inserisci una o più parole da cercare nel sito
ricerca avanzata - azzera

Il procedimento speciale di convalida delle misure della pubblica autorità a favore dei minori ex art. 403 c.c.

autore: M. Labriola

SOMMARIO: 1. L’intervento della p.a. negli allontanamenti del minore di età. - 2. La prassi giurisprudenziale. - 3. Il ruolo degli enti locali e la l. 29 luglio 2020 n. 107. - 4. La legge Delega: misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie, la novella dell’art. 403 c.c.



1. L’intervento della p.a. negli allontanamenti del minore di età



Nella disciplina minorile è presente una disposizione normativa in cui la partecipazione del minore nel processo è posticipata: quando il giudizio di merito è successivo al provvedimento esecutivo. Si tratta dell’intervento della pubblica autorità, previsto dall’art. 403 c.c., in materia di esecuzione coattiva nella famiglia1.

Questo articolo del codice civile presenta aspetti di imprescindibile complementarità tra la fase esecutiva e quella cognitiva. Di conseguenza, la disciplina del procedimento speciale di convalida delle misure attuate dalla pubblica autorità, a favore dei minori di età, contiene, al suo interno, aspetti di diritto sostanziale e di diritto processuale intrinsecamente legati tra loro. In dottrina si è parlato di un continuum tra fase esecutiva e fase di merito2 ma anche di continua interazione tra esecuzione e cognizione3.

Sino ad oggi si è assistito ad un ampio potere ufficioso del giudice nei giudizi minorili con l’evidente restringimento dei diritti costituzionali di difesa e di contraddittorio, ma anche ad una dilatazione dei tempi di definizione del processo, con un’intuibile disattenzione per la stabilità degli interventi a tutela del fanciullo.

Il Governo, con la legge delega, ha tentato di porre rimedio ad un obsoleto quadro normativo.

La modifica realizzata con il recente intervento legislativo è dovuta all’esigenza di intervenire in un ambito in cui l’inadeguatezza del sistema degli interventi coercitivi in sede minorile ha prodotto conseguenze negative, così come segnalato dalla giurisprudenza, non solo in ambito nazionale, ma anche transnazionale4. Sull’allontanamento e sul “collocamento in un luogo sicuro” permane, tuttavia, anche nella riforma, lo stesso impianto che, in prima istanza, prevede che il minore venga tolto da una situazione socio-familiare negativa per evitargli un pericolo o per tenerlo lontano affettivamente da adulti inadeguati, poi stabilisce che il tribunale indaghi sulle condizioni di pregiudizio per ratificare o meno l’opportunità della scelta già effettuata in fase esecutiva.

Dall’esame dell’art. 403 c.c., emerge il suo permanere nella rubrica del Titolo XI del codice civile Dell’affiliazione e dell’affidamento, attesa sia l’inutilità e la disapplicazione degli artt. 401 e 402 c.c. sia l’abrogazione dell’art. 400 c.c., dopo l’introduzione della l. 184/19835.

La Corte di Cassazione6, sul punto, è intervenuta argomentando che l’art. 403 c.c. non può ritenersi abrogato implicitamente dagli art. 2 e 4 della l. 184/1983, poiché attiene ad interventi urgenti da assumere nella fase anteriore all’affidamento familiare, ma deve essere letto in combinato disposto con l’art. 9 della medesima legge, il quale fa obbligo alla pubblica autorità che, giunta a conoscenza della situazione di abbandono, la segnali al Tribunale per i Minorenni. La riforma, tuttavia, non ha agito in modo sistematico sugli articoli non più attuali ed ha mantenuto una disomogeneità nella complessa disciplina degli interventi della pubblica autorità in favore dei minori.

Sembra, quasi, che il legislatore, ancora una volta, abbia incontrato delle difficoltà nel procedere alla revisione delle procedure cautelari di prevenzione a tutela del minore che intervengono d’urgenza e, talvolta, con improvvida frettolosità ed intuibili rischi, prima delle garanzie offerte dall’attività giurisdizionale.

La previsione contenuta nel precedente testo dell’art. 403

c.c. aveva come unico presupposto, quale condizione di procedibilità, l’urgente necessità di provvedere ed il relativo provvedimento era caratterizzato da provvisorietà la cui validità, senza indicazioni temporali, si dilatava eccessivamente, comunque, sino a quando la competente autorità non avesse emesso il decreto definitivo. Il reale cambio di passo agito con la attuale modifica legislativa riguarda gli aspetti che hanno rappresentato sino ad oggi le maggiori criticità: i tempi della decisione di convalida, l’obbligo di motivazione dei provvedimenti assunti in via esecutiva e la rappresentanza del minore di età con la nomina di un suo curatore speciale.

L’iniziativa e l’attuazione di un allontanamento non è in dubbio che spetti ai servizi sociali locali o alle autorità di pubblica sicurezza, Polizia e Carabinieri, con esclusione del Pubblico ministero minorile (c.d. Pmm).

Nel tempo, si è, altresì, ipotizzato che l’intervento attuativo dell’ordine di allontanamento potesse essere esteso anche al sindaco, all’assessore alle politiche sociali, al prefetto e al questore, ma anche alla ASL (in ragione del combinato disposto degli artt. 403 c.c. e 23 lett. c) d.P.R. 616/1977)7.

Il Pubblico ministero minorile, in qualità di parte del processo, interviene solo a seguito dell’esecuzione già effettuata, ai sensi dell’art. 9 co. 1 l. 184/1983, come già evidenziato. A tale conclusione, come si vedrà in seguito, si è, altresì, attestata l’ultima formulazione dell’art. 403 c.c. oggetto di questo studio. Nel nuovo testo, infatti, è stata confermata la previsione della apertura del procedimento su impulso del Pubblico ministero minorile, nei casi di pregiudizio del minore, atteso che il legislatore si è certamente ispirato al tenore letterale dell’art. 10 co. 1 della l. 184/1983 che prevede che il Tribunale per i Minorenni riceva “il ricorso del Procuratore presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni”8.

È intuibile quale sia la portata pratica di tale orientamento, considerato che solo i servizi sociali, gli enti territoriali e gli altri soggetti incaricati dell’esecuzione del provvedimento – forza pubblica – sono in grado di avere una mappatura in zona delle strutture idonee all’accoglienza, onde procedere alla ricerca della più adeguata messa in sicurezza del minore. Quindi, l’intervento della pubblica autorità in favore del minore viene attuato a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, con la sistemazione del minore in un luogo sicuro fino a quando

non si provveda, in modo definitivo, alla sua protezione.

Perdura, però, una lacuna significativa sotto il profilo delle garanzie, in ragione dell’assenza, per tale minore che subisce un intervento forzato, di una rappresentanza giuridica nella fase amministrativa pregiurisdizionale. In questo delicato momento non viene ancora nominato il curatore speciale né un tutore provvisorio e i genitori subiscono di fatto, ancorché in via solo anticipata, una limitazione della responsabilità genitoriale. A tali tematiche, come si evidenzierà nel corso del presente studio, la legge delega ha cercato di trovare soluzione.

La riforma, infatti, ha esteso anche all’istituto previsto dall’art. 403 c.c. l’obbligatorietà della nomina del curatore speciale.

Sino all’introduzione della attuale modifica normativa, vi è stata una palese tendenza a sottostimare l’importanza, ai fini del principio del perfezionamento del contraddittorio, dell’accesso immeditato da parte dei genitori alle informazioni relative alle disposizioni emesse a tutela del minore prima della eventuale convalida9.

Inoltre, benché la riforma si sia preoccupata di intervenire sulle lungaggini processuali dannose per il minore, viene ancora parzialmente a galla un ulteriore vuoto, nel senso che sarebbe stato opportuno che il legislatore avesse riconosciuto un ordine di priorità al ruolo peculiare che può avere il contesto parentale allargato del minore in questa fase prodromica di separazione dai genitori, così come previsto dalle norme sull’adozione e, di recente, dalla legislazione a tutela degli orfani dei crimini domestici (denominati orfani speciali)10.



2. La prassi giurisprudenziale



A riprova della importanza del supporto della rete parentale allargata, cui si è accennato nel paragrafo precedente, il Tribunale per i Minorenni di Bari11 ha all’attivo un’esperienza di allontanamento attuata nel rispetto dell’interesse del minore, attraverso un significativo contenimento del trauma. È la vicenda relativa ad un accesso presso la residenza del minore, da parte della polizia giudiziaria per la notifica di un provvedimento restrittivo della libertà nei confronti del padre, durante il quale le Forze dell’Ordine si sono trovate di fronte ad una situazione di gravissimo disagio ed incuria cui era esposto un ragazzino poco più che adolescente. La scelta circa il collocamento, ai sensi dell’art. 403 c.c., è caduta sulla abitazione della zia materna, col temporaneo affidamento alla stessa. Il provvedimento di convalida ha confermato tale provvedimento esecutivo.

Tuttavia, non sempre i casi di allontanamento da parte della p.a. hanno registrato appropriati interventi, come nel caso portato all’attenzione della Corte d’Appello di Caltanisetta12 da parte di una madre che ha lamentato di aver subito una restrizione della responsabilità genitoriale – disposta a seguito di una separazione dai figli attuata con le modalità previste dall’art. 403 c.c. – senza alcun approfondimento istruttorio da parte del Tribunale per i minorenni. Inoltre, la reclamante ha eccepito l’assenza, nel provvedimento reclamato, di alcun limite temporale di efficacia dell’allontanamento.

Ancora, l’inadeguatezza, perché scarsamente motivata, di un provvedimento amministrativo con cui i servizi sociali, in via provvisoria e urgente, hanno allontanato dall’abitazione familiare un minore (ex art. 403 c.c.) ha indotto il Tribunale di Bologna13 a non ratificare l’operato dei servizi e ad ordinare il ricollocamento immediato del minore stesso nel proprio nucleo familiare d’origine.

In un’altra interessante pronuncia, il Tribunale per i minorenni emiliano ha operato una scelta di continuità affettiva con gli affidatari temporanei della minore che, allontanata dalla propria famiglia su segnalazione del servizio sociale, vi è rientrata poiché non fondati i paventati sospetti di pregiudizio. In questo provvedimento è stato accertato l’interesse della bambina a mantenere le positive relazioni socioaffettive consolidate durante l’affidamento a terzi, con la prescrizione ai genitori biologici di garantire la frequentazione con le persone presso le quali era stata collocata dai servizi sociali14. Non va, nondimeno, sottovalutata la mera natura intermedia che riveste l’art. 403 c.c. che, essendo “strumentale a consentire all’autorità giudiziaria di provvedere in modo definitivo ai sensi degli artt. 330, 333, 336 c.c. oppure nei termini di cui alla legge adozioni”, è destinato ad essere “‘assorbito’ in toto dalle successive determinazioni del Giudice competente”15. Per tale ragione le eventuali doglianze contro l’esecuzione coattiva, successive all’intervento giurisdizionale, saranno superate dal provvedimento di cognizione di convalida.

In ultimo, non si può non evidenziare come gli interventi di pressione sulla opinione pubblica, purtroppo, corrano il rischio di esitare nelle scelte giurisdizionali in un coinvolgimento emotivo.



3. Il ruolo degli enti locali e la l. 29 luglio 2020, n. 107



Come sin qui sostenuto, il ruolo degli enti locali riveste giuridicamente un’importanza fondamentale nell’attuazione delle misure di esecuzione, anche se è ancora assente una disposizione legislativa che ne determini le competenze.

I profili che hanno dato adito ad accresciuti dubbi sulla liceità di alcune modalità di compimento dei distacchi coattivi del bambino sono quelli relativi alla concreta formazione professionale sia del servizio sociale sia della forza pubblica chiamata in soccorso nei casi particolarmente complessi.

Partendo dal presupposto che “l’allontanamento viene rappresentato come un creare uno strappo, una ferita, una perdita e, quindi, l’intervento dell’operatore sociale è mirato a rendere questo strappo non eccessivamente traumatico”16, anche la capacità di coinvolgimento della famiglia ai fini di un’utile collaborazione coi servizi o una adeguata informazione fornita circa la futura e temporanea condizione del collocamento del figlio possono garantire una maggiore consapevolezza, se non proprio accettazione, da parte dei genitori.

Un sintomatico stigma sull’attività dei servizi sociali è stato espresso, su quest’ultimo punto, dalla Corte di Strasburgo, nel noto caso Scozzari e Giunta Vs Italia17. Le corti italiane18, in seguito, non sono sembrate meno severe con gli operatori sociali e, atteso che l’art. 1 l. 184/1983 esalta il diritto del minore a crescere nell’ambito della propria famiglia d’origine con la espressa previsione che lo Stato tolga gli ostacoli che impediscono la sua crescita serena, “attraverso la predisposizione di interventi diretti a rimuovere situazioni di difficoltà e di disagio familiare”, hanno invitato il servizio sociale a osservare, secondo legge, il proprio compito, che non è solo quello di rilevare le insufficienze in atto del nucleo familiare, ma, soprattutto, quello di concorrere, con interventi di sostegno, a rimuoverle. Gli Ermellini, in tema di responsabilità dei servizi sociali, si sono pronunciati in termini di risarcimento del danno, stabilendo che per le incompetenze dei Servizi “sussiste la responsabilità civile del Comune, ai sensi dell’art. 2049 c.c., per effetto della condotta colposa dei suoi dipendenti, nell’esercizio

delle loro specifiche incombenze”19.

La Suprema Corte, in parte motiva, non si esime, al contempo, dal valutare le complessità che devono affrontare le istituzioni nei diversi casi a tutela del minore, soprattutto sull’impellente necessità di decisioni assunte ex ante “sulla base di quanto sia possibile conoscere ed accertare a priori […], con la consapevolezza dei danni che potrebbero derivare dal mancato, tempestivo intervento di tutela, ove poi le accuse si rivelino fondate”. La presa in carico di un nucleo familiare, da parte del servizio sociale, può presentare degli aspetti di problematicità, per esempio, nel momento in cui gli operatori tenderanno ad intervenire in maniera normativa in un contesto di tensione; il genitore si potrà sentire tradito e si spezzerà la fidelizzazione necessaria al futuro percorso utile per il rientro del minore in famiglia20.

Di recente, in Italia è stata istituita una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare che accolgono minori21. Gli elementi maggiormente significativi della legge sono rappresentati dalla necessità di completare a breve un’analisi sugli affidi attualmente in atto, sulle condizioni delle comunità di accoglienza, sulla effettiva temporaneità dell’affidamento a terzi, sul numero dei provvedimenti emessi dai Tribunali per i minorenni, ai sensi degli artt. 330, 332 e 333 c.c. e dell’art. 38 disp. att. c. c. e disposizioni transitorie, sul ruolo dei servizi sociali nel processo, sull’utilizzo delle risorse pubbliche e private destinate alle comunità di tipo familiare che accolgono minori e sulla congruità dei costi, anche con riferimento alle differenze di carattere territoriale. Inoltre, la Commissione dovrà verificare l’aderenza delle norme interne all’effettiva tutela del minore e la adeguatezza delle motivazioni inserite nei provvedimenti di allontanamento in base alle quali “non si ritiene possibile la permanenza nel nucleo familiare originario e le ragioni per le quali non sia possibile procedere ad un affidamento ad una famiglia”.

A questa importante azione di indagine si è certamente ispirato il Governo con la legge delega, che ha imposto un obbligo di motivazione sia alla pubblica autorità sia al magistrato.



4. La legge delega, Misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata



La prima proposta di modifica, dell’art. 403 c.c., ha visto la luce solo nel 201722, l’esigenza prioritaria era quella di verificare sia lo stato di abbandono, e l’esposizione del minore al grave pericolo a causa delle condizioni in cui era allevato, sia la fattibilità del collocamento preferenziale presso parenti entro il quarto grado.

Nella proposta di legge, la formulazione lessicale23, ma anche contenutistica, cambiava rispetto al vecchio enunciato dell’art. 403 c.c. per lasciare spazio ad un nuovo paradigma che era il risultato delle lunghe riflessioni dottrinarie e giurisprudenziali sul tema dell’interesse del minore.

Tale proposta è rimasta silente sino all’attuale legislatura. Nel marzo del 2021, la Ministra della Giustizia ha istitui-

to una Commissione di studio sulle proposte in materia di procedimenti di famiglia e di riforma ordinamentale, presieduta dal prof. Francesco Paolo Luiso, che ha avuto il merito di accendere i riflettori sul diritto delle persone focalizzando l’attenzione anche sui procedimenti di convalida a seguito dell’allontanamento del minore dalla propria famiglia “al fine di recepire e diffondere nell’intero territorio nazionale alcune indicazioni provenienti dal diritto vivente”24.

La previsione della necessarietà dell’unificazione dei riti in materia familiare ha rappresentato l’apriori da cui lo studio della Commissione ha preso le mosse, apparendo di immediata urgenza la riforma dell’articolo 38 disp. att. c.c. che disciplina il riparto di competenze tra Tribunale per i minorenni e Tribunale ordinario nei procedimenti a tutela dei minori. La Commissione ha proposto di mantenere una competenza del Tribunale per i minorenni sulle questioni de potestate – sino al momento, non molto lontano, della introduzione del Tribunale per le persone per i minorenni e per le famiglie – disponendo che, in caso di pendenza di giudizi già intrapresi presso il Tribunale ordinario, il Tribunale per i minorenni debba dichiararsi incompetente, anche nel caso in cui il ricorso sia stato introdotto dal Pubblico ministero minorile, con la conseguente trasmissione diretta degli atti al Tribunale ordinario. Nella relazione si legge, inoltre, che “la trasmissione diretta degli atti tra autorità giudiziarie viene disposta, aderendo a consolidato orientamento dei giudici di legittimità25 e di merito”. A questo principio la legge delega si è adeguata.

Per quanto riguarda l’argomento del presente capitolo, la relazione degli esperti ha ravvisato la massima urgenza nell’introdurre un procedimento che disciplinasse le misure di protezione a tutela dei minori, ex art. 403 c.c.

Tuttavia, il legislatore della riforma si è parzialmente discostato da alcune delle indicazioni fornite dalla Commissione Luiso, lasciando aperti ancora taluni temi

La legge delega consta di un articolo con 44 commi.

La modifica dell’art. 403 c.c. è inserita nel co. 27 e permane la peculiarità di una prodromica anticipazione stragiudiziale nell’attuazione dell’esecuzione, demandata alla pubblica autorità, rispetto alla successiva fase giurisdizionale di convalida. Quindi, solo con il sopraggiungere della relazione motivata dei servizi sociali o delle forze dell’ordine si perfeziona il momento di intervento dell’autorità giudiziaria26.

Il Governo ha condiviso molti dei rilievi espressi nella Relazione della Commissione del prof. Luiso e, ridelineando l’esigenza di eliminare lo stigma precedentemente impresso sul genitore negligente, immorale ed ignorante, se ne discosta parzialmente con l’aggiunta, al punto a) del co. 27, delle ulteriori parole: “quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato o si trova esposto, nell’ambiente familiare, a grave pregiudizio e pericolo per la sua incolumità psico-fisica e per la sua crescita”.

Appare, quindi, significativo il passaggio da una generica responsabilità delle persone presso cui il minore è allevato ad una più ristretta responsabilità dell’ambiente familiare.

Probabilmente, in questo indicativo cambio di lessico ha inciso l’immagine di un giudice come “gestore di un progetto di crescita”27 del minore e non più come un deus ex machina sanzionatorio e prescrittivo nei confronti della famiglia.

Sulle questioni procedurali la legge delega rafforza, come previsto dalla Commissione, l’obbligatorietà che la p.a. versi in atti “ogni documentazione utile e sintetica relazione” che esponga i motivi dell’intervento a tutela del minore.

Sulla competenza di questi ultimi, tuttavia, nella riforma vi è una evidente lacuna, cioè l’obbligo alla formazione, per favorire una concreta conoscenza circa la salvaguardia emergenziale del minore ma anche la previsione di una rete di uffici multilivelli deputati alla tutela delle fragilità.

In coerenza con quanto previsto dalla Commissione Luiso, l’attuazione di un provvedimento urgente a tutela del minore è comunicata dalla pubblica autorità che lo ha adottato, entro ventiquattro ore successive al Pubblico ministero presso il Tribunale per i minorenni nella cui circoscrizione il minore ha la sua residenza abituale. Il Pubblico ministero, se non dispone la revoca del collocamento, inoltra, entro le settantadue ore dalla ricezione del provvedimento, ricorso per la convalida al Tribunale per i minorenni.

Tuttavia, la riduzione temporale dell’attività del Pubblico ministero minorile, rispetto all’ipotesi della Commissione Luiso, lascia aperti alcuni interrogativi sulla eccessiva esiguità dei tempi di indagine, circostanza che potrebbe indurre il procuratore a sollecitare l’avvio di un giudizio anche in presenza di meri dubbi sul pregiudizio.

Inoltre, la riforma, discostandosi dai suggerimenti contenuti nella Relazione Luiso, ha individuato un ampliamento dei compiti del Pubblico ministero minorile, che può assumere sommarie informazioni e richiedere al Tribunale limitazioni della responsabilità genitoriale ai sensi dell’art. 330 e ss. c.c.

Il legislatore ha, quindi, esplicitamente confermato, riconoscendola, quella funzione fondamentale del Pubblico ministero minorile su cui Proto Pisani28, in passato, ha sollecitato una sorta di “rivitalizzazione” quale trait d’union tra i servizi sociali e il Tribunale, rafforzando il principio in base al quale l’impulso processuale così come l’attività dispositiva sulle indagini, nei giudizi de potestate, rispetta il criterio della domanda e non attribuisce al “giudice poteri inquisitori contra legem” concretizzandosi “un ampliamento delle ipotesi, già previste per legge, di legittimazione ad agire”29.

Pertanto, a seguito del ricorso del Pubblico ministero minorile, il Tribunale per i minorenni, entro le successive quarantott’ore, provvede con decreto del presidente o del giudice delegato, a nominare un curatore speciale per il minore ed un giudice relatore, con la fissazione di un’udienza di comparizione nel termine di quindici giorni.

Il Pubblico ministero provvede, avvalendosi, ove necessario, della Polizia Giudiziaria, alla immediata notificazione del ricorso e del decreto agli esercenti la responsabilità genitoriale e al curatore speciale.

La portata innovativa della obbligatorietà della nomina del curatore speciale nei giudizi ex art. 403 c.c. si deve al dibattito dottrinario che ha sottolineato come, per un maggiore garantismo all’interno dei giudizi camerali propri del diritto minorile, non ottenendosi risposte dal legislatore, la soluzione da offrire è stata quella di una interpretazione costituzionalmente orientata ai principî di difesa, di contraddittorio e delle prove30.

Ancora, all’udienza di comparizione delle parti è fatto obbligo al giudice di ascoltare il minore, anche avvalendosi della collaborazione di esperti. In tal senso, la legge delega ha tenuto conto del dettato normativo, ormai imprescindibile, dell’art. 336 c.c., riformulato più volte nel corso di questi anni31, che obbliga sia all’ascolto del minore che abbia compiuto i dodici anni sia all’audizione del genitore interessato e che prescrive, inoltre, la difesa tecnica per questi soggetti.

In ultimo, il decreto di convalida, deciso in composizione collegiale, deve essere pronunciato nei successivi quindici giorni: il provvedimento conterrà la conferma, la modifica o la revoca, e può, altresì, includere le disposizioni de potestate richieste.

Avverso il decreto collegiale è ammesso reclamo, ai sensi dell’art, 739 c.p.c., alla Corte d’appello nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del decreto, da parte del Pubblico ministero minorile, degli esercenti la responsabilità genitoriale e del curatore speciale, il giudice del reclamo decide entro sessanta giorni dal deposito del reclamo.

L’omessa trasmissione del provvedimento da parte della pubblica autorità che lo ha emesso o da parte del pubblico ministero e la mancata pronuncia del decreto di convalida e del successivo decreto collegiale da parte del Tribunale per i minorenni nei termini indicati determinano la perdita di efficacia dello stesso. Viene, nondimeno, mantenuta la possibilità, ex officio, per il Tribunale di intervenire, con l’emissione di ulteriori provvedimenti, nell’interesse del minore.

Una clausola di chiusura che, probabilmente, avrebbe dovuto rappresentare l’incipit dell’art. 1 co. 27 della legge delega, suggerisce come l’affidamento alle comunità di tipo familiare debba avere una natura residuale “in ragione della accertata esclusione di soluzioni alternative”.

L’elocuzione “soluzioni alternative” è formulata in modo molto generico e mostra come il legislatore della riforma non abbia inteso avvalersi dei percorsi che le normative precedenti avevano già intrapreso e che avevano sottolineato, nell’interesse del minore, la continuità affettiva, attraverso l’obbligo di una preventiva verifica, da parte della p.a. e dei Tribunali, della disponibilità di parenti prossimi cui affidare il minore in via assolutamente prioritaria.

NOTE

1 Anche nell’ipotesi delle norme sugli ordini di protezione – artt. 342-bis e 342-ter c.c. e 736-bis c.p.c., come introdotti nel codice civile e nel codice di procedura civile dalla l. 154/01 e come modificati dalla l. 304/03 – vi è sempre una fase giurisdizionale che anticipa l’esecuzione, benché, tra le due fattispecie cautelari, il filo conduttore sia sempre la celerità dell’intervento e l’urgenza.

2 P. SChLESINGER, Relazione introduttiva agli Atti del Seminario Milano, 30 settembre 2000, Le modalità di attuazione dell’obbligo di consegna dei minori: un discorso interdisciplinare in cammino, Milano, 2001, il quale sostiene che i provvedimenti relativi ai minori presentano, tra fase dichiarativa e fase attuativa, piuttosto un continuum, che non tagli e contrapposizioni nette.

3 C. CECChELLA, Diritto e processo nelle controversie familiari e minorili, Bologna, 2018, 416.

4 Si veda Corte EDU, Sez. G.C., 13 luglio 2000, n. 39221/98, Scozzari e Giunta c. Italia, in Fam. dir., 2001, 5, nota di A. SONAGLIONI; N. PASChETTI, Scarsa vigilanza del Tribunale per i minorenni sull’operato dei servizi sociali e sui soggetti affidatari: severa condanna della Corte di Strasburgo; Corte EDU, Sez. I, sent., 9 maggio 2003 n. 52763/99, Covezzi e Morselli c. Italia, in https://iris.unito.it/, consultato 19 ottobre 2021; nel caso di specie, ancorché la Corte abbia ritenuto legittimo l’allontanamento dei minori, ha ritenuto, altresì, che i tempi di distacco tra i genitori e i figli siano stati eccessivi, non essendo stata prevista una ripresa della relazione genitoriale, in violazione dell’art. 8 CEDU.

5 “L’istituto dell’affiliazione è stato abrogato dalla legge sull’adozione (art. 77).

Restano vigenti 400-401 (privi, tuttavia, di autonomo contenuto precettivo), l’art. 402 (riprodotto dall’art. 3 legge sull’adozione) e l’art. 403 (unica norma che conserva un rilievo autonomo). Si ritiene, difatti, in dottrina che anche gli artt. 400 e 401, pur non espressamente abrogati dalla citata legge, debbano implicitamente ritenersi incompatibili con la nuova normativa, rinviando a norme ormai abrogate”, in Codice della Famiglia a cura di F. DI MARzIO, Milano, 2018, 1023-1024.

6 Cass. civ., sez. I, 10 agosto 2007, n. 17648, in Giust. civ. Mass., 2007, 7-8. “L’art. 403 c.c. non può ritenersi abrogato implicitamente dagli art. 2 e 4 della legge n. 184 del 1983, poiché esso attiene ad interventi urgenti da assumere nella fase anteriore all’affidamento familiare, ma va coordinato con l’art. 9 della medesima legge, il quale fa obbligo alla pubblica autorità, che venga a conoscenza della situazione di abbandono, di segnalarla al tribunale per i minorenni”.

7 Art. 23 d.P.R. 1977/616, “Specificazione: Sono comprese nelle funzioni amministrative di cui all’articolo precedente le attività relative: […] c) agli interventi in favore di minorenni soggetti a provvedimenti delle autorità giudiziarie minorili nell’ambito della competenza amministrativa e civile”.

8 La questione relativa alla procedibilità da parte del Pmm ovvero del Tribunale nei casi di abbandono è stata spesso oggetto di dibattito giurisprudenziale, vedi Corte cost., 7 giugno 2013 n. 136, in Giur. cost., 2013, 2102.

9 M. CAVALLO, L’acquisizione del consenso come strategia per superare il “nodo” dell’esecuzione, in Atti del Seminario Milano, 30 settembre 2000, Le modalità di attuazione dell’obbligo di consegna dei minori: un discorso interdisciplinare in cammino, Milano, 2001, 42.

10 Si veda, a tal proposito, la l. 11 gennaio 2018, n. 4, art. 10, che ha modificato l’art. 4 l. 184/83, con l’introduzione dei commi 5-quinquies e sexies, Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici, che ha stabilito che per gli orfani di crimini domestici è necessario che il tribunale, nel collocarli in un luogo sicuro, eseguiti i necessari accertamenti, “debba privilegiare la continuità delle relazioni affettive consolidatesi tra il minore stesso e i parenti fino al terzo grado. Nel caso in cui vi siano fratelli o sorelle, il tribunale provvede assicurando, per quanto possibile, la continuità affettiva tra gli stessi”.

11 Trib. Min. Bari, 13 gennaio 2010, inedito.

12 App. Caltanisetta, decr., 13 aprile 2005 in https://www.personaedanno.it/ articolo/app-caltanissetta-sez-min-13-aprile-2005, consultato il 10 ottobre 2021.

13 Trib. Min. Bologna, 13 gennaio 2011, n. 18 in https://www.laleggepertutti.it/codice-civile/art-403-codice-civile-intervento-della-pubblica-autorita-a-favore-dei-minori, consultato il 12 ottobre 2021.

14 Trib. Bologna, 1° luglio 2020, con nota di R. RUSSO, La salvaguardia della continuità affettiva nell’interesse del minore, in Ilfamiliarista.it, 21 settembre 2020.

15 Trib. Ferrara, 2 dicembre 2020, n. 710, in Red. Giuffrè, 2021.

16 C. TRIONFI, L’esecuzione coattiva dei provvedimenti giudiziari di allontanamento o consegna di un minore, in Minorigiustizia, 1999, 1, 123.

17 Corte EDU., cit., 8; vedi anche A. SONAGLIONI, Monito della Corte di Strasburgo ai tribunali per i minorenni: maggiore vigilanza sul lavoro dei servizi sociali e dei soggetti affidatari, in Minorigiustizia, 2000, 3, 149 ss., è il caso di due bambini, nati nell’89 e nel ’93, nel luglio 1997, venivano collocati in comunità. Il pregiudizio era emerso in quanto la madre aveva affidato il figlio più grande, per alcune ore durante la settimana, ad un educatore che aveva abusato di lui. A causa di tale circostanza, il Tribunale per i minorenni di Firenze aveva disposto l’inserimento dei bambini presso la Comunità “Forteto” gestita da persone che, circa vent’anni prima, avevano subito una condanna penale per pedofilia. La madre aveva intrapreso una lunga ed estenuante battaglia al fine di poter essere reintegrata nella responsabilità genitoriale. Nel tempo, i servizi sociali, con ampia delega ricevuta dal Tribunale per i minorenni, avevano del tutto diradato gli in-contri tra la genitrice e i figli, che si erano rivisti dopo due anni, per due sole volte, nel luglio e nel settembre 1999. Dall’esame delle videoriprese effettuate durante gli incontri, che i servizi sociali avevano descritto come molto negativi per la relazione figli/madre – accusando quest’ultima di anaffettività e minacciosità – la Corte EDU aveva rilevato, invece, la particolare commozione emersa sia da parte della donna sia da parte dei bambini, disapprovando, invero, l’incapacità dei servizi nell’essere accoglienti ed empatici di fronte ad una situazione tanto drammatica. Poiché, i servizi, arbitrariamente, avevano deciso che i rapporti con la madre dovessero essere interrotti, la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per la violazione dell’interruzione dei contatti tra i bambini e i genitori.

18 Cass. civ., sez. I, 29 marzo 2011, n. 7115, in ilCivilista, 2012, 1, 33 con nota di MASCIA; Cass. civ., sez. I, 11 giugno 2021, n. 16569, per cui “L’affidamento familiare, di cui all’art. 4 l. n. 184/1983, è una misura volta a tutelare il minore, in caso di difficoltà o di disagio temporaneo dei genitori, e in funzione del superamento di tali situazioni, con conseguente ripristino del collocamento presso la famiglia d’origine, sicché: a) può declinarsi nelle forme dell’affidamento interfamiliare, ai membri della

c.d. ‘famiglia allargata’ (es. a una zia, come nella specie); b) se disposto giudizialmente, il provvedimento deve essere motivato; c) lo stesso può essere adottato anche dal giudice della separazione o del divorzio, sempre che sussistano le condizioni previste dall’art. 4 cit.; d) a tal fine il giudice deve valutare in concreto la sussistenza di un conflitto di interessi tra il minore e i genitori, designando in tal caso un curatore speciale; e) il giudice deve altresì previamente procedere all’ascolto del minore ultradodicenne, o anche infradodicenne se capace di discernimento; f) il provvedimento deve indicare i tempi e i modi dell’esercizio dei poteri dell’affidatario, le modalità attraverso cui i genitori e gli altri familiari mantengono il rapporto con il minore, nonché il servizio sociale responsabile del programma di assistenza e di vigilanza sull’affidamento, con l’obbligo di tenere costantemente informato il giudice procedente su ogni evento significativo, e comunque con relazioni periodiche semestrali; g) soprattutto deve indicarsi il periodo di presumibile estensione temporale della misura, rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d’origine, e anche l’eventuale proroga deve essere motivata e a sua volta limitata nel tempo; h) la misura in parola cessa con provvedimento della stessa autorità che l’ha disposta, valutato l’interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà della famiglia d’origine ovvero allorché la prosecuzione sia pregiudizievole per il minore, non essendone possibile il reinserimento nella famiglia in questione; i) in tale seconda fattispecie il giudice procedente, se è quello ordinario, deve ascoltare nuovamente il minore e, se necessario, chiedere al giudice minorile competente l’adozione degli ulteriori provvedimenti nell’interesse del minore (nella specie, la Suprema corte ha cassato il provvedimento di merito, adottato dal giudice ordinario nell’ambito di una separazione giudiziale, che aveva disposto l’affido familiare di un minore, durato – senza proroghe espresse e senza che fosse stato sollecitato l’intervento del giudice minorile – circa cinque anni, pur se il minore, immotivatamente, non era stato ascoltato, e in mancanza di una valutazione del conflitto di interessi tra il minore stesso e i genitori, e senza che fossero stati chiesti provvedimenti al giudice minorile)”, in Foro it. 2021, 9, 1, 2735.

19 Cass. civ., sez. III, 16 ottobre 2015, n. 20928, in Dir. e Giustizia, 2015, con nota di SAVOIA, nel caso in esame a causa della condotta imperita degli addetti ai servizi sociali veniva emessa un’ordinanza ex art. 403 c.c. che comportava l’allontanamento dalla famiglia di una minore per sospetto di abusi sessuali perpetrati dal padre convivente, successivamente rivelatisi infondati. Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistere lo stato di abbandono nella persistenza di atteggiamenti violenti e aggressivi del padre e di un comportamento a lui succube della madre, incapace di rendersi autonoma dal coniuge nell’interesse dei figli, nonché nell’evidente miglioramento dei minori a seguito dell’inserimento in comunità educativa e dell’interruzione dei rapporti con i genitori.

20 Nei casi particolarmente problematici il giudice può prevedere un invio del nucleo familiare al Servizio Sociale (Comune) o al Consultorio Familiare (ASL) od ai c.d. Spazi Neutri (leggi di riferimento: l. 28 marzo 2001 n. 149. l. 8 novembre 2000 n. 328, l. 28 agosto 1997 n. 285 e Convenzione dei diritti dell’Infanzia art. 9).

21 L. 29 luglio 2020, n. 107.

22 Modifica dell’articolo 403 del Codice civile, in materia di intervento della pubblica autorità a favore dei minori A.C. 4299, in http://documenti.camera.it/ Leg17/dossier/Pdf/cost300.pdf.

23 Il progetto di legge prevedeva che se la condizione di minore abbandonato sia tale da esporlo “a grave pericolo per il suo benessere fisico o psichico”, la pubblica autorità, “anche avvalendosi dei competenti servizi sociali, ove consentito dalle circostanze sentito il minore stesso che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, ne dispone, in via urgente e provvisoria, il collocamento in un ambiente adeguato alle sue esigenze sino a quando si possa provvedere in modo stabile alla tutela della sua persona” con l’aggiunta di importanza fondamentale della prioritaria “possibilità di collocarlo presso parenti entro il quarto grado”. Inoltre, riducendo i tempi di convalida della misura di protezione si prevedeva che “l’autorità procedente deve, entro ventiquattro ore, dare notizia del provvedimento adottato in applicazione del primo comma al procuratore della Repubblica presso il competente tribunale per i minorenni che, verificata la fondatezza delle ragioni dell’intervento della pubblica autorità, senza indugio, promuove gli opportuni provvedimenti, ai sensi degli articoli 330 e seguenti del presente codice, nonché, ove ne ricorrano le condizioni, degli articoli 4, 9 e 10 della legge 4 maggio 1983, n. 184”.

24 Commissione per l’elaborazione di proposte di interventi in materia di processo civile e di strumento alternativi (Pres. Prof. Francesco Paolo Luiso), Relazione del 24 maggio 2021.

25 Cass. civ, 11 febbraio 2005, n. 2877, “Nei procedimenti che tendono all’ablazione o alla limitazione della potestà genitoriale, ai sensi degli art. 330 ss. c.c., siano essi promossi d’ufficio o ad istanza di parte, la mera trasmissione del fascicolo processuale da un ufficio giudiziario ad un altro, con finalità dismissive della propria ed attributive ad altri della competenza giurisdizionale, legittima l’ufficio che abbia ricevuto gli atti, e che si ritenga a sua volta incompetente, a sollevare conflitto di competenza ed a chiedere il relativo regolamento d’ufficio, quand’anche il provvedimento con cui sia stata declinata la competenza non sia seguito da riassunzione del processo, nei modi e nei tempi previsti dall’art. 50 c.p.c.”, in Giust. civ. Mass., 2005, 2, Cass. Civ., sez. VI, 12 aprile 2016, n. 7160, in Giust. civ. Mass., 2016.

26 B. POLISENO, Profili di tutela del minore nel processo civile, Napoli, 2017, 163.

27 Vedi G. DOSI, op. cit., 29 e G.C. TURRI, Il dilemma tra diritti del minore e diritti dei genitori, in Minorigiustizia, 1995, 2, 23.

28 A. PROTO PISANI, Per un nuovo modello di processo civile, in Foro it., 1998, V, c. 124.

29 B. POLISENO, op. cit., 169.

30 C. CECChELLA, op. cit., 33 ss.

31 La natura di parte processuale oltre che sostanziale del minore è ammessa con riferimento ai procedimenti de potestate, in quanto, l’art. 37, co. 3 l. 149/2001 ha aggiunto all’ultimo comma dell’art. 336 c.c. la seguente frase “per i provvedimenti di cui ai commi precedenti i genitori ed il minore sono assistiti da un difensore”, conseguentemente la mancanza di una sua rappresentanza processuale può comportare un vizio processuale, vedi anche Cass. civ., S.U., 21 ottobre 2009, n. 22238, in Foro it. 2010, 3, I, 903, Cass, civ. ord., 20 febbraio 2018, n. 4099, in Guida dir., 2018, 22, 52, Cass. civ., sez. I, 6 marzo 2018, n. 5256, in ilfamiliarista.it, 7 settembre 2018, con nota di GALLUzzO.