inserisci una o più parole da cercare nel sito
ricerca avanzata - azzera

L’art. 38 disp. att. c.c. novellato e l’art. 709-ter c.p.c

autore: C. Cecchella

SOmmaRIO: 1. Il problema insoluto. - 2. La vis attractiva abbandona la perpetuatio iurisdictionis. - 3. L’espansione oggettiva e soggettiva della vis attracti- va. - 4. La vis attractiva enigmatica dell’art. 709-ter c.c.: la necessità di un’interpretazione sistematica. - 5. Il nuovo art. 709-ter c.p.c.



1. Il problema insoluto



Il regime transitorio dettato dalla l. n. 206 del 2021, affida la futura riforma a tre fasi temporali distinte. Alcune norme entrano immediatamente in vigore, a partire dal 22 giugno 2022; altre seguono la delega e, quindi, l’approvazione entro un anno dei decreti legislativi (si tratta delle regole che attengono al rito) e, infine, un’ulteriore serie, dopo due anni dall’entrata in vigore dei decreti legislativi. Si tratta delle norme sulla riforma ordinamentale che abroga le norme sul Tribunale per i minorenni e quelle sulla residua competenza del Tribunale ordinario, assorbite dalla introduzione della competenza del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le relazioni familiari.

La transizione verso il Tribunale unico non avviene, quindi, in coincidenza con le norme che riformano il processo e, pertanto, il riparto di competenze tra Tribunale per i minorenni e Tribunale ordinario persisterà almeno per un biennio, pur conducendosi, innanzi ai due Tribunali, lo stesso processo riformato.

Ne consegue che l’art. 38 disp. att. c.c., la cui abrogazione era salutata come soluzione a tanti problemi suscitati dalle forme della tutela giurisdizionale dei diritti del minore, continua a rimanere in vigore almeno per un biennio.

Il legislatore, a fronte della scelta temporale, aveva due possibilità: quella di confermare il testo dell’art. 38 cit. che, nonostante i tanti problemi interpretativi, aveva avuto modo di essere applicato secondo un orientamento ormai consolidato del giudice di legittimità, destinato a sanare una tecnica legislativa molto incerta, ovvero intervenire sul testo, modificandolo. È questa seconda via che il legislatore ha scelto, nel tentativo – si deve pensare – di migliorare il testo dovuto all’ultima riforma: ne è risultata una norma di dubbia opportunità e di rinnovata problematica applicazione. Il tutto certamente dovuto all’impossibilità di una scelta (a cagione della dilazione nell’entrata in vigore del nuovo Tribunale unico) che sola avrebbe risolto ogni problema interpretativo, ovvero quella dell’abrogazione della norma.



2. La vis attractiva abbandona la perpetuatio iurisdictionis



In occasione dell’ultima novella, dovuta alla riforma della filiazione con la l. n. 219 del 2012, al fine di tentare una soluzione al rischio del contrasto di giudicati tra giudizi sulla responsabilità genitoriale, di competenza del Tribunale per i minorenni, e giudizi sull’affidamento del minore, di competenza del Tribunale ordinario, era stata introdotta una sorta di attrazione per connessione verso il Tribunale ordinario della controversia sulla responsabilità genitoriale, quando pendesse, dinnanzi all’organo attraente, il procedimento per separazione o divorzio (“resta esclusa la competenza del Tribunale per i minorenni”).

Il testo, sul piano letterale, sembrava prescindere dalla litispendenza e dalla prevenzione: sarebbe stato sufficiente che, in un qualunque momento, fosse stato introdotto un procedimento per separazione o divorzio o un giudizio ai sensi dell’art. 316 c.c., perché fosse esclusa la competenza concorrente del Tribunale per i minorenni.

Ben presto, la giurisprudenza ha superato la lettera della norma1, ritenendo preferibile un’interpretazione che la calasse nei principi della perpetuatio iurisdictionis, per cui, se fosse stato preventivamente introdotto il procedimento innanzi al Tribunale per i minorenni, l’attrazione non avrebbe potuto aversi, e i due procedimenti si sarebbero conservati parallelamente, con buona pace del principio del coordinamento e dell’unità dei giudicati2.

L’intervento legislativo, dovuto alla l. n. 206 del 2021, costituisce un’evidente soluzione di continuità rispetto a quell’orientamento giurisprudenziale, per cui, per i procedimenti introdotti dopo il 22 giugno 2022, si prescinde dalla prevenzione. Qualunque procedimento introdotto innanzi al Tribunale ordinario, anche successivo, provoca, alla luce della nuova norma, l’effetto attrattivo, e il Tribunale per i minorenni perde la competenza sui profili di responsabilità genitoriale.

La norma, al massimo, consente al giudice minorile la pronuncia di misure anticipatorie e urgenti, all’esito delle quali trasmette gli atti al Tribunale ordinario, innanzi al quale il procedimento, previa riunione, continua (potendo il Tribunale ordinario, con proprio provvedimento, confermare, modificare o revocare le misure adottate).

La soluzione è criticata sul piano dell’opportunità, in quanto introduce un’ipotesi di forum shopping, potendo una delle parti liberamente introdurre un’azione innanzi al Tribunale ordinario per esautorare la competenza del Tribunale per i minorenni.

Si tratta, tuttavia, di una soluzione che ha almeno il merito di risolvere il problema del contrasto di giudicati, che il possibile parallelismo dei procedimenti, proprio del regime previgente, non risolveva. Certo, il problema sarebbe stato più facilmente risolto se fosse stato adottato subito, con immediata entrata in vigore, il modello del Tribunale unico.



3. L’espansione oggettiva e soggettiva della vis attractiva



Sotto altro profilo, la norma non fa altro che razionalizzare soluzioni dettate, a fronte delle gravi lacune, se non addirittura contraddizioni, del testo previgente, dalla giurisprudenza di legittimità.

Così, sul piano oggettivo, il richiamo ai procedimenti attratti innanzi al Tribunale per i minorenni, si estende anche agli artt. 330, 332, 334 e 335, c.c. (in buona sostanza, tutte le controversie che riguardano la responsabilità genitoriale, nessuna esclusa, mentre la norma richiamava, nel testo precedente alla novellazione, il solo art. 333 c.c.). Si trattava di una soluzione già recepita dalla giurisprudenza3.

L’espansione oggettiva dell’attrazione riguarda anche l’ambito dei procedimenti innanzi al Tribunale ordinario: non più solo il procedimento per separazione o divorzio o il procedimento sulle controversie relative all’attuazione della responsabilità genitoriale (art. 316 c.c.), ma anche per i procedimenti camerali innanzi al Tribunale ordinario di revoca o modifica dei giudicati pronunciati in sede di separazione o divorzio, ai sensi degli artt. 710 c.p.c. e 9 l. n. 898 del 19704.

Infine, sul piano soggettivo, l’effetto attrattivo non si produce solo quando la controversia è promossa dal genitore, ma anche quando è promossa dal pubblico ministero (ipotesi rimasta dubbia nel testo originario, oggi novellato)5.



4. La vis attractiva enigmatica dell’art. 709-ter c.c.: la necessità di un’interpretazione sistematica



Era dubbio, invece, l’effetto attrattivo quando pendesse un procedimento ex art. 709-ter introdotto come incidente di esecuzione, qualora sorgessero problemi di attuazione delle misure relative all’affidamento dei minori.

Essendo la competenza, nell’incidente di esecuzione, affidata al “giudice del procedimento in corso”, ovvero al giudice del merito, ed essendo possibile richiedere a quest’ultimo di “modificare i provvedimenti in vigore”, era parso sul piano interpretativo, che pure il procedimento ex art. 709-ter c.c., potesse originare l’effetto attrattivo.

Peraltro, la soluzione era indotta dalla scelta, già dovuta all’art. 6, 10° comma, l. n. 898 del 1970, oggi trasmigrata nell’art. 337-ter c.c., introdotto dalla riforma della legge sulla filiazione con il d.lgs. n. 154 del 2013, secondo la quale: “all’attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole provvede il giudice del merito”.

Nell’ambito dei procedimenti familiari e minorili, infatti, l’esecuzione delle misure concernenti l’affidamento dei figli, in caso di controversia, è affidata al giudice del merito, non distinguendosi – secondo il modello del libro III del codice di rito – tra un giudice dell’esecuzione e un giudice del merito. La ragione è evidente: si vuole che sia lo stesso giudice che ha giudicato sulla fattispecie e sugli interessi coinvolti in conflitto a determinare le forme attuative più adatte, in via breve, e si vuole, se necessario, che detto giudice modifichi i provvedimenti di merito da attuare quando essi rendano insuperabile il problema esecutivo. Si tratta di una delle tante espressioni delle forme di tutela differenziata (rispetto al processo comune) nell’ambito dei procedimenti familiari e minorili6.

L’art. 38 disp. att. c.c., risultato della novella del 2021, reca una disposizione che rischia di non essere in linea con la scelta esaminata poc’anzi: “il Tribunale per i minorenni è competente per il ricorso previsto dall’art. 709-ter del codice di procedura civile quando è già pendente o è instaurato successivamente, tra le stesse parti, un procedimento previsto dagli articoli 330, 332, 333, 334 e 335 del codice civile”, qualora si dovesse ritenere affidata una competenza integrale del Tribunale per i minorenni in sede esecutiva, anche quando il merito è affidato al Tribunale ordinario. Peraltro, siffatta interpretazione entrerebbe in rotta di collisione con i contenuti del primo comma novellato dello stesso articolo, il quale fissa il contrario principio dell’attrazione della controversia, sempre e comunque, innanzi al Tribunale ordinario, ogni qualvolta penda il giudizio di merito innanzi

a quest’organo.

S’impone, pertanto, un’interpretazione sistematica, che tenga conto dei principi espressi in altre norme sull’attuazione delle misure in materia di affidamento del minore (art. 337ter c.c.) e nello stesso art. 709-ter c.p.c., che fissa nel giudice del procedimento in corso, la competenza per le controversie sull’attuazione.

Ne consegue la necessità di costruire una competenza del Tribunale per i minorenni sui provvedimenti e le misure dell’art. 709-ter cit. nei soli casi in cui penda o sia instaurato, in via autonoma ed esclusiva, un procedimento sulla responsabilità genitoriale, poiché solo in tal caso si può dire che il giudice del merito sia lo stesso Tribunale per i minorenni.

Qualora, invece, penda ancora un giudizio di merito innanzi al Tribunale ordinario ovvero sia successivamente instaurato, resta la piena competenza del Tribunale ordinario medesimo, secondo quanto impongono i citt. artt. 337-ter c.c. e 709-ter c.p.c., in linea anche con quanto stabilito nello stesso primo comma dell’art. 38 disp. att. c.c.7.

Non si può, quindi, affermare che quest’ultimo articolo, dopo la novella, fondi una generalizzata competenza del Tribunale per i minorenni sull’attuazione delle misure adottate in qualunque sede di merito, anche innanzi al Tribunale ordinario8.

È la pendenza del giudizio di merito a fissare la competenza: se innanzi al Tribunale per i minorenni, per una vicenda di responsabilità genitoriale, sarà il giudice minorile ad adottare le misure attuative, se, invece, innanzi al Tribunale ordinario, o perché ancora pendente o perché instaurato successivamente, sarà quest’ultimo competente ai provvedimenti dell’art. 709-ter c.p.c. Certamente, sarebbe stata auspicabile una soluzione più chiara sul piano letterale; certamente preferibile nel biennio che precede l’entrata in vigore del Tribunale unico per le persone, per i minorenni e per le relazioni familiari, lasciare inal-terato il contenuto dell’art. 38 disp. att. c.c.



5. Il nuovo art. 709-ter c.p.c.



Tra le norme di immediata entrata in vigore, anche un intervento sull’art. 709-ter c.p.c. che apre, a fronte della contraria giurisprudenza del giudice di legittimità, le controversie familiari e minorili alla misura coercitiva dell’art. 614-bis c.p.c.9.

È noto, infatti, che pure in relazione ad una fattispecie particolare (quella del padre rinunciatario all’esercizio della sua responsabilità genitoriale) il giudice di legittimità10 aveva negato l’applicazione dell’art. 614-bis c.p.c. alle controversie familiari e minorili, con un principio di diritto non condivisibile. Infatti, l’ambito delle tutele offerte dagli artt. 709-ter e 614bis c.p.c. non sono affatto coincidenti11. Il primo è destinato ad offrire forme di esecuzione discrezionali alla misura sull’affidamento, determinate dal giudice del merito, anche a modifica del provvedimento da attuare, dopo che si sia verificata

l’inottemperanza alla misura.

Il secondo interviene, invece, prima dell’inottemperanza, e si proietta, quindi, come misura coercitiva del futuro inadempimento, e comunque non è destinato a fissare modalità esecutive in via breve, alternative a quelle regolate nel libro III del codice di rito, né a modificare i provvedimenti di merito (che vengono pronunciati unitamente alla misura coercitiva). L’unico punto di sovrapposizione delle due norme è nella determinazione della misura coercitiva, che può risolversi semplicemente nella mancanza di un interesse ad agire attraverso uno strumento, quando già nell’altro si è proceduto a determinare la misura coercitiva. Ad esempio, pronunciata contestualmente al merito la misura dell’art. 614-bis c.p.c., a seguito dell’inadempimento, la parte sarebbe priva di interesse ad agire nella richiesta di una misura coercitiva ai sensi dell’art. 709-ter c.p.c. (pur residuando l’esperibilità di tale azione per gli ulteriori aspetti di tutela non coperti dalla misura dell’art. 614-bis c.p.c., quali la determinazione delle forme discrezionali di esecuzione, o la modifica dei provvedimenti di merito).

Nonostante tali ragioni, il giudice di legittimità si era orientato differentemente, ma oggi, con l’immediata entrata in vigore, a partire dai procedimenti introdotti dopo il 22 giugno 2022, è consentita la misura coercitiva dell’art. 614-bis c.p.c., come esito della stessa misura dell’art. 709-ter c.p.c.

La soluzione colloca i due strumenti su piani ancora più differenziati, poiché presuppone un cumulo di misure sanzionatorie: “il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell’altro” oltre alla “somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza dei provvedimenti assunti dal giudice”.

Il cumulo impone, forse, un mutamento di orientamento alla giurisprudenza12 che, correttamente, al di là della lettera della norma, qualificava il risarcimento del danno non come effetto di un illecito da responsabilità civile bensì come danno punitivo, sanzione oggettiva per l’inottemperanza.

Per dare giustificazione al cumulo si dovrà, allora – forse – qualificare, come pure si è già affermato prima della riforma13, il risarcimento del danno come responsabilità civile. Il giudice, pertanto, darà la misura coercitiva ex art. 614-bis c.p.c. per la violazione o il ritardo nella osservanza del provvedimento, ma dovrà autonomamente valutare se l’inottemperanza è fonte anche di danno causato da un corrispondente illecito civile. Un’alternativa a tale interpretazione potrebbe, tuttavia, essere che il risarcimento del danno costituisca somma una tantum liquidata per la violazione, quale danno punitivo, mentre il richiamo all’art. 614-bis c.p.c. debba intendersi come sanzione per i successivi episodi di violazione o di ritardo

nell’osservanza del provvedimento.

Infine, il richiamo dell’art. 614-bis c.p.c. quale esito delle misure di cui all’art. 709-ter c.p.c., non deve indurre a ritenerne l’applicazione solo in tale speciale contesto, potendosi la norma applicare anche nell’ambito del giudizio di merito, in occasione del giudizio finale o del giudizio anticipatorio interinale, ad esclusiva tutela delle misure personali e non delle misure economiche (come la lettera dell’art. 614-bis c.p.c. – dovuta alla l. n. 132 del 2015 – impone: “obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro”).

NOTE

1 Cass. 22 febbraio 2015, n. 2833, in Foro it., 2015, I, 2046; Cass. 14 ottobre 2014, n. 21633, in Fam. dir., 2015, 105 ss.

2 È questa la ragione che ha spinto la dottrina ad un’interpretazione letterale, cfr. C. CECChELLA, Diritto e processo nelle controversie familiari e minorili, Bologna, 2018, 21; F. dANOVI, Il processo per la separazione e divorzio, Milano, 2015, 89; F. TOMMAsEO, La nuova legge sulla filiazione: i profili processuali, in Fam. Dir., 2013, 252; M.A. LUpOI, Il procedimento della crisi tra genitori non coniugati innanzi al tribunale ordinario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2013, 1289; conf. alla giurisprudenza, invece, L. dURELLO, La tutela processuale dei figli nati fuori dal matrimonio, in Diritto processuale della famiglia, a cura di A. GRAZIOsI, Torino, 2016, 100; G. IMpIGNATIEL- LO, Profili processuali della nuova filiazione, in Nuove leggi civ. comm., 2013, 724.

3 In tal senso, Cass. 26 gennaio 2015, n. 1349, in Fam. dir., 2015, 653, con nota di G. BUFFONE; Trib. Milano, 7 maggio 2013, in www.ilcaso.it; in dottrina, A. pROTO pIsANI, Note sul nuovo art. 38 disp. att. c.c. e sui problemi che essa determina, in Foro it., 2012, V, 128; C.M. CEA, Trasferimento del contenzioso del giudice mino- rile al giudice ordinario ex l. 219/2012, in Foro it., 2013, 1, 118.

4 Conf. F. dANOVI, op. cit., 97-98; F. TOMMAsEO, op. cit., 257; G. IMpIGNATIELLO, op. cit., 724.

5 Conf. Cass. 26 gennaio 2015, n. 1349, cit.; Trib. Min. Brescia 22 luglio 2013, in Fam. dir., 2014, 60 ss.

6 C. CECChELLA, op. cit., 223 ss.; B. pOLIsENO, Profili di tutela del minore nel pro- cesso civile, Napoli, 2017, 416; L. QUERZOLA, Il processo minorile in una dimensione europea, Bologna, 2010, 162.

7 È l’opinione anche di R. dONZELLI, L’attuazione delle misure, ivi, 224 ss.; A. sIMEONE, G. sApI, Il nuovo processo per le famiglie e i minori, Milano, 2022, 52; dubitativamente, invece, G. VECChIO, La competenza, in La riforma del giudice e del processo per le persone, i minori e le famiglie, a cura di C. CECChELLA, Torino, 2022, 55 ss.

8 In senso contrario, R. GRECO, Il “domani” del contenzioso familiare, in I Qua- derni, www.magistratura.it, 71.

9 R. dONZELLI, L’attuazione delle misure, cit., 220 ss. e C. CECChELLA, Introduzio- ne generale alla riforma del giudice e del processo per le persone, i minori e le famiglie, in La riforma del giudice e del processo delle persone, i minori e le famiglie, cit., 33.

10 Cass. 6 marzo 2020, n. 6471, in www.iudicium.it, con nota di A. dI BER-

NARdO.

11 Cfr. C. CECChELLA, Diritto e processo, cit., 247 ss

12 Trib. Messina 8 ottobre 2012, in Danno e resp., 2013, 409; Trib. Novara 11 febbraio 2011, in Fam. min., 2011, 12; Trib. Napoli 30 aprile 2008, in Fam. dir., 2008, 1024; in dottrina, C. CECChELLA, Diritto e processo, cit., 242; E. VUL- LO, Sub. art. 709-ter c.p.c., in Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli (l. 8 febbraio 2006, n. 54), in Nuove leggi civ. comm., 2008, 234; R. GRECO, La responsabilità civile nell’affidamento condiviso, in Resp. civ., 2006, 746; in senso contrario, Trib. Pavia 23 ottobre 2009, in Fam. dir., 2010, 149; R. dONZELLI, I provvedimenti nell’interesse dei figli minori ex art. 709-ter c.p.c., Torino, 2018, 132; B. pOLIsENO, Profili di tutela del minore, cit., 448 ss.; F. dANOVI, Gli illeciti endofamiliari: verso un cambiamento della disciplina processuale?, in Dir. fam., 2014, 293.

13 V. nota 11.