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Inapplicabile la misura di protezione se l'interessato dissente

autore: C. Fossati

SOMMARIO: 1. Premessa. - 2. Il caso. - 3. Il giudizio della Corte di legittimità. - 4. Il problema della scarsa modulazione dei poteri nei decreti di apertura dell’amministrazione di sostegno.



Le finalità della legge introduttiva dell’amministrazione di sostegno – 9 gennaio 2004 n. 6 – sono enunciate al suo primo articolo, seppur non inserito nelle norme introdotte nel Codice civile, là dove è scritto che la legge in questione ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente.

Anche il linguaggio usato è volutamente diverso dal passato, più rispettoso delle esigenze e delle aspettative delle persone fragili2, anche quelle che si trovano in difficoltà temporanea, la volontà delle quali deve essere tenuta in massima considerazione, come anche confermato dalla inedita legittimazione attiva a promuovere per sé stessi la misura di protezione (art. 406 c.c.) e dalla possibilità di nominare il proprio amministratore di sostegno per quando si renderà necessario (art. 408 II comma c.c.).

Il monito introduttivo richiama il principio di minima invasività, di sussidiarietà, quale indice applicativo della misura, in quanto la tutela invocata, ove ne sussistano i presupposti, deve attuarsi incidendo con il minor impatto possibile sulla capacità di agire della persona3.

Nel delineare i presupposti oggettivi e soggettivi della misura di protezione è centrale la norma dell’art. 404 c.c., la quale presenta uno spettro applicativo invero assai ampio4, in virtù del quale la persona deve trovarsi oggettivamente impossibilitata a provvedere ai propri interessi, siano essi di natura personale o patrimoniale e siffatta situazione deve essere collocata in relazione causale con un suo stato di inabilità, dovuta ad un’infermità o menomazione fisica o psichica, quali presupposti soggettivi5.

Perciò da un lato deve riscontrarsi compromessa la capacità gestionale della persona6, dall’altro siffatta situazione deve essere il portato di una condizione di malattia o invalidità, sia pure parziale e temporanea.

Il concetto di infermità non è qui limitato a quella di tipo mentale, com’era richiesto dalle risalenti misure dell’interdizione e inabilitazione ed è pertanto di più ampio respiro: semanticamente allude all’idea di instabilità, di debolezza, nonché di affezione patologica, quindi di malattia.

Alla nozione di infermità si aggiunge e si affianca, costituendone significativo ampliamento, quello di menomazione fisica o psichica, vocabolo dal significato ancora più esteso7.

L’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno è più ampio e non coincidente con quanto previsto dall’art. 1 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006 (ratificata dall’Italia con l. 3 marzo 2009, n. 18), a tenore del quale: “per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali che, in interazione con barriere di diversa natura, possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di eguaglianza con gli altri”.

In effetti si possono riscontrare situazioni di mero disagio psichico, non riconducibili a vere e proprie malattie clinicamente accertabili, che rappresentano una vera e propria zona grigia di difficile inquadramento8, e possono dar luogo ad applicazioni difformi dello strumento dell’amministrazione di sostegno, non solo sul territorio nazionale, perfino da caso a caso.



2. Il caso



La vicenda ha ad oggetto la misura di protezione dell’amministrazione di sostegno chiesta, su impulso dei servizi del territorio, a beneficio di una signora settantaduenne, affetta da spondilodiscoartrosi, riconosciuta invalida al 70%, ritenuta fragile e potenzialmente succube, ovvero plagiata dal fratello, assoggettata intellettualmente e psicologicamente alla volontà di costui, in quanto trovata a vivere in condizioni di grande precarietà, nonostante la provenienza da una famiglia agiata. Nel corso dell’esame della persona, effettuato direttamente dal giudice, incombente ineludibile per assicurare l’acquisizione diretta degli elementi fondamentali per il giudizio, la stessa era apparsa sofferente, consapevole delle proprie fragilità, come pure delle difficoltà del fratello, il quale anziché

aiutarla aveva a sua volta bisogno di aiuto9.

Emergevano anche aspetti contraddittori, dal momento che per un verso ella non era in grado di spiegare come fossero utilizzati i denari percepiti mensilmente quale ricavato della vendita di un immobile, per altro verso era singolare che entrambi i fratelli si rivolgessero alla Caritas per il proprio sostentamento.

Si costituiva sin dal procedimento di primo grado la beneficiaria, opponendosi alla misura di protezione e protestando la propria capacità di agire.

Nella fattispecie, il Giudice Tutelare del Tribunale di Ancona, dopo avere ravvisato la sofferenza della persona da tutelare e avere ritenuto che l’evidente fragilità psicologica della stessa può renderla vulnerabile ad eventuali truffe da parte di terzi, rigettava l’opposizione e disponeva ugualmente la misura di protezione, attribuendo al nominato Amministratore di Sostegno, professionista terzo avvocato, i poteri di tutela degli interessi personali della beneficiaria, tutela e gestione dei suoi interessi patrimoniali, nonché la cura dei rapporti giuridici della predetta con tutti gli Uffici pubblici, con conseguente totale ablazione della capacità di agire dell’amministrata per ogni negozio e atto economicapatrimoniale di straordinaria amministrazione, e con obbligo per l’Amministratore di Sostegno di chiedere l’autorizzazione al Giudice Tutelare per gli atti indicati negli artt. 374, 375 e 376 c.c.

Dal decreto si evinceva che l’audizione diretta della persona da parte del giudice tutelare, esperita in due diverse udienze, a riprova dell’attenzione prestata al caso, aveva mostrato la fragilità psicologica e la vulnerabilità della persona da proteggere verso eventuali truffe da parti di terzi, ciò che trovava conferma in quanto indicato nella relazione dei Servizi Sociali, laddove si evidenziava la debolezza fisica e psicologica, nonché l’incapacità nella gestione del patrimonio di famiglia. Ricorreva in appello l’amministrata, la quale sosteneva d’essere perfettamente lucida e cosciente, di non presentare alcuna fragilità psicologica, dal momento che la patologia della quale soffre è di natura puramente organica e comporta solo una trascurabile difficoltà di deambulazione, ma non l’incapacità di autodeterminarsi e di provvedere alle proprie necessità, di tal ché il provvedimento andava revocato, non

sussistendone i presupposti di legge.

Nell’esaminare il caso il giudice di secondo grado – la Corte d’Appello anconetana – partiva da una ricognizione dei presupposti dell’amministrazione di sostegno, ponendo attenzione ai concetti di infermità o menomazione fisica anche parziale o temporanea i quali, unitamente al requisito oggettivo dell’impossibilità di provvedere ai propri interessi, renderebbero la misura di sostegno necessitata e non discrezionale, perché il profilo della discrezionalità del giudice tutelare investirebbe solo la scelta della misura più idonea fra interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno10.

In altre parole, il magistrato, secondo il giudice di seconde cure, chiamato dalla legge a disporre in ordine alla protezione di un soggetto in difficoltà, non può omettere di intervenire, avendo solo la facoltà di applicare l’istituto di tutela più adatto al caso specifico11.

Dimentica tuttavia la Corte nello specifico che il meccanismo di raccordo fra le diverse misure di protezione previsto dalla legge 9 gennaio 2004 n. 6 è tutt’altro che lineare ed equipollente, non potendo il giudice tutelare disporre autonomamente delle altre misure di protezione, ma solo della nomina di un amministratore di sostegno. Ove, infatti, egli ritenga che la misura dell’amministrazione di sostegno non sia idonea a realizzare la piena tutela del beneficiario e che sia necessario promuovere giudizio di interdizione o di inabilitazione, ai sensi dell’art. 413 c.c., non può far altro che informarne il Pubblico Ministero affinché provveda a promuoverle.

Diverso il meccanismo inverso: ovverosia quando è in corso giudizio ai fini della pronuncia di interdizione o inabilitazione, allorché appaia opportuno applicare l’Amministrazione di Sostegno, il Giudice, in questo caso il tribunale in composizione collegiale, ha autonomo potere d’impulso, dal momento che può disporre direttamente la trasmissione del procedimento al Giudice Tutelare12.

Gli elementi emersi nel corso dell’istruttoria venivano nuovamente vagliati dal giudice di secondo grado. Assurgevano ad evidenza: l’iniziale segnalazione dei Carabinieri, le ripetute richieste di aiuto, anche economico, da parte dei due fratelli ai Servizi del territorio, una dinamica interna nei rapporti fra i due che aveva visto il fratello squalificare la sorella, chiederle denari, e quest’ultima trovarsi in soggezione a parlare in presenza del primo.

La Corte anconetana da un lato riconosce che l’interessata non è affetta da una patologia che sia tale da privare, o anche solo limitare, la sua capacità di comprensione e, ciò nonostante, ritiene che la stessa presenti una fragilità che incide sulla sua autonomia nel provvedere ai propri interessi, sicché la misura di protezione si renderebbe necessaria in considerazione delle conseguenze che possono derivare nella gestione del patrimonio in assenza di un aiuto13.

In sostanza la beneficiaria andrebbe protetta da sé stessa, in quanto si trova in condizioni tali da non riuscire a respingere le richieste del fratello. Le stesse dinamiche relazionali disfunzionali interne fra i due evidenzierebbero tensioni e necessità di supporto e aiuto.

Sarebbero pertanto presenti i presupposti oggettivi della misura di protezione, dati dalla incapacità gestionale, evidenziata anche dalle anomale operazioni di prelievo segnalate dall’amministratore di sostegno nel frattempo nominato.

Quanto al profilo soggettivo, esso sarebbe ricondotto unicamente alla condizione di fragilità psicologica della persona, che non riuscirebbe a respingere le richieste economiche del fratello, con il quale manterrebbe una relazione caratterizzata da condotte ambivalenti e da tensioni.

Avverso il decreto della Corte d’Appello la beneficiaria proponeva ricorso in cassazione, denunciando anzitutto l’erronea ricostruzione dei fatti, per non avere i giudici del merito valutato la documentazione dalla stessa prodotta, bensì solo quella dei servizi, e contestando la valutazione di precarietà delle proprie condizioni economiche, vivendo ella in un palazzo composto da ben quattro appartamenti e gestendo a suo dire in modo oculato il proprio patrimonio.

Ella inoltre denunziava la violazione della fondamentale norma – l’art. 13 della Costituzione – che salvaguarda la libertà personale e considera inammissibile ogni ingerenza dello Stato nella vita privata, se non per atto motivato dell’Autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

Pacifica per la Corte la ricorribilità in cassazione – ormai più volte riconosciuta – dei decreti di apertura dell’amministrazione di sostegno, previa verifica del loro carattere decisorio, incidente sui diritti fondamentali della persona, restando altrimenti gli stessi reclamabili unicamente dinnanzi alla Corte d’appello, a prescindere dal contenuto decisorio o gestorio, secondo l’innovato orientamento delle Sezioni Unite inaugurato con la pronuncia n. 21985 del 30 luglio 202114, mentre in precedenza si distingueva fra ricorso da promuovere dinnanzi al tribunale in composizione collegiale per i decreti di natura meramente gestoria e altrimenti dinnanzi la corte d’appello per quelli aventi contenuto decisorio.

Secondo i giudici di legittimità il giudizio di meritevolezza della misura di protezione si sarebbe fondato esclusivamente sul riscontro della sussistenza di una mera fragilità incidente sull’autonomia della persona, in assenza di una conclamata patologia, esclusa sin dalla relazione iniziale dei servizi sociali. Ne consegue, prosegue la Corte, la falsa applicazione della norma – l’art. 404 c.c. – che presidia l’istituto ed esprime la ratio dell’amministrazione di sostegno.

Deve escludersi, in situazioni siffatte, il ricorso alle misure di tutela e protezione, in presenza di persona pienamente capace di autodeterminarsi, seppure in condizioni di deficit fisico, quando la stessa esprima una chiara e non coartata volontà contraria.

Siamo al cospetto dell’ennesimo caso nel quale la Corte Suprema si sostituisce al giudice del merito, sindacandone una valutazione che, pur nella difficoltà del contemperamento degli interessi implicati, è invero dalla legge a lui esclusivamente demandata.

Non sembra valere in questo caso il principio costantemente e pedissequamente affermato in virtù del quale non sarebbe censurabile in sede di legittimità la valutazione delle prove svolta dal giudice del merito, se congruamente e ragionevolmente motivata.

Si può da un lato plaudere al garantismo che consente di scongiurare l’applicazione dell’amministrazione di sostegno a scopi meramente strumentali di tutela di interessi esclusivamente patrimoniali.

Né si può del resto non condividere il richiamo alla necessità, quale principio generale, di limitare nella minor misura possibile la capacità di agire; come pure il richiamo alla fon- damentale libertà per il beneficiario di designare il proprio amministratore di sostegno, sancito dall’art. 408 c.c., salvo poi doverne constatare un ben raro utilizzo15.

Vien da chiedersi tuttavia come coniugare questi principi con la necessaria valutazione del caso concreto, laddove la persona sia inconsapevole della necessità di aiuto16.

In altri termini, quando può dirsi che l’opposizione dell’interessato costituisce espressione di autodeterminazione dalla quale il giudice tutelare non può prescindere?

La Corte a questo proposito introduce l’elemento della grave patologia psichica, tale da rendere l’interessato inconsapevole perfino del bisogno di assistenza.

Potrebbe derivarne, come effetto iatrogeno, che un siffatto requisito renderà gli accertamenti in sede di giudizio di amministrazione di sostegno molto più formali, come accadeva nell’ambito delle procedure di interdizione e inabilitazione, delle quali tuttavia non sentivamo davvero bisogno.

L’Ordinanza della Cassazione si pone peraltro in disconti- nuità con l’orientamento a suo tempo espresso, proprio in merito alla questione del dissenso del beneficiario, dalla Cor- te costituzionale 19 gennaio 2007 n. 417, la quale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale degli artt. 407 e 410 c.c. nella parte in cui non subordinano al consenso dell’interessato l’attivazione della misura, nel rigettare la questione, si è premurata di evidenziare che l’opposizione del beneficiario può condurre al rigetto del ricorso, solo là dove il giudice non ritenga prevalenti le esigenze di tutela, che nel caso di specie erano state considerate ineludibili18.



4. Il problema della scarsa modulazione dei pote- ri nei decreti di apertura dell’amministrazione di sostegno



Le difficoltà interpretative sollevate dal dictum della Corte mettono in rilievo i limiti di prassi che vedono spesso l’emissione di decreti di apertura di amministrazione di sostegno non propriamente adattati alle esigenze della persona.

Si tratta del fenomeno, già stigmatizzato, che va anche sotto il nome di “standardizzazione” dei decreti di nomina di am- ministrazione di sostegno.

Lo scarto fra la teoria e la prassi è invero notevole: si legge infatti nella prevalente dottrina che il decreto di nomina dell’amministrazione di sostegno dovrebbe essere personalizzato, quanto alla individuazione dei poteri dell’amministratore, in relazione alle effettive esigenze del beneficiario e conforme al progetto assistenziale riguardante il caso singolo19. Si afferma pure che il progetto assistenziale andrebbe condiviso con l’amministrato ed esteso, quantomeno per conoscenza, ai Servizi di riferimento, ai familiari ed agli avvocati che assistono la parte. Si arriva a dire che sarebbe opportuno che all’udienza di comparizione delle parti il progetto venisse esplicitato.

In dottrina vi è chi ha parlato di plasticità ed elasticità dell’amministrazione di sostegno come di due elementi imprescindibili nella costruzione della misura di protezione giuridica: la personalizzazione della misura assurge ad elemento fondamentale per agevolare la compliance, vale a dire l’adesione del paziente-assistito ad un progetto di sostegno20.

Da tempo chi scrive sostiene la necessità di applicare correttamente, secondo lo spirito che l’ha animata, la legge 6/2004, avendo cura di modellare i decreti sulle specificità del caso concreto, evitando l’uniformità costante o lo stile fotocopia21. Ciò anche al fine di scongiurare l’eccessiva invasività della misura di protezione ed il conseguente eccessivo controllo sugli amministrati e successiva loro frustrazione e tradimento dello spirito della legge. La misura di protezione tagliata su misura sulle effettive esigenze della persona avrebbe anche l’indubbio vantaggio di limitare la responsabilità dell’amministratore di sostegno a quelli che sono gli effettivi compiti e poteri che gli sono stati conferiti con il decreto.

Negli incarichi conferibili all’amministratore di sostegno si distingue fra compiti di assistenza e compiti di rappresentanza: nel primo caso egli assiste il beneficiario in tutti quegli atti in cui deve limitarsi ad affiancarlo, senza sostituirlo nel compimento dell’atto. Nel caso dei poteri di rappresentanza, invece, l’amministratore di sostegno sostituisce del tutto il beneficiario, in quegli interventi specificamente indicati nel decreto di nomina. Il beneficiario non potrà quindi compiere l’operazione, poiché a provvedervi sarà necessariamente, e soltanto, l’amministratore di sostegno.

L’esperienza e le prassi mostrano spesso la prevalenza di provvedimenti che attribuiscono all’amministratore poteri sostitutivi della volontà del soggetto beneficiario della misura, con scarse applicazioni di amministrazioni di supporto, in affiancamento alla persona22.

Viene da dire che nel caso specifico, se il Giudice tutelare, almeno inizialmente, avesse limitato i poteri dell’amministratore di sostegno a quelli di mera assistenza, avrebbe forse potuto instaurarsi fra costui e la beneficiaria della misura di protezione quell’alleanza, tanto necessaria in ambito sanitario ai fini di condivisione della cura, quanto utile nell’ambito di un progetto di sostegno che dovrebbe trovare, auspicabilmente, la convinta adesione dell’interessato23.



























NOTE

1 Le pronunce si possono leggere tutte sul sito dell’Osservatorio: I grado Giudice Tutelare del Trib. Ancona decreto 25 settembre 2020: https://bit.ly/3U- SwA7p; II grado Corte d’Appello di Ancona, decreto 25 gennaio 2021: https:// bit.ly/3gpZpJg, per le quali si ringrazia l’avv. Maurizio Incontri del Foro di Anco- na. III grado Cass. I sez. Ord. 4 novembre 2022 n. 32542: https://bit.ly/3Vw9J1p.

2 C. TAGLIAFERRI, in L’amministrazione di sostegno nell’interpretazione della giu- risprudenza, Piacenza, 2015, 50, parla di dolcezza del linguaggio, allo scopo di evitare che il nuovo istituto venga visto e subito come un timbro indelebile che procura sofferenza e vergogna a coloro che vi sono sottoposti e alle loro famiglie.

si collocano, piuttosto, a metà strada, che stanno psichicamente ‘così così’: bene una settimana e male quella dopo, lucidi per un verso e distratti per l’altro; qui vitali e smaniosi, là invece torpidi o rassegnati-assenti e presenti al tempo.

3 “Evidenti segni normativi di un diritto civile “minimo”, chiamato ad oc- cuparsi delle persone deboli, dementi, prive di autonomia, secondo principi di sussidiarietà e flessibilità, adattandosi al caso concreto con un “garbo” assoluta- mente assente nella vecchia misura dell’interdizione”, così FAROLFI, Amministra- zione di Sostegno, 2014, 55.

4 “Il mondo non è fatto solo di soggetti sani al 100% oppure malati ‘di testa’ al 100%. Innumerevoli sono gli esseri che sul piano dell’intendere o del volere stesso”, in P. CENdON, R. ROSSI, Amministrazione di sostegno. Motivi ispiratori e ap- plicazioni pratiche, Milano, 2009, 82.

5 R. MASONI, Amministrazione di sostegno, IlFamiliarista.it, Bussola 2021: La nomina dell’amministratore di sostegno si rende necessaria in presenza dei se- guenti tre presupposti normativi espressi: a) la persona è affetta da un’infermità, ovvero da una menomazione fisica o psichica; b) si trova nell’impossibilità, an- che parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi; c) la disabilità della persona incide negativamente sulla gestione degli interessi personali o patrimo- niali (c.d. nesso eziologico) (art. 404 c.c.).

6 È importante il fatto che il legislatore abbia sostituito la parola incapacità con quella di impossibilità di provvedere ai propri interessi: infatti ciò che legitti- ma il ricorso al nuovo istituto non è necessariamente una incapacità; è sufficien- te una qualunque inettitudine determinata dalle cause più diverse, siano esse di natura fisica o psichica, totali o parziali, temporanee o permanenti. G. FERRANdO,

L. LENTI, Soggetti deboli e misure di protezione, 2006, 102.

7 FAROLFI, op. cit., 64.

9 In realtà l’“esame” della persona è richiesto dall’art. 419 c.c. e si riferisce all’inabilitando o interdicendo, mentre di tutt’altra pregnanza il “sentire” cui si riferisce il 407 c.c. che include l’ascoltare con l’udito ma anche l’avvertire con processi intuitivi interiori, fino a comprendere la capacità di partecipazione sul piano dei sentimenti; in P. Cendon, R. Rossi, Amministrazione di sostegno, cit. 569.

10 Secondo un orientamento giurisprudenziale richiamato, fra cui Cass. 15 maggio 2019 n. 12998 in Giustizia Civile Massimario 2019, secondo la quale la procedura di nomina dell’amministratore di sostegno non esige che la persona versi in uno stato d’incapacità d’intendere o di volere, essendo sufficiente che sia priva, in tutto o in parte, di autonomia per una qualsiasi “infermità” o “menomazione fisica”, anche parziale o temporanea e non necessariamente mentale, che la ponga nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi; in tale ipotesi, il giudice è tenuto, in ogni caso, a nominare un amministratore di sostegno, poiché la discrezionalità attribuitagli dall’art. 404 c.c. ha ad oggetto solo la scelta della misura più idonea (amministrazione di sostegno, inabilitazione, interdizione) e non anche la possibilità di non adottare alcuna misura, che comporterebbe la privazione, per il soggetto incapace, di ogni forma di protezione dei suoi interessi, ivi compresa quella meno invasiva.

11 V. anche Cassazione civile sez. VI, 18 giugno 2014, n. 13929, in Diritto & Giustizia 2014, 19 giugno. 12 Rapporti tra procedimento di AdS e procedimento di interdizione e inabilitazione, in P. Cendon, R. Rossi, op. cit., 589 ss.

13 Per P. CENdON, R. ROSSI in www.personaedanno.it I destinatari della protezione, 3.10.2008, sono le persone che versano in ambasce, più o meno serie, di ordine mondano/relazionale. Gli individui portatori cioè di un disagio (sul piano anagrafico, istituzionale, fisico, psichico, sensoriale, o di altro genere) tale da rendere loro arduo, nella quotidianità, il fronteggiamento periodico delle scadenze, il concreto svolgimento di una o più attività, l’esercizio di questo o quel diritto civile – in definitiva, la padronanza e la “presa in carico” di se stessi.

14 Pubblicata anche in www.osservatoriofamiglia.it, Giurisprudenza, https:// bit.ly/3i2IJYO; nonché G.E. ARESINI, Spetta alla Corte d’appello la competenza a decidere su tutti i reclami in materia di amministrazione di sostegno, IlFalimiarista.it, Giurisprudenza commentata del 26 novembre 2021.

15 Con quali modalità il beneficiario può indicare al GT la sua preferenza? In Linee Guida Ads, https://www.lineeguida-ammsostegno.it/paragrafo/1702.

16 F. MAzzA GALANTI, L’iter procedurale dell’amministrazione di sostegno: la prassi giudiziaria, in AA.VV., La follia sociale, 2005, 212, secondo il quale “è opportuno segnalare che ad un maggior grado di infermità del soggetto si accompagna un più flebile rapporto di vicinanza tra beneficiario e amministratore, con il risultato che toccherà al giudice tutelare prestare particolare attenzione al caso, sia predisponendo un decreto di nomina il più possibile preciso e dettagliato nelle sue regole e previsioni, sia vigilando nel tempo in ordine al corretto svolgimento del rapporto”.

17 In Dir. Famiglia, 2009, 1, 11 con nota di MASONI.

18 Ricorda come la non imprescindibilità del consenso del beneficiario risul- ta desumibile anche dalla considerazione che, in caso di dissenso con quest’ulti- mo, l’amministratore informa il giudice tutelare per l’adozione dei provvedimen- ti ritenuti necessari G. BUFFONE, Protezione giuridica dell’adulto incapace: l’anziano e l’amministrazione di sostegno, in Giur. Merito, 2011, 12, 2903.

19 V. quali best practices in proposito il Progetto Esistenziale di Vita elaborato presso il Comune di Reggio Emilia: trattasi di un documento che custodisce le volontà della persona con disabilità in termini di desideri, aspirazioni, abitudini, preferenze, inclinazioni, paure e fastidi, nei differenti ambiti della vita.

20 “Si può anche ferire nel tentativo di proteggere. In un certo senso, parafra- sando le nozioni della fisica, esiste nell’amministrazione di sostegno un punto di snervamento della persona protetta: è il valore della tensione in corrispondenza della quale l’individuo passa da un comportamento elastico reversibile ad una deformazione irreversibile (cd. tensione di snervamento). In fisica, il punto dello snervamento è fondamentale nelle progettazioni in quanto segna il limite del carico a cui il manufatto può resistere. In Diritto, la mirata e adeguata protezione dell’incapace è elemento fondamentale per la riuscita del progetto protettivo”, in

G. BUFFONE, La Tensione di snervamento dell’amministrazione di Sostegno, in www. assostegno.it, visitato il 28 novembre 2022.

21 Sia consentito il richiamo alla prima lezione del Corso per amministratori di sostegno tenuta in data 20 gennaio 2022, la cui registrazione è visibile sul canale Youtube al seguente link https://youtu.be/S5dpQ6C1Ooo.

22 Un esempio di applicazione di poteri di assistenza nel decreto del Trib. Pinerolo 4 novembre 2004, Est. Merlatti, in www.altalex.com. Qualora il bene- ficiario non presenti deficit psichici o intellettivi, ma sia impossibilitato a per- seguire i propri interessi di natura personale o patrimoniale per effetto di una menomazione esclusivamente fisica, non vi è ragione di comprimere la capacità di agire; in tal caso il giudice tutelare può disporre l’amministrazione di soste- gno conferendo all’amministratore poteri di rappresentanza non esclusiva senza corrispondente perdita della capacità; in F. dE STEFANO, A. CRESCENzI, M.T. SEBA- STIANO, Il procedimento di interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno, 2011, 307.

23 V.P. CENdON, Un altro diritto per i soggetti deboli, l’amministrazione di sostegno e la vita di tutti i giorni, in L’amministrazione di sostegno (a cura di G. Ferrando), Milano, 2005, 49, “Ecco le parole chiave dell’amministrazione di sostegno, al- lora. Sapere – il giudice, il p.m., gli operatori sociosanitari – ascoltare quanto occorre l’interessato, mirare a conoscere in primo luogo i suoi bisogni. E, sulla base di quella presa d’atto, confezionare poi un assetto irripetibile di sostituzio- ni, di affiancamenti, di momenti curatoriali”.