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Sul tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, una riforma attesa da oltre un ventennio

autore: C.M. Lendaro

SOMMARIO: 1. La Riforma Cartabia ed il Tribunale “per le persone, per i minorenni e per le famiglie”. - 2. Uno sguardo alla storia. - 3. Valutazioni conclusive e talune proposte di emendamento ed integrazione all’articolato Riforma Cartabia per l’attuazione del Tribunale “per le persone, per i minorenni e per le famiglie”.



1. La Riforma Cartabia ed il Tribunale “per le persone, per i minorenni e per le famiglie”



L’articolato della Riforma Cartabia, quanto alla materia del diritto di famiglia e minorile, ha previsto:

1) l’urgente potenziamento della posizione processuale civile del minorenne attraverso il curatore speciale;

2) la modifica immediata dell’attuale riparto delle competenze tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni stabilita dall’art. 38 disp. att. c.c.;

3) l’introduzione immediata di un procedimento civile conseguente al provvedimento amministrativo previsto dall’art 403 c.c. di collocamento in luogo sicuro di un minore abbandonato o allevato in locali insalubri o pericolosi o da persone incapaci;

4) l’aggiornamento tempestivo della negoziazione assistita disciplinata dalla legge 10 novembre 2014 n. 162 estendendone l’applicabilità all’affidamento dei figli nati fuori del matrimonio;

5) la creazione di una legge delega per istituire un rito processuale unificato in materia di persone, minorenni e famiglia;

6) la concentrazione delle competenze in un’unica autorità giudiziaria con modifica ordinamentale ed istituzione del “Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie”.

È centrale, all’evidenza, la modifica ordinamentale e l’istituzione del c.d. Tribunale della Famiglia, una riforma epocale che attendevo da più di 20 anni dagli anni ’90; una riforma che era attesa da tanti giudici della famiglia e minorili.

Un sogno che si realizza, ma anche un momento di civiltà, frutto di un lungo cammino evolutivo che segue quello della società italiana, così profondamente mutata negli anni dal dopoguerra.

Oggi la società e la famiglia sono cambiate rispetto alla prima metà del secolo scorso e il diritto deve confrontarsi con una realtà che si è trasformata e che tuttora è in trasformazione.

La dottrina, anche la più autorevole, non sempre ne ha avuto chiara percezione ed ha compiutamente valutato l’evoluzione sociale in atto; talora non ha neppure percepito la portata dirompente dei principi fondamentali voluti dai padri-costituenti nella Costituzione. È stato detto, infatti, da Arturo Carlo Jemolo1 che il diritto di famiglia poteva solo lambire la “famiglia” in quanto “è un’isola circondata dal mare e il mare non può essere descritto, né recinto”. A sua volta Cesare Bianca nel ricordarlo all’Università di Verona il 10 aprile 2013 nella sua prolusione ha precisato che il diritto serve a garantire socialmente i diritti intersoggettivi e che questo ramo del diritto è importante perché “si colgono i valori etici della nostra esistenza ma, al contempo, è la parte del diritto ove i diritti sono più spesso violati”, precisando che abbiamo bisogno di un diritto più giusto che rispetti davvero l’uguaglianza e che superi la discriminazione e disuguaglianza che sono tuttora presenti.

Situazioni talora molto pesanti che vanno superate. L’istituzione del Tribunale della Famiglia aiuterà a farlo. Una riforma, peraltro, era indifferibile a fronte della com-

plessiva realtà giudiziaria nazionale e delle tante problematicità che sono in essere2.

La situazione negli uffici giudiziari è stata tratteggiata nel gruppo civile di lavoro ADMI Associazione Donne Magistrato Italiane-Riforma Cartabia; è stato rammentato come in Corte d’Appello sia oramai divenuto impossibile lavorare dignitosamente per il contenzioso che viene proposto e, quanto al minorile, è stato rilevato che oggi l’interesse del minore spesso è divenuto “solo un esercizio lessicale sugli atti”.

Parole che fanno riflettere, così come lo fanno quelle di chi esprime, all’interno dello stesso gruppo, un orientamento diverso dichiarandosi scettico sulla riforma, in primo luogo per il rito, in quanto “il processo minorile è un processo di monitoraggio attraverso i servizi sociali”, ove di regola le parti non si costituiscono, l’iniziativa è del pubblico ministero in quanto, in qualche modo, rappresenta gli interessi del minore, concludendo che con l’istituzione del nuovo tribunale esso: “diventerà un processo in cui il minore sarà schiacciato da parti con avvocati, non ci sarà spazio per un’osservazione clinica e vi sarà una forte spinta alla avversarialità e all’ipergiurisdionalizzazione, con brulicare di curatori e Ctu”.

Una visione molto lontana dalla mia – da oltre trent’anni giudice della famiglia e da quindici anche giudice minorile

–, dalla realtà processuale dei distretti ove ho prestato servizio (Brescia e Trieste in Appello e Veneto in primo grado) e diversa da quella di tanti colleghi con cui ho lavorato e negli anni mi sono raffrontata: da Paolo Dusi a Paolo Vercellone, da Giuseppe Iannetti a Luigi Fadiga, da Graziana Calcagno a Graziana Campanato. Una visione, tuttavia, sulla quale occorre riflettere e prestare attenzione proprio in vista dell’introduzione di questo nuovo Tribunale ed alla luce anche dell’evoluzione storica stessa del processo minorile, su cui di seguito poi mi soffermerò.

La nascita del Tribunale della Famiglia, a mio parere, è necessaria per un reale mutamento in un settore giudiziario ora in forte sofferenza; è necessario, infatti, rispondere alle maggiori domande proposte dagli utenti della Giustizia che vivono talora in situazioni drammatiche e che ad essa si rivolgono per ottenere una risposta di qualità con prontezza ed attenzione per la gravità delle situazioni familiari o personali. Servirà a dare efficace ed effettiva tutela al preminente “superiore” interesse del minore, troppo spesso in questi giorni invocato, per il quale il fattore “tempo”, nel suo distinguo di

“kairos” e “kronos”, è di particolare rilievo.

Servirà, inoltre, a dare vita ad una giurisprudenza attenta, rigorosa, consapevole, oltremodo partecipe e specificamente molto preparata.

Con la creazione del Tribunale della Famiglia tale risultato verrà conseguito grazie alla “unitarietà” ed al continuo confronto di competenze ed esperienze professionali di quanti vi opereranno, non solo magistrati, ma anche avvocati e consulenti.

Produrrà tale effetto l’esclusività della materia, il continuo quotidiano lavoro ed anche la frequente partecipazione ad incontri di studi, congressi e convegni tematici e/o corsi della SSN Scuola della Magistratura su ambiti che involgono la tutela di diritti personali e personalissimi e che riguardano, in una parola, la “persona” adulta o minore che sia.

Ciò comporterà, nel tempo, proprio il cambiamento auspicato ponendo così fine alla varietà di disomogenee situazioni in atto nei diversi distretti giudiziari, da nord a sud, “a macchia di leopardo” e con punte di eccellenza a fianco di situazioni purtroppo diverse a tante difformi prassi giudiziarie, fenomeno da tempo ben noto.

Non vi saranno più nelle Corti di Appello delle distinte sezioni per la trattazione della materia della “famiglia” e dei “minorenni” e nei Tribunali ordinari tali controversie non saranno più trattate dai colleghi assieme ad altro, tanto altro, ovunque decisamente troppo: solo in poche e grandi sedi esistono sezioni Famiglia; una situazione che rende difficili gli approfondimenti di studio ed istruttori che ora spesso vengono fatti in secondo grado.

È stato di recente ben rilevato da un collega meneghino che nei Tribunali i giudici sono “chiamati a fare un po’ di tutto”, un fatto che, a suo parere, ha avuto l’effetto di fare emergere l’esistenza di un problema di cultura del giudice che dovrebbe avere l’umiltà, la capacità e la voglia di andare a conoscere competenze che non appartengono alla sfera giuridica, ma che sono principi primordiali di psicologia, medicina legale e conoscenza sociologica del fenomeno. I giudici abbiano dunque l’umiltà di farsi formare da altri operatori “poiché si assiste in conseguenza ormai ad una “deriva, molto preoccupante, da parte del giudice civile e minorile che tende, soprattutto se non specializzato, ad adagiarsi sulle decisioni del Ctu”; situazione che comporta la necessità della specializzazione e che lo ha portato a concludere, a fronte dell’incremento dei casi in ambito domestico di violenza, che “se le cose in Italia non cambiano rapidamente, se si continua a rimanere con una giurisdizione frammentaria che decide secondo la cultura del Ctu, senza un contradditorio tra le parti, senza un p.m. che deve essere invece presente quando il Ctu richiama temi ascientifici allora credo che bisognerebbe pensare, come avvenuto in Spagna, di costituire un Tribunale della crisi della Famiglia, con giudici specializzati che hanno competenze civili e penali”3, idea che da tempo anch’io condivido.

Gli effetti di ciò poi si riverberano sulle Corti di Appello, osservatorio certamente molto qualificato in materia minorile e di famiglia, ora in grave affanno. Infine anche sulla Cassazione, pure in forte sofferenza, ove è rilevante il numero di questi procedimenti e in costante crescita.

La complessità dei giudizi per le tematiche procedurali e sostanziali e la necessità di specializzazione in controversie familiari e minorili emerge, inequivocabilmente, anche dalla lettura delle sentenze di legittimità.

Ne richiamo un campione di questo anno 2021.

Si leggano, in proposito, le pronunce sulla necessità di nomina di curatore speciale al minore o sull’inesistenza della PAS, pseudo sindrome spesso affermata da tanti tribunali ordinari e tribunali per i Minori – e troppo spesso nel triveneto – su cui ADMI Donne Magistrato ha preso ferma posizione nel documento sul d.l. Pillon4. Oppure in tema di ricerca delle origini stante l’inesistenza di norme procedurali per il perdurante silenzio del legislatore, ovvero sui conflitti di competenze tra Tribunale per i Minori, Tribunale Ordinario e Corte d’Appello in tema di adozione internazionale. Sulle nuove tematiche “emergenti” si leggano le pronunce di merito quali la decisione recentissima sul contrasto genitoriale e vaccinazione Covid5.

Servirà, infine, ad adeguare la giurisdizione alla realtà oggi mutata del Paese, la cui società è profondamente cambiata dal dopoguerra.

La Riforma è dunque necessaria ed anzi improcrastinabile, ma dovrebbe essere realizzata con taluni emendamenti, che mi riservo di precisare nell’ultima parte di questo breve scritto.

Sono concordi sulla riforma, in maggioranza, coloro che se ne occupano e che si sono in tal senso espressi in scritti vari od in liste di settore nazionali o trans-nazionali, od in convegni, formulando – a loro volta – proposte di emendamenti od integrazioni (infra). Indicazioni tutte, e le mie tra queste, volte a dare attuazione alla Riforma ed a consentire il conseguimento completo dei suoi obiettivi, non da ultimo a evitare il reiterarsi di quanto accadde dieci anni fa dopo la promulgazione della legge 10 dicembre 2012 n. 219, che riversò dai tribunali per i Minori all’improvviso sui Tribunale Ordinario una larga parte dei provvedimenti “de potestate” e diede vita a tanti conflitti di competenza6. Unica voce conservativa ed in controtendenza, minoritaria, è quella dell’Associazione minorile Aimmf che tuttavia, dopo iniziali drammatiche dichiarazioni stampa7 ed un proprio primo comunicato8, nel secondo ha assunto posizioni più addolcite9, alla cui lettura qui rimando.



2. Uno sguardo alla storia



L’evoluzione mostra come la riforma sia una tappa di un più lungo cammino.

Ripercorrerla aiuterà a meglio comprendere la “sfida” posta dal legislatore nel dare vita ad un nuovo, unitario, specializzato Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, per una migliore e pronta tutela di diritti personalissimi che incidono sulla “persona” adulta o minore che sia.

Una Riforma da attuare, tuttavia, senza dimenticare il passato perdurato dagli anni ’3010, quasi novant’anni, ma anzi traendone linfa vitale ed esperienza per adeguare la giurisdizione ai mutamenti che, negli anni altresì decorsi, sono intervenuti nella società italiana.

Negli anni ’30 la società era ben diversa dalla attuale, così come lo era a quel tempo la famiglia ed, altresì, la posizione dei figli nati entro e fuori di essa. Non era allora possibile in Italia il matrimonio con cittadini di “altra razza”.

La famiglia era allora solamente quella “tradizionale” patriarcale, fondata sul matrimonio che era indissolubile11.

Negli anni ’30 le donne erano sottoposte allo “jus corrigendi” del marito, cui dovevano assoggettarsi avendo questi per legge: “il diritto/dovere di rieducare la moglie anche ricorrendo ad atti lesivi”12.

Oggi esistono “le famiglie” e i figli minori nati in variegate, poliedriche e diverse famiglie, nuove famiglie: realtà che caratterizza l’attuale società italiana.

Non vi è più un unico modello di famiglia, oltre alla famiglia tradizionale, vi sono: le unioni civili, le famiglie ricomposte o allargate e quelle mono-genitoriali, multietniche o same sex.

Nel 1934, all’atto dell’istituzione del Tribunale per i Minorenni la Riforma “del diritto di famiglia” era decisamente lontana, oltre quarant’anni, e con essa il profondo cambiamento culturale conseguito nella società, nella giurisdizione e nel riconoscimento dei diritti personali e personalissimi. Quando il Tribunale per i Minorenni venne istituito era un sistema organico di giustizia minorile comprensivo di norme in materia ordinamentale e penitenziaria, nonché di personale apposito e di servizi ausiliari, destinate ai minorenni “devianti, disadattati, o bisognosi di protezione” in coerenza “con il clima politico dell’epoca il sistema (che) aveva forti connotazioni di controllo sociale […] si estendeva dai minori ultra quattordicenni imputati di reato (competenza penale) a quelli di condotta semplicemente irregolare quale che ne fosse l’età (competenza rieducativa o amministrativa)” ed ove lo spazio era ben delimitato, quasi residuale, per la “protezione in senso stretto con l’attribuzione al sistema della competenza in materia di limitazioni e decadenza dalla potestà in caso di genitori maltrattanti o incapaci (competenza civile)”13.

Il cammino degli uffici del giudice minorile ha lentamente attraversato varie fasi; ne accenno in breve.

a)La legge 25 luglio 1956 n. 888 aprì la strada ad una nuova figura di giudice minorile, c.d. giudice “educatore” e, pur lasciando immutato l’aspetto ordinamentale e le competenze penali e civili del Tribunale per i Minorenni, introdusse negli istituti rieducativi a regime chiuso in essere “l’osservazione della personalità” e la possibilità della misura del “trattamento in esternato”, con affidamento al Servizio sociale; si riteneva che la misura educativa andasse preferita alla sanzione penale e che il fatto-reato non era violazione di legge ma soltanto sintomo di disagio e di disadattamento del minore, cui dunque andavano date risposte non punitive di tipo pedagogico o psicologico.

Un sistema questo nondimeno che per funzionare avrebbe avuto bisogno, come da Fadiga osservato, di: “giudici minorili preparati, di personale qualificato e di valide strutture. Tutto ciò mancava […] Pertanto, senza clamore e senza bisogno di modifiche normative, la figura del giudice educatore insterilì, a causa della contestazione giovanile degli anni Settanta e anche del trasferimento agli enti locali della materia socioassistenziale operato dal d.P.R. n. 616/1977, comprensiva dei servizi ausiliari ministeriali in materia civile e rieducativa. Un considerevole aumento della carcerazione preventiva dei minori fu poi uno degli effetti iniziali di questa riforma, che nell’inerzia di molte regioni lasciava i giudici e i ragazzi senza alcun sostegno dei servizi”14.

b) La legge 5 giugno 1967 n. 431 aprì poi la strada ad una altra nuova figura di giudice, il c.d. giudice “promotore”, evidenziando allora gli studi scientifici in materia di adozione i danni da “carenza affettiva e istituzionalizzazione prolungata” nelle prime fasce di vita ed essendo oramai intervenuto il declino della competenza amministrativa.

Per effetto di tale legge e delle molte riforme degli operosi anni Settanta e Ottanta, tra esse la Riforma del diritto di Famiglia e legge n. 184/1983 sull’adozione e l’affidamento dei minori, quindi si ampliarono le competenze “civili” del Tribunale per i minorenni.

Con la legge n. 35/1971 venne, inoltre, disposta la pianta organica dei magistrati minorili a quaranta anni dalla creazione.

Ha osservato ancora Fadiga che in tale momento, cinquanta anni fa, nacque: “un giudice di tipo nuovo, che impara ad ascoltare le persone e non solo a leggere le carte; che diviene consapevole che altri saperi oltre al diritto gli sono necessari per comprendere i problemi dell’età evolutiva; che gli occorre acquisire una professionalità specifica per quel settore e che non basta delegare scelte e valutazioni e decisioni al CTU o ai giudici onorari. È un giudice che venne acutamente paragonato (Delfini) al giudice fallimentare, al quale si richiede di conoscere il mondo dell’economia, di saper leggere un bilancio, di sapersi relazionare con gli operatori economici e di saper indirizzare le situazioni difficili verso soluzioni positive” e che: “La riforma del diritto di famiglia (legge 1975 n. 151) e la prima riforma della legge sull’adozione e l’affidamento familiare (legge 1983 n. 184) danno una spinta decisiva a quel tipo di giudice, poiché lo obbligano a interagire con i servizi locali che le Regioni e i Comuni più attenti vanno organizzando. Non si tratta di servizi ausiliari del giudice. Hanno competenze istituzionali loro proprie in materia di protezione dell’infanzia, definite con leggi regionali”15.

Anni davvero fecondi.

c) La legge 19 maggio 1975 n. 151 della Riforma del diritto di famiglia ha, quindi, comportato un radicale ed affettivo mutamento nel Paese segnando la definitiva fine dell’epopea della famiglia tradizionale. Ha inciso fortemente sui minori nati fuori dal matrimonio, cui finalmente venne tolta la dizione “illegittimi” e quei figli divennero naturali, ma nondimeno rimasero, per molto tempo, forti e gravi disuguaglianze, che si traducevano in vere discriminazioni sociali. La parentela per tali minori non sussisteva per legge, un fatto cui si è ovviato solo molto tempo dopo, con la legge 10 dicembre 2012 n. 219, quaranta anni, circa dieci anni fa, che finalmente ha eliminato ogni differenza fra figli nati “fuori o nel” matrimonio affermando il principio della unicità dello stato giuridico dei figli e che, consequenzialmente, ha attribuito la competenza di larga parte dei provvedimenti “de potestate” ai Tribunali ordinari e non più ai Tribunali per i Minorenni dando, pur tuttavia, poi luogo a complessi conflitti di competenza, taluni ancora in essere.

Una scelta del legislatore che era chiara, così come la via

allora da esso intrapresa per l’ulteriore cammino.

d) La legge 27 giugno 2013 ha in Italia ratificato la Convenzione di Istambul del 2012, uno strumento importante in materia di “violenza sulle donne e violenza domestica”, contenente misure per la prevenzione, la protezione, i procedimenti penali dei colpevoli e che definisce e criminalizza le diverse forme di violenza e quanto a ciò si accompagna.

Una legge che impone la necessità di piena “specializzazione” e della “non frammentarietà” degli uffici, come già rammentato16, con problematiche di organizzazione su cui il CSM ha già preso chiara posizione in data 9 maggio 201817.

La violenza domestica18 e quella assistita da minori sono ovunque in forte crescita in tutta Italia19 e necessitano di raccordo e di non sovrapposizione, di unitarietà e di specializzazione. La pandemia ha esacerbato ulteriormente la situazione ed è stato rilevantissimo l’aumento del numero dei casi, ovunque

cresciuti a dismisura.

Secondo i dati resi noti dall’Istat “nel 2020 le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5% rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71%). Il boom di chiamate si è avuto a partire da fine marzo, con picchi ad aprile (+176,9% rispetto allo stesso mese del 2019) e a maggio (+182,2 rispetto a maggio 2019), ma soprattutto in occasione del 25 novembre, la giornata in cui si ricorda la violenza contro le donne, anche per effetto della campagna mediatica. Nel 2020, questo picco, sempre presente negli anni, è stato decisamente più importante dato che, nella settimana tra il 23 e il 29 novembre del 2020, le chiamate sono più che raddoppiate (+114,1% rispetto al 2019). La violenza segnalata quando si chiama il 1522 è soprattutto fisica (47,9% dei casi), ma quasi tutte le donne hanno subito più di una forma di violenza e tra queste emerge quella psicologica (50,5%). Rispetto agli anni precedenti, sono aumentate le richieste di aiuto delle giovanissime fino a 24 anni di età (11,8% nel 2020 contro il 9,8% nel 2019) e delle donne con più di 55 anni (23,2% nel 2020; 18,9% nel 2019). Riguardo agli autori, aumentano le violenze da parte dei familiari (18,5% nel 2020 contro il 12,6% nel 2019) mentre sono stabili le violenze dai partner attuali (57,1% nel 2020)”20 ed in particolare “nel 93,4% dei casi la violenza si consuma tra le mura domestiche, nel 64,1% si riportano anche casi di violenza assistita”21.

Si tratta di situazioni delicatissime che necessitano di tutela, che in civile viene attuata con gli ordini di protezione, i quali

– purtroppo – seguono oggi un rito diverso a seconda del “se” la vittima (ed i figli della vittima) sia sposata ovvero non lo sia: nel primo caso quello proprio della separazione personale e nell’altro quello camerale, con plurime prassi locali nei diversi distretti giudiziari.

Nella XVIII legislatura il nostro Parlamento ha proseguito nell’adozione di misure volte a contrastare la violenza con l’approvazione della legge n. 69 del 2019 (c.d. codice rosso) per rafforzare le tutele processuali delle vittime, con particolare riferimento ai reati di violenza sessuale e domestica.

Significativi i dati resi noti all’ultima inaugurazione dell’anno giudiziario in Corte di Cassazione dal Presidente Curzio che ha rilevato che seppure dagli uffici giudiziari di merito “non si segnalano particolari disfunzioni derivanti dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere introdotte dalla recente legge n. 69 del 2019 (c.d. codice rosso) […] si registra un incremento dei reati spia, quali i maltrattamenti in famiglia, lo stalking e le altre violenze ai danni delle donne […] segnalato l’incremento delle denunce di violenze da parte di donne straniere, ritenuto indice della crescente integrazione sociale cui consegue un’accresciuta consapevolezza da parte delle vittime della possibilità di ottenere tutela e di affrancarsi da pratiche e costumi dei paesi di origine”22.

È davvero allora oramai tempo di dare vita ad un unitario Tribunale della famiglia, civile e penale.



3. Valutazioni conclusive e talune proposte di emendamento ed integrazione all’articolato Riforma Cartabia per l’attuazione del Tribunale “per le persone, per i minorenni e per le famiglie”



Il cammino di cambiamento della società italiana, iniziato alla fine del secondo conflitto mondiale con il voto alle donne e la nascita della Repubblica, è proseguito con la Carta Costituzionale ed il riconoscimento dei diritti fondamentali ivi fatto. Un cammino ove è cresciuta l’importanza della “persona”.

In passato la centralità del diritto civile era infatti il “momento economico”, il dare/avere e quanto vi si accompagnava.

Con la Costituzione il “diritto di famiglia” è divenuto la sua parte centrale, quella più viva.

Un cammino che ancora prosegue ora con la nascita del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie ed in attuazione del valore della “unitarietà della giurisdizione” delle Linee Guida del Comitato dei Ministri del Consiglio D’Europa per una “Giustizia a misura del minore”, approvare il 17 novembre del 201023.

Per un suo migliore funzionamento vi sono già state diverse proposte di emendamenti od integrazioni all’articolato della Riforma Cartabia, tra questi quelli della Commissione Minori dell’ANM24 o del CSM25 e nell’ultima deliberazione Aimmf26 e della Camera Minorile27, alla cui lettura rimando.

Indico a conclusione di questo breve scritto gli emendamenti da apportare alla Riforma:

– una migliore puntualizzazione normativa circa l’essere le sezioni circondariali “ramificazione” della sede distrettuale del Tribunale per la famiglia sul modello del Tribunale di Sorveglianza, con tutte le relative conseguenze sul piano ordinamentale;

– una maggiore previsione della presenza e partecipazione dei giudici onorari, il cui apporto è molte volte prezioso nelle controversie familiari in camera di consiglio, una presenza attiva nelle stesse che va prevista in ogni grado e con, altresì, una maggiore valorizzazione del loro ruolo specialistico di esperti. Al contempo, valorizzato detto ruolo ed ampliata la loro presenza negli Uffici giudiziari, occorre introdurre una chiara specificazione normativa dei compiti ad essi demandabili nel futuro Tribunale, essendo stato rilevato anche che nei Tribunali per i Minori “la prassi attuale di delegare ai giudici onorari la fase istruttoria costituisce una delle principali storture della giustizia minorile, dal momento che l’introduzione di determinate conoscenze nel processo non può essere gestita da un soggetto che non è qualificato per garantire il diritto di difesa ed il contraddittorio delle parti. Le valutazioni professionali fatte al collegio dal magistrato onorario di fatto coincidono con quelle di un consulente tecnico d’ufficio, al di là dalla disciplina stabilita per le consulenze tecniche che innanzi tutto è funzionale al rispetto del principio del contraddittorio proclamato dal nuovo testo dell’articolo 111 della Costituzione”28. Alle accennate osservazioni, si è posto ben in evidenza che, nel confronto tra le funzioni dei magistrati onorari, nell’Ufficio per il processo (UPP) presso tribunali e corti d’appello” (artt. 1-bis e 1-ter) e quelle previste dall’art. 15-quater lett. h) e i) per gli onorari del “tribunale per le persone, per i minorenni e le famiglie”, le competenze di questi a differenza dei primi comprendano: “anche attività extra processuali (‘funzioni di conciliazione, informazioni sulla mediazione familiare, di sostegno ai minorenni ed alle parti, con attribuzione di specifici compiti puntualmente delegati dal magistrato togato assegnatario del procedimento’) che riflettono la vecchia concezione paternalista della giustizia minorile”;

– implementazione dei corsi della SSN, sia per giudici togati che onorari, ma anche organizzazione di corsi di formazione tematici per forze dell’ordine, psicologi e servizi sociali;

– individuazione chiara di “mezzi e strutture e personale” atti a consentire un reale conseguimento degli obiettivi prefissati dalla Riforma con l’istituzione del Tribunale della Famiglia;

– indicazione capillare ed attenta della distribuzione delle risorse del Recovery Plan, in particolare quanto all’individuazione di sedi e locali adeguati alle necessità del Tribunale della Famiglia; alla creazione di Aule Ascolto Minori; alla strumentazione telematica, digitalizzazione e Consolle specificamente dedicata al Tribunale della Famiglia;

– individuazione dei requisiti di selezione dei componenti del Tribunale della Famiglia, ferma per i giudici togati la già prevista assegnazione di soli giudici aventi la prevista professionalità di fascia (3a) e la “decennalità”. Eventuale innovazione dei requisiti già normativamente previsti per la selezione dei giudici non togati.

Quanto alla “collegialità” ritengo che sia importante e che possa essere ulteriormente implementata nell’articolato, ma osservo al contempo che non può essere sottaciuto come attualmente in primo grado la maggior parte delle decisioni vengano assunte da singolo giudice e, giuste o sbagliate che siano, permangono per lungo tempo senza possibilità di controllo sino a quando il medesimo non ne riferisce al collegio al termine dell’istruttoria. Inoltre la scelta del legislatore nella Riforma, mira ad una maggiore rapidità decisionale, come dovuto per la peculiare tipologia di procedimenti ove il fattore “tempo” ha particolare rilievo per i minori e garantisce la possibilità, oggi inesistente, di una immediata reclamabilità; fatto questo oltremodo rilevante potendo in avanti tutte le decisioni assunte essere oggetto di disamina da parte di un diverso giudice prima del cronicizzarsi delle situazioni.

Ed ancora detta scelta consente, a geografia giudiziaria immutata, l’attuazione stessa della Riforma, garantendo la presenza di un giudice competente “anche in piccoli uffici”, giudice dunque di prossimità; una figura questa di particolare significato e già sperimentata nell’ambito delle c.d. “best practices” in taluni distretti giudiziari da Tribunali per i Minorenni all’avanguardia, come ad esempio Tribunale per i Minori di Brescia con riparto ed attribuzione a singoli giudici di aree del territorio distrettuale, come Brescia, Cremona, Bergamo.

In conclusione, nonostante la tempistica (oltremodo contingentata) imposta dagli impegni governativi assunti nella scorsa primavera in ambito europeo per le necessità del Paese, si tratta di una riforma epocale che, come altri hanno già detto, non è contro i giudici.

Anzi.

È una tappa evolutiva che segna un chiaro, forte e significativo passo avanti nella tutela dei “diritti”, sulla cui materiale attuazione saremo ovunque protagonisti.

Per la Magistratura italiana è un impegno verso i cittadini e per la Giustizia.

NOTE

* Articolo già pubblicato sulla rivista on-line www.giudicedonna.it, anno 7 n. 2/2021

1 A.C. JEMOLO, La famiglia e il diritto, in Ann. Sen. Giur. Università di Catania, 1948, III.

2 Come immediatamente scritto, a inizio settembre 2021, a tutte le socie ADMI all’atto della diffusione dell’articolato di legge della Riforma Cartabia, una valutazione su cui non vi è stato alcun dissenso; così come a tutti gli associati ANM, nonché nelle liste specializzate Famiglia Persone e AIMMF ed Europa, ove non si sono registrate divergenze o dissensi. Tra le favorevoli manifestazioni anche Simonetta Agnello Hornby, che l’ha valutata alla luce della sua esperienza inglese.

3 F. ROIA, in Giudici poco competenti su affidi minori, errore delegare CTU, in

www.dire.it.

4 Sul disegno di legge Pillon si veda disegno di legge S.735/2018 in www.donnemagistrato.it.

5 Cass. sez. un., 31 marzo 2021, n. 9006 in De Iure, su adozione internazionale same-sex, rifiuto della trascrizione e riparto delle competenze tra Tribunale Ordinario e Tribunale per i Minori e Corte d’Appello; Cass. del 19 aprile 2021,

n. 25339 in Cassazione.net in tema di affido super esclusivo del minore al padre; Cass. del 20 settembre 2021, n. 25340 in Cassazione.net sul curatore del minore e su temi procedurali; Cass. del 15 luglio 2021 n. 22497 sulla ricerca delle origini in www.cassazione.it; Tribunale di Milano 2 settembre 2021 in www. quotidianogiuridico.it su vaccinazione Covid e contrasto genitoriale.

6 Cfr. vedasi al riguardo CSM, delibera 13 luglio 2016.

7 C. MAGGIA, in www.repubblica.it, 9 settembre 2021.

8 Sull’art. 15-bis dell’emendamento predisposto/proposto dal Ministero di

Giustizia al disegno di legge AS 1662 Delega processo civile in trattazione dinanzi alla Commissione Giustizia del Senato in www.minoriefamiglia.org.

9 Sull’approvazione in Senato del disegno di legge AS 1662 che istituisce il tribunale per le persone, per i minorenni e per le in www.minoriefamiglia.org.

10 Sul r.d. 20 luglio 1934 n. 1404 recante “Istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni” e la variegata sua evoluzione, si veda in L. FADIGA, La giustizia minorile in Italia: nascita ed evoluzione, in www.questionegiustizia.it.

11 C.M. LENDARO, in Omogenitorialità e Minori, in www.questionegiustizia.it.

12 Venne negato solo nel 1956 da una pronuncia della Suprema Corte, che

con la sentenza 22 febbraio 1956 (in Riv. it. dir. e proc. pen., 1957, 421) affermò che l’art. 571 c.p. non è applicabile al marito che percuote la moglie, in quanto allo stesso non compete nei confronti della consorte un potere correttivo, che sarebbe in contrasto con l’art. 29 della Costituzione, in cui è consacrato il principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, principio poi ribadito con la sentenza 21 novembre 1958 (in Giur. ital., 1959, 30).

13 L. FADIGA, op. ult. cit.

14 L. FADIGA, op. ult. cit.

15 L. FADIGA, op. ult. Cit

16 F. ROIA, op. ult. cit.

17 Linee guida in tema di organizzazione e buone prassi per la trattazione dei procedimenti relativi a reati di violenza di genere e domestica in www.csm.it; Violenza di genere Convegno del CSM (prima giornata), in www.radioradicale.it.

18 C.n.f. Consiglio Nazionale Forense “Tanti Fili Una Rete”, Carla Marina Lendaro in www.youtube.com.

19 Dal Corriere della Sera una storia che, tra le altre, mostra quanto purtroppo il fenomeno sia diffuso, e lo sia anche tra noi “Io, donna giudice, perseguitata dall’ex marito magistrato”, in corriere.it.

20 in www.istat.it/it/archivio/257704.

21 in www.istat.it/it/archivio/242841.

22 Per una prima analisi degli effetti dell’entrata in vigore della legge n. 69 del 2019, “Un anno di Codice Rosso. Reati spia e femminicidi”, edita Ministero dell’interno 25 novembre 2020, che contiene anche statistiche sui c.d. reati spia della violenza di genere (atti persecutori, maltrattamenti, violenze sessuali) commessi nel periodo gennaio/settembre 2020 e il raffronto con i dati dell’anno precedente, in www.interno.gov.it.

23 Linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa per una giustizia a misura di minore adottate dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa il 17 novembre 2010 e relazione esplicativa in http://op.europa.eu.

24 Parere sull’istituzione del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie in www.associazonemagistrati.it.

25 Disegno di legge governativo di riforma del processo civile: parere sulle ricadute in materia di amministrazione della giustizia in www.csm.it.

26 Sull’approvazione in Senato del disegno di legge AS 1662 che istituisce il tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie in www.minoriefamiglia.org.

27 Riforma si”, ma nel rispetto dei principi di specializzazione, collegialità e multidisciplinarità l’unione nazionale camere minorili in https://lnx.camereminorili.it.

28 G. SERGIO, Riflessioni sulle proposte di procedimenti in materia di famiglia e riforma ordinamentale della Commissione Luiso, in www.questionegiustizia.it.