inserisci una o più parole da cercare nel sito
ricerca avanzata - azzera

La proposizione della domanda ex art. 709-ter c.p.c. in appello: due indirizzi giurisprudenziali di merito a confronto

autore: G. Vecchio

Corte di Appello di Bari Sezione Famiglia e Minori 26 giugno 20201

Il tenore letterale dell’art. 709-ter c.p.c. induce a ritenere che sia possibile proporre la relativa istanza al giudice della separazione, divorzio, ovvero dell’invalidità del matrimonio, non soltanto quando tali processi siano pendenti in prime cure, bensì anche in grado d’appello, in ordine a contrasti attuativi sorti dopo la chiusura del primo grado. La formulazione del 1° comma dell’art. 709-ter cod. proc. civ. depone, infatti, a favore di questa soluzione, nella parte in cui attribuisce la competenza al giudice del processo in corso, senza specificare se di primo o di secondo grado.



Corte D’Appello di Milano, Sezione famiglia e minori 17 febbraio 20222

È da ritenersi inammissibile la domanda ex art. 709-ter c.p.c. proposta dal reclamato ed avente ad oggetto la valutazione delle condotte asseritamente ostruzionistiche tenute dalla madre, in quanto trattasi di istanza avanzata per la prima volta in grado d’appello.



Le due sentenze in commento meritano un approfondimento poiché offrono due soluzioni tra loro contrastanti vertenti su una questione processuale di grande importanza: è possibile proporre istanza ex art. 709-ter c.p.c., per la prima volta, in grado di appello?

Prima di entrare nel merito delle diverse conclusioni a cui le due Corti sono arrivate per la soluzione della problematica processuale suindicata è necessario fare uno sforzo interpretativo e partire dalla comprensione della ratio dell’istituto dell’art. 709-ter c.p.c.

Questa norma muove i suoi primi passi dall’esigenza avvertita dagli operatori del diritto di famiglia di dare una adeguata tutela, dal punto di vista esecutivo, a diritti principalmente di natura personale, mediante la possibilità di utilizzare misure coercitive civili rispetto ad ipotesi di infungibilità della prestazione.

Tutto questo perché il processo esecutivo in materia di famiglia non può essere retto dalle regole del libro terzo del codice di rito per molteplici motivi: per la continua interazione tra cognizione ed esecuzione, per l’inidoneità delle forme dell’esecuzione specifica, per la generale infungibilità della prestazione obbligata, sia in ordine ai diritti personali che ai diritti patrimoniali, ed infine, per la necessità di proiettare la tutela esecutiva nel futuro3.

Il procedimento ex art. 709-ter c.p.c., così per come è stato pensato dal legislatore, mira ad offrire uno strumento nelle ipotesi di controversie insorte in sede di attuazione o di interpretazione di provvedimenti giudiziali assunti in materia di esercizio della potestà genitoriale o di affidamento dei figli minori.

Il giudice può così intervenire per cercare di superare difficoltà pratiche insorte in itinere o per sciogliere eventuali contrasti tra i genitori, con un potere anche cognitivo poiché in relazione al tipo di difficoltà riscontrata può addirittura arrivare a modificare il provvedimento disatteso; inoltre il giudice può, ricorrendone i presupposti, assumere altre e nuove misure, vuoi di natura risarcitoria vuoi sanzionatoria.

Occorre tenere fermamente presente anche la diversità della natura dello stesso procedimento a seconda dell’intervento del giudice in quanto non è sempre il medesimo4: in particolare, quando si tratta di risolvere le controversie relative alla potestà genitoriale o alle modalità di affidamento, il giudizio sarebbe riconducibile alla categoria della volontaria giurisdizione, mentre nell’ipotesi che si debba assumere una delle misure previste dal c. 2 dell’art. 709-ter (dunque, qualora sussistano gravi inadempienze o atti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento), il procedimento avrebbe natura contenziosa. La formulazione della prima parte della norma – “per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità dell’affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all’articolo 710 è competente il tribunale del luogo di residenza del minore” – fa chiaramente capire che questo strumento può essere utilizzato: a) in via incidentale, per esempio inserendosi nell’ambito di un giudizio di separazione o divorzio, di un giudizio relativo ai figli di genitori non coniugati, o di modifica delle relative condizioni già pendenti; b) in via principale autonoma, nelle forme del rito camerale tipico dei procedimenti di modifica separatizi o divorzili o dei procedimenti di regolamentazione di affidamento e mantenimento dei figli di genitori non coniugati.

È appunto nell’alveo di questa peculiarità del procedimento ex art. 709-ter c.p.c. che si innestano le sentenze in commento. Infatti in entrambi i casi una delle parti processuali aveva presentato in via incidentale domanda ex art. 709-ter c.p.c. per la prima volta in sede di impugnazione davanti la Corte

d’Appello.

Mentre la Corte di Appello di Milano ha dichiarato l’inammissibilità della domanda ex art. 709-ter c.p.c. proposta dal reclamato (avente ad oggetto la valutazione delle condotte asseritamente ostruzionistiche tenute dalla madre) in quanto avanzata per la prima volta in grado d’appello “in tal modo il secondo grado di giudizio è impedito, in palese violazione del principio del doppio grado di giurisdizione di merito”, la Corte d’Appello di Bari invece ha legittimato l’introduzione di una domanda ex art. 709-ter c.p.c. per la prima volta in sede di reclamo in virtù dell’esaltazione dell’inciso contenuto nella stessa norma secondo cui “è competente in giudice del procedimento in corso”.

In relazione a tale ultimo assunto la stessa Corte d’Appello di Milano ha evidenziato che l’inciso “è competente il giudice del procedimento in corso” vale in particolare a radicare la competenza del tribunale che ha in corso un procedimento afferente alla responsabilità genitoriale e/o all’affidamento dei figli, ma non a legittimare una proposizione in grado di appello con la conseguenza che la domanda proposta per la prima volta in sede di appello priverebbe le parti di un grado di giudizio, inteso come controllo sulla validità e sulla giustizia delle pronunce giudiziali che costituisce sviluppo tanto del diritto di azione che del diritto di difesa costituzionalmente garantiti dall’articolo 24, primo e secondo comma della Costituzione.

Nel caso posto all’attenzione del giudice milanese però, vi era un ulteriore requisito tale da legittimare la pronuncia di inammissibilità: l’applicazione dell’art. 38 disp. att. c.c.

Invero, i fatti a sostegno della stessa domanda, promossa nelle forme dell’art. 709-ter c.p.c., erano stati fatti oggetto, preventivamente, di un procedimento, pendente innanzi al Tribunale per i Minorenni ex art. 330 c.c. Dunque, la domanda ex art. 709-ter c.p.c. veniva dichiarata inammissibile stante la necessità di concentrare le tutele così da evitare che, in riferimento ad un’identica situazione conflittuale, possano essere coinvolti organi giudiziali diversi ed assunte decisioni contrastanti ed incompatibili.

Partendo da quest’ultimo assunto però, la decisione pone una prima questione controversa relativa proprio all’applicabilità dell’art. 38 disp att. c.c. portando, potenzialmente, ad una conclusione opposta rispetto a quella dedotta dal giudice del reclamo.

Infatti, proprio in virtù dell’art. 38 disp. att. c.c.5, la pendenza della lite in ordine all’affidamento di un minore, seppur attualmente in secondo grado, farebbe sì che la stessa domanda ex art. 330 c.c. sia attratta per competenza al giudice ordinario, e non a quello minorile6. Pertanto, l’unica motivazione legittimante la declaratoria di inammissibilità della domanda ex art. 709-ter c.p.c. in grado di appello resterebbe quella di privare le parti del doppio grado di giudizio.

Il Giudice di appello di Bari evidenzia come l’intenzione espressa dal legislatore all’art. 709-ter c.p.c., sia quella di attribuire la competenza a risolvere tali questioni al giudice del processo contenzioso in corso – senza specificare se di primo o secondo grado –, all’unica condizione che il giudizio sia ancora pendente, senza contemplare decadenze; inoltre, il tenore letterale della norma legittimerebbe la proposizione della domanda ex art., 709-ter c.p.c., non soltanto quando tali processi siano pendenti in prime cure, bensì anche in grado d’appello in ordine a contrasti attuativi sorti dopo la chiusura del primo grado.

Lo stesso giudice si addentra poi in un approfondimento relativo all’applicazione del divieto di domande nuove in appello, di cui all’art. 345, 1° comma, c.p.c., previo discrimine tra natura di volontaria giurisdizione e natura contenziosa – quest’ultima da valersi nei casi di cui all’art. 709-ter, 2° comma, n. 2) e 3) c.p.c. – delle possibili misure previste dallo stesso art. 709-ter c.p.c. escludendo la possibilità di proposizione delle sole domande risarcitorie7 ex art. 709-ter, 2° comma, n. 2 e n. 3, c.p.c., presentate per la prima volta in grado di appello.

Alla luce delle suddette argomentazioni, sembra che entrambe le corti legittimino una dichiarazione di inammissibilità della domanda ex art. 709-ter, comma 2, n. 2 e 3 c.p.c., mentre per la sola corte d’appello di Bari sarebbe possibile una proposizione in secondo grado di una domanda ex art. 709-ter c.p.c. nei casi residui.

In tema di impugnazione di un provvedimento ex art. 709ter c.p.c. si è anche recentemente pronunciata la Suprema Corte8 la quale ha ritenuto come il provvedimento di irrogazione di una sanzione pecuniaria o condanna al risarcimento dei danni del genitore inadempiente agli obblighi posti a suo carico, emesso ai sensi dell’art. 709-ter c.p.c., sia l’unico caso di possibilità di ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., rivestendo esso i caratteri della decisorietà e della definitività. Diversamente, nel caso in cui la domanda ex art. 709-ter c.p.c. attenga alle controversie in ordine all’esercizio concreto delle modalità di affidamento9, in quanto non decisorie e non definitive, il ricorso per Cassazione sarebbe inammissibile.

Indipendentemente dal concordare piuttosto che dissentire rispetto l’inammissibilità del ricorso straordinario per Cassazione sulle questioni inerenti l’esercizio delle modalità di affidamento – non foss’altro per la giurisprudenza secondo cui il provvedimento ablativo o limitativo della responsabilità genitoriale (seppur provvisorio) incidendo su diritti di natura personalissima (relazione parentale), di primario rango costituzionale, sia immediatamente reclamabile10 – entrambe queste sentenze “sdoganano” l’idea di una possibile diversificazione delle tutele processuali a seconda del provvedimento assunto dal giudice.

Il tema centrale è il contemperamento di interessi tra interpretazione letterale della norma (che darebbe spazio a pochi dubbi sul fatto che possa essere “giudice del processo in corso” anche il giudice di appello) ed il rispetto del principio del doppio grado di giurisdizione, in virtù del quale è dato ad un secondo giudice di merito il riesame del precedente oggetto del giudizio per i profili di legittimità e di merito al fine di avere una decisione che si avvicini il più possibile alla verità materiale, ossia limitare gli errori giudiziari raddoppiando le possibilità di giudizio.

Sempre dal tenore letterale della norma possiamo comprendere quali siano i poteri del giudice del 709-ter c.p.c. che principalmente vertono sulla risoluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale o sul disciplinare le modalità di affidamento e che solo in caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento si estendono sino a modificare i provvedimenti in vigore e, anche congiuntamente, irrogare le sanzioni indicate al secondo comma.

È opinione di autorevole dottrina11 che le situazioni giuridiche soggettive di cui sono titolari i figli minori sono speciali e derogano a quasi tutte le regole processual-civilistiche, basti pensare al principio della domanda, alle regole istruttorie, così come alle regole di giudizio.

Partendo dal presupposto che l’art. 709-ter c.p.c. tutela gli interessi del figlio minore, così come il fatto che il giudice di appello è pur sempre giudice del merito, pensare ad una inammissibilità della domanda ex art. 709-ter c.p.c., visti gli ampi poteri in essa stabiliti dalla legge, porterebbe inesorabilmente ad una differenziazione delle tutele dello stesso minore con una illogica duplicazione di giudizi tra primo grado (del “nuovo” 709-ter c.p.c.) e grado di appello, con tutti i potenziali contrasti delle decisioni, non potendo sapere a priori cosa il giudice deciderà e soprattutto quali dei poteri ivi stabiliti penserà di utilizzare.

Appare pericolosa prima facie, quindi, una differenziazione dei contenuti inerenti una domanda ex art. 709-ter c.p.c. (visti gli ampi poteri che anche d’ufficio potrebbe prendere il giudice) e di un relativo provvedimento in ordine ad una eventuale declaratoria di inammissibilità della stessa domanda.

Al contrario sarebbe più aderente al dettato normativo ed al principio di concentrazione delle tutele, legittimare la domanda ex art. 709-ter c.p.c. anche in appello, in virtù del fatto che la potenziale violazione del principio del doppio grado di giudizio sarebbe sicuramente mitigata dalla possibilità di una generalizzata possibilità di ricorrere al giudice per una revisio prioris istantiae indipendentemente dalla sopravvenienza di un fatto nuovo.

Allo stesso tempo però, non può non apparire agli occhi dell’interprete come la decisione inerente ad una delle eventuali sanzioni accessorie o risarcitorie di cui al comma 2 dell’art. 709-ter c.p.c., andando a coinvolgere la sfera giuridica soggettiva di un genitore, seppur a tutela di un interesse del soggetto più fragile del processo, non possa non ingenerare nello stesso il rispetto del principio del doppio grado di giurisdizione che inevitabilmente sarebbe compromesso da una decisione emessa per la prima volta in sede di appello.

La soluzione interpretativa che tenga in considerazione tutti gli interessi e diritti coinvolti nonché il dettato letterale della norma ed il rispetto dei principi costituzionalmente garantiti, non potrà che essere quella di evitare l’irrogazione di una delle sanzioni di cui al comma 2 dell’art. 709-ter laddove la domanda ex art. 709-ter sia stata promossa per la prima volta in grado di appello.

NOTE

1 Provvedimento già pubblicato su www.osservatoriofamiglia.it al seguente link https://www.osservatoriofamiglia.it/contenuti/17509980/abuso-del-processo-erimedi-alle-violazioni-ex-art-709-ter-c.html, consultato in data 26 aprile 2022.

2 Provvedimento già pubblicato su www.osservatoriofamiglia.it al seguente link https://www.osservatoriofamiglia.it/contenuti/17511705/inammissibile-listanza-ex-art-709-ter-cpc-grado-di-appello-c.html, consultato in data 26 aprile 2022.

3 Così C. CECChELLA, Diritto e processo nelle controversie familiari e minorili, Torino, 2018, 244.

4 Sulla natura del procedimento ex art. 709-ter c.p.c. si veda: R. dONZELLI,

I provvedimenti nell’interesse dei figli minori, Torino, 2018, 69 e ss.; B. pOLIsENO, Profili di tutela del minore nel processo civile, Napoli, 2017, 439; F. AsTIGGIANO, L’art. 709-ter c.p.c. tra posizioni dottrinali e applicazioni giurisprudenziali; in particolare, i mezzi di gravame esperibili, in Fam. e dir., 2011, 574; F. dANOVI, Le misure sanzionatorie a tutela dell’affidamento (art. 709-ter c.p.c.), in Riv. dir. proc., 2008, 603; G. FACCI, L’art. 709-ter c.p.c., l’illecito endofamiliare ed i danni punitivi, in Fam. e dir., 2008, 1024. G. FINOCChIARO, Commento all’art. 709-ter c.p.c., in Codice di procedura civile commentato, a cura di L.P. COMOGLIO, R. VACCARELLA, Torino, 2008, 2795;

M. pALAdINI, Misure sanzionatorie e preventive per l’attuazione dei provvedimenti riguardo ai figli, tra responsabilità civile, punitive damages e astreinte, in Fam. e dir., 2012, 853; F. TOMMAsEO, Applicazioni giurisprudenziali di una norma controversa: ancora sull’art. 709-ter c.p.c., in Fam. e dir., 2010, 706; E. VULLO, Affidamento dei figli, competenza, per le sanzioni ex art. 709-ter e concorso con le misure attuative del fare infungibile ex art. 614-bis c.p.c., in Fam. e dir., 2010, 928.

5 Per i procedimenti di cui all’articolo 333 c.c. resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell’ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell’articolo 316 del c.c.; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario.

6 Su un recente approfondimento in ordine al regime dell’art. 38 disp. att.

c.c. anche alla luce della recente riforma operata dalla l. 206/21, si rimanda se si vuole a G. VECChIO, La Competenza, in La riforma del giudice e del processo per le persone, i minori e le famiglie. Legge 26 novembre 2021, n. 206 a cura di C. CECChELLA, Torino, 2022, 39 ss.; V. MONTARULI, Il nuovo riparto di competenze tra giudice ordinario e minorile, in Nuov. giur. civ., 2013, 4, 218; F. TOMMAsEO, La nuova legge sulla filiazione: i profili processuali, in Fam. e dir., 2013, 3, 251; F. TOMMAsEO, Provvedimenti limitativi de potestate e competenza “per attrazione” del giudice ordinario, cit., 680; F. TOMMAsEO, Riparto di competenze tra tribunale minorile e tribunali ordinari, in Fam. e dir., 2018, 7, 711; C. CEA, Trasferimento del contenzioso dal giudice minorile al giudice ordinario ex art. 219/12, in Foro it., 2013, 116.

7 Sulla natura risarcitoria di parte dell’art. 709-ter, comma 2 n. 2) e 3) c.p.c.

R. dONZELLI, I provvedimenti nell’interesse dei figli minori, cit., 78.

8 Cass.,19 gennaio 2022, n. 1568; Cass. 17 maggio 2019, n. 13400; Cass. 27 giugno 2018, n. 16980, provvedimenti tutti pubblicati su www.osservatoriofamiglia.it; nonché le citate Cass. 25 febbraio 2015, n. 3810, in Giur. it., 2015, 12,

2589 ss. e Cass. 8 agosto 2013, n. 18977, in Foro it., Mass., 606.

9 Cass. 22 ottobre 2010, n. 21718, in Nuova giur. Civ. comm., 2011, I, 412.

10 Cass. civ., sez. I, 21 novembre 2016, n. 23633, in Fam. e dir., 3, 2017, con nota di R. dONZELLI, Sulla natura decisoria dei provvedimenti in materia di abusi della responsabilità genitoriale: una svolta nella giurisprudenza della Cassazione. Da ultimo Cass. civ., ord. 4 gennaio 2022, n. 82, provvedimento pubblicato su www.osservatoriofamiglia.it.

11 F.P. LUIsO, Le tutele processuali, in La riforma del processo per separazione e divorzio, a cura di C. CECChELLA, Pisa, 2007, 41.