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Regolamentazione concordata del rapporto genitoriale: il piano della vita dei figli

autore: M. Labriola

SOmmaRIO: 1. Dalla potestà alla responsabilità genitoriale. - 2. Il limite della indisponibilità dei diritti. - 3. Le decisioni nell’affidamento condiviso ex art. 337-ter c.c. - 4. Accordi a contenuto essenziale e accordi a contenuto eventuale. - 5. Il comma 23 lett. f) l. 206/2021: un piano genitoriale.





1. Dalla potestà alla responsabilità genitoriale





Per una corretta lettura ermeneutica del co. 23 della l. 206/2021, è opportuno delineare le motivazioni del passaggio lessicale dalla potestà alla responsabilità, introdotto con il d.lgs. 154/2013, di carattere non solo terminologico ma anche sostanziale.

Ancorché nel 1975 la riforma sul diritto di famiglia, innegabilmente rivoluzionaria per gli aspetti socioculturali di cui era portatrice, avesse previsto un passaggio fondamentale di carattere linguistico, sostituendo la locuzione “patria potestà” con quella “potestà genitoriale”, nel tempo, se si ha la pazienza di scandagliare alcuni documenti ancora redatti dalla pubblica amministrazione, l’espressione “patria potestà” persiste, forse frutto di una visione di base per cui il padre – più che la madre – sia stato, in passato, detentore di un potere-dovere nei confronti del figlio.

L’art. 30 Cost. prescrive che “è dovere e diritto dei genitori mantenere istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio” e, “nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti” attraverso gli strumenti fissati dall’art. 1 co. 4 l. 184/1983 che sancisce che “quando la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e all’educazione del minore, si applicano gli istituti di cui alla presente legge (n.d.r. affidamento ed adozione)”.

Non v’è dubbio, come una più favorevole lettura, che nel tempo si è fatta degli artt. 2 e 3 della Carta Costituzionale, abbia consentito di aprire un varco interpretativo nuovo sul minore come soggetto di diritti. Di pari rango rispetto alla normativa interna, tra le fonti internazionali atte ad accelerare l’inserimento nella società di un minore “non più come soggetto relegato ad uno stato di passiva soggezione”1, si atteggiano la Convention of the Rights of the Child, ossia la Convenzione ONU per i diritti del fanciullo, che l’Italia ha ratificato nel 1989, e la Convenzione del Consiglio d’Europa sull’esercizio dei diritti dei minori, conosciuta anche come Convenzione di Strasburgo, che l’Italia ha ratificato nel 20032.

La Corte Costituzionale3, ancor prima che cambiasse il linguaggio ed il pensiero con la modifica delle norme attraverso l’introduzione della espressione “responsabilità genitoriale”, già chiariva come la potestà che i genitori esercitano sul figlio fosse riconosciuta dall’art. 30 non come loro libertà personale ma come diritto/dovere che trova, nell’interesse del figlio, la sua funzione ed il suo limite. Il cambio lessicale evidenzia quanto la corrispondenza tra il diritto del genitore ad esercitare le funzioni educative sul figlio e il diritto di questi all’accudimento affettivo e materiale siano frutto di un bilanciamento necessario, quindi, non interessi contrastanti ma equipollenti. Quel diritto-dovere del genitore, contenuto nell’art. 30 Cost., si traduce in una assunzione di responsabilità comprensiva di varie funzioni. Sugli obblighi genitoriali la dottrina ha inteso, altresì, operare dei distinguo in base al carattere del minore, al rapporto coi genitori e alla sua capacità di autodeterminarsi. Conseguentemente non sarà possibile predefinire un limite di età oltre il quale la funzione genitoriale si inter-

rompa, ma bisognerà valutare la individualità del figlio4.

Una lettura costituzionalmente orientata – ai sensi dell’art. 2 Cost. – ha consentito, ad una parte della dottrina, di ripensare all’importanza dell’autodeterminazione del minore attraverso un esplicito invito al genitore ad educare implementando il pieno sviluppo della personalità, delle inclinazioni e dei bisogni del figlio5. Questo è il concetto di crescita cui si ispira il dettato dell’art. 5 della l. n. 176/19916 come dovere dei genitori, o delle persone per lui responsabili, di orientare il minore in maniera corrispondente alle sue capacità.

La vita del figlio, all’interno della famiglia, va potenziata attraverso una relazione educativa fatta di interlocuzioni non autoritarie. È indubbio, infatti, come la matrice della personalità del minore sia in prima istanza la famiglia, ancor prima che il contesto sociale vissuto fuori casa.

La disciplina dei diritti e dei doveri verso i figli, che regolamenta la vita dei minorenni, dei maggiorenni non economicamente autonomi e dei maggiorenni portatori di handicap, è prevista dal nostro codice civile agli artt. 147 “doveri verso i figli”, 315 “stato giuridico della filiazione”, 315-bis “diritti e doveri del figlio”, 316 “responsabilità genitoriale”, 316-bis “concorso al mantenimento”, 317 “impedimento di uno dei genitori”, 337-bis, ter, quater, quinquies “Capo II” esercizio della responsabilità genitoriale in caso di crisi familiare.

L’equazione ineludibile tra responsabilità genitoriale e bi-genitorialità va intesa come la destrutturazione della superata modalità esclusiva di affidamento del minore ad uno dei due genitori, una scelta che sino alla riforma aveva creato un’evidente sperequazione decisionale tra padre e madre. È noto quanto l’esigenza del legislatore non sia stata quella di prevedere tempi paritetici di permanenza dei figli con entrambi i genitori, bensì, di prescrivere un dovere di condivisione nelle scelte di vita. Tuttavia, il percorso ha necessità di grande consapevolezza, infatti, sul terreno del comune accordo nelle decisioni di maggior interesse per i figli, nel tempo, si sono aperti i conflitti familiari, anche quelli che apparivano più latenti.

Il compito (bi)genitoriale lo si può desumere da alcune locuzioni contenute nei provvedimenti dei tribunali e delle corti. In tema di accertamento sulla capacità del genitore di adattarsi alla nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione familiare, il giudice valuta, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, in base a elementi concreti: la modalità in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, le rispettive capacità di relazione affettiva, l’attenzione, la comprensione, l’educazione e la disponibilità a un assiduo rapporto, la personalità del genitore, le sue consuetudini di vita e l’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione e istruzione7.

Quando un nucleo familiare si divide – atteso che il genitore non collocatario è tenuto a stabilire altrove la residenza – è preferibile che i suoi componenti negozino sulla evoluzione futura della propria vita. Le modalità attuative giurisdizionali e non, per una chiusura condivisa e responsabile, sono previste dalla legge attraverso: i procedimenti di separazione consensuale e in quelli di divorzio congiunto, i giudizi sulle modalità di affidamento per i figli non matrimoniali, la negoziazione assistita. Permane, comunque, un controllo giurisdizionale sull’attività dell’avvocato, nella sua funzione di agevolatore della risoluzione dei conflitti, benché la delega del legislatore sul punto tenda ad ampliarsi col tempo8. La negozialità, pur auspicata e incoraggiata dal legislatore, nel diritto di famiglia non ha l’effetto di produrre accordi validi senza l’intervento del giudice, pertanto, da un lato le libere intese vengono valorizzate

e dall’altro delimitate dalla necessità di verifica.

Tuttavia, in tema di mantenimento dei figli, alla luce del disposto di cui all’art. 337-ter, co. 4, c.c., la giurisprudenza di legittimità ha, tra l’altro, riconosciuto la validità di un accordo di tipo negoziale assunto per i figli c.d. non matrimoniali, quale manifestazione di autonomia privata, senza la necessità di omologazione o accertamento giudiziale preventivo. Il contenuto, e la liceità transattiva dell’atto, che ha il suo fondamento sull’adempimento di un obbligo ex lege, è, tuttavia, subordinato alla corrispondenza delle statuizioni in esso contenute all’interesse morale e materiale della prole9 oltre che alla disponibilità dei diritti.

Nella separazione consensuale, l’ordinamento regola, ai sensi dell’art. 158 co. 2 c.c., il limite alla contrattualità e alla libera determinazione tra le parti e prevede che quando “l’accordo dei coniugi relativamente all’affidamento e al mantenimento dei figli è in contrasto con l’interesse di questi”, il giudice dispone la comparizione delle parti indicando le modificazioni da adottare nell’interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, può rifiutare allo stato l’omologazione.

È proprio nel caso di revisioni e modifiche condivise degli accordi innanzi al giudice, con successiva comparizione personale delle parti, che si palesa la diversità della natura del procedimento di separazione consensuale e di quello relativo al divorzio congiunto che non contempla tale soluzione. Nella seconda ipotesi, quando le condizioni relative all’affidamento ed al mantenimento dei figli appaiano in contrasto con il loro interesse, il tribunale provvede all’adozione dei provvedimenti temporanei ed urgenti, nonché alla prosecuzione del giudizio nelle forme contenziose10.



2. Il limite della indisponibilità dei diritti



Il difensore che assiste i genitori ha bisogno di intervenire consapevolmente sui diritti dei figli.

Dal punto di vista normativo non è semplice ricavare un elenco che definisca quali siano i diritti indisponibili. La distinzione tra disponibilità ed indisponibilità nasce, tradizionalmente, nell’ambito del diritto privato per differenziare i diritti di cui liberamente una persona possa disporre da quelli che escludono questa eventualità.

D’altronde, la natura di indisponibilità ha sempre la sua fonte in una norma imperativa (di rango costituzionale). Sulla indisponibilità, passando dal diritto sostanziale alla materia processuale, alcuni autori11 attribuiscono al principio di non contestazione, indicato dall’art. 115 co. 1 c.p.c. “disponibilità delle prove”, che prevede che siano posti a fondamento della decisione fatti non specificamente contestati tra le parti, “la diretta conseguenza del principio dispositivo sostanziale”.

In altre parole, di fronte ad un diritto indisponibile il giudice potrà procedere ex officio, prescindendo dalla capacità dispositiva delle parti ed anche dalla eventuale non contestazione su un fatto essenziale di causa. Sul punto il Tribunale di Varese12, in ipotesi di disconoscimento di paternità, ha escluso l’applicabilità del principio di non contestazione – lì dove le parti avevano concordato sul fatto della non consumazione del matrimonio – con la diversa e prevalente valutazione sull’identità personale del minore coinvolto in un giudizio sullo status.

Un ulteriore elemento distintivo sulla disponibilità o meno dei diritti, sempre in ambito processuale, è quello legato all’intervento obbligatorio del Pubblico Ministero che, nei giudizi in cui si tutelano diritti indisponibili, deve essere presente a pena di nullità.

Quindi, potremmo sostenere che il controllo del giudice sui diritti dei minori ha la sua radice nella loro natura di indisponibilità, incoercibilità (eccezion fatta per quelli patrimoniali) e inderogabilità.



3. Le decisioni nell’affidamento condiviso ex art. 337-ter c.c.



Le decisioni dei genitori sulle modalità di affidamento – collocamento, incontri e mantenimento – hanno codici di priorità diversi dopo la scomposizione familiare oppure sono spesso modulate sulla base dell’andamento di accordi già di fatto assunti nel corso della convivenza con riferimento alla crescita dei figli?

Il diritto sostanziale, art. 337-ter c.c., prevede che sulle questioni di rilevante importanza quali la salute, l’educazione e l’istruzione, la residenza, il mantenimento ed anche l’opzione religiosa, la responsabilità genitoriale sia esercitata da entrambi, in ragione della capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni della prole. La potestà ordinaria potrà, invece, essere esercitata separatamente da ciascun genitore nel periodo in cui essi avranno il minore presso di sé.

La giurisprudenza di legittimità ha ribadito come non vada forzata l’aspirazione del minore alla serenità familiare, con l’utilizzo di sperimentazioni nel corso delle quali i genitori tentino di adattare i loro “comportamenti a modelli tendenzialmente più maturi e responsabili, ma contraddetti dalla situazione reale già sperimentata col figlio”. Fondamentale diviene, quindi, l’ascolto (art. 337-octies c.c.) non solo per riconoscergli la partecipazione nei giudizi – come parte sostanziale – ma anche per consentire al giudice una valutazione ponderata “in rapporto al grado di discernimento attribuitogli”13. Assoggettare totalmente il figlio alla volontà dei genitori significa negargli la principale conquista contenuta nella riforma del 200614, passare da oggetto di decisioni a soggetto di diritti.

I margini di negoziazione tra le parti, sugli aspetti patrimoniali relativi ai figli, sono più ampi quando la prole è maggiorenne. Infatti, in tale momento, l’attività contrattuale dei genitori non subisce il limite della indisponibilità dei diritti, ma ha la sua causa nell’obbligo di mantenimento previsto ex lege che consiste nell’assicurare agli stessi, anche oltre il raggiungimento della maggiore età, e in proporzione alle sostanze della famiglia, la possibilità di completare il percorso formativo prescelto e di acquisire la capacità lavorativa necessaria a rendersi autosufficiente.

Nei processi in cui si discute del mantenimento del figlio maggiorenne, a conferma del carattere dispositivo del diritto, incombe su di lui la prova contraria che dimostri l’incolpevole mancato reperimento di attività lavorativa adeguatamente remunerata; in tale ipotesi, sul genitore grava, di contro, la prova diretta del raggiungimento di un sufficiente grado di capacità di lavoro, che sarà ricavabile anche in via presuntiva dagli studi conseguiti e dall’esistenza di un mercato del lavoro in cui essi siano spendibili15.

È indubbio, inoltre, che l’ambito in cui si muove la negoziazione, per il riconoscimento del mantenimento in favore dei figli, ha dei presupposti diversi da quelli individuati per l’as-segno divorzile. Nell’accordo si terrà conto del parametro del tenore di vita goduto prima della separazione dei genitori, tale condizione è inapplicabile per quanto riguarda l’ex coniuge16. Un’importante clausola da stabilirsi negli accordi che investe, in modo indiretto, gli aspetti di carattere patrimoniale e si coniuga con la futura serenità psicologica dei figli – insieme alla valutazione della adeguatezza materiale fornita loro – è

quella relativa all’assegnazione della casa familiare.

V’è da segnalare che, benché l’assegnazione non sia strettamente ricompresa tra le previsioni economiche e venga stabilita per garantire la continuità dell’habitat domestico alla prole, nondimeno è soggetta a previsioni di natura economica in ragione del fatto che colpisce un bene immobile che può: a) consentire un risparmio di risorse – se attribuito in uso al coniuge non proprietario e, quindi, passibile di disposizione negoziale

– b) contribuire alla quantificazione del mantenimento – se in comproprietà tra i genitori – c) incidere sull’onere dell’obbligato se di proprietà del coniuge assegnatario del cespite.

Questi tre possibili scenari, citati a tiolo esemplificativo, intrecciano uno stretto legame tra le decisioni sull’habitat e quelle sul patrimonio familiare il che implica, in caso di modifica del provvedimento su di uno dei due aspetti, che muti l’altro, anche d’ufficio17.

Infine, sempre con riferimento all’eventuale contenuto negoziale, sotto il profilo patrimoniale si cita la sentenza delle Sezioni Unite, scaturita dalla lunga diatriba giurisprudenziale, che consente accordi, all’interno dei ricorsi di separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta, sul trasferimento tra coniugi di beni – mobili registrati o immobili – o sulla titolarità di altri diritti reali, a favore di uno di essi o dei figli al fine di assicurarne il mantenimento18.



4. Accordi a contenuto essenziale e accordi a contenuto eventuale



È, inoltre, necessario armonizzare, nelle scelte negoziali, le clausole essenziali soggette a modifica e a controllo del giudice, e quelle che abbiano contenuto eventuale, che saranno modificabili unicamente su base volontaria ed extragiudiziale. Sulle questioni principali della separazione consensuale o del divorzio a firma congiunta, l’accordo raggiunto tra le parti è un negozio a contenuto essenziale: l’intesa a vivere separati nella separazione e la cessazione del vincolo coniugale nel divorzio. A tali clausole si affiancano, anch’esse come essenziali, quelle relative all’affidamento dei figli, all’eventuale assegnazione della casa della famiglia e all’assegno di mantenimento

e, eventualmente, divorzile.

Al di fuori di tali ipotesi, le parti possono inserire alcune previsioni ed impegni che non hanno contenuto essenziale bensì eventuale. Quasi sempre sono accordi di natura economico patrimoniale che, ancorché siano direttamente riferibili alla separazione ed al divorzio, non possono, però, essere decisi dal giudice della separazione e del divorzio, in caso di ricorso giudiziale. Si pensi, ad esempio, al trasferimento di diritti reali o di assegno una tantum in favore del coniuge debole. Ne consegue che in relazione a quest’ultimi il Tribunale si limita a prenderne atto tanto nella sentenza di separazione, quanto in quella di divorzio, senza poter essere, successivamente, soggetti ad intervento del giudice per una loro eventuale modifica. Tra gli accordi a contenuto eventuale si possono includere, per esempio, gli atti di disposizione patrimoniale che sono previsti dall’art. 2645-ter c.c. “trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o altri enti o persone fisiche”. Si evidenzia come la destinazione negoziale di un compendio immobiliare, a causa familiare, a favore di minori d’età non necessiti dell’autorizzazione ex art. 320 c.c. sia per il conseguimento sia per il consolidamento

della posizione beneficiaria19.

Ed in effetti, il valore aggiunto, che si desume da una più estesa autonomia negoziale riconosciuta alle parti, deriva dalla determinazione dei genitori – incondizionata ed integrale – volta alla tutela della prole anche attraverso l’ipotesi del trasferimento, da un coniuge all’altro, a modifica del regime di separazione personale o di divorzio precedentemente instaurato, di beni con vincolo di destinazione erga omnes, allo scopo di garantire ai figli minori un adeguato e sicuro mantenimento. È evidente il contenuto eventuale di tali obbligazioni familiari che, tuttavia, possono avere risvolti di maggior garanzia ed incisività rispetto alle decisone del giudice.

Le indicazioni sulle clausole che potrebbero essere contenute in un accordo negoziale, suggerite in questi paragrafi benché a titolo meramente esemplificativo, hanno l’intento di delineare le questioni che vanno sviluppate in sede di trattativa alla presenza dell’avvocato.



5. Il comma 23 lett. f) l. 206/2021: un piano genitoriale



La riforma introdotta con la l. n. 206/2021, inserisce nuove disposizioni in un apposito titolo IV-bis del libro II del Codice di procedura civile rubricato “Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie”. Al comma 23 lett. f), dell’unico art. 1, è disciplinato l’obbligo dei difensori al deposito, nei giudizi in cui si discute sulla modalità di affidamento, unitamente agli atti introduttivi di “un piano genitoriale che illustri gli impegni e le attività quotidiane dei minori, relativamente alla scuola, al percorso educativo, alle eventuali attività extrascolastiche, sportive, culturali e ricreative, alle frequentazioni parentali e amicali, ai luoghi abitualmente frequentati, alle vacanze normalmente godute”. È, altresì, previsto “che il giudice possa formulare una proposta di definizione motivata anche tenendo conto di tutte le circostanze e delle risultanze istruttorie acquisite […]” e che Egli, nell’adottare i provvedimenti temporanei e urgenti, “possa formulare una proposta di piano genitoriale nella quale illustrare la complessiva situazione di vita del minore e le sue esigenze dal punto di vista dell’affidamento e dei tempi di frequentazione dei genitori, nonché del mantenimento, dell’istruzione, dell’educazione e dell’assistenza morale del minore, nel rispetto dei principi previsti dall’articolo 337-ter del codice civile; prevedere altresì che all’interno del piano genitoriale siano individuati i punti sui quali vi sia l’accordo dei genitori e che il mancato rispetto delle condizioni previste nel piano genitoriale costituisce comportamento sanzionabile ai sensi dell’articolo 709-ter del codice di procedura civile”.

Si pone, per l’interprete, una preliminare questione di di-

ritto: il fatto che la riforma, in tema di filiazione, non faccia più distinzioni nella risoluzione giurisdizionale e di composizione alternativa del conflitto, tra la coppia genitoriale matrimoniale e quella di fatto, fa immaginare, in mancanza di una previsione specifica, che la norma sia applicabile anche alla coppia same sex.

Sotto altro profilo, dalla lettura del comma, sembra indubbio che l’obbligo di integrare la documentazione con il piano genitoriale, nel momento del deposito dell’atto introduttivo, sia previsto nei soli casi di giudizio contenzioso. Diversamente opinando, si dovrebbe intendere che vi sia un onere di allegazione del piano genitoriale anche quanto le clausole sulla modalità di affidamento siano già contenute nell’accordo consensuale o congiunto solo in funzione di un eventuale controllo giurisdizionale, con un’inutile duplicazione di attività.

Se la prima delle due tesi fosse corretta, allora, l’impegno alla stesura di un piano genitoriale da sottoporre al giudice deve, necessariamente, partire dalla conoscenza della materia da parte di un difensore che sia specializzato, e che abbia costruito la propria abilità nella redazione del piano, più sull’acquisizione delle tante narrazioni familiari (unilaterali) e sulla capacità di ascolto del singolo cliente, che non sulle norme.

Il giudice della riforma accorda, quindi, fiducia all’avvocato e si basa solo sui dati di fatto che questi ottiene dal colloquio con uno dei due genitori e, non va trascurato, sempre nel rispetto del mandato e delle precise indicazioni del cliente.

Per la stesura del piano genitoriale è necessario riprodurre, per iscritto, ancorché pregressa, una comunanza di intenti che sia lo specchio delle dinamiche della vita familiare pre-conflitto, pre-disgregazione ovvero dopo la crisi c’è bisogno, comunque, di rimodulare il progetto?

L’allerta sull’incapacità del genitore nel recepire le aspirazioni e le esigenze del figlio, che sono senz’altro alla base del piano genitoriale, lanciata da psicologi, periti e giudici, si basa sul fatto che la conflittualità esercita sul figlio uno stress che solitamente i genitori non sono in grado di gestire, perché troppo presi dalla loro lite, per condividere con empatia un eventuale disagio. La reazione del figlio di fronte alla separazione può implicare che gli equilibri familiari vengano fortemente condizionati a seconda dei rapporti di forza e dalle alleanze dei figli con un genitore, oppure da un “conflitto di lealtà” nei confronti dei due genitori20.

Poiché, sembra che il deposito debba essere effettuato, separatamente, da parte di entrambi i genitori, con due prospettazioni slegate tra loro, è possibile che si palesino contraddizioni e contrasti sulla diversa percezione personale vissuta nell’ambito della famiglia e sulle eventuali aspettative educative e di crescita per la prole. È, comunque, presente il rischio che il piano genitoriale descriva un desiderio utilitaristico o proiettivo del genitore il quale non riferisce solo i dati fattuali dell’attività quotidiana del figlio, ma anche, con un po’ di individualismo, qual è la migliore scelta di vita per sé.

Ad alimentare la verosimile genericità del piano si veda, inoltre, come il compito del genitore (rectius del difensore) sia quello di illustrare “gli impegni e le attività quotidiane dei minori, relativamente alla scuola, al percorso educativo, alle eventuali attività extrascolastiche, sportive, culturali e ricreative, alle frequentazioni parentali e amicali, ai luoghi abitualmente frequentati, alle vacanze normalmente godute”. Tale locuzione che include aggettivi, quali eventuale, abituale, normale, e profila i dubbi sull’incertezza e la casualità degli avvenimenti futuri21 non tiene conto, inevitabilmente, del probabile ridimensionamento patrimoniale della famiglia disgregata, di contro mette in luce la sperequazione economica tra il genitore che, per esempio, può continuare ad effettuare dei viaggi nei periodi di vacanza e quello che non sarà più in condizione di permetterseli.

Se, poi, le elencazioni e le specificazioni contenute nel piano genitoriale riflettano, in qualche misura, un’esigenza di accertamento da parte del giudice sulla consistenza del tenore di vita allora si dovrà consentire alle parti, in corso di causa, di poter integrare l’inventario sulla vita personale, scolastica e amicale del minore con la introduzione di quei dati aggiuntivi, imprevedibili in precedenza, che riempiano di senso compiuto quegli aggettivi affetti da genericità.

Nell’ambito della generica previsione per il futuro del piano genitoriale, il difensore, lavorando di fioretto, dovrà comprendere se sia opportuno inserire, anche, le eventuali aspirazioni che i genitori nutrono nei confronti dei figli.

In tale spazio di programmazione predefinita, ancorché ipotetica, sembra trovare ingresso anche quella eventuale opzione sulle attività successive che il figlio potrebbe svolgere, ma che è ancora non effettua, in attesa del potenziale consenso del genitore che, dopo la separazione, continuerà ad esercitare la responsabilità sui figli e quindi a condividerne le scelte.



Così come si dovrà tenere conto, si ribadisce, della difficoltà, con la divisione patrimoniale del nucleo familiare, di poter normalmente continuare a trascorrere le vacanze col genitore meno abbiente.

Lo stesso dicasi per l’elenco delle frequentazioni parentali ed amicali, collocate in uno schema che, normalmente, nella vita delle famiglie ha l’essenza della fluidità.

Tornando sul tema della indisponibilità dei diritti, il co. 23 lett. f) prevede che i genitori possano esercitare una facoltà di allegazione probatoria (infatti, nulla esclude che il piano genitoriale sia corredato da documentazione su questioni che potrebbero essere legate alla privacy della vita del figlio o a resoconti quotidiani che questi potrebbe percepire come violativi della sua riservatezza), oltre che di formulare dichiarazioni personali.

La questione che si pone è, poiché nel diritto minorile non si applica il principio per cui la prova si forma “sui fatti non specificatamente contestati dalle parti”22, come su evidenziato, allora, quale margine di intervento ex officio vi sia da parte del giudice, qualora i genitori non abbiano volontariamente e consapevolmente comunicato elementi utili alla decisone?

In altri termini, ci si chiede se il giudice possa procedere ad un’attività di indagine più approfondita sulla vita del minore o se si debba attenere ad una scelta genitoriale sulla base di due piani genitoriali omogenei e condivisi ma che presentino lacunosità e genericità.

Su questo ultimo aspetto, la norma prevede che il piano genitoriale possa essere disposto dal giudice già con l’emanazione dei provvedimenti temporanei ed urgenti e che il mancato rispetto da parte dei genitori configuri comportamento sanzionabile ai sensi dell’art. 709-ter c.p.c.

Sempre sotto questo aspetto, che appare anche qui eccessivamente sanzionatorio, si segnala il disposto della lett. g) art. 1 co. 23, per cui “Il giudice indica quali sono le informazioni che ciascun genitore deve obbligatoriamente comunicare all’altro”, probabilmente, anche a discapito di una espressa richiesta di riservatezza da parte di un figlio adolescente o che sia alle soglie della maggiore età.

In qualche modo precursori di questa previsione della novella si inseriscono alcuni protocolli siglati nei tribunali di merito per consentire un puntuale rispetto della quotidianità della prole23.

In conclusione, sottoporre la famiglia disunita ad un costante e, spesso, (s)valutativo controllo giurisdizionale anche all’interno di dinamiche che presentino momenti di intimità di vita, quali quelle legate alla quotidianità, “un piano genitoriale che illustri gli impegni e le attività quotidiane dei minori”, significa allontanare il nucleo dal percorso così caldeggiato dal nuovo legislatore in termini di incentivo alla autodeterminazione del minore e al possibile impegno mediativo dei suoi genitori.

NOTE

1 A. FAsANO, s. MATONE, I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, 29.

2 M.A. CANEsTRINO, “Il Regolamento (CE) n. 2201/2003 definisce la responsabilità genitoriale come l’insieme di diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni di un minore. Il termine comprende il diritto di affidamento e il diritto di visita. La Convenzione di New York sui diritti dei fanciulli del 20 novembre 1989 ove all’art. 18 descrive una responsabilità comune dei genitori nell’allevare il fanciullo e di provvedere al suo sviluppo. La responsabilità genitoriale si esprime dunque attraverso una serie di diritti e di doveri che gravano su entrambi i genitori. Il suo esercizio invece è strettamente collegato con il riconoscimento formale dello status di genitore, connesso con l’accertamento giuridico della filiazione nei modi previsti dalla legge. La responsabilità genitoriale a seguito dell’art. 316 c.c., così come modificato dal d.lgs. n. 154/2013, viene esercitata di comune accordo, a prescindere dalla sussistenza o meno di un vincolo matrimoniale e anche in caso di separazione, divorzio, annullamento o nullità del matrimonio a meno che non intervengano provvedimenti limitativi della stessa (art. 317 c.c.)”, in https://www.diritto.it/la-responsabilita-genito- riale-e-il-mantenimento-dei-figli-ex-art-316-bis/di, 16 aprile 2020.

3 Corte cost., 27 marzo 1992, n. 132, “La potestà dei genitori nei confronti del bambino è, infatti, riconosciuta dall’art. 30, primo e secondo comma, della Costitu- zione non come loro libertà personale, ma come diritto-dovere che trova nell’interesse del figlio la sua funzione ed il suo limite. E la Costituzione ha rovesciato le concezioni che assoggettavano i figli ad un potere assoluto ed incontrollato, affermando il diritto del minore ad un pieno sviluppo della sua personalità e collegando funzionalmente a tale interesse i doveri che ineriscono, prima ancora dei diritti, all’esercizio della potestà genitoriale. È appunto questo il fondamento costituzionale degli artt. 330 e 333 cod. civ., che consentono al giudice – allorquando i genitori, venendo meno ai loro obblighi, pregiudicano beni fondamentali del minore, quali la salute e l’istruzione – di intervenire affinché a tali obblighi si provveda in sostituzione di chi non adempie”, in Giust. civ., 1992, I, 1670.

4 A. FAsANO, s. MATONE, op. cit., 27.

5 In https://l-jus.it/diritti-e-interessi-del-minore/.

6 Legge 27 maggio 1991 n. 176, Ratifica ed esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo.

7 Cass. civ., sez. I, 10 dicembre 2018, n. 31902, “In tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa la capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base a elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedente- mente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità a un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione e istruzione”, in Guida al diritto, 2019, 17, 54.

8 Cass. civ., sez. un., 29 luglio 2021, n. 21761, che ha stabilito che ha natura dichiarativa l’accordo di trasferimento tra i coniugi i figli, di diritti reali immobiliari, redatto dagli avvocati, quindi è trascrivibile, in Dir. Fam. Pers., 2021, 4, I, 1590; d.l. 12 settembre 2014, n. 132, art. 6 Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio, e loro modifica, e di alimenti.

9 Cass. civ., sez. VI, 11 gennaio 2022, n. 663, in https://dejure.it/#/ricerca/ giurisprudenza

10 Cass. civ., sez. VI, 24 luglio 2018, n. 19540, in Giust. Civ. Mass., 2018.

11 G. dOsI, Diritti disponibili e indisponibili, in https://www.lessicodidirittodifa- miglia.com.

12 Trib. Varese, ord., 27 novembre 2009, “Principio della non contestazione” e limiti di applicazione nei processi sui diritti indisponibili (nota di A. CARRATTA), in Fam e dir., 2010, 6, 572

13 Cass. civ., sez. I, 17 maggio 2012, n. 7773, in Guida dir., 2013, 1, 63.

14 Legge n. 54/2006, In tema di separazione dei coniugi e provvedimento con riguardo ai figli, l’affidamento condiviso presuppone un comune impegno progettuale in ordine alle scelte relative alla vita della prole nonché in ordine alla cura della prole medesima nell’ambito della gestione dei vari incombenti della vita quotidiana.

15 Cass. civ., sez. VI, ord., 22 luglio 2019, n. 19696, Tuttavia anche in questa ipotesi vanno valutati una serie di fattori quali la distanza temporale dal com- pletamento della formazione, l’età raggiunta, ovvero gli altri fattori e circostanze che incidano comunque sul tenore di vita del figlio maggiorenne e che di fatto lo rendano non più dipendente dal contributo proveniente dai genitori. Inoltre l’ingresso effettivo nel mondo del lavoro con la percezione di una retribuzione sia pure modesta ma che prelude a una successiva spendita dalla capacità lavo- rativa a rendimenti crescenti segna la fine dell’obbligo di contribuzione da parte del genitore e la successiva l’eventuale perdita dell’occupazione o il negativo andamento della stessa non comporta la reviviscenza dell’obbligo del genitore al mantenimento in Dir. & Giust., 2019, 23 luglio.

16 Cass. civ., sez. I, 23 luglio 2020, n. 15774. A fornire questa precisazione è la Cassazione per la quale, dunque, per i figli resiste il principio del tenore di vita goduto nel corso del matrimonio dei genitori. Nel caso di specie, è stata ritenuta giustificata la richiesta di tremila euro al mese per il figlio sedicenne abituato ad una vita agiata, in Guida dir., 2020, 34-35, 38.

17 Cass. civ. sez. I, 11 novembre 2021, n. 33606, in https://dejure.it/#/ricerca/ giurisprudenza.

18 Cass. civ., sez. un., 29 luglio 2021, n. 21761 in Dir. Fam. Pers., (Il) 2021, 4, I, 1590.

19 Trib. Reggio Emilia, 26 marzo 2007, “‘Condizioni della separazione’ non sono soltanto quelle ‘regole di condotta’ destinate a scandire il ritmo delle reciproche relazioni per il periodo successivo alla separazione o al divorzio, bensì anche tutte quelle pattuizioni alla cui conclusione i coniugi intendono comunque ancorare la loro disponibilità per una definizione consensuale della crisi coniugale. Sotto il profilo causale, dunque, i contratti della crisi coniugale (e, segnatamente, i negozi traslativi di diritti tra coniugi in crisi) si caratterizzano per la presenza della causa tipica di definizione della crisi stessa. Con la trascrizione nei registri immobiliari ex art. 2645-ter c.c. (sulle modalità con cui eseguire la formalità si richiama la circolare dell’Agenzia del territo- rio n. 5 del 7 agosto 2006), il vincolo di destinazione risulta opponibile ‘erga omnes’, offrendo così ai minori una significativa tutela, sia con riguardo ai frutti dei beni (da destinare al mantenimento), sia con riguardo all’inalienabilità”, in Guida dir., 2007, 18, 58 con nota di A. TONELLI.

20 Trib. Milano sez. IX, ord., 23 marzo 2016.

21 L’eventualità è ciò che può ugualmente verificarsi o non verificarsi, a se- conda delle situazioni e delle circostanze, l’abitualità ha una dimensione spazio- temporale che tende a cambiare in ragione dell’età della prole e così, in ultimo, la normalità delle vacanze godute, quasi un alter ego sulla prova del tenore di vita passato e anche futuro.

22 Infra, § 2.

23https://www.tribunale.brindisi.giustizia.it/FileTribunali/17/Sito/News/Linee%20guida%20famiglia%20II%20parte%20maggio%202021.pdf.