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Ripetibilità delle erogazioni che trovano origine nella crisi familiare: la richiesta dell’intervento nomofilattico delle sezioni unite (nota a Cass. Civ., Sez I, ord. 21 novembre 2021, n. 3659)

autore: F. D'Ambrogio

SOMMARIO: 1. Il caso. - 2. La ripetibilità in relazione alla natura della contribuzione dipendente dalla crisi familiare nella giurisprudenza. - 3. Considerazioni finali.



1. Il caso



Tizia ricorre alla Suprema Corte per sentir cassare la decisione con la quale la Corte d’Appello di Roma, nel respingere le domande intese a conseguire il riconoscimento dell’assegno di mantenimento ai sensi dell’art. 156, co. 7, cod. civ. – aveva pronunciato anche la condanna alla ripetizione delle somme a tale titolo riscosse in dipendenza dei provvedimenti provvisoriamente adottati ex art. 708 c.p.c. – nonché dell’assegno divorzile ex art. 5, co. 6, I. 1 ° dicembre 1970, n. 898 in conseguenza della dichiarata cessazione degli effetti civili del matrimonio.

La sentenza appellata, invero, non ritenendo sussistenti i presupposti per il riconoscimento del contributo economico a titolo di mantenimento – come invece era stato disposto in via d’urgenza, prima, dal Presidente delegato ex art. 708 c.p.c. e, successivamente, dal Giudice Istruttore anche se in misura ridotta –, aveva revocato l’obbligo fissato nel corso di giudi- zio, ex tunc, con conseguente condanna alla restituzione delle somme indebitamente percepite dall’ex coniuge a decorrere dal mese di ottobre 2009, ossia dal momento di emissione dell’ordinanza presidenziale.

La prima sezione civile della Cassazione, soffermandosi sulla problematica della ripetibilità delle erogazioni che trovano origine nella crisi familiare, aveva operato una analitica ricognizione degli orientamenti giurisprudenziali non sempre convergenti in punto di irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità, estendendo il campo anche ai contributi di mantenimento a favore dei figli maggiorenni economicamente non indipendenti di cui all’articolo 337-septies c.c. e all’assegno divorzile di cui all’articolo 5, comma 6, l. n. 898/1970 e successive modificazioni.

Richiamati i vari orientamenti delle sezioni semplici della Suprema Corte nelle diverse fattispecie, il collegio ha richiesto al Primo Presidente un intervento nomofilattico delle Sezioni Unite, affinché possano essere chiariti gli aspetti indicati nella massima sopra richiamata.

La Prima Sezione della Corte di Cassazione con l’ordinanza interlocutoria n. 36509 depositata il 24 novembre 2021 ha rimesso la causa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite per valutare se sussistano le condizioni per sollecitare l’intervento nomofilattico delle SS.UU., sulle seguenti questioni: a) se i crediti afferenti agli assegni che traggono pretesto dalla crisi del rapporto di coniugio ripetano tutti indistintamente i caratteri della irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità propri dei crediti alimentari; b) se i caratteri di cui sopra possano farsi dipendere dall’entità delle somme erogate a tali titoli e se, in particolare, se ne renda obbligato il riconoscimento in presenza di importi di ammontare modesto che inducano a ravvisare la destinazione para alimentare; c) se nel caso in cui sia in discussione la non debenza dell’assegno sia possibile scorporare da esso ai fini di riconoscervi i caratteri di cui sopra, la quota di esso avente destinazione para-alimentare; d) se il regime giuridico individuato in base all’accertamento da condursi in relazione al punto a) sia estensibile anche all’assegno in favore dei figli maggiorenni non autosufficienti di cui venga accertato l’indebito.





2. La ripetibilità in relazione alla natura della contribuzione dipendente dalla crisi familiare nella giurisprudenza



La prima questione da affrontare è quella della ripetibilità in relazione alla natura alimentare o non della contribuzione in relazione alle diverse fattispecie.

Come giustamente ritenuto dalla SC nell’ordinanza in oggetto, la disamina deve avere riguardo all’assegno di mantenimento previsto dall’art. 156 c.c., a favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione e che non abbia adeguati redditi propri, come pure all’assegno di mantenimento a favore dei figli maggiorenni economicamente non indipendenti di cui all’art. 337-septies c.c., co. 1 e all’assegno divorzile di cui alla l. n. 898 del 1970, art. 5, co. 6, trattandosi di fattispecie in relazione alle quali la natura alimentare della contribuzione, giustificativa della sua irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità alla stregua del combinato disposto dell’art. 447 c.c. e art. 545 c.p.c., si atteggia in modo assai diversificato, tanto da indurre perfino a dubitare della sua ricorrenza non solo ove difettino materialmente i presupposti per il riconoscimento di qualsivoglia contribuzione2, ma anche laddove, più semplicemente, l’erogazione sia destinata a colmare il vulnus patrimoniale lamentato da soggetti economicamente autosufficienti3.

Nella ordinanza viene ribadita la distinzione tra l’assegno di mantenimento corrisposto in favore dei figli maggiorenni non autosufficienti e l’assegno di mantenimento dovuto invece in favore dell’ex coniuge.

Del carattere alimentare del primo la giurisprudenza della Corte non ha mai dubitato4, ribadendo che il carattere sostanzialmente alimentare dell’assegno di mantenimento a favore del figlio maggiorenne, in regime di separazione, comporta che la normale retroattività della statuizione giudiziale di riduzione al momento della domanda vada contemperata con principi d’irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità di dette prestazioni, con la conseguenza che la parte che abbia già ricevuto, per ogni singolo periodo, le prestazioni previste dalla sentenza di separazione non può essere costretta a restituirle, né può vedersi opporre in compensazione, per qualsivoglia ragione di credito, quanto ricevuto a tale titolo, mentre, ove il soggetto obbligato non abbia ancora corrisposto le somme dovute per tutti i periodi pregressi, tali prestazioni non siano più dovute in base al provvedimento di modificazione delle condizioni di separazione5. A supporto di tale convinzione, a più riprese reiterata, la giurisprudenza, ne ha fatto discendere il carattere alimentare, all’esigenza di fronteggiare lo stato di bisogno in cui versa chi non sia in grado di provvedere autonomamente al proprio mantenimento, si ché l’obbligo cessa al raggiungimento di una condizione di indipendenza economica6.

Diversa è la situazione nel caso dell’assegno per il coniuge, sulla cui natura gli orientamenti non sono così pacifici e granitici.

Per affermare l’irripetibilità degli importi corrisposti in eccesso la giurisprudenza, soprattutto nelle decisioni meno recenti, ha utilizzato due diverse argomentazioni.

La prima fa leva sull’art. 189 delle disp. att. c.p.c., che prevede la conservazione dell’efficacia dei provvedimenti provvisori oltre l’estinzione della causa fino a diverso provvedimento che li sostituisca7; mentre la seconda, diventata, nel tempo, prevalente, motiva l’irripetibilità nella natura alimentare in senso ampio dell’assegno di mantenimento.

Tale ultima interpretazione è stata autorevolmente sostenuta da Corte cost. 21 gennaio 2000, n. 17 in tema di privilegio alimentare che, pronunciandosi sulla sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 2751 n. 4 c.c., aveva riconosciuto la natura alimentare dell’assegno di mantenimento del coniuge, stante la sua finalità di soddisfare le necessità di vita del coniuge beneficiario. Segnatamente, la Corte ritenne che si deve prescindere da considerazioni puramente nominalistiche, per guardare al profilo funzionale. In questa prospettiva, il credito alimentare e quello di mantenimento, seppur strutturalmente diversi, assolvono ad una funzione omogenea in senso lato alimentare, sicché la revoca o la riduzione dell’assegno per effetto del giudicato, determinerebbe la irripetibilità delle somme già versate.

Irripetibilità non prevista, quale conseguenza della natura alimentare dell’assegno di mantenimento, da nessuna norma, ma che la giurisprudenza ritiene di poter desumere, per analogia, dalla disciplina dei crediti alimentari, ed in particolare, dall’art. 445 c.c. sulla decorrenza degli alimenti, dall’art. 447

c.c. a norma del quale il credito alimentare “non può essere ceduto” né opposto in compensazione e dall’art. 545 c.p.c. sull’impignorabilità dei crediti alimentari. Conseguentemente, secondo tale ragionamento, il mantenimento assolve alla funzione di soddisfare i bisogni dell’alimentando e per tale ragione non ne può essere possibile nemmeno la restituzione8. Seguendo questa impostazione, anche all’assegno disposto a favore del coniuge in sede di ordinanza presidenziale, ex art. 708 c.p.c., è stata riconosciuta la natura alimentare, sul presupposto secondo cui le eventuali maggiori somme percepite dal coniuge, in virtù di provvedimenti provvisori, non sono ripetibili, considerato che l’assegno provvisorio è ontologicamente destinato ad assicurare i mezzi adeguati al sostenta-

mento del beneficiario9.

Il principio di irripetibilità ha trovato enunciazione anche in materia di trattamento pensionistico di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite, quando le somme percepite dall’uno o dall’altro coniuge in base alla sentenza di primo grado provvisoriamente esecutiva, riformata in appello, siano riconducibili a prestazioni che, per loro misura ed in relazione alle condizioni economiche del percettore, possano ritenersi dirette ad assicurare unicamente i mezzi economici necessari per far fronte alle esigenze di vita, così da essere normalmente consumate per adempiere a tale loro destinazione.

Un altro, meno risalente, orientamento giurisprudenziale ha collegato l’irripetibilità alla modestia dell’importo del mantenimento corrisposto in eccesso10. Tale orientamento distingue a seconda che la misura dell’assegno sia più o meno significativa, garantendo l’irripetibilità solo agli importi del mantenimento corrisposti in eccesso di modesta entità, cioè quando, l’entità dell’assegno, di separazione come di divorzio, sia molto modesta, bastevole a soddisfare solo esigenze di carattere alimentare, tanto che le somme erogate a tale scopo si presumono consumate per il sostentamento del beneficiario, non avendo costui avuto la possibilità di accantonarne una parte per l’eventuale restituzione.

Secondo parte della più recente giurisprudenza, invece, il credito relativo all’assegno di mantenimento in sede di separazione, trova la sua fonte legale nel diritto all’assistenza materiale nascente dal rapporto di coniugio e non, invece, nello stato di bisogno del coniuge che non è in grado di provvedere al proprio mantenimento11. Pertanto, si è ritenuto che in sede di opposizione all’esecuzione il debitore esecutato possa opporre in compensazione al creditore procedente un controcredito anche nell’ipotesi di esecuzione per credito da mantenimento, non avendo natura alimentare.



3. Considerazioni finali



Il variegato panorama giurisprudenziale induce ad una riflessione sulla necessità del richiesto intervento nomofilattico, per evitare situazioni di ingiustizia sostanziale e di giudicati diversi per fattispecie simili.

Ed invero, l’applicazione rigorosa, fondata sulla presunzione circa la natura alimentare degli assegni previsti in sede di crisi coniugale ed anche in via temporanea, dell’impostazione secondo cui, con la sentenza finale di separazione e/o divorzio, fossero ritenute insussistenti ab origine le condizioni per riconoscere il mantenimento al coniuge e/o ai figli maggiorenni, in quanto accertati autonomi economicamente già prima dell’istaurazione del giudizio ovvero in corso di causa all’esito della fase istruttoria, ha determinato situazioni di ingiustizia sostanziale e di equivalenza di condizioni tra il coniuge che aveva regolarmente corrisposto gli assegni provvisori e quello che si era sottratto. Né è valso a sanare il vulnus dell’iniquità il ricorso all’applicazione del risarcimento dei danni ex art 96

c.p.c. per aver il coniuge titolare dell’assegno agito in giudizio con mala fede o colpa grave12.

È indubbio, di contro, a parere di chi scrive, che l’assegno di mantenimento per il coniuge e l’assegno divorzile, pur assolvendo, in taluni casi, ad una funzione alimentare, non può essere limitato a tale scopo, contenendo in sé diverse componenti, destinate, non solo al soddisfacimento di esigenze meramente alimentari, ma anche finalizzate a compensare la disparità reddituale tra i coniugi in relazione al loro tenore di vita coniugale e/o all’apporto assicurato durante la convivenza familiare.

Il riconoscimento della natura composita dell’assegno consentirebbe di distinguere, anche in rapporto alle effettive condizioni patrimoniali e reddituali dei coniugi o ex coniugi, la diversa portata delle somme erogate a titolo di alimenti rispetto a quelle corrisposte per garantire il mantenimento del medesimo tenore di vita, nell’ipotesi di separazione e anche di mantenimento di figli maggiorenni di coppie di fatto, ovvero per assolvere la funzione compensativa-perequativa, nel caso del divorzio, e, coerentemente, di attribuire solo all’assegno destinato al soddisfacimento delle fondamentali esigenze di vita, natura alimentare, con i conseguenti corollari della irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità.

NOTE

1 La sentenza è pubblicata sul sito www.osservatoriofamiglia.it.

2 Cass., sez. I, 30 agosto 2019, n. 21926, in Giust. civ. Mass., 2019.

3 Cass., sez. I, 23 maggio 2014, n. 11489, in Foro it., 2014, 11, I, 3204.

4 Cass., sez. VI-I, 18 novembre 2016, n. 23569 in Giust. civ. Mass., 2017 ed in motivazione Cass., sez. III, 26 maggio 2020, n. 9686, in Giust. civ. Mass., 2020.

5 Cass., sez. VI-I, 24 ottobre 2017, n. 25166, in Diritto & Giustizia, 2017,

25 ottobre 2017.

6 Cass., sez. I, 22 giugno 2016, n. 12952, in Foro it., 2016, 9, I, 2741, nota di: CASABURI; Cass., sez. VI-I, 7 settembre 2015, n. 17738, in Giust. civ. Mass., 2015; Cass., sez. I, 26 settembre 2011, n. 19589, in Foro it., 2012, 5, I, 1553;

Cass., sez. VI-III, 14 maggio 2018, n. 11689, in Diritto & Giustizia, 2018, 15 maggio; Cass., sez. VI-I, 18 novembre 2016, n. 23569 cit. ed in motivazione Cass., sez. III, 26 maggio 2020, n. 9686 cit.

7 Cass. civ., sez. I, 18 settembre 1991, n. 9728 in Giust. civ. Mass., 1991, 9; Cass. civ., sez. I, 12 aprile 1994, n. 3415, in Giust. civ. Mass., 1994, 474, in Giust. civ., 1994, I, 2865, in Famiglia e diritto, 1994, 531; Cass. civ., sez. I, 5 novembre

1996, n. 9641 in Giust. civ. Mass., 1996, 1467, in Famiglia e diritto, 1997, 115;

Cass. civ., sez. I, 5 ottobre 1999, n. 11029, in Famiglia e diritto, 2000, 292.

8 G. DOSI, Restituzione dell’assegno di mantenimento corrisposto in eccesso, aggiornamento a cura di M. LIMONGI, Lessico di diritto di famiglia, aprile 2021.

9 Cass. civ. sez. I, 5 novembre 1996, n. 9641 cit. e in Cass. civ. sez. I, 23 aprile 1998, n. 4198 in Giust. civ. Mass., 1998, 872.

10 Cass. civ. sez. I, 23 maggio 2014, n. 11489, cit., Cass. civ. sez. I, 30 agosto 2019, n. 21926, cit.

11 Cass., sez. III, 26 maggio 2020, n. 9686 in Giust. civ. Mass., 2020.

12 Cass., sez. I, 12 aprile 2006, n. 8512 in Giust. civ., 2007, 7-8, I, 1711.