonio alla filiazione”11; in virtù della sollecitazione del superamento di disparità normative nella disciplina della adozione, anche per una futura apertura – auspicata da taluno – verso l’applicabilità dell’istituto della adozione, con effetti legittimanti, alle coppie dello stesso sesso12. Il consolidamento affettivo, la relazione particolarmente significativa con un soggetto capace di cure genitoriali, oltre ad una adeguata condizione psicofisica del minore, dovranno essere, quindi, sempre tra i criteri di ammissibilità della domanda di adozione.



3. La sentenza della Corte Costituzionale sull’adozione in casi particolari





Da ultimo, La Corte costituzionale13 ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 55 l. 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), nella parte in cui, mediante rinvio all’art. 300 co. 2 c.c., prevede che l’adozione in casi particolari non induca alcun rapporto civile tra l’adottato e i parenti dell’adottante. Nel corso del giudizio di legittimità, l’Avvocatura dello Stato si è opposta alla richiesta di incostituzionalità dell’art. 55 in ragione della incompetenza del TM rimettente a decidere sugli effetti della declaratoria di adozione in casi particolari e sulle sue conseguenze giuridiche in tema di relazione con i parenti, essendo, a suo dire, competenza demandata – anche ai sensi dell’art. 38 disp. att. c.c. – al tribunale ordinario.

In particolare, il giudice delle leggi ha statuito che, così come la competenza a decidere sulla adozione c.d. “in casi particolari” sia attribuita al tribunale per i minorenni, è possibile che questo tribunale sia, altresì, competente sugli effetti che il provvedimento sullo status produce sul minore e sulle questioni relative ai legami parentali della filiazione adottiva, ammettendo, quindi, la legittimità del giudice rimettente. Nondimeno, il giudizio sulla idoneità all’adozione e sulla capacità genitoriale non può fondarsi sul mero “[…] orientamento sessuale del richiedente l’adozione e del suo partner”14. È sufficiente richiamare la normativa sulla filiazione, riformata solo una decina di anni fa, per comprendere come si sia reso imprescindibile l’intervento della Corte Costituzionale. “In conclusione” la Corte scrive “l’art. 55 della legge n. 184 del 1983, nella parte in cui esclude, attraverso il rinvio all’art. 300, secondo comma, cod. civ., l’instaurarsi di rapporti civili tra il minore adottato in casi particolari e i parenti dell’adottante, vìola gli artt. 3, 31, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 8 CEDU”.

La presa di posizione tanto attesa, su cui la dottrina15 si andava interrogando da tempo, ha previsto un invito al legislatore per trovare una soluzione all’estensione dei legami parentali tra il figlio adottivo e i familiari del “genitore adottante che condividono il medesimo stipite, mantenendo – grazie alla definizione adamantina dell’art. 74 cod. civ. – la distinzione fra i parenti della linea adottiva e quelli della linea biologica”. Il decisivo intervento della Corte consente di conformare gli effetti giuridici della filiazione adottiva dei casi particolari alla nozione allargata di legame familiare, con la possibilità di applicare tutte le norme che contengono la disciplina dei “rapporti civili fra l’adottato e i parenti dell’adottante”.



4. Lo stato della giurisprudenza italiana sulla maternità surrogata e l’ultimo arresto S.U. n. 38162/2022





Benché la giurisprudenza di merito si stesse muovendo sempre più frequentemente nell’ammettere la trascrizione dei certificati di nascita di figli nati all’estero da coppie omosessuali che avessero fatto ricorso alla procreazione per altri, gli arresti della Suprema Corte, in questi ultimi due anni, si sono attestati sulla costante sollecitazione al legislatore ad intervenire, in ragione della complessità delle situazioni portate all’attenzione della magistratura tutta e sulla necessità di regolamentare in maniera sistematica e uniforme la materia, per superare la eccessiva vincolatività dettata dalla l. 40/2004.

Così per i recenti provvedimenti della S.C.16, il mancato riconoscimento del rapporto di filiazione tra il minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata ed il genitore intenzionale non si pone in conflitto con i principi sanciti dalle convenzioni internazionali in materia di protezione dei diritti dell’infanzia, né con le indicazioni emergenti dalla giurisprudenza formatasi al riguardo. Le predette fonti assicurano la più ampia tutela al minore, impegnando gli Stati a preservarne l’identità ed a rispettarne le relazioni familiari, e ad individuare, quale criterio preminente da adottare in tutte le decisioni che lo riguardino, il suo interesse superiore, nonché promuovere la concessione delle garanzie procedurali necessarie ad agevolare l’esercizio dei suoi diritti. Ciò non significa, tuttavia, che la tutela dell’interesse superiore del minore non possa costituire oggetto di contemperamento con quella di altri valori essenziali ed irrinunciabili dell’ordinamento, la cui considerazione può ben incidere sull’individuazione delle modalità più opportune da adottare per la sua realizzazione.

Un anno dopo la I sez. della Cassazione17 ha valutato come

non è manifestamente infondata la questione di legittimità degli artt. 12 co. 6, l. n. 40 del 2004, 18 d.P.R. n. 396 del

2000, 64, comma1, lett. g), l. n. 218 del 1995, nella parte in cui non consentano, secondo l’interpretazione attuale del diritto vivente, che possa essere riconosciuto e dichiarato esecutivo, per contrasto con l’ordine pubblico, il provvedimento giudiziario straniero relativo all’inserimento nell’atto di stato civile di un minore procreato con le modalità della gestazione per altri (altrimenti detta maternità surrogata) del c.d. geni- tore d’intenzione non biologico, per contrasto con gli artt. 2, 3, 30, 31.117 comma 1, Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 8 CEDU, 2, 3, 7, 8, 9 e 18 della Convenzione 20 novembre 1989 delle Nazioni Unite sui diritti dei minori.

Le sezioni Unite18 sono tornate sul punto e con un provve- dimento recente asseriscono che può riconoscersi efficacia al provvedimento giurisdizionale straniero (nella specie, dello Stato di New York) di adozione di un minore da parte di una coppia omoaffettiva maschile (entrambi cittadini americani, uno anche cittadino italiano), che attribuisce uno status genitoriale corrispondente all’adozione piena o legittimante, atteso che: a) tale provvedimento non produce effetti in contrasto con i principî di ordine pubblico internazionale, non ostando al riguardo l’orientamento sessuale della coppia adottante. Poiché tali principî non sono integrati dalla riserva della adozione legittimante, in forza della legislazione interna, alle sole coppie coniugate, quanto piuttosto dal riconoscimento della preminenza dell’interesse di tutti i minori, senza discriminazioni, nelle determinazioni che incidono sul loro diritto alla identità e alla stabilità affettiva; b) il suddetto riconoscimento presuppone, da un lato, che non vi sia un previo accordo di surrogazione di maternità, dall’altro che il provvedimento straniero, pur se pronunciato, come nella specie, dopo aver acquisito il consenso dei genitori biologici del minore, abbia valutato positivamente l’idoneità genitoriale in concreto degli adottanti; c) il relativo procedimento, che trae origine dal rifiuto dell’ufficiale di stato civile di trascrivere il provvedimento estero, costitutivo di status, è di competenza in unico grado della corte d’appello, e si svolge in contraddittorio con il sindaco, in qualità di ufficiale di stato civile, nonché – sus- sistendo al riguardo litisconsorzio necessario – con entrambi gli adottanti, anche se uno di essi ha spiegato intervento volontario adesivo solo nel giudizio innanzi alla Suprema Corte. Nel contrasto e nei dubbi emersi in sede di legittimità la Prima Sezione Civile19 aveva inviato gli atti per l’assegnazione alle Sezioni Unite, relativa alla questione del riconoscimento di un atto di nascita estero di minore nato mediante ricorso alla gestazione per altri, per il genitore non biologico in coppia omogenitoriale maschile, all’esito della decisione della Corte cost. n. 33 del 202120. La pronuncia, nell’individuare il rilevante deficit di tutela del minore derivante dal diritto vivente, in quanto limitato alla adozione in casi particolari ex art. 44, lett. d), della l. n. 184 del 1983, imponeva, secondo l’ordinan- za interlocutoria, una rimeditazione dell’approdo a cui le S.U. di questa Corte erano pervenute con la pronuncia n. 12193 del 2019, ritenendo non trascrivibile l’atto predetto perché

contrario ai principi di ordine pubblico internazionale.

Il giudice delle leggi, dopo aver riconosciuto la preminenza dei diritti ed interessi dei nati in Italia a seguito di PMA ete- rologa praticata da due donne in un altro paese e valutate le lacune dell’ordinamento, ha sottolineato come non possa il legislatore, per le sue funzioni, non porre rimedio21.

L’ultimo intervento delle Sezioni Unite della fine dell’anno 202222, riunitesi nuovamente alla luce delle istanze sempre più pressanti della giurisprudenza al legislatore per contenere la frattura creatasi tra normativa interna e interesse del minore, ha valutato la tesi sostenuta nell’ordinanza interlocutoria della I sezione che, alla luce dei precedenti arresti di nomofilachia, ha sostenuto come “non sarebbe più in linea con la pronuncia del Giudice costituzionale23 la lettura della clausola di ordine pubbli- co come precostituita da una valutazione generale e aprioristica del legislatore tale da comportare, con la prevalenza della finalità antielusiva sull’interesse del minore, il diniego del riconoscimento dello status filiationis”. Pertanto, l’ordinanza rimettente sottolinea ancora una volta quale punto nodale: il vuoto legislativo.

Non sono d’accordo le Sezioni Unite, che hanno ritenuto come, benché mai la giurisprudenza possa sostituirsi al legislatore, sia possibile tuttavia tutelare l’interesse del minore in ragione della dichiarazione di illegittimità costituzionale, operata dalla Corte Costituzionale nel 2022 (cfr. par. 3) dell’art. 55 l. 184/1983 in relazione all’art. 300 co. 2 c.c., lì dove l’articolo non consentiva di estendere la disciplina della adozione piena anche ai casi particolari e, oltre alla discrezionalità consentita ai tribunali per i minorenni di superare il mancato assenso del genitore biologico all’adozione del genitore intenzionale sulla base di quell’unità di intenti voluta dalla coppia nella scelta della genitorialità surrogata8.

Le S.U. hanno espresso un giudizio anche valoriale sulla pratica della maternità surrogata considerata “una ferita alla dignità della donna” e, proprio il richiamo alla l. 40/2004 ha consentito al Collegio di osservare che “la gestazione per altri lede la dignità della donna e la sua libertà anche perché durante la gravidanza essa è sottoposta ad una serie di limiti e di controlli sulla sua alimentazione, sul suo stile di vita, sulla sua astensione dal fumo e dall’alcol e subito dopo il parto è oggetto di limitazioni altrettanto pesanti causate dalla privazione dell’allattamento e dalla rescissione immediata di ogni rapporto con il bambino. La l.

n. 40 del 2004, art. 12, comma 6, esprime l’esigenza di porre un confine al desiderio di genitorialità ad ogni costo, che pretende di essere soddisfatto attraverso il corpo di un’altra persona utilizzato come mero supporto materiale per la realizzazione di un progetto altrimenti irrealizzabile”.

Nel confermare il precedente orientamento di legittimità con l’esclusione della possibilità di trascrivere l’atto di nascita formatosi all’estero a seguito di GPA, le Sezioni Unite ribadiscono come insuperabile il principio espresso con la l. 40/2004 art. 12 co. 6 per cui si fa divieto in Italia di tale pratica procreativa, anche in base agli insegnamenti costituzionali sulla dignità della donna, in quanto, la possibilità di trascrivere questa tipologia di atti incentiva una pratica fortemente osteggiata dallo Stato.

Inoltre, il Collegio sottolinea come, in realtà, sia ammessa in Italia la scelta di procreazione eterologa solo qualora non si faccia ricorso alla GPA, poiché non si deve valorizzare il diritto alla genitorialità “a qualunque costo” anche quando vi sia lo sbarramento dei principi dettati dall’ordine pubblico interno.

Infine, un ultimo e assorbente motivo ha spinto i giudici di legittimità a rilevare quanto un eventuale automatismo della trascrizione dell’atto di nascita formatosi all’estero a seguito di PMA inibisca una valutazione, approfondita nel merito, sull’interesse del minore, poiché, ciò che rileva non è la tutela della scelta genitoriale, bensì i compiti di cura e la stabilità della relazione affettiva tra il figlio e i futuri genitori. Il provvedimento conclude confermando quanto lo Stato italiano si stia facendo carico della tutela della filiazione omogenitoriale consentendo l’applicazione della disciplina prevista dall’art. 44 lett. d) l. 184/183 che consente un controllo giurisdizionale sulla relazione genitoriale in grado di superare anche l’eventuale dissenso del genitore genetico.



5. La responsabilità genitoriale delle famiglie same-sex





L’altro aspetto che ha visto un significativo intervento della giurisprudenza, nelle famiglie same sex, è quello che riguarda la responsabilità genitoriale.

La relazione genitoriale è andata sempre più sganciandosi dall’appartenenza genetica col figlio, con l’emersione, anche a seguito delle nuove tecniche riproduttive, di nuove figure genitoriali: la madre genetica (donatrice dell’ovocita fecondato), la madre biologica (partoriente) la madre sociale, (senza legami di sangue col minore); il padre biologico ed il padre sociale o intenzionale. Sono figure che possono, di fatto, non coincidere fra di loro. Come già sostenuto in premessa, la tutela del diritto allo status e alla identità personale può non identificarsi con le origini genetiche.

Le pronunce sulla adozione in casi particolari in genere valorizzano, soprattutto, l’importanza della stabile convivenza della coppia per l’equilibrio psicologico del minore ed accertano, caso per caso, l’eventuale pericolosità dell’interruzione del legame con le figure di riferimento vicine al minore, tra queste non possono non ricomprendersi i parenti di ogni ramo genitoriale adottivo. Difatti, le espressioni “famiglia o convivenza di fatto” ritraggono una pluralità di relazioni e legami aventi vincoli giuridici, biologici e sociali.

Nell’individuare le risposte alla pianificazione della crisi familiare (il diritto agli incontri, il diritto alimentare, il diritto alla frequentazione degli ascendenti), nell’interesse dei figli del genitore intenzionale o della genitrice genetica e non biologica, la giurisprudenza, in questi ultimi anni, si è avvalsa dell’ausilio del concetto di “stabilità” e di “solidità”, che garantisce la relazione di fatto già intercorrente tra un adulto convivente ed il minore.

Su tale presupposto, conseguentemente, non possono che essere individuate soluzioni che consentano, ad una coppia omosessuale, di esprimersi pienamente nella esperienza della genitorialità, seppur in assenza di un provvedimento adottivo o di rigetto della trascrizione dell’atto di nascita. Non sono infrequenti i casi in cui il genitore sociale o intenzionale, a causa della crisi di coppia, sia impossibilitato ad esercitare, in assenza di un riconoscimento formale di maternità o paternità, le proprie prerogative genitoriali, con particolare riferimento all’interesse prevalente del minore.

Il Trib. Palermo24, non troppo di recente, ha affrontato il caso di due madri, una biologica (fecondata col seme di un comune amico) l’altra sociale. Successivamente alla crisi sen- timentale, le donne hanno litigato sulla possibilità, per la madre sociale, di frequentare il bambino. Il tribunale, a seguito di ctu, ha consentito gli incontri con la madre intenzionale, tenendo in primaria considerazione il principale interesse del minore. In linea di diritto, in questi particolari casi, gli aspetti di maggiore problematicità emergono a causa della carenza di legittimazione della madre sociale a vedersi riconosciuto un ruolo genitoriale. Il Trib., sul punto, ha chiarito che il legame biologico non è determinante ai fini dell’attribuzione al minore del diritto di mantenere stabili relazioni con il genitore sociale, sempre che questi abbia rivestito un ruolo decisivo per la crescita del bambino, pur non essendo legato da rapporti di parentela. Il giudice ha interpretato in senso evolutivo l’art. 337-ter c.c., conformemente al dettato costituzionale ed alle fonti di diritto internazionale, estendendo l’ambito applicativo della norma per includere, nel concetto di bigenitorialità e di famiglia, anche la figura di questa “non genitrice”, ossia di quella donna che ha instaurato, con il minore, un legame familiare di fatto significativo e duraturo.

Nel caso di specie è stata dichiarata la competenza del tribunale ordinario e non di quello minorile, non potendosi estendere, tale ipotesi, al diverso caso di cui all’art. 317-bis

c.c. che tutela il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni.

La corte d’Appello di Palermo, adita dalla madre biologica, ha modificato parzialmente il provvedimento del Tribunale, stabilendo che la madre sociale incontrasse e tenesse con sé i minori, figli dell’ex partner, un pomeriggio a settimana e due fine-settimana al mese.

La S.C.25 – che pochi mesi prima aveva effettuato un’inversione di marcia ammettendo la reclamabilità dei provvedimenti ablativi e modificativi della responsabilità genitoriale

– ha respinto la domanda della madre biologica, in ragione della inammissibilità del reclamo dei provvedimenti emessi nei giudizi de potestate aventi natura non contenziosa, in tale ipotesi, il giudice di legittimità ha aggirato un ostacolo, quello relativo alla valutazione sulla legittimità processuale di atti di impulso, a tutela dei minori, del genitore sociale o intenzionale, benché in assenza di un legame giuridico, presente sotto il profilo affettivo.

Successivamente, la corte costituzionale26, è stata interessata della questione di legittimità – sollevata dalla corte d’appello di Palermo in relazione a plurimi parametri costituzionali

– dell’art. 337-ter c.c., nella parte in cui, disponendo che il minore ha diritto di mantenere rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale, impedirebbe al giudice di garantire la conservazione, nell’interesse del minore, di rapporti, ove ugualmente significativi, con soggetti diversi dal ramo parentale (nella specie l’ex partner omoaffettiva della genitrice biologica di due minori).

A detta della Corte, l’interruzione ingiustificata, in contrasto con l’interesse del minore, da parte di uno o di entrambi i genitori di un rapporto significativo instaurato e intrattenuto con soggetti che non siano parenti è, infatti, riconducibile alla ipotesi di condotta del genitore comunque pregiudizievole al figlio, in relazione alla quale l’art. 333 c.c. già consente al giudice di adottare i provvedimenti convenienti nel caso concreto. Non sussiste, pertanto, per il giudice delle leggi, il vuoto di tutela dell’interesse del minore presupposto dal giudice rimettente.

Gli ermellini27 confermano come il mancato riconoscimento del predetto status avrebbe determinato un evidente pregiudizio per i minori, precludendo il riconoscimento in Italia di tutti i diritti che ne derivavano nei confronti del padre intenzionale, indipendentemente dalla possibilità di farli valere nei confronti dell’altro genitore, impedendogli di assumere la responsabilità genitoriale e privando di rilievo giuridico nel nostro ordinamento l’identità familiare ed i legami familiari legittimamente acquisiti all’estero.

D’altronde, è importante sottolineare come l’apporto di que- sto genitore d’intenzione possa essere certamente significati- vo, il consenso libero ed informato, nell’ambito delle tecniche di PMA, ha come conseguenza, non solo la conferma della scelta procreativa e genitoriale, ma anche il divieto del disco- noscimento del nato e il divieto di azione di veridicità.

Parrebbe, quindi, opportuna una modifica della l. 184/1983. nella parte in cui, nell’adozione in casi particolari, preveda che si possa pronunciare sempre – comunque, nell’interesse primario del minore – la adozione in favore del genitore in- tenzionale il quale, insieme al genitore biologico, abbia prestato, per contratto, il proprio consenso alla pratica di gestazione per altri. L’automatismo che deriverebbe dalla natura per così dire obbligatoria della prestazione del consenso da parte di entrambi, nell’ambito di una progettualità genitoriale comune, consentirebbe di prescindere dal potere discrezionale sull’assenso attribuito per legge al genitore biologico al momento della adozione.

In base a tale presupposto, è evidente che il significato del consenso prestato, non solo per condividere col genitore biologico la procreazione, ma per dichiarare formalmente una assunzione di responsabilità genitoriale non si può sottovalutare. Sotto il profilo normativo è pleonastico sostenere come l’applicabilità della intera legislazione sulla filiazione sia la logica conseguenza della scelta effettuata.

In realtà, benché la giurisprudenza si sia espressa ampiamente sulla impossibilità di formalizzare un rapporto di filiazione, diverso dalla adozione, dai nati in Italia da coppie same sex con fecondazione eterologa, l’assunto appare in contrasto con quanto stabilito dalla normativa interna: mentre la l. 40/2004 all’art. 5 prevede che “fermo restando quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi” con riferimento alla sola materia della pma, l’art. 254 c.c., applicato dagli ufficiali di stato civile, prevede un diverso aspetto: “il riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio è fatto nell’atto di nascita, oppure con apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al concepimento davanti all’ufficiale di stato civile”. Il rapporto di connessione e di contiguità tra queste due diverse discipline non si palesa, in realtà, così ovvio.

C’è un’intuizione, rappresentata efficacemente da un provvedimento della corte d’appello di Cagliari28, che rimarca la necessità che il legislatore intervenga quanto prima sulla regolamentazione della filiazione del genitore intenzionale, attraverso l’introduzione di nuova tipologia di adozione che preveda una pienezza dei diritti sulla filiazione e, comunque, attraverso una disciplina quanto più organizzata possibile per ovviare ai diversificati interventi amministrativi e giurisprudenziali, spesso difformi tra loro sul territorio nazionale, per il miglior interesse del minore. La corte immagina come l’attuale soluzione individuata, cioè l’adozione in casi particolari, sconti il limite del possibile rifiuto dell’assenso del genitore biologico in caso di conflitto.

Il minore ha sempre diritto ad una tutela immediata alla bi-genitorialità, per crescere all’interno di un progetto condiviso a prescindere dal sesso dei genitori che devono confermare quella scelta di nascita assumendosene, coerentemente, ogni successiva responsabilità, senza far subire al figlio le conseguenze di ripensamenti tardivi di uno dei componenti della coppia.

In ultimo, un ulteriore coordinamento normativo deve essere avvertito alla luce della recente l. 173/2015 che ha modificato la l. 184/1983, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare e che ha introdotto una sorta di automatismo in favore delle adozioni di minori inserite in famiglie con affidamenti prolungati. Tale novella

– entrata in vigore a novembre 2015 –, dando predominante rilievo alla relazione del minore con i genitori non biologici cui è stato affidato per un lungo periodo, ha previsto all’art. 4 della l. 184/1983, e successive modificazioni, che dopo il co. 5 siano inseriti gli artt. 5-bis, ter, quater. L’adozione che ne consegue ha effetti legittimanti estendendosi, tale ultima forma, ad alcune ipotesi che in precedenza venivano contemplate nell’art. 44 lett. d). Si pensi, però, ad un affidamento familiare, di un minore dichiarato successivamente adottabile, che si sia protratto per un lungo periodo presso una coppia same sex e, attesa l’inammissibilità di adozione piena a coppie omosessuali, si corre il rischio di privilegiare le famiglie eterosessuali e sposate con il conseguente allontanamento del minore, dopo diversi anni, da un consolidato contesto di vita.

Anche il riconoscimento sociale della comunità in cui si vive è importante, si veda il provvedimento della corte appello Milano29 che, premesso il doveroso riconoscimento, da parte del datore di lavoro, dello status genitoriale della madre intenzionale, che ha un legame genitoriale accertato da atti dello stato civile, ha dovuto stigmatizzare e sanzionare come discriminatorio il rifiuto del congedo parentale e di congedo per la malattia del figlio. Conclude la corte d’appello affermando che “la lesione del diritto alla parità di trattamento genera un danno non patrimoniale suscettibile di risarcimento in quanto lesivo di diritti fondamentali del genitore riconosciuti dagli articoli 2 e 3 della costituzione”.



6. Ulteriori brevi riflessioni a margine della sentenza del tribunale di Arezzo del 10 novembre 2022 PMA e coppie same-sex, e l’ultimo arresto delle Sezioni Unite





Un’ulteriore occasione per riflettere sulla necessità di accordare una tutela dei nati attraverso la PMA esperita all’estero da coppie omosessuali è offerta dalla sentenza di merito che qui si commenta30.

Il caso in esame riguarda il ricorso presentato da una coppia omosessuale – due mamme – avverso il diniego alla trascrizione nell’atto di nascita delle figlie – nate in Italia ma concepite all’estero a messo di PMA (procreazione medicalmente assistita) – del nome del cosiddetto genitore intenzionale.

Come noto, sono sempre più frequenti in Italia i casi di coppie omosessuali che usufruendo all’estero della PMA, chiedono entrambi il riconoscimento di genitori del nato.

Il Giudice di prime cure, attraverso un excursus dettagliato e puntuale, ripercorre lo stato della nostra legislazione evidenziando come da un lato la legge sulla procreazione medicalmente assistita (la 40 del 2004 agli artt. 5 e 4 terzo comma) vieta il ricorso alla PMA da parte delle coppie omosessuali, e dall’altro come i recenti arresti della Corte Costituzionale lo confermino a partire dalla sentenza n. 221 del 2019 – che per prima considerò questo divieto non fonte di discriminazione ma mera scelta legislativa – e soffermandosi anche nella successiva sentenza n. 237 del 2019 che rileva come perfino la vigente disciplina sulle unioni civili – pur riconoscendo la dignità sociale e giuridica delle coppie formate da persone dello stresso sesso – non consenta, comunque, alle coppie omosessuali la filiazione, sia adottiva che per fecondazione assistita.

L’impossibilità di colmare quello che il Giudice di prime cure insieme alle ricorrenti definiscono un “vuoto normativo” è inoltre supportato dall’elencazione delle molteplici pronunce della Cassazione in cui si sancisce che nel caso di minore concepito mediante l’impiego di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo praticata all’estero, anche se nato in Italia, non è accoglibile la domanda di rettificazione dell’atto italiano di nascita volta ad ottenere l’indicazione di qualità di madre del bambino, accanto a quella che l’ha partorito, anche della donna a costei legata in stabile relazione affettiva, poiché in contrasto con l. n. 40 del 2004, art. 4 comma 3, che esclude il ricorso alle predette tecniche da parte delle coppie dello stesso sesso, non essendo consentite, al di fuori dei casi previsti dalla legge, forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico mediante i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto31.

Se è pur corretto il ragionamento giuridico svolto dal giudice e supportato proprio dalla legislazione vigente, così come interpretata sia dalla giurisprudenza di legittimità che costituzionale, risulta, comunque, evidente che i nati a seguito di PMA eterologa praticata all’interno di una coppia omosessuale versano in una condizione diversa rispetto a quella di tutti gli altri nati, solo in ragione dell’orientamento sessuale delle persone che hanno posto in essere il progetto procreativo e sembrano destinati a restare incardinati nel rapporto con un solo genitore, proprio perché non riconoscibili dall’altra persona che ha costruito il progetto procreativo e vedono gravemente compromessa la tutela dei loro preminenti interessi.

Ciò che viene in evidenza è che nella l. n. 40/2004, e più in generale nel nostro ordinamento legislativo, sussistono elementi per affermare la scissione tra due aspetti: l’illiceità del ricorso alla tecnica di PMA per le coppie omosessuali e la tutela del nato.

Il giudice sembra non cogliere – pur citandola – la reale portata della pronuncia della Corte Costituzionale 32/2021 secondo la quale il limite della diversità di sesso stabilito dall’art. 5, l. n. 40/2004 non configura un limite di ordine pubblico interno, ma una mera scelta legislativa.

La Corte infatti nella citata pronuncia rileva che “L’elusione del limite stabilito dall’art. 5 della legge n. 40 del 2004, come già detto, non evoca scenari di contrasto con principi e valori costituzionali. Questa Corte ha già avuto occasione di affermare, in linea con la giurisprudenza di legittimità in materia di accesso alla PMA, che, da un lato, non è configurabile un divieto costituzionale, per le coppie omosessuali, di accogliere figli, pur spettando alla discrezionalità del legislatore la relativa disciplina; dall’altro, “non esistono neppure certezze scientifiche o dati di esperienza in ordine al fatto che l’inserimento del figlio in una famiglia formata da una coppia omosessuale abbia ripercussioni negative sul piano educativo e dello sviluppo della personalità del minore”32.

Il pronunciamento del Tribunale di Arezzo dunque si è arrestato all’applicazione della norma interna in materia di procreazione assistite demandando al legislatore, di cui è sicuramente auspicabile un intervento che assicuri una disciplina sistematica, organica e unitaria della complessa materia che vede coinvolti i minori nati da genitori svincolati da un rapporto biologico, al fine anche di scongiurare decisioni contrastanti giurisprudenziali.

Del resto anche il recentissimo arresto delle sezioni unite

n. 38162/2022 del 30 dicembre 2022 – qui commentato al paragrafo 4 – parte proprio dalla constatazione di una grave lacuna normativa che la Corte – nell’urgenza dei casi prove- nienti dalla società civile e sottoposti alle corti di merito – intende superare argomentando in armonia sia con i principi costituzionali che con quelli contenuti nella legislazione vigente, senza volersi, però, sostituire al legislatore.

Infatti, se da un lato ritiene ineludibile in conformità al precedente orientamento di legittimità – seguito anche dal Tribunale di Arezzo – la scelta del legislatore di vietare la PMA alle coppie same-sex e ogni forma di maternità surrogata (art 5 e 12 co. 6 l. 40/2004) dall’altro individua nella disciplina dell’adozione in casi particolari lo strumento concreto fornito dall’ordinamento a tutela dell’interesse del minore in modo da recuperare la cesura creatasi fra illiceità del ricorso alla tecnica di PMA per le coppie omosessuali e la tutela del nato.

L’adozione in casi particolari – a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale, dell’art. 55 l. 184/1983 in relazione all’art. 300 co. 2 c.c. (Corte Costituzionale sentenza 79 del 2022 cfr. par. 3) – permette l’applicazione delle norme che contengono la disciplina dei “rapporti civili fra l’adottato e i parenti dell’adottante” consentendo al minore di essere completamente inserito nei rapporti familiari e parentali del genitore non biologico e, non di meno, sottolinea e rimarca come sussista la possibilità di una interpretazione adeguatrice del requisito del necessario assenso del genitore biologico proprio alla luce della discrezionalità consentita ai tribunali per i minorenni di superare il suo mancato assenso all’adozione.

Ciò conduce la Suprema Corte a considerare che “l’adozione in casi particolari, per come attualmente disciplinata, si profila come uno strumento potenzialmente adeguato al fine di assicurare al minore nato da maternità surrogata la tutela giuridica richiesta dai principi convenzionali e costituzionali, restando la valutazione in ogni caso sottoposta al vaglio del giudice nella concretezza della singola vicenda e ferma la possibilità per il legislatore di intervenire in ogni momento per dettare una disciplina ancora più aderente alle peculiarità della situazione".





































NOTE

1 Cass., Sez. Un. 31 marzo 2021, n. 9006, in Foro it. 2021, 6, I, 2054, “il relativo procedimento, che trae origine dal rifiuto dell’ufficiale di stato civile di trascrivere il provvedimento estero, costitutivo di status, è di competenza in unico grado della corte d’appello, e si svolge in contraddittorio con il sindaco, in qualità di ufficiale di stato civile, nonché – sussistendo al riguardo litisconsorzio necessario – con entrambi gli adottanti, anche se uno di essi ha spiegato intervento volontario adesivo solo nel giudizio innanzi alla Suprema Corte”.

2 Cass. civ., sez. I, 11 novembre 2019, n. 29071, in Guida al diritto 2019, 49-50, 63, in senso conforme Cass. civ. sez. I, 31 maggio 2018, n. 14007, in Ilfamiliarista.it 13 luglio 2018 (nota di: F.R. VICCEI)

3 Cit. Cass. civ., sez. un., 31 marzo 2021, n. 9006.

4 C. SARACENO, in Pensare ai bisogni e vedere le relazioni per argomentare la giustizia, introduzione al saggio Giustizia sociale e dignità umana. Da individui a persone, di M. Nussbaum, la quale sostiene non compatibile il dato di una “società naturale” che sia costituita in base ad una “istituzione sociale”.

5 A. GALIzIA dANOVI, Affidamento, potestà e conflitti nella famiglia di fatto, in

Diritto di famiglia e delle persone, 1989, 780.

6 A.C. JEMOLO, in https://www.academia.edu/33367519/Arturo_Carlo_Jemo-lo_La_famiglia_e_il_diritto_1949_

7 La Ris.Parl.EU sulla parità tra uomini e donne nell’Ue (del 13 marzo 2012 punto T), “Considerando che le famiglie nell’Ue sono diverse e comprendono genitori coniugati, non coniugati e in coppia stabile, genitori di sesso diverso e dello stesso sesso, genitori singoli e genitori adottivi che meritano eguale protezione nell’ambito della legislazione nazionale e dell’Unione europea, […] invita (n.d.a. la Commissione) e gli Stati membri a elaborare proposte per il riconoscimento reciproco delle unioni civili e delle famiglie omosessuali a livello europeo tra i paesi in cui già vige una legislazione in materia, al fine di garantire un trattamento equo per quanto concerne il lavoro, la libera circolazione, l’imposizione fiscale e la previdenza sociale, la protezione dei redditi dei nuclei familiari e la tutela dei bambini”.

8 S. STEFANELLI, in Procreazione medicalmente assistita e maternità surrogata. Limiti nazionali e diritti fondamentali, 2021. L’autrice approfondisce il rapporto esi- stente tra ordine pubblico interno e tutela dei diritti fondamentali della persona, tale snodo rappresenta, altresì, lo spartiacque e, talvolta, il mancato adeguamento alle decisioni transnazionali. Nella normativa interna, soprattutto, affiora l’a- prioristico principio di diritto in base al quale la maternità è attribuita alla donna che ha partorito, negando un dettato fondamentale di rango costituzionale e così limitando l’accertamento del figlio sulle origini biologiche della propria nascita.

9 “Divieto di discriminazione. Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazio- ne, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione”

10 R. dE FELICE, Diritto di famiglia ed ordine pubblico internazionale, in Persone e Danno, a cura di P. CENdON, 29 ottobre 2006, in www.personaedanno.it, secondo il quale, ferma l’inapplicabilità agli italiani, rebus sic stantibus, degli istituti contratti all’estero da coppie omogenere per l’inesistenza che l’ordinamento predica dei matrimoni in questione – con riferimento alle coppie straniere – l’Autorità Giudiziaria deve evitare l’errore di non riconoscere la validità di matrimoni, tali secondo la legge del paese di origine.

11 G. FERRANdO, Stato unico di figlio e varietà dei modelli familiari, in Fam. Dir., 2015, 10, 952.

12 G. dOSI, Lessico di diritto di famiglia, voce L’adozione in casi particolari, aprile 2016. “La riforma del 2012/2013 ha reso omogenea nell’ambito della nuova definizione di parentela l’adozione piena all’adozione in casi particolari, unificando di fatto lo status di tutti i figli minori ivi compresi quelli adottivi”.

13 C. Cost., 23 febbraio - 28 marzo 2022, n. 79, in https://www.rivistafami- lia.it/2022/05/16/i-correttivi-funzionali-allistituto-delladozione-in-casi-particolari/ (nota di R. TREzzA).

14 Cass. civ., sez. I, 22 giugno 2016, n. 12962, in Guida dir., 2016, 29, 15 (nota di: FINOCChIARO); Corte Cost., 23 ottobre 2019, n. 221, in Guida dir., 2020, 2, 36; Corte Cost., 4 novembre 2020, n. 230, in Guida dir., 2020, 46, 32

15 V. BAREL L’adozione all’indomani della legge n. 219/2012 in www.comparazio- nedirittocivile.it; P. MOROzzO dELLA ROCCA, Il nuovo status di figlio e le adozioni in casi particolari, Opinioni Riforma della filiazione, in www.giur.uniroma3.it; M. MORETTI, Le “uscite di sicurezza”. L’adozione in casi particolari, in M. dOSSETTI, C. MORETTI,

M. MORETTI, S. VITTORINI GIULIANO (a cura di), Manuale di diritto minorile, Bologna, 2014, 305-310.

16 Cass. civ., sez. un., 8 maggio 2019, n. 12193, in Riv. Dir. Int., 2019, 4, 1225.

17 Cass. civ., sez. I, 29 aprile 2020, n. 8325, in GiustiziaCivile.com, 30 luglio 2020 (nota di: zAMPERINI).

18 Cass. civ., sez. un., 31 marzo 2021, n. 9006 in Foro it. 2021, 6, I, 2054.

19 Cass. civ., sez. I, 21 gennaio 2022, n. 1842, in GiustiziaCivile.com, 1 giu- gno 2022 (nota di: PASSAFIUME).

20 Nel ribadire quanto sino ad ora evidenziato circa la modalità derogante e talvolta ondivaghe delle Corti italiane, la Corte Cost. con sent. n. 33/2021, era, nuovamente, intervenuta sulla questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, co. 1 e 2, 30 e 117, co. 1 cost., quest’ultimo in relazione all’art. 24, § 3, CDFUE, agli artt. 8 e 14 CEDU e alla Convenzione sui diritti del fanciullo, degli artt. 1, co. 20, della l. 76/2016 e 29, co. 2, del d.P.R. 396/2000, che, nel loro combinato disposto, precludono alle coppie di donne omosessuali unite civilmente la possibilità di essere indicate, entrambe, quali genitori nell’atto di nascita formato in Italia, quantunque abbiano fatto ricorso all’estero alla procreazione medicalmente assistita, ne ha dichiarato l’infondatezza. Corte Cost, 9 marzo 2021, n. 33, in Dir. Fam. Per., (Il) 2021, 2, I, 528.

21 Corte cost., 9 marzo 2021, n. 32, Serve, ancora una volta, attirare su que- sta materia eticamente sensibile l’attenzione del legislatore, al fine di individuare, come già auspicato in passato, un “ragionevole punto di equilibrio tra i diversi beni costituzionali coinvolti, nel rispetto della dignità della persona umana” (sentenza n. 347 del 1998). Un intervento puntuale di questa Corte rischierebbe di generare disarmonie nel sistema complessivamente considerato. Il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, dovrà al più presto colmare il denunciato vuoto di tutela, a fronte di incomprimibili diritti dei minori. Si auspica una disciplina della materia che, in maniera organica, individui le modalità più congrue di riconoscimento dei legami affettivi stabili del minore, nato da PMA praticata da coppie dello stesso sesso, nei confronti anche della madre intenzionale. In https://www.cortecostituzionale.it, cfr. Trib. Torino, Sez. VII civ., decr., 13 luglio 2021, n. 1133 e App. Torino, Sez. Fam., decr. 24 febbraio 2022, in https://www. questionegiustizia.it/articolo/i-nati-non-riconoscibili-il-ruolo-dei-giudici-nella-persi- stente-inerzia-del-legislatore.

22 Cass. civ., sez. unite, 30 dicembre 2022, in Dir. e Giust., 3 gennaio 2023.

23 L’ordinanza interlocutoria si riferisce a quanto previsto da Corte Cost., 9

marzo 2021, n. 33, in Dir. Fam. Pers., (Il) 2021, 2, I, 528. 24 Trib. Palermo, sez. I, 13 aprile 2015, in Dir. Fam. Pers., 2015.

25 Cass. civ., sez. I, 10 luglio 2018, n. 18149, in Foro it., 2018, 9, I, 2716 (nota di: CASABURI, TRAVI).

26 Corte Cost., 20 ottobre 2016, n. 225, Il giudice rimettente solleva questio- ne di costituzionalità dell’art. 337-ter c.c., come aggiunto dal d.lgs. 154/2013, in relazione agli artt. 2, 3, 30, 31 e 117, comma primo (sub specie in violazione dell’art. 8 CEDU, quale norma interposta), della Costituzione. La norma non consente la tutela della relazione di fatto instaurata tra i minori ed il compa- gno del genitore in caso di crisi della coppia. Il diritto del minore a conservare rapporti significativi si ferma ai soggetti legati da vincoli parentali. La tutela del minore passa attraverso la previsione di cui all’art. 333 c.c.: l’interruzione ingiu- stificata di rapporti significativi con il minore può essere valutata come condotta pregiudizievole per il minore. Ciò è possibile su ricorso del PM, anche sollecitato dal genitore sociale. Non sussiste pertanto il denunciato vuoto di tutela. In https://www.osservatoriofamiglia.it/contenuti/17506609/lex-partner-del-genitore-biolo-gico-non-egrave-tutelabile-ex.html

27 Cass. civ. sez. un., 8 maggio 2019, n. 12193, in Riv. Dir. Int., 2019, 4, 1225.

28 App. Cagliari sez. I, 28 aprile 2021, Laddove, invece, lo status – meno pieno e garantito – di figlio adottivo, ai sensi dell’art. 44 della legge n. 184 del 1983, verrebbe a essere riconosciuto nel caso di accordo e quindi di assenso della madre biologica alla adozione. Il terreno aperto all’intervento del legislatore è dunque assai vasto e le misure necessarie a colmare il vuoto di tutela dei minori sono differenziate e fra sé sinergiche. In Ilfamiliarista.it 24 settembre 2021 (nota di: M. PETRONELLI).

29 App. Milano, 17 marzo 2021, n. 453, in Rivista Italiana di Diritto del La- voro, 2021, 4, II, 639.

30 Trib. Arezzo, 10 novembre 2022, in Dir. & Giust., 2022, 19 dicembre (nota di: F. FERRANdI).

31 Cass. civ., sez. I, 4 aprile 2022, n. 10844, in Dir. & Giust., 2022, 5 aprile.

32 Corte Cost., 23 ottobre 2019, n. 221, in Guida dir., 2020, 2, 36.