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L’ascolto del minore in prospettiva di (un’altra) riforma. Osservazioni

autore: A. Cordiano

SOMMARIO: 1. L’ascolto del minore nella disciplina pre-riforma 2012-2013. - 2. Uno “statuto giuridico in materia di ascolto”: gli artt. 315-bis, 336-bis e 337-octies. - 3. Il nuovo art. 38-bis disp. att. c.c. e le precedenti disposizioni protocollari: la soft law nel diritto di famiglia. - 4. I soggetti deputati all’ascolto e l’ascolto diretto e indiretto. - 5. La partecipazione all’ascolto delle altre parti interessate: i temi suggeriti e le cautele di cui all’art. 38-bis disp. att. c.c. - 6. La verbalizzazione. - 7. Luoghi, tempi e modalità dell’ascolto. - 8. Le prospettive di riforma della legge n. 206 del 2021.



1. L’ascolto del minore nella disciplina preriforma 2012-2013



Con disposizioni afferenti a diversi settori del diritto, il legislatore, già prima delle ultime recenti riforme in tema di filiazione, assegnava al minore un ruolo di partecipazione dotato di un rilevante margine di autonomia1. L’ascolto, in questo senso, rappresenta una situazione soggettiva a carattere non patrimoniale, un diritto soggettivo personale del minore, che consente di rispondere alle sue istanze di partecipazione volitiva e informata rispetto alle decisioni che lo riguardano2.

Per altro verso, l’ascolto, strumento duttile di “evidenziazione degli interessi del fanciullo”, è “garanzia indispensabile per la rimozione degli ostacoli che si frappongono alla esplicazione della sua personalità e criterio fondamentale per l’attuazione dei suoi diritti”. Attraverso l’ascolto si consente al minore di esprimere direttamente la sua volontà e le sue opinioni, i suoi interessi, bisogni, aspirazioni e progetti3, compiendo altresì un passo decisivo per superare quella “spersonalizzazione” dei suoi interessi, indotta da meccanismi eterovalutativi, se non anche proiettivi, compiuti da parte degli adulti4, giungendo alla sistematizzazione di uno “statuto giuridico” di diritti soggettivi assoluti.

Lo strumento rappresentato dall’ascolto forma, insieme alla categoria ormai consolidata della così detta capacità di discernimento5, a cui sovente è associato, una sorta di endiadi concettuale ormai inscindibile, diretta a strutturare un vero e proprio diritto all’autodeterminazione personale: un’autodeterminazione personale composta, a sua volta, di un fascio di poteri decisionali, di esplicitazione delle proprie opinioni e di partecipazione, in un graduale rafforzamento che, pur consolidandosi con il progredire dell’età del minore, non sopporta alcun criterio aprioristico e neppure la rigidità delle categorie dicotomiche di capacità/incapacità6. Si tratta, non altro, che di una valorizzazione del ruolo dell’autonomia del minore e della partecipazione ai processi decisionali che lo riguardano, intesi come una forma di autotutela promozionale ovvero anche un’autoselezione degli interessi, che superi qualsiasi impostazione meramente astratta e conduca progressivamente verso la piena autonomia decisionale7.

Le disposizioni codicistiche che variamente sanciscono la tutela dell’interesse del minore, attraverso un suo ruolo partecipativo, costituiscono un corredo ampio e ormai ampiamente condiviso8, richiedendo ora il suo consenso (comma 2, art. 84 c.c.; commi 2 e 5, art. 250 c.c.); ora il suo ascolto (comma 1, art. 145 c.c. comma 5, art. 316 c.c. comma 3, art. 348 comma 2, art. 371 c.c. comma 1 n. 1)9, trovando corrispondenza anche in numerose disposizioni speciali10.

Si devono rammentare, a titolo d’esempio, una serie di disposizioni estremamente significative nelle quali il ruolo del soggetto minore si esplicita in un connubio inscindibile di manifestazione della volontà e ascolto, determinando gli esiti del procedimento: nel caso di interruzione della gravidanza di donna di età inferiore ai diciotto anni11 e, più in generale, per la partecipazione del soggetto incapace ai trattamenti sanitari, siano o meno di carattere strettamente terapeutico12, che dimostra una propensione verso l’autodeterminazione, l’autonomia e la dignità dei soggetti incapaci, che si ritrova nel Codice deontologico degli psicologi italiani (artt. 4, 9), degli assistenti sociali (artt. 11, 12)13 e degli educatori professionali (artt. 1, 4) e, con particolare raffinatezza, nel Codice deontologico dei medici chirurghi e odontoiatri.

Come è stato già osservato, ma è bene rammentarlo, l’origine normativamente sancita di questo processo evolutivo e culturale prima ancora che giuridico, trova un momento fondamentale con il recepimento della Convenzione di New York dell’ormai lontano 1989 e la ratifica della Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti del fanciullo del 1996, le quali, tuttavia, non hanno definito appieno alcune questioni, ancor oggi in parte irrisolte14. Già prima dell’emanazione della novella sull’affido condiviso nella crisi familiare e dell’introduzione dell’art. 155-sexies c.c. in tema di audizione della prole, infatti, la celebre Convenzione di New York sanciva la “superiorità dell’interesse del fanciullo” (art. 3), evidenziando la valenza dell’ascolto non solamente nel processo educativo all’interno delle dinamiche familiari, bensì anche in tutte le sedi processuali nelle quali il minore fosse coinvolto, quale momento imprescindibile al fine di assumere decisioni congrue15.

Successivamente, il tema dell’ascolto rafforza il suo profilo “dinamico” dei rapporti familiari e personali del minore, prettamente, ma non solo, contestualizzato in ambito processuale. In questa prospettiva, la Convenzione di Strasburgo del 1996, ratificata in Italia con legge 20 marzo 2003, n. 77, sull’esercizio dei diritti del fanciullo, promuove “nell’interesse superiore dei minori, i loro diritti, concedere loro diritti azionabili e facilitarne l’esercizio facendo in modo che possano, essi stessi o tramite altre persone od organi, essere informati e autorizzati a partecipare ai procedimenti che li riguardano dinanzi ad un’autorità giudiziaria” (art. 1, comma 2)16.

Si rende evidente, pertanto, il mutamento di prospettiva, da una visione protettiva del minore, ad una sua evoluzione partecipativa, dinamico-relazionale17, come conferma anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con il suo puntuale disposto dell’art. 24 in tema di protezione dei diritti dei minori18. Questo quadro finisce per tracciare la figura del minore, in sé per sé, quale soggetto potenzialmente esposto a numerosi fattori di debolezza e di rischio e perciò meritevole di un livello di protezione che sia il maggiore possibile19; ma, al contempo, la dimensione internazionale sancisce e definisce il minore anche per un ulteriore elemento, integrato in positivo, ossia come soggetto libero, autodeterminabile e capace di esprimere volizioni consapevoli e autonome manifestazioni di sé20. In questa prospettiva, che ben ripropone la tradizionale contrapposizione fra child protection e child welfare, il tema dei “diritti di protezione” non esaurisce l’articolato processo di specificazione dei diritti fondamentali dei minori21, esondando nel campo dei “diritti di libertà”, assoluti nella loro proclamazione e contenibili unicamente in funzione protettiva, attraverso i munera potestatori e mediante un delicato bilanciamento fra libertà, condizione sociale di riferimento e autorità22.

Se il quadro teoricoargomentativo risulta ben delineato, tuttavia, deve ammettersi che il profilo attuativo dei diritti di partecipazione, intesi nel momento più concreto (ascolto, difesa tecnica, capacità processuale) si è dimostrato in questi anni più arduo, dimostrando una particolare criticità nei riguardi del coinvolgimento del minore all’interno dei conflitti processuali23. Una certa eterogeneità d’approcci si avverte con nitidezza nella Convenzione dell’Aja del 1980, sulla sottrazione internazionale di minori24 e nel più recente regolamento n. 2201/2003, su competenza, riconoscimento ed esecuzione di decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale (art. 11, comma 2)25; come pure nella previsione speciale del comma 8, dell’art. 4, l. div.26 e nelle disposizioni originarie in tema di separazione, di cui all’art. 155 c.c.27: qui, in particolare, il potere del giudice di ascoltare il minore era costruito in termini sostanzialmente eccezionali28, con atteggiamento protezionistico che vedeva una certa apertura solo nella disposizione di cui all’art 316 c.c.29, ovvero nell’art. 145 c.c., percepite e restituite dalla dottrina come meno conflittuali30.

Diversamente, nei procedimenti de potestate, la enunciazione originaria dell’art. 336 c.c. non prevedeva in alcun modo la partecipazione del minore in termini di ascolto, benché non si fosse mancato di indicarne la vigenza in virtù dell’imperatività della convenzioni internazionali in materia31: la disposizione, emendata solo con la riforma n. 149/2001 in materia di procedimento di adottabilità con riferimento solo alla difesa tecnica, è stata poi compiutamente rinnovata dalla riforma della filiazione, la quale, all’art. 2, comma 1, lett. i), della legge n. 219/2012, delegava al governo la revisione della “disciplina delle modalità di esercizio del diritto all’ascolto del minore che abbia adeguata capacità di discernimento, precisando che, ove l’ascolto sia previsto nell’ambito di procedimenti giurisdizionali, ad esso provvede il presidente del tribunale o il giudice delegato”: riforma realizzata con il decreto n. 54/2013.

L’introduzione ad opera della disciplina n. 54/2006 in materia di affido condiviso, dell’art. 155-sexies c.c. (solo successivamente rinumerato con l’art. 337-octies c.c.) ha suscitato reazioni anche eterogenee32: segnalandosi, per un verso, l’importanza di acquisire l’opinione del minore come strumento per realizzare la finalità precipua della nuova disciplina, ovvero il principio di bigenitorialità e il mantenimento della relazione con entrambi i genitori (e con i relativi rami parentali); insieme alla pregevole estensione delle norme introdotte a tutti i procedimenti della crisi familiare. Per altro verso, la formulazione della nuova norma si è associata a quel corredo normativo in parte evidenziato, dal quale continua a emergere una visione strettamente protezionistica e, deve ammettersi, una prassi fortemente eterogenea e frammentata sul territorio nazionale proprio in tema di ascolto33. Molte incertezze, di natura spiccatamente processuale, relative alla doverosità dell’ascolto, ma anche circa i tempi, le modalità dello stesso, nonché in merito all’accertamento della capacità di discernimento, hanno condotto a reputare la riforma “un’occasione mancata” per colmare lacune e fornire certezze ai fini di una corretta applicazione dei diritti del minore34.

Risolta la questione critica del binomio facoltà o doverosità dell’ascolto del minore sul piano dell’ordinamento interno, ad opera della nota pronuncia a sezioni unite della cassazione35, che ha definitivamente ricostruito il principio dell’ascolto nei termini della doverosità, residuavano, fino a oggi, numerosi profili critici36, giacché nei procedimenti della crisi, ma ancor di più nei processi de potestate, l’ascolto del minore e la sua obbligatorietà scontano una serie di equivoci processuali di fondo. Ben si evidenzia, che il doveroso ascolto non abbia tanto la funzione di mettere il minore nella condizione di difendersi (nel senso tecnico del termine37), quanto quella di far conoscere al giudice la sua opinione38 e, se possibile, anche la sua volontà, di modo che, se non sia anche possibile adeguare il provvedimento a quella volontà, il giudice possa essere comunque messo nella condizione di emanare il miglior provvedimento possibile, quandanche di natura provvisoria39. Queste acquisite criticità, unitamente all’assenza di disposizioni puntuali in materia processuale, hanno contribuito a mantenere numerose ambiguità applicative, disparità di prassi e, prima ancora, una disomogeneità a livello anche teorico su alcuni aspetti essenziali in materia di ascolto40.



2. Uno “statuto giuridico in materia di ascolto”: le disposizioni di cui agli artt. 315-bis, 336-bis e 337-octies c.c.



La riforma della filiazione n. 219 del 201241 si prefiggeva, in primo luogo, di superare le residue ma rilevanti discriminazioni in materia, introducendo l’unicità dello stato di filiazione e altre disposizioni incidenti in maniera sostanziale sul regime previgente, alcune già immediatamente introdotte nella disciplina codicistica (art. 1)42, altre con conseguenze prettamente processuali (artt. 3 e 4)43, altre attribuendo al governo una delega estesa da attuarsi in breve termine (art. 2), altre ancora contenenti le previsioni sullo stato civile (art. 5). La riforma, nella sua parte immediatamente esecutiva di diritto sostanziale, oltre a introdurre un pregevole principio di parità nella filiazione (art. 315 c.c.) con immediate ricadute in ambito relazionale (artt. 74 e 258 c.c.), ha altresì provveduto a riformulare una norma un tempo molto più asciutta, relativamente ai diritti e doveri dei figli nei confronti dei genitori (art. 315-bis c.c.)44. Con riguardo proprio a quest’ultima disposizione, il legislatore appare aver voluto trasferire in un’unica sede appropriata il contenuto dell’art. 147 c.c. (diritti di istruzione, educazione e mantenimento), dell’art. 155 c.c. e seguenti come riformati nel 2006 (principio di bigenitorialità e diritto a mantenere rapporti significativi con i parenti) e, infine, un principio generale in base al quale il minore dodicenne e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e procedure che lo riguardano45. Siffatto ultimo profilo non si limita a rendere prescrittivo un diritto di ascolto, in realtà già presente in numerosi contesti46; ma introduce, altresì, in una prospettiva nuova, ma pervasiva, un obbligo dei genitori di confrontarsi con il figlio in ogni aspetto della vita quotidiana, così da attuare concretamente quella forma di autotutela promozionale ovvero quella autoselezione degli interessi, che conduca gradualmente il minore verso la piena autonomia decisionale47 e, corrispettivamente, la responsabilità genitoriale verso il suo naturale “svuotamento”48. Per vero, il novero dei soggetti ai quali poter far valere il diritto comprende una categoria eterogenea: esso incombe, quale dovere pubblico49, oltre che sui genitori e sul giudice, anche su tutori, curatori, avvocati50.

Esplicitando, inoltre, una chiara vocazione generale, deve dirsi, la disposizione andava sin da subito coordinata con quanto previsto in sede di delega dall’art. 2, comma 1, lett. i), della legge n. 219/2019, che rimetteva al governo il compito di revisionare la “disciplina delle modalità di esercizio del diritto all’ascolto del minore che abbia adeguata capacità di discernimento, precisando che, ove l’ascolto sia previsto nell’ambito di procedimenti giurisdizionali, ad esso provvede il presidente del tribunale o il giudice delegato”: riforma definitivamente realizzata con il decreto delegato n. 54/201351. La delega è stata esercitata con molta tempestività su numerosi profili richiesti, fra i quali anche quello dell’ascolto del minore52, introdotto, come è noto, ancora nell’ambito codice civile53 e non (anche) nel codice di rito, precisamente nel I libro nelle disposizioni generali concernenti le parti54. Così, accanto alla previsione di carattere generale di cui al comma 3 dell’art. 315-bis, l’ascolto viene inserito all’art. 337-octies c.c., il quale non si limita a riprodurre la formulazione del precedente art. 155-sexies c.c., ma vi aggiunge, precisandolo, che nei procedimenti in cui si omologa o si prende atto dell’accordo dei genitori sulle condizioni di affidamento dei figli, il giudice non procede all’ascolto se in contrasto con l’interesse del minore o manifestamente superfluo. La precisazione, probabilmente con una vocazione meramente esemplificativa55, si spiega con l’idea che, in queste ipotesi, stante il clima consensuale del contesto processuale, l’ascolto dovrebbe rappresentarsi come inutile, costituendo pertanto un’ipotesi concretamente remota, alla quale il giudice potrà sempre rimandare nel caso concreto56.

Eppure, come si osserva accortamente, l’ascolto, essendo privo di finalità istruttorie57, ma rilevante come momento autodeterminativo, espressione di un vero e proprio diritto fondamentale del minore anche sul versante processuale58, sarebbe comprimibile solo quando sia accertata la contrarietà al suo preminente interesse59. Il minore, dunque, nell’ambito dei procedimenti e delle decisioni che lo riguardano, è divenuto titolare, ora anche positivamente, di un vero diritto soggettivo all’ascolto60, che rafforza quel preminente, ma sempre generico, interesse superiore a lui riconosciuto61: in questa direzione, si è affermato, in senso opposto, che la norma di cui all’art. 337-octies c.c., limitando l’ascolto del minore, dovrebbe essere di stretta interpretazione, in quanto norma eccezionale rispetto alla regola generale62.

Quanto, invece, al profilo dell’ascolto nell’ambito dei procedimenti de potestate, la delega ha introdotto una disposizione di “carattere generale”, per certi versi anche superando la rigida prescrizione contenuta nel disegno parlamentare63. L’introduzione della nuova disposizione di cui all’art. 336-bis c.c. ha di fatto sancito a livello legislativo il diritto all’ascolto per minore dodicenne e anche di età inferiore ove capace di discernimento, salva la deroga, anche qui, nel caso in cui l’ascolto si ponga in contrasto con l’interesse del minore o appaia manifestamente superfluo64. La norma va oggi coordinata con il comma 2 dell’art. 336 c.c., che prevede l’ascolto in sede di procedimento, collocandola nella fase della trattazione del procedimento assieme all’ascolto del genitore nei cui confronti deve essere assunto il procedimento, e con la necessaria assistenza tecnica, prevista dall’ultimo comma dell’art. 336 c.c. Con ciò, la riforma ha colmato una rilevante lacuna in tema di ascolto del minore, che la disciplina di riforma del 2001 non era in realtà riuscita a soddisfare, non avendo successivamente apprestato la puntuale regolamentazione processuale a riguardo65.

Trattandosi di un obbligo66, in queste ipotesi, il giudice dovrà darne adeguata motivazione, evidenziando la sussistenza di un interesse superiore del minore a non essere coinvolto emotivamente nel conflitto fra i suoi genitori67. L’ascolto è condotto dal giudice, auspicabilmente quello maggiormente competente68, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. I genitori, anche quando parti processuali del procedimento, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se già nominato, ed il pubblico ministero, sono ammessi a partecipare all’ascolto se autorizzati dal giudice, al quale possono proporre argomenti e temi di approfondimento prima dell’inizio dell’adempimento. La nuova disposizione, come si vedrà, per la prima volta introduce rilevanti novità sulle modalità e sulle tecniche dell’ascolto, in combinato disposto con l’art. 38-bis disp. att. c.c., allo scopo di salvaguardare il minore da eventuali condizionamenti e suggestioni69, prevedendo specifiche condizioni alle quali le altre parti processuali debbono soggiacere circa la possibilità di assistere o di condizionare le modalità e lo svolgimento dell’ascolto70.

Di là da alcune criticità, sembra potersi dire che la riforma, in punto di ascolto, tenti di recepire quanto espresso, qualche anno prima, dalle note Linee guida sulla giustizia minorile, elaborate in seno al Consiglio d’Europa, nel novembre 2010, al fine di creare uno spazio giuridico europeo “a misura di minore”71. In questo senso, può dirsi che non solo l’ascolto viene positivamente sancito come regola oggi prescrittiva e non più unicamente a carattere programmatico, nei differenti contesi giurisdizionali, ma anche che sia espressamente e definitivamente riconosciuto come strumento che attua concretamente il principio dell’interesse del minore72: si chiarisce, al contempo, la struttura polisemica di questo interesse, come categoria sintetica dei diritti fondamentali e criterio guida della decisione concrete73, per un verso; come strumento di protezione e di promozione, per altro74.

Si deve osservare, per altro verso, che la riforma, nel suo complesso sembra decisamente aver introdotto uno “statuto giuridico in materia di ascolto”, delineandolo come un principio oggi almeno teoricamente prescrittivo in tutte le procedure e in tutti i contesti giudiziari, compresi quelli “non conflittuali” ovvero quelli di natura patrimoniale75, a fronte, nondimeno, della migliore dottrina che tende a concentrare la funzione dell’ascolto nelle controversie e della crisi familiare e in materia di responsabilità genitoriale e non anche, ad esempio, sulle questioni patrimoniali76.

In realtà, sembra potersi dire che potrebbero essere numerose le ipotesi nelle quali il giudice non provvederà all’ascolto: segnatamente, quando il minore sia già stato ascoltato nel processo ovvero in altro, vertente su analoghe questioni; quando il minore abbia dato prova e comportamento di rifiutare motivatamente l’ascolto; quando le circostanze sulle quali il minore dovrebbe essere sentito siano pacifiche o comunque già dimostrate in causa; quando l’oggetto del giudizio non coinvolga direttamente il minore: ipotesi questa certamente remota nei procedimenti de potestate.

Di là dal tentativo, forse superfluo, di tipizzazione delle fattispecie nelle quali non si provvederà ad ascoltare il minore, è certamente vero che ogni incondizionato automatismo rispetto all’ascolto non possa che rivelarsi potenzialmente dannoso, così come un certo paternalismo che finisca, non altro, che per svilire quello stesso interesse che s’intenderebbe proteggere77. In questo senso, infine, dovrebbe potersi dire che la recente riforma della filiazione abbia quanto meno tentato di ristabilire un ordine concettuale, sancendo una sorta di “statuto giuridico”78 in materia di diritti all’autodeterminazione personale del minore. In questo quadro ricomposto, l’ascolto costituisce un momento affermativo e una concretizzazione applicativa79: idoneo, pertanto, a spiegare i suoi effetti in tutte quelle procedure nelle quali il minore agisca o resista in qualità di parte, benché la sua posizione debba essere comunque rafforzata dalla pre senza di un rappresentante legale e/o tecnico80.



3. Il nuovo art. 38-bis disp. att. c.c. e le precedenti disposizioni protocollari: la soft law nel diritto di famiglia



Le complesse criticità di sistema, solo in parte sopite dalla re- cente riforma, sono in certo modo testimoniate dai numerosi protocolli in materia di famiglia e, nello specifico, in materia di ascolto del minore, che hanno preceduto, talora di molti anni rispetto alla definitiva riconfigurazione operata dalla disciplina di riforma sulla filiazione degli anni 2012-2013, tentando talvolta con operazioni puntuali e pregevoli di sistemare alcuni profili lacunosi della materia8.

L’esempio dei protocolli d’intesa per l’applicazione virtuosa di linee guida condivise fra operatori, insieme alla grande risorsa rappresentata dai Tavoli di lavoro permanenti, fra operatori giuridici e professionisti non giuridici, costituiscono una risorsa importante che il territorio può creare, al fine di una proficua collaborazione e condivisione di intenti: siglati talvolta all’interno delle singole associazioni, altre volte fra tutti i soggetti coinvolti (tribunale, ordini professionali, associazioni di categoria, servizi sociali di base e Servizi specialistici, privato sociale) posseggono, da un lato, la capacità di agevolare e consentire un mutuo riconoscimento delle persone, dei linguaggi, delle competenze e dei fondamenti epistemologici spesso profondamente differenti che caratterizzano gli operatori familiaristi. Questo mutuo riconoscimento permette, da un atteggiamento spesso di grande diffidenza, di giungere ad un’unità di scopi e di linguaggi e alla nascita, magari, di altre iniziative, di altri documenti comuni: proprio i protocolli sull’ascolto del minore, ad esempio, sono stati sovente l’elemento propulsivo per l’attivazione dell’aula di ascolto presso le sedi di tribunale. Inoltre, i protocolli hanno il pregio di mettere in rete gli operatori coinvolti, di creare un contesto comune, relazioni assidue e luoghi anche informali di scambio: così può accadere, ad esempio, nelle ipotesi di protocolli fra unità sanitarie locali e consultori, per la costituzione di strumenti per la messa in rete dei soggetti che vengono a conoscere situazioni di violenza su donne e su minori.

È evidente che, trattandosi di protocolli d’intesa per l’adozione di linee guida, si discorre di applicazione virtuosa, ancorché condivisa largamente, e non di strumenti dotati di vincolatività, prescrittività o giusitiziabilità. Questa tipologia di “regole”, infatti, si inserisce in quel contenitore ampio e dal contenuto variegato, costituito dalla così detta soft law, essa stessa di non pronta definizione. La soft law rappresenta una forma giuridica peculiare in risposta alla acuita complessità fenomenologica82, espressione di nuovi modi di gestire processi decisionali compositi, che comporta, almeno in parte, il superamento della sistematica e della dogmatica della teoria delle fonti di hard law e, insieme con questa, del diritto proveniente dalle istituzioni politiche e dalle procedure a queste connesse83. Le ragioni di questo superamento si trovano, in parte, in fenomeni sociologici ed economici dettati dalla globalizzazione e del mercato, insieme alla sostanziale presa di potere della governance comunitaria, che ha comportato, oltre ad una condivisione di sovranità, anche la graduale validazione di “espressioni giuridiche (più) soft”, ai margini delle fonti del diritto84, con rilevanti effetti pratici85.

Molteplici sono le funzioni e la struttura che accomunano le forme disomogenee di soft law, che possiedono certo una forte carica persuasiva, accanto a funzioni informative, di socializzazione valoriale e di orientamento del processo interpretativo propriamente inteso. Insieme a queste molteplici funzioni, si colloca quella di moral suasion, che ben si inserisce nel contesto, a vocazione mediativa, del diritto di famiglia. La forza persuasiva ammanta tutto il processo formativo di questa peculiare normativa, consentendo ab origine la condivisione dei progetti sottesi, fondata non sull’autorità, ma su nuovi circuiti giuridici.

Le norme di soft law, infatti, non si fondano sulle regole dell’obbedienza derivanti dall’emanazione dell’organo istituzionale, ma sul mutuo riconoscimento di nuovi soggetti operanti nel settore di riferimento (es., le associazioni di avvocati o quelle di psicologi operanti nel campo della famiglia e dei minori), creando effettivamente nuovi criteri di legittimazione e mutando lo scenario degli attori del processo di produzione delle stesse regole. Per altro verso, il contenuto delle norme protocollari, species del genus soft law, è profondamente connotato dalle modalità della negoziazione, che produce spesso l’adesione alla regola più “morbida”, fortemente pensata, condivisa e voluta. Le norme in parola, quindi, oltre alla funzione di socializzazione valoriale, hanno un ruolo determinante perché modellano in maniera significativa la realtà a cui sono destinate ad applicarsi.

Nella trattazione che qui interessa, deve rilevarsi un profilo estremamente significativo, giacché la norma di soft law, nel caso specifico del diritto di famiglia, ha avuto un ruolo determinante nella formazione della regola hard: tutta la materia dell’ascolto del minore, come detto, è stata novellata dal d.lgs.

n. 154/2013, emanato sulla delega della legge n. 219/2012, riformulando essenzialmente la materia alla luce di quelle che erano le prassi assodate e condivise presso numerose sedi di Tribunale del territorio nazionale. Non tanto l’ascolto del giudice della separazione, che è stato integralmente e pressoché pedissequamente trasfuso dal vecchio art. 155-sexies c.c. al nuovo art. 337-octies c.c., quanto quello del giudice minorile, di cui all’art. 336-bis c.c., infatti, è modellato secondo quanto disponevano spesso i protocolli sull’ascolto: rispetto alla scelta del giudice di non provvedere a consultare il minore e all’adempimento del provvedimento motivato; alle modalità di consultazione diretta o mediante l’ausilio di esperti, alla redazione del processo verbale, e alla preventiva informazione del minore riguardo alla natura del procedimento e agli effetti dell’ascolto. Con riferimento poi alla possibilità di partecipare all’ascolto da parte degli altri soggetti coinvolti (genitori, difensori di questi, curatore del minore, pubblico ministero), il comma 2 dell’art. 336-bis oggi prevede sì la possibilità di “suggerire” al giudice argomenti e temi sui quali ascoltare il minore; tuttavia questi sono ammessi a partecipare all’ascolto, solo con apposita autorizzazione del giudice, salvo quanto disposto dal (nuovo) art. 38-bis disp. att. c.c.

È evidente che il legislatore ha operato sul contenuto delle norme, attraverso un meccanismo di costruzione “dal basso”, che risulta efficacemente inedito sotto il profilo della tradizionale produzione delle fonti normative. Per questa ragione non è da condividere l’idea che i protocolli nella materia de qua siano necessariamente inutili o anche dannosi86: perché pedissequamente riproducono la norma di legge e in ogni caso perché privi di rilevanza giuridica; dannosi allorquando esprimano regole contra jus. Sebbene, infatti, si consenta una sorta di destrutturazione del sistema delle fonti, come tradizionalmente inteso, e insieme una diversificazione delle procedure e la moltiplicazione dei soggetti legittimati a produrle, è ben evidente che ciò non implica l’ammissibilità di deroghe o di violazioni dei diritti ascrivibili a tutti i soggetti coinvolti nel contesto di riferimento: la soft law, in tal senso, presuppone che l’ordinamento non sia (più) esaustivo ed esprime “solo” altre forme normative, le quali, sebbene non cogenti secondo i tradizionali canoni della prescrittività e sanzionabilità, entrano nelle decisioni assunte. Il problema, a ben vedere, non è tanto quello delle disposizioni protocollari che violano la norma di legge, piuttosto scarse in realtà, bensì quello della loro disapplicazione o violazione. Non soddisfa l’idea che l’ordinamento assorba in sé l’inefficienza della regola protocollare inutile mediante la sua disapplicazione. Se, infatti, la norma protocollare è applicata, perché esprime un modello condiviso e negoziato, al contempo essa ha l’effetto intrinseco di orientare ad essa i comportamenti dei contraenti, aderenti alla norma. D’altro canto, l’adozione di un siffatto comportamento ingenera negli stessi contraenti una legittima aspettativa a veder osservata la norma di riferimento. In altre parole, l’avvocato sarà legittimamente propenso a credere che la controparte osservi il Protocollo sottoscritto e così adeguerà la strategia difensiva alla luce di questa aspettativa.

Al contempo, non è da escludere che l’adesione alla norma protocollare produca un ulteriore effetto, che potremmo chiamare “di liceità”: il comportamento conforme alla disposizione di soft law è per principio lecito, ossia riconosce a chi la osserva un esonero di responsabilità da eventuali pregiudizi incorsi ai soggetti coinvolti, derivanti dal comportamento conforme: il fenomeno è noto con riguardo al tema delle certificazioni di qualità, sostanzialmente normato attraverso disposizioni soft, le norme e specifiche tecniche. Ma la questione riguarda certamente anche l’ambito della responsabilità medica, che già ad opera della giurisprudenza richiamava le linee guida scientificamente e internazionalmente riconosciute per escludere (o meno!) la responsabilità civile e penale di chi le avesse correttamente osservate. A seguito dell’entrata in vigore della legge Balduzzi, n. 189, 8 novembre 2012, la questione è ancor più attuale, dal momento che l’art. 3, comma 1, della legge ha sancito un ruolo prescrittivo assegnato alle norme di soft law, dimostrando come la carica persuasiva di quelle non precluda intrinsecamente forme di reazione ordinamentali.

Sotto il profilo che qui interessa, v’è da chiedersi se sia così vero che la mancata applicazione e la violazione delle disposizioni dei protocolli in materia di diritto di famiglia – che siano stati negoziati, condivisi e sottoscritti –, ad opera di una delle parti contraenti non producano alcuna conseguenza.

Forse non è tempo per immaginare una condanna della giurisprudenza per violazione di questo inedito diritto vivente; certamente, è lecito richiedere e attendersi l’assunzione di responsabilità e consapevolezza da parte di chi questi protocolli li ha voluti e sottoscritti.



4. I soggetti deputati all’ascolto e l’ascolto diretto e indiretto



In linea con le disposizioni contenute nella Convenzione di Strasburgo, il secondo e il comma 3 dell’art. 336-bis c.c. dispongono che l’ascolto sia condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari, e che, prima di procedere all’ascolto, il giudice informi il minore della natura del procedimento e degli effetti dell’ascolto87. Si tratta di un adempimento assai gravoso, se svolto con compiutezza, che nella sua configurazione sembra recepire, benché in modo parziale, le note Linee guida sulla giustizia minorile, elaborate in seno al Consiglio d’Europa, nel novembre 2010, al fine di creare uno spazio giuridico europeo “a misura di minore”88.

Anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 336-bis c.c., le

modalità con cui si realizzava l’ascolto non solo erano rimesse alla discrezionalità e alla valutazione concreta del giudice, ma divergevano altresì con prassi municipali fortemente diversificate sul territorio nazionale89. La riforma, invece, ha sancito una sorta di immediatezza nel rapporto fra giudice e minore, individuando nel primo la figura più consona nell’interazione con il secondo. Sarà, pertanto, il presidente del tribunale per i minorenni ovvero un suo delegato a provvedervi: in questo senso, può dirsi che emerga un evidente favor del legislatore nei riguardi della modalità di ascolto diretto90, benché sia esplicita al contempo la facoltà del giudice di avvalersi di esperti o di altri ausiliari91. Per altro verso, si specifica puntualmente il dovere del giudice di spiegare al minore la situazione in cui è coinvolto, del luogo in cui si trova, della natura del procedimento e degli effetti dell’ascolto92.

Il primo profilo, relativo al chi della conduzione dell’ascolto, è

premessa non solo giuridica, ma anche culturale, e presuppone un dato essenziale di fondo. L’ascolto, come già evidenziato, non costituisce una mera audizione93; pur non rappresentando la valutazione di un caso clinico, né implicando un approccio terapeutico, esso non può prescindere da un certo grado di analisi psicologica della personalità del minore, pur anche quando venga svolto dall’autorità giudiziaria in via immediata94. Soprattutto in questa ipotesi, l’ascolto deve essere condotto da un interlocutore empatico, riflessivo, disponibile, che sappia percepirne i disagi, le aspettative e la stessa personalità, sapendole poi contestualizzare in una cornice processuale concreta, attraverso l’emanazione del “miglior provvedimento possibile” per quel singolo minore in quella singola procedura95.

Analogamente si può dire con riferimento al come dell’ascolto, non essendo ininfluente che l’autorità giudiziaria prediliga utilizzare forme di ascolto diretto ovvero indiretto, attraverso operatori sociali e/o psicologi, consulenti tecnici o magistrati onorari, ovvero ancora “protetto”, ossia facendosi coadiuvare da quelli in contesti diversi da quello giudiziario, giacché questo, com’è presumibile, può incidere negativamente sulle emozioni, sulle percezioni e sulle aspettative del minore. In questo senso, si ritiene che le informazioni preparatorie all’ascolto, relative alla necessità stessa di essere ascoltato, dovrebbero essergli fornite in via preventiva, preferibilmente dai servizi sociali ovvero dall’esperto, o ancora dai genitori stessi, data la delicatezza di alcune situazioni, che di seguito relazioneranno al giudice sugli esiti dell’avvenuta comunicazione96. A tal proposito, infatti, è stato osservato che l’espressione della disposizione non chiarisce se il giudice possa delegare interamente l’ascolto o se debba comunque presenziarvi, anche quando affiancato ad un esperto97. Invero, a prescindere del soggetto che provvederà all’ascolto, sarebbe auspicabile che, ove richiesto o risulti in ogni modo opportuno, il minore sia sempre assistito da una persona di fiducia, che lo affianchi durante l’audizione98. In ogni modo, la discrezionalità del giudice in ordine all’ascolto, riguarda anche le modalità di questo, purché sia garantito al minore di esprimersi liberamente99.

Venendo alle modalità dell’ascolto diretto effettuato dal giudice, si discute se all’audizione debba essere presente esclusivamente il giudice ovvero anche il cancelliere verbalizzante100: di là dai profili relativi alla partecipazione delle parti e dalle modalità di ascolto che tutelino la personalità del minore, di seguito analizzate, deve dirsi che il giudice, in ogni caso, è garante dell’autenticità e spontaneità delle opinioni espresse dal minore stesso, al fine di evitare al minore forme di condizionamento101. Così, nel caso in cui sia lo stesso minore a chiedere la presenza di uno dei genitori all’ascolto, ciò dovrà essere opportunamente vagliato dal giudice, anche valutando l’opportunità, sorretta dal disposto dell’art. 68 c.p.c., che all’audizione partecipi un ausiliario esperto nominato ovvero un operatore dei servizi, che possa affiancare il giudice, ma soprattutto il minore, in particolar modo se in tenera età102. In questo senso, deve dirsi, i genitori non vengono indicati fra i soggetti che l’art. 38-bis disp. att. c.c. elenca fra quelli che possono seguire direttamente l’ascolto nelle ipotesi in cui la salvaguardia del minore sia assicurata da idonei mezzi tecnici: la scelta legislativa, infatti, non pare casuale103. Quando il giudice, per converso, si determini per un ascolto indiretto104, spesso privilegiato dai giudici ordinari e meno da quelli minorili che possono affidarsi ai componenti non togati, verrà individuato un consulente tecnico per l’ascolto ovvero un operatore dei servizi sociali competenti105: questi, esclusa l’ipotesi dell’audizione nelle aule giudiziarie per l’ascolto (in questo caso verrà prodotta anche una videoregistrazione)106, trasmetterà una relazione conclusiva, che sarà allegata agli atti107. Resta fermo che il giudice non possa sostituire un ascolto,

anche indiretto, con le relazioni degli operatori sociali già acquisite agli atti108. Così, in alternativa, si può disporre che l’audizione avvenga nell’ambito di una consulenza tecnica, finalizzata all’accertamento della condizione complessiva o dei rapporti con i genitori. Se il silenzio legislativo lascia un ragionevole margine di discrezionalità al giudice109, è evidente che le due figure – consulente tecnico per l’ascolto nominato dal giudice e operatore dei servizi – pongono riflessioni differenti in ordine alla tutela del diritto di difesa delle parti coinvolte: se, infatti, non si dubita della necessità di osservare le garanzie del contraddittorio nel caso di ascolto condotto dal consulente, ai sensi dell’art. 194 c.p.c., diverso sarà nel caso di affidamento del compito al servizio sociale competente, in quanto appartenenti a enti pubblici, caratterizzati da implicita terzietà e pertanto sottratti ai meccanismi processuali tipici110. Pertanto, nel caso di audizione del minore con l’assistenza di un esperto, dovrebbe essere assicurata alle parti la possibilità di una nomina tempestiva dei loro consulenti di parte ai sensi dell’art. 87 c.p.c. Non si escludeva, infine, la possibilità di ascoltare il minore tramite un curatore speciale111, benché si potessero rilevare alcuni profili critici circa la limitazione alla partecipazione all’ascolto, che lo stesso curatore soffre, ai sensi degli artt. 336-bis c.c. e 38-bis disp. att. c.c. (e fino a quando non entrerà in vigore il nuovo art. 336 c.c.).

Per i profili indicati sarebbe necessario, se non un riferimento esplicito a livello legislativo, almeno una riflessione profonda delle categorie coinvolte: sulle figure professionali più indicate e sulle loro competenze professionali112, sulle modalità e sui luoghi di ascolto, tenendo conto, ad esempio, delle spese necessarie (e onerose) per l’incarico ad un consulente tecnico d’ufficio, e dei disagi relativi ad alcuni servizi sociali territoriali, competenti ma di fatto inefficaci per carenza cronica di risorse. Indicazioni con un buon livello di condivisione, magari espresse in linee guida113, potrebbero garantire al minore strumenti e persone che riducano o eliminino le possibilità di traumi, pregiudizi e “giudizi”, in favore di un ascolto empatico e di qualità: un ascolto che si collochi (anche metaforicamente) all’interno di un contesto giudiziario che sia accogliente e garantistico.



5. La partecipazione all’ascolto delle altre parti in- teressate: i temi suggeriti e le cautele di cui all’art. 38-bis disp. att. c.c.



La questione della presenza dei genitori e dei difensori di que- sti all’ascolto del minore era già ampiamente dibattuta prima alla riforma114. La prassi, in effetti, conosceva fattispecie protocollari di allontanamento delle parti115, al fine di evitare interferenze sul buon esito dell’ascolto, in termini di soggezione ovvero di protagonismo del minore116. In questo senso, i protocolli tendevano a escludere la presenza dei genitori, sollecitando i difensori a preparare le parti, invitandoli ad atteggiamenti responsabili, e esortando gli stessi difensori a ogni contatto precedente alle operazioni di ascolto117.

Invero, già prima della recente riforma, si osservavano un panorama composito, atteggiamenti e prassi estremamente eterogenei: ipotesi nelle quali i protocolli sconsigliavano vivamente la loro presenza e altre nelle quali questa veniva ammessa in pieno diritto, purché in rigoroso silenzio. La dottrina, già prima della riforma, esplicitava riserve sulla loro partecipazione118: si discorreva altresì, della necessità di acquisire un preventivo consenso dei genitori all’ascolto119, così come della possibilità delle parti di sottoporre al giudice una “scaletta dell’ascolto”120, offerta, quest’ultima, che in alcune sedi veniva accolta; in altre, esclusa in radice.

Con tutta evidenza, la difficile composizione fra il diritto di difesa delle parti, la tutela della personalità del minore e la buona riuscita dell’ascolto, rendeva la questione assai delicata e composita: deve dirsi, d’altro canto, che l’assenza delle parti e dei difensori difficilmente possa configurarsi come lesione tout court del diritto di difesa di quelle, trattandosi dell’ascolto di un soggetto che è parte a sua volta del procedimento, che trasmette la sua volontà al giudice, soggetto terzo, affidatario del preminente interesse del minore stesso121. L’ascolto, in questo senso, esplicita un potere processuale del tutto peculiare, non essenzialmente ricollegabile al principio del contraddittorio, bensì al superiore interesse del minore: si rendono pertanto possibili anche alcune deroghe alle tradizionali garanzie processuali delle parti122. La disposizione di cui al comma 2 dell’art. 336-bis c.c. propende, quindi, per una partecipazione “moderata”123, prevedendo che i genitori, anche quando parti processuali del procedimento, i difensori delle parti, l’eventuale curatore speciale, il pubblico ministero sono ammessi a partecipare all’ascolto, ma debbono essere autorizzati dal giudice. Essi possono, però, proporre al giudice argomenti e temi di approfondimento prima, e non durante124, l’inizio dell’adempimento delle operazioni di ascolto.

Va segnalato che, probabilmente, sarebbe stata più opportuna una formulazione della norma che precisasse la possibilità di indicare temi di approfondimento “alcuni giorni prima” e non nell’immediatezza dell’ascolto, quando può difettare una opportuna ponderazione delle istanze o, peggio, quando il minore è già presente in udienza125. Il provvedimento dispositivo dell’ascolto, quindi, dovrebbe essere comunicato con congruo anticipo rispetto alla data fissata per l’incombente, al fine di consentire organizzare l’accompagnamento e l’accoglienza del minore con modalità adeguate: in questo senso, prevedevano già alcuni protocolli prima della riforma126.

Il giudice così se, da un lato, potrà in via del tutto discrezionale valutare l’opportunità di autorizzare la presenza delle parti alle operazioni di ascolto127; dall’altro, fungerà comunque da filtro a garanzia dell’interesse superiore del minore, nel caso di mancata autorizzazione128. La ratio di una siffatta delimitazione si ritrova, con tutta probabilità, nella volontà di mantenere il colloquio con il giudice in un contesto dialogico, senza che i genitori possano innescare meccanismi di soggezione e i difensori atteggiamenti debordanti129. Nel caso in cui, evidentemente, le parti siano ammesse a partecipare all’audizione, queste potranno naturalmente rivolgere al minore domande dirette130 e comportarsi con la massima discrezione131; in caso contrario, la presenza all’audizione non consentirà loro di svolgere un ruolo attivo né di sollecitare in alcun modo il contraddittorio132.

La riforma della filiazione ha previsto l’introduzione di uno specifico art. 38-bis disp. att. c.c., che testualmente non contempla l’autorizzazione del giudice alla presenza delle parti, quando si può dar corso ad un ascolto protetto133 o quando la salvaguardia del minore può essere assicurata da mezzi tecnici: l’uso del vetro-specchio unitamente ad un impianto citofonico. In questo caso, i difensori delle parti, il curatore speciale se già nominato e il pubblico ministero134 possono seguire l’ascolto in luogo diverso, così da evitare condizionamenti dell’operazioni di ascolto135.

Come si osserva, i genitori non vengono indicati fra i soggetti che l’art. 38-bis disp. att. c.c. elenca fra quelli che possono seguire direttamente l’ascolto nelle ipotesi in cui la salvaguardia del minore sia assicurata da idonei mezzi tecnici: la scelta legislativa, infatti, non pare casuale, intendendo così evitare qualsiasi pressione o soggezione psicologica, diretta o indiretta, nei confronti del minore136. Questa assenza si spiega, secondo alcuni, anche in ragione del fatto che, dovendo il minore sempre essere informato dal giudice sulla natura e sulle finalità del procedimento, si reputa che dovrà altresì essergli comunicato che non solo l’ascolto non rimarrà segreto, ma che ad esso parteciperanno, sia pure oltre il vetro, anche altri soggetti. È forse vero che, se fra questi fossero presenti anche i genitori, l’ascolto del minore ne sarebbe oltremodo compromesso, dato lo stato psicologico alterato o addirittura la manipolazione, ancorché inconsapevole, alla quale potrebbe essere sottoposto il minore137. D’altra parte, parrebbe strano che il minore non sia a conoscenza della presenza delle parti all’ascolto138, salve le situazioni nelle quali sia in tenera età, nel qual caso questa preliminare informazione potrebbe effettivamente risultare irrilevante.

Come detto, se la salvaguardia del minore è garantita da mezzi tecnici, quale l’uso del vetro-specchio unitamente ad un impianto citofonico, i difensori delle parti, il curatore speciale e il pubblico ministero possono seguire l’ascolto in luogo diverso da quello dove si svolge l’ascolto139, così da evitare qualsiasi condizionamento dell’operazioni di ascolto140. Di là dal fatto che molti tribunali, soprattutto quelli più piccoli, non hanno in dotazione l’aula deputata all’ascolto141, la norma in effetti appare un pregevole tentativo di risolvere alcuni dei principali contrasti che si evidenziavano nelle disposizioni protocollari prima della riforma: in particolare, il tentativo di rispettare, ove possibile, il generale principio del contraddittorio142, anche quando le strutture della giustizia non siano dotate dei necessari e idonei mezzi tecnici143. In questo modo, si osserva, si è perseguito il duplice intento di consentire alle parti di ascoltare le operazioni di audizione, procedura sostanzialmente irripetibile144, senza subire interferenze145; e, al contempo, di intervenire fattivamente, benché attraverso il filtro del giudice, indicando argomenti di approfondimento146.

Qualche perplessità suscita l’ipotesi, di cui s’è fatto cenno, in cui sia lo stesso minore a chiedere la presenza di uno dei genitori all’ascolto: questi, infatti, potrebbero tanto volontariamente, quanto involontariamente suggestionare il minore e influire sull’autenticità e spontaneità delle sue dichiarazioni147. In questo caso, si suggerisce, ciò dovrà essere opportunamente vagliato dal giudice, anche valutando l’opportunità, ai sensi dell’art. 68 c.p.c., che all’audizione partecipi un ausiliario, esperto nominato dal giudice ovvero operatore dei servizi, che possa affiancare il giudice ma soprattutto il minore, in particolar modo se in tenera età. In ogni modo, va detto, il giudice dovrebbe sempre, in apertura di audizione, chiedere al minore se voglia essere ascoltato da solo, ovvero in presenza di soggetti di sua fiducia, compresi i genitori, decidendo di conseguenza148.



6. La verbalizzazione



Anche la questione della verbalizzazione delle operazioni di ascolto era questione dibattuta precedentemente alla riforma: si osservava, infatti, che la necessità della presenza del cancelliere si spiegava con l’intento di evitare una verbalizzazione sotto dettatura che avrebbe oggettivamente ostacolato il buon andamento delle operazioni di ascolto149. Oggi, l’ultimo comma dell’art. 336-bis c.c. prevede che dell’adempimento delle operazioni di ascolto sia redatto processo verbale, sempre che non sia possibile la registrazione audio-video, nel quale sia descritto il contegno tenuto dal minore. Data la formulazione della norma, in una lettura d’insieme che tenga conto della disposizione di cui all’art. 38-bis disp. att. c.c., deve dirsi che il legislatore mostra favore nei riguardi della registrazione audio-video: in effetti, verbalizzazione e registrazione non possono considerarsi forme equipollenti150. La video registrazione, in questo senso, consente di restituire il contenuto della comunicazione verbale, ma anche il complessivo contegno della comunicazione non verbale, dando così al minore la rilevanza che merita all’interno dei procedimenti, in linea con lo spirito della riforma151.

Quando ciò non sia concretamente possibile, pertanto, deve

darsi conto di una verbalizzazione che sia adeguata al fine predetto, così da evidenziare e rendere comprensibile l’iter motivazionale sotteso alle decisioni assunte a seguito dell’audizione del minore152: la verbalizzazione deve essere integrale, fedele, rispettosa alla lettera di quanto espresso dal minore e del contegno da questi tenuto153. La valutazione globale della personalità del minore impone di tener conto del suo complessivo atteggiamento, del suo abbigliamento, della cura di sé, perché il linguaggio non verbale, compresi i suoi silenzi154, possono esplicitare il pensiero al pari della comunicazione verbale155. La redazione del processo verbale, quindi, dovrà confluire in un documento, acquisito dal fascicolo di causa riportando fedelmente le risultanze delle operazioni di ascolto156.

Alcuni protocolli, anche prima della riforma, precisavano una fase successiva alle operazioni di ascolto, nelle quali il giudice dava lettura alle parti e ai difensori della verbalizzazione, dando spazio a osservazioni157. Di questo specifico profilo non v’è traccia nella nuova disposizione. Resta comunque evidente che il giudice, secondo i tempi e i modi del procedimento, provvederà a comunicare alle parti gli esiti dell’audizione e, di qui, acquisirà le posizioni delle parti, al fine di assumere la decisione più opportuna al caso di specie158. Il verbale o la registrazione devono così essere messi a disposizione delle parti o dei loro consulenti, prima dell’adozione di ogni provvedimento.



7. Luoghi, tempi e modalità dell’ascolto



L’esistenza in molti tribunali delle aule per l’ascolto del mino- re e le numerose disposizioni protocollari in ordine all’uso di quelle ovvero, a contrario, proprio il loro assenza sono state probabilmente l’origine della nuova e già più volte menzionata disposizione di cui all’art. 38-bis disp. att. c.c., nella quale si prevede che, quando la salvaguardia del minore è garantita da mezzi tecnici, quale l’uso del vetro-specchio unitamente ad un impianto citofonico, i difensori delle parti, il curatore speciale e il pubblico ministero possono seguire l’ascolto in luogo diverso da quello dove si svolge l’ascolto”159, consentendo così una modalità diversa da quella condotta in udienza dal giudice, alla quale le parti possono assistere solo se autorizzate.

Come già osservato, prima della riforma sulla filiazione, molte disposizioni protocollari prevedevano la possibilità per i difensori delle parti di assistere all’ascolto da una stanza adiacente, tramite specchio unidirezionale ovvero anche a mezzo di telecamere160. Trattandosi dell’esplicitazione di un potere processuale del tutto peculiare, non ricollegabile al principio del contraddittorio, ma al superiore interesse del minore, si reputavano già ammesse deroghe alle tradizionali garanzie processuali delle parti, quali, appunto, quella di un ascolto protetto, a porte chiuse161.

Prescindendo dalla possibilità di disporre di un’aula per l’ascolto – ma, deve dirsi, anche quando l’ascolto avvenga nella stanza del giudice, in ambiente scolastico, ovvero presso la comunità dove il minore è inserito –, il luogo in cui si svolgono le operazioni di audizione del minore dovrebbe comunque essere sempre “protetto”162: dovendo sempre contemperare le esigenze delle garanzie del giusto processo e l’assoluta tutela e salvaguardia psicofisica del minore e della sua libertà di opinione, non escludendo, date le circostanze del caso concreto, anche un’audizione presso la sua abitazione, non disponendo in punto la norma163.

Il provvedimento dispositivo dell’ascolto deve specificare, quindi, il luogo in cui avverranno le operazioni di ascolto, le modalità di verbalizzazione che saranno adottate e i soggetti ammessi a presenziare. Come detto, l’ordinanza dispositiva dell’ascolto dovrebbe essere comunicato con congruo anticipo rispetto alla data fissata per l’incombente, per consentire l’accompagnamento e l’accoglienza con modalità adeguate, ove possibile esaurendo l’ascolto del minore in un’unica seduta ed evitando lunghe attese164.

La tempistica procedurale dell’ascolto, che è rimessa, come si ricorda, in capo al presidente del collegio, ovvero ad un giudice delegato, non subisce le influenze tipiche della struttura del giudizio separativo innanzi al tribunale ordinario, se non alcune similitudini contenutistiche, che, in effetti, rendono probabilmente evidente l’inopportunità di disporre l’ascolto in sede di emanazione dei provvedimenti provvisori e urgenti165. In via generale, il potere del giudice si esplica nella fase presidenziale, come in quella della cognizione piena166: in ogni momento della procedura, in cui l’ascolto si mostri, a opinione del giudice, imprescindibile e opportuno. Chiaramente, se si tratta di verificare l’esistenza di maltrattamenti o abusi, all’audizione si provvederà sin dalle prime battute del procedimento; altre volte il minore verrà sentito di seguito ai provvedimenti assunti d’urgenza (ai sensi dell’art. 336, comma 3, c.c. o art. 10, comma 3, l. ad.)

Fermo restando che il minore dovrebbe essere condotto all’ascolto da persona di sua fiducia167, le operazioni di audizione dovrebbero essere disposte ad udienza fissa, da stabilirsi fuori dall’orario scolastico168 e, come già alcuni protocolli indicavano, anche fuori dall’orario tradizionale delle udienze, così da evitare al minore l’esposizione ad un ambiente caotico e disorientante e da garantire altresì la riservatezza e la tranquillità dello stesso169.



8. Le prospettive di riforma della legge n. 206 del 2021



La tematica dell’ascolto del minore sembra, con evidenza, non trovare ancora una compiuta definizione: la riforma n. 206 del 2021 di “Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata” interviene su molti profili che interessano più o meno direttamente la questione dell’ascolto e, più in generale, la partecipazione del minore all’interno dei contesti processuali, nei termini, però, di una reale sua protezione (o messa in protezione) e di una sua effettiva autodeterminazione.

Se suscita subito interesse la puntualissima disposizione della delega, prevista dalla lett. s) del comma 23, che sancisce l’obbligo per il giudice di disporre in ogni caso la videoregistrazione dell’audizione del minore – previsione interessante che però suppone la disponibilità nelle sedi del territorio nazionale dei dispositivi necessari – vi sono, in effetti, altre disposizioni della nuova disciplina che non trattano esplicitamente l’ascolto del minore, ma nelle quali è ben chiaro che la valutazione del caso concreto conduca il giudice alla consapevolezza della presenza di allegazioni relative a violenze domestiche, di genere e assistite, prevedendo così la necessità di apprestare specifiche e adeguate misure di tutela per le parti coinvolte.

In particolare, il comma 23 lett. b) della legge, prevede che, nell’esercizio della delega, i decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina processuale dei procedimenti della crisi familiare siano adottati prevedendo che, in presenza di allegazioni di violenza domestica o di genere, siano assicurate, su richiesta, adeguate misure di salvaguardia e di protezione, anche (ma auspicabilmente non solo) avvalendosi delle misure di cui art. 342-bis c.c. (misure che potranno essere richieste ed emesse anche dal tribunale per i minorenni e, attuando una prassi abbastanza diffusa o quanto meno pregevole, anche quando la convivenza sia già cessata).

Sarà poi necessario che vengano attuate le necessarie modalità di coordinamento con altre autorità giudiziarie, anche inquirenti: il pensiero corre qui a strumenti simili all’art. 609-decies c.p., introdotto con la legge di conversione n. 119 del 2013; la norma citata infatti prevede in presenza di determinati delitti, alcuni commessi da un genitore in danno di un minore ovvero dell’altro genitore, l’obbligo di comunicazione del procuratore della Repubblica al tribunale per i minorenni, “anche ai fini ai fini dell’adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 155 e seguenti c.c., 330 e 333 c.c.”, evidenziando l’opportunità di ulteriori norme di coordinamento che rendano così il flusso di informazioni delicate più strutturato e meno casuale. Ancora il comma 23 lett. b) prevede la necessità di provvedere con la delega all’abbreviazione dei termini processuali e a specifiche disposizioni processuali e sostanziali volte a evitare la vittimizzazione secondaria; in questo senso, provvede anche la lett. m) disponendo ad esempio che la comparizione parti alla prima udienza possano essere convocate ad orari differiti. Inoltre, la lett. t) avverte che il giudice, anche relatore, previo ascolto non delegabile del minore anche infradodicenne, ove dotato di discernimento, possa adottare provvedimenti relativi ai minori d’ufficio e anche in assenza di istanze, salvaguardando il contraddittorio tra le parti; e disporre d’ufficio mezzi di prova a tutela dei minori e delle vittime di violenze, anche al di fuori dei limiti codicistici, sempre garantendo il contraddittorio e il diritto alla prova contraria, disciplinando i poteri istruttori officiosi di indagine patrimoniale. Nell’ambito del medesimo intervento (lett. b), il legislatore della delega pone una specifica attenzione alla questione del “minore rifiutante”, disponendo che, qualora un figlio minore rifiuti di incontrare uno o entrambi i genitori, il giudice, personalmente, sentito il minore e assunta ogni informazione ritenuta necessaria, accerta con urgenza le cause del rifiuto ed assume i provvedimenti nel superiore interesse del minore, al contempo considerando ai fini delle scelte in ordine all’affida- mento dei figli e degli incontri con i figli eventuali episodi di violenza. Rimanda a tragici episodi di cronaca, la puntuale e condivisibile previsione (lett. b) che richiama il legislatore de- legato a predisporre specifiche disposizioni che garantiscano che gli eventuali incontri tra i genitori e il figlio avvengano, se necessario, con l’accompagnamento dei servizi sociali senza compromettere la sicurezza della vittima.

Altrettanto nota la questione, che appare ormai qui fugata, della controversa e discussa Sindrome di alienazione paren- tale (Pas), che tanto aveva fatto discutere in passato per l’ipo- tesi di introduzione nelle norme sull’affidamento della prole nelle crisi familiari: puntualmente sempre il comma 23, lett.

b) richiama il futuro legislatore a previsioni che, rimettendo naturalmente al giudice il potere di avvalersi dell’ausilio di un consulente, rammenti allo stesso di attenersi “ai protocolli e alle metodologie riconosciuti dalla comunità scientifica senza effettuare valutazioni su caratteristiche e profili di personalità estranee agli stessi”.

In linea con le indicazioni volte a contenere o prevenire vio- lenze di genere, domestiche e assistite, che siano allegate agli atti di causa, il comma 23 avverte circa la non praticabilità del tentativo di conciliazione (lett. l e m) e della mediazione (lett. n) e della necessità che i mediatori siano dotati di adeguata formazione e specifiche competenze familiaristiche, nonché in materia di tutela dei minori e di violenza contro le donne e di violenza domestica, e che i mediatori abbiano l’obbligo di interrompere la loro opera nel caso in cui emerga qualsiasi forma di violenza (lett. p).

Infine, sempre nella prospettiva indicata, anche la lett. ff) della delega, laddove esorta ad adottare puntuali disposizioni per regolamentare l’intervento dei servizi socio-assistenziali o sanitari, rammenta che, fermo restando il principio dell’inte- resse del minore alla bigenitorialità, nelle ipotesi di violenze di genere, domestiche e assistite detto intervento sia disposto solo in quanto specificamente diretto alla protezione della vittima e del minore e sia adeguatamente motivato. Anche sul fronte esecutivo, si dispone che siano puntualmente in- dividuate modalità di esecuzione dei provvedimenti minorili, prevedendo che queste siano determinate in apposita udienza in contraddittorio, salvo il concreto e attuale pericolo, de- sunto da circostanze specifiche ed oggettive, di sottrazione del minore o di altre condotte che potrebbero pregiudicare l’attuazione del provvedimento, e che, in caso di mancato accordo, l’esecuzione avvenga sotto il controllo del giudice, anche con provvedimenti assunti nell’immediatezza, salva- guardando il preminente interesse alla salute psicofisica del minorenne e limitando l’uso della forza pubblica ai soli casi in cui sia assolutamente indispensabile e sia posto in essere per il tramite di personale specializzato.

Seguono quindi modifiche strutturali della giurisdizione

familiare e minorile e altre vere e proprie innovazioni nor- mative, alcune delle quali già in vigore: la disciplina n. 206 del 2021, infatti, ha inserito la riforma degli artt. art. 78 e 80 c.p.c., fra le misure urgenti, introducendo i nuovi 3 e 4 co. dell’art. 78 c.p.c. (co. 30) e la modifica dell’art. 80 c.p.c. (co. 31). Ai sensi della nuova configurazione dell’art 78 c.p.c., il giudice provvede alla nomina del curatore speciale del mino- re, anche d’ufficio, a pena di nullità degli atti del procedimen- to in alcune tipiche ipotesi normate dalla novella: quando il pubblico ministero abbia chiesto la decadenza dalla responsabilità genitoriale di entrambi i genitori o in cui uno dei genitori abbia chiesto la decadenza dell’altro; nel caso di adozione di un provvedimento di cui all’art. 403 c.c. e nelle fattispecie in cui di emetta un provvedimento di affidamento del minore ai sensi degli artt. 2 e ss. l. adozioni; nel caso in cui “dai fatti emersi nel procedimento venga alla luce una situazione di pregiudizio per il minore tale da precluderne l’adeguata rappresentanza processuale da parte di entrambi i genitori”; quando il minore quattordicenne fa richiesta al giudice di nomina del curatore. Infine, la disciplina riformata inserisce una clausola aperta che consente al giudice, nella sua ampia discrezionalità, di nominare un curatore speciale, quando i genitori appaiono per gravi ragioni temporaneamente inadeguati a rappresentare gli interessi del minore, corredando (però) il provvedimento con succinta motivazione di garanzia.

Le nuove norme introdotte all’art. 80 c.p.c., oltre a prevedere la possibilità per il giudice di nominare il curatore anche nel corso di un procedimento, anche di natura cautelare, introduce un nuovo terzo comma con il quale viene conferito al giudice la facoltà di attribuire al curatore, nel provvedimento di nomina o con altro provvedimento non impugnabile adottato nel corso del giudizio, specifici poteri di rappresentanza sostanziale: fra questi, è individuato, senza apparenti margini di discrezionalità, l’obbligo del curatore di provvedere imprescindibilmente all’ascolto del minore: si tratta con evidenza di un ascolto diverso da quello endoprocessuale attribuito alla responsabilità del giudice e alle regole dell’art. 336-bis c.c.

In previsione dell’emanazione della riforma e anche in tempi pregressi, la migliore avvocatura si era interrogata circa i compiti di rappresentanza sostanziale che già da molti tribunali venivano attribuiti ai curatori speciali. Va detto, inoltre, che nella prospettiva della tecnica normativa utilizzata, si poteva pensare alternativamente a un modello esemplificativo di individuazione di questi poteri, sulla scorta, ad esempio, delle funzioni del tutore previste dall’art. 371 c.c. o secondo una regolamentazione per principi, come fa l’art. 410 c.c., ovvero ancora estrapolando alcune locuzioni della stessa Convenzione di Strasburgo in tema, proprio, di rappresentanza processuale degli interessi del minore e di compiti del rappresentante. Forse, in tale ultimo senso, la scelta del legislatore italiano è stata poco coraggiosa, limitandosi a definire un ambito inderogabile, quello dell’ascolto, che è funzione certamente importante, ma che, insieme a molte altre, va calata nel contesto specifico, dettato dalla concreta capacità di discernimento, dell’età e delle caratteristiche, disabilità, vulnerabilità, origini e famiglia, religione, profili Lgbti. Quanto detto, unitamente alla necessità che il curatore speciale abbia una adeguata formazione anche (forse soprattutto) per questa delicata funzione, fanno pensare ad una certa demagogia dell’ascolto del minore (rinvenibile per altro verso anche in sede di artt. 403 e ipotetico 336 c.c.), proclamato come dovere del curatore più che introiettato come interesse del minore (che potrebbe concretamente non esservi).

In questa prospettiva, nel novellato art. 403 c.c., che vede

una vesta completamente rinnovata, è prevista una fase giurisdizionale, che segue all’intervento amministrativo d’urgenza e alla prima verifica del pubblico ministero minorile, che impone al giudice relatore, nominato dal presidente del tribunale, di interrogare liberamente le parti e di procedere all’ascolto del minore direttamente e, ove ritenuto necessario, con l’ausilio di un esperto.

Nella stessa linea dovrebbe porsi anche la nuova formulazione dell’art. 336 c.c., che nella Relazione della Commissione Luiso appariva come di immediata applicazione, mentre nella disciplina definitiva del 2021 è affidata ai decreti delegati. Tuttavia, la delega è espressa all’interno di una disposizione, il co. 26 dell’art. 1, che appare sufficientemente dettagliata, al fine di poter svolgere qualche riflessione di una certa attendibilità. In questo ipotetico articolato, la delega esorta il Governo a provvedere a modificare l’art. 336 circa la legittimazione del curatore a dare impulso ai procedimenti de responsabilitate, ma anche alla tempestività della nomina del rappresentante processuale del minore170. Guardando, poi, alla possibile formulazione del nuovo terzo comma dell’art. 336 c.c., si può immaginare che si positivizzi l’adesione agli auspici dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia sui procedimenti de responsabilitate171, così che, con lo stesso provvedimento urgente, assunto senza avere sentito le parti private, il giudice sarà tenuto a fissare entro un termine perentorio (non superiore a quindici giorni) un’udienza di comparizione delle parti, del curatore nominato e del pubblico ministero e poi disponendo la conferma, la modifica o la revoca dei provvedimenti emanati.

La norma di cui all’art. 336 c.c., nella probabile nuova configurazione, dovrebbe infine prevedere in seno all’udienza che segue ai provvedimenti d’urgenza un ascolto del minore che il giudice deve compiere direttamente e (solo) ove ritenuto necessario con l’ausilio di un esperto: su una certa demagogia dell’ascolto diretto solamente in questa sede (e in sede di art. 403 c.c.) ci si riserva di esprimere qualche riflessione in seguito, da un lato, del riordino complessivo delle disposizioni in materia di ascolto del minore, che la delega esorta a informare alla normativa sovranazionale di riferimento (comma 23, lett. dd) e che potrebbe quindi interessare tutte le procedure minorili e familiari; dall’altro, della compiuta costituzione dell’ufficio del processo in seno ai giudici minorili e delle funzioni che verranno assegnate ai magistrati onorari, in precedenza esclusivamente dedicati alla composizione del collegio minorile e incaricati spesso dell’ascolto; non si può negare, tuttavia, una certa insoddisfazione rispetto al venir meno nel collegio dei giudici onorari nell’assunzione di provvedimenti anche molto delicati, come quelli di allontanamento.

L’ascolto diretto suscita qualche incertezza sia quando condotto dal giudice relatore in composizione monocratica172, come traspare chiaramente dalla disposizione riformata dell’art. 403 c.c. e ragionevolmente nella prospettiva del nuovo art. 336 c.c., sia perché ancora non è chiara la funzione e la potenzialità (di ciò che rimarrà) dei giudici onorari, che forse proprio con riferimento all’ascolto in fattispecie come quella indagata (di allontanamenti, abusi, violenze e contesti fortemente degradati) rivestivano un ruolo insostituibile. Si attende, quindi, il riordino complessivo delle disposizioni in materia di ascolto del minore e la precisa costituzione dell’ufficio del processo in seno ai giudici minorili rispetto alle funzioni che verranno assegnate ai magistrati onorari173: da una parte, infatti, il comma 24, lett. i) delega il legislatore a disciplinare composizione ed attribuzioni dell’ufficio per il processo secondo quelle previste per i tribunali ordinari, prevedendo la possibilità di demandare ai giudici onorari, che integreranno l’ufficio, oltre alle funzioni previste per l’ufficio del tribunale ordinario, funzioni di conciliazione, di informazione sulla mediazione familiare, di ausilio all’ascolto del minore e di sostegno ai minorenni e alle parti, con attribuzione di specifici compiti puntualmente delegati dal magistrato togato assegnatario del procedimento, secondo le competenze previste dalla legislazione vigente. Dall’altra, però, la lett. c) del comma 23, delinea una prospettiva di riforma che prevede la competenza del tribunale in composizione collegiale, con facoltà di delega per la trattazione e l’istruzione al giudice relatore, stabilendo che nel tribunale per i minorenni la prima udienza e le udienze all’esito delle quali devono essere adottati provvedimenti decisori, anche provvisori, sono tenute dal giudice relatore, con facoltà di delegare ai giudici onorari specifici adempimenti, ma con l’esclusione della facoltà di delegare l’ascolto dei minori, l’assunzione delle testimonianze e tutti gli atti riservati al giudice togato.

Similmente dispone la lett. t) che, attribuendo al giudice

della crisi familiare la facoltà di adottare provvedimenti relativi ai minori d’ufficio e anche in assenza di istanze, salvaguardando il contraddittorio tra le parti a pena di nullità del provvedimento, gli impone però di ascoltare previamente il minore anche infradodicenne, ove capace di esprimere la propria volontà, fatti salvi i casi di impossibilità.

Il quadro, concludendo, appare suggestivo: a tratti efficace, ad altri forse demagogico, lasciando molti spazi di riflessione all’interprete (e questo è quasi sempre un bene), ma anche all’operatore (e questo invece può essere enormemente faticoso). Attendiamo pertanto che l’esercizio della delega completi questo quadro ambizioso, sperando in una compiuta definizione.



























































NOTE

* Lo scritto riproduce, se pure rielaborato e aggiornato, il lavoro confluito negli studi in onore del Prof. Massimo Paradiso, dal titolo “Un’analisi combinata degli artt. 336-bis c.c. e 38-bis disp. att. c.c. alla luce delle disposizioni protocollari: la soft law nel diritto di famiglia”.

1 Sul tema, in differenti prospettive, P. STANzIONE, Diritti fondamentali del minore e potestà dei genitori, cit., 451; F. RUSCELLO, Potestà genitoriale e capacità dei figli minori: dalla soggezione all’autonomia, in Vita not., 2000, 64; A. FINOCChIARO, L’audizione del minore e la convenzione sui diritti del fanciullo, cit., 834; A. GRAzIOSI, Note sul diritto del minore ad essere ascoltato nel processo, cit., 1281 ss.; M.R. SAULLE, La Convenzione di New York sulla tutela del fanciullo, cit., 20 ss.; A.C. MORO, Il bambino è un cittadino. Conquista di libertà e itinerari formativi: la Convenzione e la sua attuazione, Milano, 1991, 32 ss.; G. SERGIO, L’ascolto del minore e la giustizia, cit., 590 ss.; L. FAdIGA, Problemi vecchi e nuovi in tema di ascolto del minore, cit., 141 ss.

2 Per tutti, F. RUSCELLO, Garanzie fondamentali della persona e ascolto del minore, cit., 933.

3 V. SCALISI, Il superiore interesse del minore ovvero il fatto come il diritto, in Riv. dir. civ., 2018, 405 ss.; A. ARCERI, L’affidamento condiviso. Nuovi diritti e nuove responsabilità nella famiglia in crisi, Milano, 2007, 209; si veda, per un caso di rimpatrio, anche S. TACCINI, Sottrazione internazionale: sul rimpatrio sceglie il minore capace di discernimento, in Nuova giur. civ. comm., 2014, I, 793, part. 798 s.

4 Testualmente così, E. LA ROSA, Tutela dei minori e contesti familiari, Milano, 2005, 205. Sul “significato tecnico relativamente costante ma pietrificato” della capacità d’agire, si vedano le riflessioni di P. zATTI, Oltre la capacità, in Maschere del diritto volti della vita, Milano, 2009, 117; v. anche le osservazioni critiche di F.D. BUSNELLI, Capacità e incapacità di agire del minore, cit., 54 ss.; P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale, II, Napoli, 2006, 948 ss.; M. GIORGIANNI, In tema di capacità del minore d’età, in Rass. dir. civ., 1987, 103 ss.; anche F. PARENTE, L’ascolto del minore: i principi, le assiologie e le fonti, in Rass. dir. civ., 2012, 459 ss.

5 Ampiamente sul concetto, sul quale si tornerà in seguito, P. STANzIONE, Capacità e minore età nella problematica della persona umana, Camerino-Napoli, 1975, diffusamente nel testo.

6 Così v. F. RUSCELLO, La potestà dei genitori. Rapporti personali, cit., 41 s. Parla di un sistema ancorato ormai a dogmi non più attuali, C. LAzzARO, Sub art. 336- bis, in Comm. cod. civ. Gabrielli, Della famiglia, II, Torino, 2018, 946.

7 Nuovamente, E. LA ROSA, Tutela dei minori e contesti familiari, cit., 208 e 15.

8 Sulle diverse disposizioni che prevedono l’ascolto, F. RUSCELLO, La tutela del minore nella crisi coniugale, cit., part. 80 ss.; G. BASINI, I diritti e i doveri dei genitori e dei figli, cit., 4065 ss.; ampiamente già M. GIORGIANNI, Sub artt. 315-318. Note introduttive, cit., 293 ss. Per una disamina di una casistica di rilievo, v., in tema di riconoscimento della filiazione naturale, B. LENA, Questioni in tema di riconoscimento del figlio naturale, in nota a Cass., 10 maggio 2001, n. 6470, in Nuova giur. civ. comm., 2002, I, 297 ss.; E. CANAVESE, Osservazioni sul ruolo del minore infrasedicenne nel procedimento ex art. 250, comma 4°, cod. civ., in nota a Cass., 9 novembre 2004, n. 21359, in Nuova giur. civ. comm., 2005, I, 903 ss.; P. dI STEFANO, Il diritto del genitore naturale al riconoscimento del suo status, in Fam. pers. succ., 2008, 777 ss.; in tema di autodeterminazione informativa del mi- nore nel procedimento relativo al disconoscimento della paternità., A.P. SCARSO, Raccolta di un campione biologico, violazione del diritto della personalità del minore e disconoscimento della paternità, in Fam. pers. succ., 2007, 423 ss.; sulla funzione costitutiva del ruolo e del consenso del minore al procedimento di cui all’art. 44

l. ad., Cass., 16 ottobre 2003, n. 15485, con nota di A. LIUzzI, Adozione in casi particolari: ricorribilità per Cassazione e ruolo del tutore, in Fam. dir., 2004, 7 ss.

9 Si consenta, A. CORdIANO, Responsabilità dei genitori. I procedimenti, Milano, 2020, 130 ss.

10 Si veda F. RUSCELLO, La potestà dei genitori. Rapporti personali, cit., 42, part. alla nota 106.

11 Nella vastissima letteratura, P. VERCELLONE, Il corpo del minorenne: i trattamenti sanitari, in Tratt. dir. fam. Zatti, cit., 1261 ss.; sulla capacità autodeterminativa e sul consenso del minore, se pure in contesti limitrofi, G. BALLARANI, La capacità autodeterminativa del minore nelle situazioni esistenziali, Milano, 2008, part. 104 ss.; P. zATTI, G. NANNINI, voce Gravidanza (interruzione della), in Dig. disc. priv., sez. civ., IX, Torino, 1993, 259 ss., part. 267 ss.; e il contributo di M. dOGLIOTTI, Interruzione della gravidanza e autonomia della minore, in Giur. it., 1982, I, c. 1469.

12 P. VERCELLONE, Il corpo del minorenne: i trattamenti sanitari, cit., 992 ss.; A. LIUzzI, Trattamenti sanitari su minore tra consenso dell’interessato e potestà genitoriale, in Fam. dir., 2002, 551 ss. Nel contesto peculiare dell’amministrazione di sostegno, F. ANELLI, Il nuovo sistema delle misure di protezione delle persone prive di autonomia, in Studi in onore di P. Schlesinger, Milano, 2004, 4234 s.

13 Per un profilo di rilievo concernente la tutela della riservatezza del minore nelle indagini psico-sociali dei Servizi sociali, L. SACChETTI, Trattamenti pubblici di dati sensibili e protezione dei minori, in Fam. dir., 2000. 311 s.

14 Cfr. F. RUSCELLO, Garanzie fondamentali della persona e ascolto del minore, cit., 933 ss.; v. anche M. SESTA, A. ARCERI, La responsabilità genitoriale e l’affidamento dei figli in Tratt. dir. civ. e comm. Cicu e Messineo, diretto da L. MENGONI, Milano, 2016, 122 ss.

15 Lo osserva opportunamente E. LA ROSA, Tutela dei minori e contesti familiari, cit., 209; v. anche M. ROMANO, Sub art. 155-sexies, in Provvedimenti riguardo ai figli, art. 155-155-sexies, a cura di S. PATTI e L. ROSSI CARLEO, in Commentario al codice civile Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 2010, 365 ss. Parla di condivisione dei genitori in un “progetto educativo della prole”, G. GIACOBBE, Potestà dei genitori e progetto educativo, in Trenta anni dalla riforma del diritto di famiglia, a cura di

G. FREzzA, Milano, 2005, 113. Nella vasta letteratura A. FINOCChIARO, L’audizione del minore e la convenzione sui diritti del fanciullo, cit., 834 ss.; M. dOGLIOTTI, I diritti del minore e la Convenzione dell’ONU, cit., 301 ss.; A. GRAzIOSI, Note sul diritto del minore ad essere ascoltato nel processo, cit., 1281 ss.; M.R. SAULLE, La Convenzione di New York sulla tutela del fanciullo, cit., 20 ss.; A. MORO, Il bambino è un cittadino. Conquista di libertà e itinerari formativi: la Convenzione dell’ONU e la sua attuazione, cit., diffusamente; D. MORELLO dI GIOVANNI, La Suprema Corte, la Convenzione di New York sui diritti del minore e la capacità di discernimento del fanciullo, in Fam. dir., 2011, 779; L. ROSSI CARLEO, La separazione e il divorzio, in Tratt. dir. priv. Bessone, IV, Il diritto di famiglia, I, Torino, 1999, 230 ss. Sui profili critici dopo l’introduzione della convenzione, A. dELL’ANTONIO, La convenzione sui diritti del fanciullo: lo stato di attuazione in Italia, in Dir. fam. pers., 1997, 246.

16 A. LIUzzI, La convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli: prime osservazioni, cit., 287.

17 Sottolinea la necessità di un ruolo effettivamente attivo del minore nelle decisioni che lo riguardano, ancora G. SERGIO, L’ascolto del minore e la giustizia, cit., 597.

18 Relativamente all’art. 24 della Carta, parla di un processo di mainstreaming F. CASOLARI, sub art. 24 Carta dir. Ue, in Commentario breve ai Trattati della Comunità e dell’Unione europea, a cura di F. POCAR e M.C. BARUFFI, Padova, 2014, part. 1736; E. BERGAMINI, Sub art. 24, in Codice della famiglia a cura di M. SESTA, cit., 135 ss.

19 Per un’ipotesi di particolare vulnerabilità, relativa a una donna sottoposta alla violenza di un matrimonio forzato, ma che chiarisce il processo argomentativo di estensione dei diritti derivanti dalla protezione sussidiaria ad un soggetto che pure non aveva ottenuto lo status di rifugiato, Cass., 18 novembre 2013, n. 25873, in pluris-cedam.utetgiuridica.it.

20 P. CAVALERI, M. PEdRAzzA GORLERO, G. SCIULLO, Libertà politiche del minore e potestà educativa dei genitori nella dialettica del rapporto educativo familiare, in L’autonomia dei minori tra famiglia e società, a cura di M. dE CRISTOFARO, A. BELVEdERE, Bologna, 1980, 80 ss.

21 L. LANzONI, Processo di specificazione e diritti sociali: il paradigma della tutela dei diritti del fanciullo nell’ordinamento sovranazionale e nazionale, in Studi in onore di Maurizio Pedrazza Gorlero, I, Napoli, 2014, 432, part. 433 s.

22 Per tutti F. RUSCELLO, Potestà dei genitori e rapporti con i figli, in Trattato

Ferrando, Bologna, 2007, III, 75 ss.; e M. dOGLIOTTI, La potestà dei genitori, in La Famiglia, Tratt. Lipari-Rescigno, II, 2009, 561 ss.

23 Sull’evoluzione del tema della capacità del minore, senza alcuna pretesa di esaustività, si vedano i primi fondamentali contributi in materia: A. FALzEA, voce Capacità (teoria generale), cit., 41 ss.; e S. SATTA, voce Capacità processuale (diritto proc. civ.), cit., 131 ss.; nonché P. STANzIONE, Capacità e minore età nella problematica della persona umana, cit., 374 ss.

24 P. PAzè, Le garanzie processuali nel procedimento civile per la sottrazione internazionale di minori, in nota a Cass., 27 luglio, 2007, n. 16753, in Nuova giur. civ. comm., I, 381 ss.; v. anche Cass., 5 marzo 2014, n. 5237, con nota di S. TACCINI, Sottrazione internazionale: sul rimpatrio sceglie il minore capace di discernimento, cit.

25 In argomento, in prospettiva civilistica, C. RIMINI, La responsabilità genitoriale nel reg. CE n. 2201/2003, in Fam. pers. succ., 2008, 542 ss.; J. LONG, Riconoscimento ed esecuzione dei provvedimenti stranieri de potestate alla luce del regolamento (CE) n. 2201/2003 (con cenni al tema della validità dei divieti di espatrio e degli obblighi di soggiorno), in Nuova giur. civ. comm., 2007, I, 974 ss.; F.R. FANTETTI, La facoltà dell’ascolto del minore e la Convenzione europea di Strasburgo, cit., 367.

26 La norma è stata riformulata in termini restrittivi con la riforma sul divorzio del 1987: così F. RUSCELLO, La tutela del minore nella crisi coniugale, cit., 70 ss., part. 73; sulla ratio della disposizione, M. dOSSETTI, Gli effetti della pronunzia di divorzio, in Tratt. dir. fam. Bonilini-Cattaneo, I, Famiglia e matrimonio, Torino, 1997, 717.

27 M. dOGLIOTTI, Separazione e divorzio, Torino, 1988, 164; L. RUBINO, I commi 9°, 10° e 12°, Sub art. 6, in Comm. dir. it. fam. Cian, Oppo, Trabucchi, VI, 1, Padova, 1993, 424.

28 Così E. QUAdRI, L’affidamento del minore: profili generali, in Fam. dir., 2001, 657; P. VERCELLONE, Gli aspetti personali della potestà dei genitori, cit., 1315 ss.; M. dOGLIOTTI, La potestà dei genitori e l’autonomia del minore, cit. 547 ss.

29 V. ex multis, L. ROSSI CARLEO, La separazione e il divorzio, in Tratt. dir. priv. Bessone, cit., 230; v. altresì A. BELVEdERE, voce Potestà dei genitori, cit., 6 s.; M. MANTOVANI, voce Separazione personale dei coniugi (dir. priv.), I, Disciplina sostanziale, in Enc. giur., XXVIII, Roma, 23 ss.

30 Sulla norma, A. FINOCChIARO, M. FINOCChIARO, Riforma del diritto di famiglia, III, Milano, 1979, 990 ss.; L. MONTESANO, Nuovi rimedi giudiziari per le famiglie in crisi, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1977, 3; P. BIAVATI, Aspetti processuali del nuovo diritto di famiglia: l’art. 145, secondo comma, c.c., in Riv. trim. dir. proc. civ., 1976, 997; F. RUSCELLO, I rapporti personali fra i coniugi, Milano, 2000, 148 ss., sulle divergenze fra le due fattispecie.

31 Ci si riferisce, ancora una volta, alla questione di costituzionalità sollevata con riferimento proprio all’art. 336 c.c., per la mancata previsione dell’ascolto del minore: questione rigettata, dalla Corte cost., 30 gennaio 2002, n. 1, cit., interpretando vigente il corredo convenzionale internazionale.

32 Si veda, nella vastissima letteratura, F. RUSCELLO, La tutela dei figli nel nuovo “affido condiviso”, cit., 625; S. PATTI, L’affidamento condiviso dei figli, cit., 300;

F. TOMMASEO, L’interesse del minore e la nuova legge sull’affido condiviso, cit., 295; Id., Rappresentanza e difesa del minore nel processo civile, cit., 409; M. SESTA, Le nuove norme sull’affido condiviso: a) profili sostanziali, cit., 377; A. GRAzIOSI, Profili processuali della l. n. 54 del 2006 sul c.d. affidamento condiviso dei figli, cit., 1857;

M. ROMANO, L’ascolto dei minori, in L’affidamento condiviso, a cura di S. PATTI e L. ROSSI CARLEO, Milano, 2006, 211 ss.; M.N. BUGETTI, Poteri del giudice e ascolto del minore. Art. 155-sexies c.c., in Commento alla l. 8 febbraio 2006, n. 54, a cura di M. MANTOVANI, in Nuove leggi civ. comm., 2008, 183 ss.; A. ARCERI, Sub art. 337-octies, in Codice della famiglia, a cura di M. SESTA, cit., 1315.

33 V., R. RUSSO e L. NAPOLITANO, Ascolto del minore e provvedimenti nell’interesse della prole, relazione di sintesi, in Le prassi nelle cause di separazione e divorzio, Roma, 2005.

34 M. ROMANO, L’ascolto dei minori, cit. 223 ss.

35 V. la celebre pronuncia che ha definitivamente risolto la questione ricostruttiva e le ricadute di ordine processuale, Cass., S.U., 21 ottobre 2009, n. 22238, in Fam. dir., 2010, 364, con nota di A. GRAzIOSI, Ebbene sì, il minore ha diritto di essere ascoltato nel processo, cit.; in Guida dir., 2009, n. 48,44, con nota di M. FINOCChIARO, Un adempimento ritenuto inderogabile da assolvere con le modalità più convenienti, cit.; in Dir. fam. pers., 2010, 119, con nota di M.G. RUO, “The long, long way” del processo minorile verso il giusto processo, cit.; in Riv. dir. proc., 2010, 1415, con nota di F. dANOVI, L’audizione del minore nei processi di separazione e divorzio tra obbligatorietà e prudente apprezzamento giudiziale, cit.; in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 307, con nota di J. LONG, Ascolto dei figli contesi e individuazione della giurisdizione nel caso di trasferimento all’estero dei figli da parte del genitore affidatario; in Fam. pers. succ., 2010, 254, con nota di F.R. FANTETTI, La facoltà dell’ascolto del minore e la Convenzione europea di Strasburgo, cit. Analogamente già Trib. Genova, 22 marzo 2007, in Foro it., 2007, I, c. 1601; Cass. 16 aprile 2007, n. 9094, in Fam. dir., 2007, 883, con nota di F. TOMMASEO, La Cassazione sull’audizione del minore come atto istruttorio necessari.

36 Le ambiguità sono espresse da F. RUSCELLO, Garanzie fondamentali della persona e ascolto del minore, cit., 942 ss., che ricostruisce l’ascolto in termini di principio; definisce la fattispecie come norma eccezionale, P. VERCELLONE, La filiazione legittima, naturale, adottiva e la procreazione artificiale, cit., 369 ss.; qualifica diversamente l’ascolto secondo i diversi istituti, G. MANERA, L’ascolto del minore nelle istituzioni, in Dir. fam. pers., 1987, 1556 ss. Più recentemente,

v. Trib. min. Trieste, 28 marzo 2012, in Corr. mer., 2012, 657, con nota di

L. ATTAdEMO, L’audizione finalizzata all’ascolto del minore; sull’argomento, ampiamente trattato in dottrina, L. QUERzOLA, Il processo minorile in dimensione europea, Bologna, 2010, 49 ss.

37 Non rappresentando né testimonianza, né altro atto istruttorio, bensì un momento formale del procedimento, deputato a raccogliere le opinioni e i bisogni dal minore: v. Cass., 10 giugno 2011, n. 12739, annotata da F. TOMMASEO, Per una giustizia “a misura del minore”: la Cassazione ancora sull’ascolto del minore, in Fam. dir., 2012, 39.

38 Lo osserva A. GRAzIOSI, Ebbene sì, il minore ha diritto di essere ascoltato nel processo, cit., 370; v. anche C.M. CEA, L’audizione del minore nei processi di separazione e divorzio, in nota a App. Bari, 23 maggio 2007, in Giusto proc. civ., 2008, 449.

39 C.M. CEA, L’affidamento condiviso, II, Profili processuali, in Foro it., 2006, V, c. 97.

40 Si veda il percorso ricostruito da C. LAzzARO, Sub art. 336-bis, cit., 949 ss.

41 Per un primo commento a tutti i profili della riforma, M. dOSSETTI, M. MORETTI, C. MORETTI, La Riforma della filiazione. Aspetti personali, successori e processuali, cit., diffusamente. Illustra con compiutezza l’evoluzione del tema, segnatamente nella prospettiva dell’ascolto, G. BALLARANI, Il diritto del minore e non essere ascoltato, in Dir. fam. pers., 2010, 1807 ss.

42 Sui profili sostanziali, si vedano C.M. BIANCA, La legge italiana conosce solo figli, cit., 1; G. FERRANdO, La nuova legge sulla filiazione profili sostanziali, cit., 525; M. SESTA, L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, cit., 231; G. CASABURI, Novità legislative in tema di affidamento e di mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio: profili sostanziali, cit., 79; A. PALAzzO, La riforma dello status di filiazione, cit., 245.

43 Sulle modificazioni in materia processuale, F. TOMMASEO, Le nuove competenze amministrative del tribunale per i minorenni nella legge sulla filiazione, cit., 933; Id., I procedimenti de potestate e la nuova legge sulla filiazione, cit., 564; A. PROTO PISANI, Note sul nuovo art. 38 disp. att. e sui problemi che esso determina, cit., 127; F. dANOVI, Nobili intenti nei nuovi procedimenti per i figli “naturali”, cit., 541; Id., I procedimenti de potestate dopo la riforma, tra tribunale ordinario e giudice minorile, cit., 621; G. IMPAGNATIELLO, Profili processuali della nuova legge sulla filiazione, cit., 725.

44 Ampiamente, sul punto, dopo la riforma, M. SESTA, A. ARCERI, La responsabilità genitoriale e l’affidamento dei figli, cit.,129 ss.; G. BASINI, I diritti e i doveri dei genitori e dei figli, cit., 4067 ss.

45 Sulla disposizione, ex multis, M. SESTA, L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, cit., 236 s.; F. dANOVI, Il d.leg. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul versante processuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla relazione affettiva, cit., 535 ss.

46 C. MORETTI, Il controllo giudiziario sull’esercizio della “responsabilità genitoriale”, cit., 4204 s.

47 Nuovamente, E. LA ROSA, Tutela dei minori e contesti familiari, 208 e 215; ma già C.M. BIANCA, La nuova disciplina in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso: prime riflessioni, cit., 676 ss.; G. BASINI, I diritti e i doveri dei genitori e dei figli, cit., 4065; M. SESTA, L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, cit., 237; M.A. URCIUOLI, Rapporti familiari tra libertà a strumenti di controllo, Napoli, 2010, 77 ss.; Trib. Varese, 24 gennaio 2014, in Corr. mer., 2013, 619.

48 F. RUSCELLO, La potestà dei genitori. Rapporti personali, cit., 44 s.; analogamente già A.C. PELOSI, La patria potestà, cit., 173.

49 “Il dovere di ascolto e di tutela dei minori, in quanto soggetti vulnerabili, è compito primario della collettività e dello stesso stato”: così F. dANOVI, L’ascolto del minore nel processo civile, in Dir. fam. pers., 2014, 1592, part. 1603 s. Sul versante giurisprudenziale, Cass., 12 maggio 2016, n. 9780, in Dir. giust., 13 maggio 2016.

50 L. LENTI, Note critiche in tema di interesse del minore, in Riv. dir. civ., 2016, I, 99.

51 Sulla delega e sulla nuova disciplina, esito della delega, C.M. BIANCA, La

delega al governo per la revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, in Nuove leggi civ. comm., 2013, 592; M. dOGLIOTTI, Nuova filiazione: delega al governo, in Fam. dir., 2013, 279; A. GRAzIOSI, Una buona novella di fine legislatura: tutti i “figli” hanno eguali diritti, dinanzi al tribunale ordinario, cit., 275; F. dANOVI, Nobili intenti e tecniche approssimative nei nuovi procedimenti per i figli (non più) “naturali”, cit., 538; Id., Il d.leg. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul versante processuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla relazione affettiva, cit., 535; Id., L’ascolto del minore nel processo civile, cit., 1592; G. BALLARANI, Contenuto e limiti dell’ascolto nel nuovo art. 336-bis c.c.: il legislatore riconosce il diritto del minore a non essere ascoltato, in Dir. fam. pers., 2014, 841; M. ACIERNO, Ascolto del minore: cosa è cambiato con il d.leg. n. 154/2013?, in Lo status di figlio, a cura di P. RESCIGNO in Giur. it., 2014, 1274; G. CASABURI, Novità legislative in tema di affidamento e di mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio: profili sostanziali, in Foro it., 2013, V, c. 79; L. QUERzOLA, La revisione delle norme in materia di filiazione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2014, 181.

52 Abbandonando, altresì, ogni richiamo all’audizione e parlando sempre di ascolto: già F. RUSCELLO, Il rapporto genitori-figli nella crisi coniugale, in Nuova giur. civ. comm., 2011, 395, part. 400.

53 In particolare, l’ascolto è stato ripreso in numerose disposizioni: all’art. 252 c.c. è stato aggiunto un comma 5; al comma 3 dell’art. 262 c.c., agli artt. 316 e 336 c.c.

54 Lo osserva F. TOMMASEO, Verso il decreto legislativo sulla filiazione: le norme processuali proposte dalla Commissione ministeriale, cit., 632 s.; in punto anche

F. dANOVI, Il d.leg. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul versante processuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla relazione affettiva, cit., 534; A. GRAzIOSI, Una buona novella di fine legislatura: tutti i “figli” hanno eguali diritti, dinanzi al tribunale ordinario, cit., 264.

55 M. SESTA, A. ARCERI, La responsabilità genitoriale e l’affidamento dei figli, cit., 127.

56 Così la relazione illustrativa al d.lgs. n. 154 del 2013, della Commissione ministeriale, presieduta dal Prof. C.M. Bianca, del 4 marzo 2013, consultabile al link https://www.personaedanno.it/dA/6c183ddaff/allegato/Relazione%20Commissione%20%20Studio%20Bianca.pdf.

57 T. AULETTA, Sub art. 155-sexies, in Comm. cod. civ. Gabrielli, Della famiglia, Torino, 2010, 755 ss.; P. PAzè, L’ascolto del minore nei procedimenti civili, in Dir. fam. pers., 2006, 1342.

58 G. BASINI, I diritti e i doveri dei genitori e dei figli, cit., 4065.

59 F. TOMMASEO, Verso il decreto legislativo sulla filiazione: le norme processuali proposte dalla Commissione ministeriale, cit., 633. In senso diverso, lo reputa dannoso, se abusato, F. dANOVI, Il d.leg. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul versante processuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla relazione affettiva, cit., 538 s.

60 Così A. GRAzIOSI, Una buona novella di fine legislatura: tutti i “figli” hanno eguali diritti, dinanzi al tribunale ordinario, cit., 264 ss.; C. LAzzARO, Sub art. 336- bis, cit., 960; anche M.A. IANNICELLI, La crisi della coppia genitoriale e il diritto del figlio minore di essere ascoltato, cit., 88.

61 Così F. dANOVI, Il d.leg. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul versante processuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla relazione affettiva, cit., 536 ss.

62 G. BALLARANI, Sub art. 155, in Provvedimenti riguardo ai figli, art. 155-155-sexies, a cura di S. PATTI e L. ROSSI CARLEO, cit., 110.

63 M. SESTA, A. ARCERI, La responsabilità genitoriale e l’affidamento dei figli, cit., 125; v. M.A. IANNICELLI, La crisi della coppia genitoriale e il diritto del figlio minore di essere ascoltato, cit., 89.

64 C. MORETTI, Il controllo giudiziario sull’esercizio della “responsabilità genitoriale”, cit. 4205.

65 M. dOGLIOTTI, La potestà dei genitori e l’autonomia del minore, cit., 500.

66 L. FAMULARO, La modifica che sancisce espressamente il diritto all’ascolto del minore anche nel procedimento del divorzio, in Filiazione. Commento al decreto attuativo, a cura di C.M. BIANCA, Milano, 2014, 275.

67 Cass., 15 marzo 2013, n. 6645, in Dir. fam. pers., 2013, 851, dove l’esclusione dell’ascolto si motiva sulla base di una valutazione dell’età e delle condizioni e dei disagi manifestati dal minore nel caso concreto, pertanto, nell’ottica di assicurare una tutela adeguata al suo superiore interesse; Cass., 16 giugno 2011, n. 13241, in banca dati pluris-cedam.utetgiuridica.it; Corte giust. Ue, 22 dicembre 2010, C-491/10, Zarraga c. Pelz, in www.curia.eu.int; App. Milano, 21 febbraio 2011, già cit.

68 F. dANOVI, Il d.leg. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul versante processuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla relazione affettiva, cit., 537.

69 R. PESCE, L’ascolto del minore tra riforme legislative e recenti applicazioni giurisprudenziali, in Fam. dir., 2015, part. 255.

70 Nuovamente F. TOMMASEO, Verso il decreto legislativo sulla filiazione: le norme processuali proposte dalla Commissione ministeriale, cit., 633.

71 Così F. TOMMASEO, Per una giustizia “a misura del minore”: la Cassazione ancora sull’ascolto del minore, cit., 43 ss. In tema, anche M.G. RUO, Indicazioni sovranazionali per l’ascolto del minore, in Le mille facce dell’ascolto del minore, a cura di M. CAVALLO, Roma, 2012, 62 ss.; C. LAzzARO, Sub art. 336-bis, cit., 945 ss.

72 Sul concetto, ex multis, P. STANzIONE, Diritti fondamentali dei minori e potestà dei genitori, cit., 451; Id., voce Minori (condizione giuridica dei), in Enc. dir., Annali, IV, Milano, 2011, 725; E. QUAdRI, L’interesse del minore nel sistema della legge civile, in Fam. dir., 1999, 80; G. FERRANdO, Diritti e interesse del minore tra principi e clausole generali, in Pol. dir., 1998, 167; F. RUSCELLO, La potestà dei genitori. Rapporti personali2, cit., passim e spec. 25 ss., 90 ss., 277 ss.; M. dOGLIOTTI, La potestà dei genitori e l’autonomia del minore, cit. 93 ss.; Id., Che cos’è l’interesse del minore?, in nota a Trib. min. Torino, 26 febbraio 1992, in Dir. fam. pers., 1992, I, 1093; P. VERCELLONE, Il controllo giudiziario sull’esercizio della potestà, cit., 1303; G. BALLARANI, La capacità autodeterminativa del minore nelle situazioni esistenziali, Milano, 2008, 38 ss.; G. SICChIERO, La nozione di interesse del minore, in Fam. e dir., 2015, 72.

73 L. LENTI, L’interesse del minore nella giurisprudenza della corte europea dei diritti umani: espansione e trasformismo, in Nuova giur. civ. comm., 2016, II, 155 ss.; Id., Note critiche in tema di interesse del minore, cit., 86 ss., ampiamente.

74 G. BALLARANI, Contenuto e limiti dell’ascolto nel nuovo art. 336-bis c.c.: il legislatore riconosce il diritto del minore a non essere ascoltato, cit., 841 ss.

75 Così sembra l’opinione di G. BALLARANI, Premessa: l’ascolto nella riforma della filiazione, in Filiazione. Commento al decreto attuativo, a cura di C.M. BIANCA, cit., 128.

76 Propende per un’interpretazione non ridondante dell’ascolto, ricompresa nell’alveo della così detta giustizia minorile, F. TOMMASEO, Per una giustizia “a misura del minore”: la Cassazione ancora sull’ascolto del minore, cit., 40; M. SESTA, A. ARCERI, La responsabilità genitoriale e l’affidamento dei figli, cit., 128; C. MORETTI, Il controllo giudiziario sull’esercizio della “responsabilità genitoriale”, cit. 4205; anche

G. BUFFONE, L’ascolto del minore, in Il civilista, 2014, 73 ss., part. 79; Trib. Milano 20 marzo 2014, in http://www.ilcaso.it/documenti/330.pdf.

77 F. dANOVI, Il d.leg. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul versante processuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla relazione affettiva, cit., 539.

78 V. il termine utilizzato da P. STANzIONE, Lo statuto del minore (commento al disegno di legge 12 gennaio 1994, n. 1791), in Fam. dir., 1994, 351 ss.

79 M. SESTA, A. ARCERI, La responsabilità genitoriale e l’affidamento dei figli, cit., 26 s.

80 M. SESTA, A. ARCERI, La responsabilità genitoriale e l’affidamento dei figli, cit., 128.

81 Così, a titolo d’esempio, il tribunale di Milano aveva adottato, già dal 2006, oltre al protocollo generale per le udienze civili, un protocollo ad hoc per i procedimenti di costituzione dei legami di filiazione “naturale” ex artt. 250 e 269 c.c., e un altro per i procedimenti ex artt. 155-317-bis c.c., prestando una particolare attenzione allo svolgimento dell’ascolto del minore prevedendone condizioni e limiti, tempi e luoghi per il suo svolgimento. Similmente, il tribunale per i minorenni di Venezia aveva adottato due protocolli: uno per le udienze in tema di separazione e divorzio e l’altro per i procedimenti ex artt. 155 e 317- bis c.c.; il tribunale di Roma aveva un protocollo sull’ascolto (obbligatorio) del minore per tutti i procedimenti, compresi quelli de potestate. Nello stesso senso provvedeva il tribunale di Torino. Tutti i protocolli sono consultabili alle pagine ufficiali dei tribunali civili o degli ordini degli avvocati. In tema di protocolli in materia familiare, F. dANOVI, Orientamenti (e disorientamenti) per un giusto processo minorile, cit., 1477 s.; M.A. IANNICELLI, La crisi della coppia genitoriale e il diritto del figlio minore di essere ascoltato, in www.rivistafamilia.it, 2016, 87 ss., part. 92; V. dI GREGORIO, L’ascolto: da strumento giudiziale a diritto del minore, in Nuova giur. civ. comm., 2013, I, part. 1035; A.L. BONAFINE, Su alcuni profili processuali dell’ascolto del minore, in Riv. dir. proc., 2017, part. 1009 s., il quale rileva che l’introduzione delle regole sul quomodo dell’ascolto ha permesso il superamento di molte previsioni protocollari. Molto critico sul ruolo dei protocolli G. CASABURI, L’ascolto del minore tra criticità processuali ed effettività della tutela, in Corr. mer., 2012, I, 36; si consenta, tuttavia, di rimandare alle mie osservazioni, A. CORdIANO, La soft law nel diritto di famiglia, in Avvocati di famiglia, 2014, 34 ss., su questo tipo di produzione para-normativa nella materia.

82 M.R. FERRARESE, Soft law: funzioni e definizioni, in A. SOMMA (a cura di), Soft law e hard law nelle società postmoderne, Torino, 2009, 71 ss.

83 R. BIN, Soft law, no law, in A. SOMMA (a cura di), Soft law e hard law nelle società postmoderne, cit., 31

84 B. PASTORE, Il soft law nella teoria delle fonti, in A. SOMMA (a cura di), Soft law e hard law nelle società postmoderne, cit., p 123.

85 F. SNydER, Soft law e prassi istituzionale nella Comunità europea, in Soc. dir., 1993, 90 ss.

86 Così G. CASABURI, L’ascolto del minore tra criticità processuali ed effettività della tutela, in nota ad App. Milano, 21 febbraio 2011, in Corr. mer., 2012, 32.

87 F. dANOVI, Il d.leg. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul versante pro- cessuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla relazione affettiva, cit., 537 s. Si veda, però, in senso critico sulla riforma, L. LENTI, La sedicente riforma della filiazione, in Nuova giur. civ. comm., 2013, II, part. 214; e F. TOMMASEO, La nuova legge sulla filiazione: i profili processuali, cit., part. 261 s.

88 F. TOMMASEO, Per una giustizia “a misura del minore”: la Cassazione ancora sull’ascolto del minore, cit., 43 ss.; M.G. RUO, Indicazioni sovranazionali per l’ascolto del minore, cit., 62 ss.; C. LAzzARO, Sub art. 336-bis, cit., 945 ss.

89 G. CASABURI, L’ascolto del minore tra criticità processuali ed effettività della tutela, cit., 41 ss. ripercorre le eterogenee modalità di ascolto diretto e indiretto, disposte in sede di protocolli, precedentemente alla riforma.

90 Cass., 31 marzo 2014, n. 7478, in Dir. giust., 1° aprile 2014; G. BALLARANI, Il diritto del minore e non essere ascoltato, cit., 1821 ss.; C. LAzzARO, Sub art. 336- bis, cit., 981; A.L. BONAFINE, Su alcuni profili processuali dell’ascolto del minore, cit., 1010 ss.; M. PILLONI, La filiazione dopo il d. legisl. 28 dicembre 2013, n. 154: breve excursus sui profili processuali incisi dalla riforma, cit., 794; diversamente, parla di equivalenza fra le modalità di ascolto, M. MORETTI, Ascolto del minore, in Codice di famiglia, minori, soggetti deboli, a cura di G. BASINI, G. BONILINI, M. CONFORTINI, I, Torino, 2014, 1129.

91 C.M. BIANCA, Il diritto del minore all’ascolto, cit., 548; M. ROMANO, Sub art. 155-sexies, cit., 374 ss.

92 M.A. IANNICELLI, La crisi della coppia genitoriale e il diritto del figlio minore di essere ascoltato, cit., 92.

93 R. RUSSO, I mezzi di prova e l’audizione del minore, cit. 814 ss.

94 Sottolineano gli aspetti deontologici della funzione dell’avvocato del minore e della relazione fiduciaria nel contesto dell’ascolto, inteso in senso lato, F. BAGNATI, Fragilità e istituzioni: l’avvocato del minore, in Min. giust., 2007, 304 ss.;

C. MARCUCCI, Il dilemma dell’avvocato del minore nell’esperienza italiana, in Min. giust., 2006, 110 ss.

95 G. SERGIO, L’ascolto del minore e la giustizia, cit., 590 ss.; L. FAdIGA, Problemi vecchi e nuovi in tema di ascolto del minore, cit., 141 ss.; G. dE MARzO, La sottrazione di minore e il trattenimento di minore all’estero, in Foro it., 2009, c. 429 ss. Sottolinea il profilo della tutela dei principi del contraddittorio e della terzietà del giudice minorile, nella questione dell’ascolto, M.G. RUO, Avvocato, tutore, curatore del minore nei procedimenti di adottabilità, cit., 338 ss., part. alla nota n. 1; ne parla, sotto altra prospettiva, anche G. SERGIO, L’ascolto del minore e la giustizia, cit., 597.

96 G. SERGIO, L’ascolto del minore e la giustizia, cit., 596 ss.; G. BALLARANI, Il diritto del minore e non essere ascoltato, cit., 821 ss.; A.L. BONAFINE, Su alcuni profili processuali dell’ascolto del minore, cit.,1013.

97 R. PESCE, L’ascolto del minore tra riforme legislative e recenti applicazioni giurisprudenziali, cit., 255.

98 G. BALLARANI, Il diritto del minore e non essere ascoltato, cit., 1821.

99 Così Cass., 15 maggio 2013, n. 11687, cit.; Cass., 31 marzo 2014, n. 7479, cit.

100 Sulle prassi invalse precedentemente alla riforma, G. CASABURI, L’ascolto del minore tra criticità processuali ed effettività della tutela, cit., 41 s.

101 G. BALLARANI, Il diritto del minore e non essere ascoltato, cit.,1822; C. LAzzARO, Sub art. 336-bis, cit., 981 s.

102 G. CASABURI, L’ascolto del minore tra criticità processuali ed effettività della tutela, cit., 42; R. RUSSO, Modalità e tecniche di ascolto del minore, nella relazione te- nuta in occasione dell’incontro di studi “I diversi riti della famiglia e dei minori”, organizzato dalla Consiglio Superiore della Magistratura, a Roma, 14-16 gennaio 2018, consultabile in http://appinter.csm.it/incontri/relaz/15241.pdf.

103 C. LAzzARO, Sub art. 336-bis, cit., 983; ma già P. VIRGAdAMO, L’ascolto del minore in famiglia e nelle procedure che lo riguardano, cit., 1664, alla nota 18.

104 M. dOGLIOTTI, Nuova filiazione: delega al governo, cit., 285; P. RE, S. VICINI, L’ascolto indiretto del minore: indagini dei servizi territoriali, in Fam. dir. pers., 2006, 1300.

105 Così espressamente Cass., 24 luglio 2013, n. 17992, in banca dati plu- ris-cedam.utetgiuridica.it.

106 F. dANOVI, Il d.leg. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul versante processuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla relazione affettiva, cit., 538; Id., La consulenza psicologica nel processo civile, in Riv. dir. proc., 2000, 824, in nota n. 46;

M. MORETTI, Aule per l’ascolto, cit., 2085 ss.

107 G. BALLARANI, Il diritto del minore e non essere ascoltato, cit., 1823.

108 R. RUSSO, Il diritto del minore all’ascolto, in Fam. succ., Milano, 2016, 70 s.; Cass., 15 maggio 2013, n. 11687, cit.; Cass., 29 settembre 2015, n. 19327, in banca dati pluris-cedam.utetgiuridica.it. Si veda però anche Corte Edu, 2 novembre 2010, ricorso n. 36168, Piazzi c. Italia, in banca dati http://hudoc. echr.coe.int/eng?i=001149020.

109 Purché, osserva R. PESCE, L’ascolto del minore tra riforme legislative e recenti applicazioni giurisprudenziali, cit., 256, detta delega non si traduca in un mandato esclusivo e generalizzato.

110 Si consenta di rinviare a A. CORdIANO, L. BONIFAzI, Consulenza tecnica e relazioni dei servizi sociali territoriali: analogie formali e sostanziali, cit., 2012, 43 ss.: in tema si tornerà in sede di analisi della disposizione di cui all’art. 337 c.c.; in argomento, v. anche C. LAzzARO, Sub art. 336-bis, cit., 983; P. RE, S. VICINI, L’ascolto indiretto del minore: indagini dei servizi territoriali, cit., 1303 ss.

111 Così R. RUSSO, Il diritto del minore all’ascolto, cit., 72 s.

112 Così G. MATUCCI, Lo statuto costituzionale del minore d’età, Padova, 2015, 335.

113 V. le Linee guida nazionali in tema di ascolto del minore testimone, emanate il 6 novembre 2010 da Società Italiana di Criminologia, Società Italiana di Medicina legale e delle Assicurazioni, Società Italiana di Neuropsichiatria infantile, Società Italiana di Neuropsicologia, Società Italiana di Psichiatria e Società di Psicologia giuridica, in www.psicologiagiuridica.com/pub/docs/numero_1/an- noxx%202011/Consensus_Testimonianza.pdf.

114 Ne parla F. TOMMASEO, Per una giustizia “a misura del minore”: la Cassazione ancora sull’ascolto del minore, cit., 43.

115 Cass., 26 marzo 2010, n. 7282, cit.; Cass., 10 giugno 2011, n. 12739, cit., secondo cui l’ascolto doveva essere garantito vietando l’interlocuzione con i genitori; App. Bari, 23 maggio 2007, cit.

116 G. CASABURI, L’ascolto del minore tra criticità processuali ed effettività della tutela, cit., 42.

117 Ricorda M.A. IANNICELLI, La crisi della coppia genitoriale e il diritto del figlio minore di essere ascoltato, cit., 93, in nota n. 39, che l’art. 56 del Codice deontologico degli avvocati (“Ascolto del minore”) impone all’avvocato familiarista e minorile di astenersi da ogni colloquio e contatto con i minori sulle circostanze oggetto delle controversie in atto, prevedendo, altresì, una sanzione per la violazione del divieto con la sospensione dall’esercizio della professione da sei mesi a un anno. In punto, già prima del nuovo codice, Cass., S.U., 4 febbraio 2009, n. 2637, in Giust. civ., 2009, I, 860.

118 F. TOMMASEO, Per una giustizia “a misura del minore”: la Cassazione ancora sull’ascolto del minore, cit., 43. In senso analogo anche Cass., 10 giugno 2011, n. 12739, cit.; e, successivamente, anche Trib. Milano, 6 maggio 2015, in ilprocessocivile.it, del 25 maggio 2017.

119 G. BALLARANI, Il diritto del minore e non essere ascoltato, cit., 1822.

120 G. CASABURI, L’ascolto del minore tra criticità processuali ed effettività della tutela, cit., 42.

121 Espressamente, in questo senso, si esprime G. BALLARANI, Il diritto del minore e non essere ascoltato, cit., 1822. Lo conferma anche Trib. Milano, 6 maggio 2015, cit.

122 Così F. TOMMASEO, Per una giustizia “a misura del minore”: la Cassazione ancora sull’ascolto del minore, cit., 39. Concorda F. dANOVI, Il d.leg. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul versante processuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla relazione affettiva, cit., 538.

123 R. RUSSO, Il diritto del minore all’ascolto, cit., 63.

124 R. PESCE, L’ascolto del minore tra riforme legislative e recenti applicazioni giurisprudenziali, cit., 255; D. CERRI, L’ascolto del minore, l’importanza delle emozioni ed il legislatore della degiurisdizionalizzazione (ein redende Name), in Riv. it. med. legale, 2016, 1425 s.

125 M.A. IANNICELLI, La crisi della coppia genitoriale e il diritto del figlio minore di essere ascoltato, cit., 93; in tal senso, L. QUERzOLA, La revisione delle norme in materia di filiazione, cit., 181 ss.

126 L. QUERzOLA, La revisione delle norme in materia di filiazione, cit., 181 ss.

127 M.A. IANNICELLI, La crisi della coppia genitoriale e il diritto del figlio minore di essere ascoltato, cit., 93.

128 Così C. LAzzARO, Sub art. 336-bis, cit., 982 s.; V. dI GREGORIO, L’ascolto: da strumento giudiziale a diritto del minore, cit., 1035.

129 R. RUSSO, Il diritto del minore all’ascolto, cit., 63.

130 Così Cass., 10 giugno 2011, n. 12739, cit. Nuovamente anche M.A. IANNICELLI, La crisi della coppia genitoriale e il diritto del figlio minore di essere ascoltato, cit., 93, part. nota n. 28.

131 R. RUSSO, Il diritto del minore all’ascolto, cit., 64.

132 F. dANOVI, Il d.leg. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul versante processuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla relazione affettiva, cit., 538.

133 F. TOMMASEO, Verso il decreto legislativo sulla filiazione: le norme processuali proposte dalla Commissione ministeriale, cit., 633.

134 Osserva G. SAVI, L’atto processuale dell’ascolto e i diritti del figlio minore, in Dir. fam. pers., 2013, 1348 ss., part. 1352, che la formulazione della disposizione appare deludente perché parifica la posizione dei difensori a quella del p.m., così vanificando la valenza pubblicistica della funzione.

135 F. TOMMASEO, Verso il decreto legislativo sulla filiazione: le norme processuali proposte dalla Commissione ministeriale, cit., 633. Sulla nuova norma, v. M. VELLETTI, Art. 38-bis Disposizione attuazione codice civile: aule per l’ascolto del minore, in Filiazione. Commento al decreto attuativo, a cura di C.M. BIANCA, cit., 137 ss.

136 F. dANOVI, Il d.leg. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul versante processuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla relazione affettiva, cit., 538;

C. LAzzARO, Sub art. 336-bis, cit., 983; ma già P. VIRGAdAMO, L’ascolto del minore in famiglia e nelle procedure che lo riguardano, cit., 1664, alla nota n. 18

137 M. SESTA, A. ARCERI, La responsabilità genitoriale e l’affidamento dei figli, cit., 129.

138 Così invece osserva F. dANOVI, Il d.leg. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul versante processuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla relazione affettiva, cit., 538; anche M. VELLETTI, Art. 38-bis Disposizione attuazione codice civile: aule per l’ascolto del minore, in Filiazione. Commento al decreto attuativo, a cura di

C.M. BIANCA, cit., 137; ma si vedano, in senso, critico sul punto, M. SESTA, A. ARCERI, La responsabilità genitoriale e l’affidamento dei figli, cit., 129.

139 G. BASINI, I diritti e i doveri dei genitori e dei figli, cit., 4067, part. in nota n. 131; M. MORETTI, Aule per l’ascolto, in Codice di famiglia, minori, soggetti deboli, a cura di G. BASINI, G. BONILINI, M. CONFORTINI, cit., 2085 ss.

140 Così, F. TOMMASEO, Verso il decreto legislativo sulla filiazione: le norme processuali proposte dalla Commissione ministeriale, cit., 633; v. anche M. VELLETTI, Art. 38-bis Disposizione attuazione codice civile: aule per l’ascolto del minore, in Filiazione. Commento al decreto attuativo, a cura di C.M. BIANCA, cit., 139.

141 Lo osserva R. PESCE, L’ascolto del minore tra riforme legislative e recenti applicazioni giurisprudenziali, cit., 255; A.L. BONAFINE, Su alcuni profili processuali dell’ascolto del minore, cit., 1015.

142 V. MONTARULI, La mitezza nei procedimenti di responsabilità genitoriale, in Min. giust., 2015, 106 ss., part. 113.

143 Sono le parole di C. LAzzARO, Sub art. 336-bis, cit., 983 s., che segnala tuttavia la necessità che i tribunali garantiscano l’effettività applicativa della norma, per evitare che essa rimanga lettera morta.

144 D. CERRI, L’ascolto del minore, l’importanza delle emozioni ed il legislatore della degiurisdizionalizzazione (ein redende Name), cit., 1419 ss.

145 Cass., 5 marzo 2014, n. 5097, in Foro it., 2014, IV, I, c. 1067.

146 C. LAzzARO, Sub art. 336-bis, cit., 984.

147 G. BALLARANI, Il diritto del minore e non essere ascoltato, cit., 1822. Si veda, prima della riforma, Cass., 26 marzo 2010, n. 7282, cit.; Cass., 10 giugno 2011, n. 12739, cit., secondo cui l’ascolto va garantito anche vietando l’interlocuzione con i genitori.

148 R. RUSSO, Il diritto del minore all’ascolto, cit., 63.

149 G. CASABURI, L’ascolto del minore tra criticità processuali ed effettività della tutela, cit., 43. In tema di dichiarazioni rese dal minore alle parti, ma non verbalizzate, Cass., 15 febbraio 2008, n. 3798, in Fam. dir., 2008, 885.

150 M.A. IANNICELLI, La crisi della coppia genitoriale e il diritto del figlio minore di essere ascoltato, cit., 94.

151 C. LAzzARO, Sub art. 336-bis, cit., 986.

152 Lo osserva, A. LIUzzI, Sottrazione internazionale di minori e questioni processuali: ancora in tema di ascolto e di residenza del minore, in Fam. dir., 2008, 891.

153 Nuovamente M.A. IANNICELLI, La crisi della coppia genitoriale e il diritto del figlio minore di essere ascoltato, cit., 94.

154 Così F. TOMMASEO, Verso il decreto legislativo sulla filiazione: le norme processuali proposte dalla Commissione ministeriale, cit., 633.

155 G. BALLARANI, Contenuto e limiti dell’ascolto nel nuovo art. 336-bis c.c.: il legislatore riconosce il diritto del minore a non essere ascoltato, cit., 852 ss.; M.G. RUO, “The long, long way” del processo minorile verso il giusto processo, cit., 119 ss.; in senso contrario, ritiene che l’ascolto del minore sia di tipo processuale e non certamente clinico, ragion per cui va valutato quanto espressamente verbalizzato dal minore, P. PAzè, L’ascolto del minore nei procedimenti civili, cit., 1342.

156 Testualmente L. AIROLA TAVAN, L’ascolto del minore nei procedimenti di separazione dei coniugi: da dovere del giudice a diritto del figlio, cit., 300.

157 G. CASABURI, L’ascolto del minore tra criticità processuali ed effettività della tutela, cit., 43.

158 Si veda R. RUSSO, Il diritto del minore all’ascolto, cit., 67.

159 M. SESTA, A. ARCERI, La responsabilità genitoriale e l’affidamento dei figli, cit., 128.

160 G. CASABURI, L’ascolto del minore tra criticità processuali ed effettività della tutela, cit., 42.

161 Nuovamente F. TOMMASEO, Per una giustizia “a misura del minore”: la Cassazione ancora sull’ascolto del minore, cit., 39; in senso analogo, F. dANOVI, Il d.leg. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul versante processuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla relazione affettiva, cit., 538.

162 C. LAzzARO, Sub art. 336-bis, cit., 984.

163 Sconsiglia di individuare il luogo di ascolto solo nelle aule giudiziarie, G. BALLARANI, Contenuto e limiti dell’ascolto nel nuovo art. 336-bis c.c.: il legislatore riconosce il diritto del minore a non essere ascoltato, cit., 852 ss. Ammettono un’ampia discrezionalità del giudice sul luogo di audizione, A.C. MORO, Manuale di diritto minorile, cit., 332; anche M. MALAGOLI TOGLIATTI, A. LUBRANO LAVERdA, R. dI BENEdETTO, Ascoltare il minore: una proposta operativa, in Bambini in tribunale, a cura di

M. MALAGOLI TOGLIATTI, A. LUBRANO LAVERdA, Milano, 2011, 211 ss.

164 R. RUSSO, Il diritto del minore all’ascolto, cit., 67.

165 Si veda, nondimeno, le osservazioni di M.A. IANNICELLI, La crisi della coppia genitoriale e il diritto del figlio minore di essere ascoltato, cit., 94.

166 G. BALLARANI, Il diritto del minore e non essere ascoltato, cit., 1825; così anche M. ROMANO, Sub art. 155-sexies, in Provvedimenti riguardo ai figli, artt. 155-155-sexies, cit., 365 ss.

167 C.M. BIANCA, Il diritto del minore all’ascolto, cit., 548; v. anche G. BALLARANI, L’ascolto del minore nella disciplina dell’affidamento condiviso, in Bambini in tribunale, a cura di M. MALAGOLI TOGLIATTI, A. LUBRANO LAVERdA, cit., 48 s.

168 Testualmente, G. BALLARANI, Il diritto del minore e non essere ascoltato, cit., 1822.

169 A.C. MORO, Manuale di diritto minorile, cit., 332, sulla delicatezza delle operazioni di ascolto; R. RUSSO, Il diritto del minore all’ascolto, cit., 67 parla di luoghi spersonalizzati.

170 Cedu, 20 giugno 2019, A e B c. Croazia, (ric. n. 7144/15), commentata da O.G. CESARO, La Corte europea dei diritti dell’uomo e la figura del curatore speciale del minore, in Fam. dir., 2019, 937.

171 V. http://www.minoriefamiglia.it/download/Doc_75.pdf.

172 Si veda, in questo specifico senso, il comunicato del Tavolo nazionale per l’affido, consultabile al link https://www.famiglieperaccoglienza.it/wp-con- tent/uploads/2021/10/Comunicato-Tavolo-Nazionale-Affido-su-riforma-giusti- zia-minorile-.pdf.

173 O.G. CESARO, L’istituzione del nuovo tribunale unico per le persone, i minoren- ni e le famiglie: un progetto di riforma tra luci e ombre, in Quest. giust., 2021, 3, 261.