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V. Cianciolo, Lecito procedere alla rettificazione dell’atto di nascita del minore con l’indicazione della doppia genitorialità (nota a Trib. Genova, 4 novembre 2020)

autore: V. Cianciolo

Sommario: 1. Il caso del Tribunale genovese. 2. Le questioni sottese al provvedimento.





1. Il caso del Tribunale genovese



Due donne si erano rivolte ad una clinica di Barcellona, per iniziare una “Fecondazione in vitro con trasferimento embrionario”, convenendo che una delle due portasse a termine la gravidanza.

Dopo la nascita del piccolo, presentavano istanza di riconoscimento della doppia maternità al Comune, con indicazione nel certificato di nascita, in qualità di genitori, sia della madre che l’aveva partorito, sia del genitore intenzionale.

Il Comune rifiutava di iscrivere il bambino con l’indicazione della qualità di madre delle due donne, nonché la richiesta di aggiunta del cognome della madre intenzionale.

Le due donne facevano istanza di declaratoria di illegittimità del rifiuto opposto dall’ufficiale dello Stato Civile chiedendone la rettifica, ai sensi dell’art. 95 d.P.R. 396/2000, mediante la sostituzione dell’atto di nascita esistente e la formazione di un nuovo atto di nascita con indicazione delle due ricorrenti come madri.

Le motivazioni addotte dalle ricorrenti facevano leva sulla: a) mancata considerazione dell’interesse del minore; b) violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 8 e falsa applicazione dell’art. 9 co. 3 legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), in relazione al nuovo concetto di genitorialità, potendo lo status di figlio attualmente prescindere dal dato genetico; c) violazione dell’art. 8 della legge n. 40/2004 per cui il consenso informato sottoscritto dalle ricorrenti all’applicazione delle tecniche di PMA rappresenta l’assunzione consapevole e irrevocabile della responsabilità genitoriale; d) falsa applicazione dell’art. 11 c. 3 d.P.R. 396/2000, in relazione al principio di tipicità degli atti di stato civile.

Si costituivano per il rigetto della domanda il Comune, il Sindaco e la Prefettura.

Il Tribunale di Genova ha accolto la domanda delle ricorrenti, sulla base di una lettura costituzionalmente orientata della legge n. 40/2004 e dell’applicazione del principio della preminenza dell’interesse superiore del minore.



2. Le questioni sottese al provvedimento



Il provvedimento del Tribunale genovese1 pone ancora una volta l’attenzione sulla condizione giuridica dei bambini nati a seguito della procreazione assistita eterologa – eseguita nel caso di specie in Spagna, stato dove gli accordi di maternità di sostituzione sono giudicati leciti – da parte di una coppia di donne, conviventi di fatto, e sulla istanza di riconoscimento della doppia maternità al Comune di residenza.

Il diritto della prole alla doppia figura genitoriale è implicitamente sancito a livello costituzionale, com’è ricavabile da una lettura evolutiva delle previsioni che impongono ad ambedue i genitori di mantenere, istruire, educare i figli anche se nati fuori dal matrimonio, contemplano l’adozione di misure a tutela dei minori in ipotesi di incapacità degli ascendenti nell’assolvere i compiti di cura e assistenza della prole (art. 30) e assicurano protezione alla maternità, all’infanzia, alla gioventù (art. 31). È da ricordare che è altresì espressamente contemplato nella Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, il principio che prevede in particolare l’impegno degli Stati parti “ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale” (art. 3) ed è sancito il “diritto del fanciullo a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni familiari, così come riconosciute dalla legge, senza ingerenze illegali” (art. 8).

A ciò si aggiunga che sia la bigenitorialità sia la costituzione del legame giuridico tra genitori e figli nati a seguito di procreazione medicalmente assistita nel nostro ordinamento, è regolata dalla legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita): indicative in questo senso, sono alcune norme (tutte richiamate dalla sentenza in commento), come l’art. 5, che impedisce il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle persone singole; l’art. 8, che attribuisce al nato lo stato di figlio della coppia, sia essa unita in matrimonio; l’art. 9, che vieta il disconoscimento della paternità e di anonimato della madre in caso di ricorso alle tecniche di tipo eterologo, ed ancora, sempre in caso di procreazione medicalmente assistita eterologa, l’assenza di relazione giuridica parentale con il donatore di gameti.

All’interno del tessuto normativo della legge 40 è dominante, comunque, l’interesse del nato alla costituzione del rapporto parentale con entrambi i membri della coppia che ha dato avvio al processo procreativo e rimane sullo sfondo l’interesse alla verità biologica: si ostacola, in tal modo, qualsiasi tipo di ripensamento dell’adulto in ordine alla volontà di sottrarsi alla responsabilità genitoriale connessa alla decisione, accettata liberamente e consapevolmente, di accedere alle tecniche. Se così non fosse, al minore sarebbe negata la doppia figura genitoriale così patendo un irreparabile vulnus alla propria identità personale, familiare e sociale.

La giurisprudenza di merito è ormai orientata nel ritenere che “nell’ipotesi di nascita in seguito a fecondazione eterologa realizzata all’estero da parte di una coppia di donne che abbia espresso un consenso equivalente a quello previsto dall’art. 6 della legge n. 40 del 2004, debbono applicarsi le disposizioni fondamentali e generali in tema di genitorialità da p.m.a. contenute negli artt. 6, 8, 9 legge cit., che disciplinano lo status del minore nato da p.m.a. stabilendo che il medesimo è figlio della coppia che ha espresso il relativo consenso, le quali ben possono operare anche con riferimento alle coppie omosessuali che abbiano fatto ricorso a pratiche di p.m.a. all’estero”2.

Posto che in Europa sussistono posizioni di segno opposto e comunque, forti sono le divergenze fra i vari ordinamenti sul tema della gestazione per altri, la Corte EDU si è posta il problema se l’ampia discrezionalità rimessa ai singoli Stati membri, su questioni eticamente sensibili, consenta di non riconoscere la relazione con la madre intenzionale. I giudici di Strasburgo, a fronte di una specifica richiesta di parere, hanno spiegato la propria posizione, riaffermando che l’inattuabilità di affermare il legame di filiazione tra il nato e la madre d’intenzione si traduce in uno stato di incertezza giuridica ed in un pregiudizio per l’identità del minore.

Le ricadute negative derivanti dal mancato riconoscimento del rapporto filiale sono messe in evidenza nel parere della Grande Chambre del 10 aprile 20193 – reso per la prima volta, ai sensi del Protocollo 16 e destinato ad avere effetti dirompenti in tutti gli ordinamenti degli Stati parti della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – e precisamente: impossibilità per il minore di acquisire la cittadinanza della madre intenzionale; di accedere ai diritti successori di questa o di mantenere una relazione con lei in caso di separazione dei genitori o di morte del genitore biologico4.

Strasburgo è conscia del fatto che diversi sono gli interessi che devono essere bilanciati e che si oppongono al riconoscimento di un legame con la madre intenzionale come gli abusi connessi alla maternità surrogata5 e al diritto del minore di venire a conoscenza delle proprie origini6.

Per altro verso, pone in evidenza che l’interesse superiore del minore comprende il diritto ad identificarsi anche giuridicamente con i soggetti responsabili della sua nascita7 e di vivere e di crescere in un ambiente tendenzialmente stabile.

Quale risultato del bilanciamento, i giudici di Strasburgo concludono nel senso che l’impossibilità generale e assoluta di ottenere il riconoscimento del legame con la madre d’intenzione sia contraria al superiore interesse del minore.

Queste valutazioni rivestono un’inequivoca decisività nell’orientare ogni interpretazione del giudice nazionale nel senso di considerare la discrezionalità del singolo Paese come recessiva laddove essa si esprima attraverso norme che non garantiscano la tutela piena dei diritti del minore alla propria identità, ma anche alla piena fruizione ed espressione della propria vita familiare.

Vi è da dire che nel nostro Paese recentemente la Consulta8 ha dichiarato l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76 e dell’art. 29, comma 2, del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, nella parte in cui escludono che la madre intenzionale possa essere riconosciuta come genitrice del bambino – nato in Italia – a seguito di un progetto di fecondazione assistita perfezionato all’estero, nell’ambito di una coppia omogenitoriale femminile unita civilmente, poiché una diversa tutela del miglior interesse del minore, è ben possibile, ma le forme per attuarla attengono al piano delle opzioni rimesse alla discrezionalità del legislatore. In buona sostanza, la Consulta afferma che il riconoscimento della omogenitorialità, all’interno di un rapporto tra due donne unite civilmente, pur non essendo ordinato dalla Costituzione, rende possibili soluzioni di segno diverso, in base alle valutazioni che solo il legislatore può dare.

Il provvedimento in commento richiama un’ordinanza della Cassazione che: “ha ritenuto di sottoporre al vaglio della Consulta la legittimità costituzionale dell’art. 12 della legge 40/2004, dell’art. 18 d.P.R. 396/2000 e dell’art. 64 c. 1 legge 218/1995 per come interpretati dalla sentenza Cassazione SU nr. 12193/2019, sulla base della constatazione che il diritto vivente formatosi a seguito della predetta pronuncia si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali sanciti dalla Costituzione e dalla giurisprudenza costituzionale in materia di diritti inviolabili del minore e del diritto di uguaglianza correlati ai rapporti di filiazione”.

Nelle more della pubblicazione della sentenza genovese, la Consulta ha risposto al quesito dichiarando l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 12, comma 6, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, 64, comma 1, lett. g), della legge 31 maggio 1995, n. 218 e 18 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, in riferimento agli artt. 2, 3, 30, 31 e 117, comma 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 8 CEDU e agli artt. 2, 3, 7, 8, 9, e 18 della Convenzione sui diritti del fanciullo, nella parte in cui non consentono, secondo l’interpretazione attuale del diritto vivente, che possa essere riconosciuto e dichiarato esecutivo, per contrasto con l’ordine pubblico, il provvedimento giudiziario straniero relativo all’inserimento nell’atto di stato civile di un minore procreato con le modalità della gestione per altri del genitore d’intenzione9. Secondo il Giudice delle Leggi, i principi sanciti in materia dalla nostra Costituzione impediscono la trascrizione del provvedimento giudiziario straniero, e dell’originario atto di nascita, che indichino quale genitore del bambino il padre d’intenzione; ma, quelle stesse norme prescrivono che, in tal caso, sia comunque assicurata tutela all’interesse del minore al riconoscimento giuridico del suo rapporto con entrambi i componenti della coppia.

Sul tema del supposto contrasto con l’ordine pubblico, un altro interessante passaggio del provvedimento in commento da analizzare, è il seguente: “discende che la non contrarietà all’ordine pubblico dell’omogenitorialità, l’evoluzione del diritto di famiglia, la più ampia tutela riconosciuta alle unioni affettive diverse dal matrimonio, sia eterosessuali che omosessuali, costituiscono il perno di diverse pronunce di merito e di legittimità secondo cui l’omogenitorialità si inserisce nelle diverse forme di esercizio dell’autodeterminazione affettiva e familiare riconosciute dal nostro ordinamento”. Tale assunto merita il richiamo ad una recente sentenza delle Sezioni Unite che nel marzo 202110 ha affermato ancora una volta come il concetto di ordine pubblico, limite al riconoscimento di sentenza o provvedimento giurisdizionale straniero, sia stato da tempo individuato nel “sistema di tutele approntate a livello sovraordinato rispetto a quello della legislazione primaria, sicché occorre far rifermento alla Costituzione e, dopo il Trattato di Lisbona, alle garanzie approntate ai diritti fondamentali dalla Carta di Nizza, elevata a livello dei trattati fondativi dell’Unione Europea dall’art. 6 TUE”11.

Il giudice dunque, tutte le volte in cui deve stabilire l’ammissibilità con l’ordine pubblico dell’atto di stato civile straniero (nella specie affrontata dalle Sezioni Unite, si trattava di un adoption order), i cui effetti si chiede di riconoscere in Italia, deve verificare non già se quell’atto applichi una disciplina della materia conforme o difforme rispetto a quelle esistenti nel nostro sistema, ma se contrasti con le esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo desumibili dalla Costituzione, dai Trattati fondativi e dalla Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo12.

Ciò significa che i giudici di legittimità hanno optato per una nozione di ordine pubblico collegata ai principi supremi della Carta Costituzionale, tra cui rientrerebbe quello relativo all’interesse superiore del minore; alle norme costituenti esercizio della discrezionalità legislativa, come la disciplina delle unioni civili di cui alla legge n. 76/2016, nonché al principio solidaristico che è alla base della genitorialità sociale che la legge n. 184 del 1983 in tema di adozione ed il diritto vivente hanno contribuito a plasmare attraverso plurime figure di genitorialità adottiva, per salvaguardare la continuità affettiva e relazionale. È divenuto, infatti, consueto leggere nelle sentenze dei Giudici di Strasburgo, in particolare nei procedimenti adottivi, il richiamo al principio secondo cui il rapporto affettivo che si sia consolidato all’interno di un nucleo familiare – sia che lo si intenda in senso tradizionale o ad esso omologabile – deve essere conservato, a prescindere dalla corrispondenza con un rapporto giuridicamente riconosciuto, salvo che vi sia un accertamento di fatto contrario a questa soluzione.

Inoltre, la Corte europea riconosce la violazione del principio di non discriminazione stabilito dall’art. 14 della Convenzione in presenza di una ingiustificata disparità di regime giuridico tra le coppie eterosessuali e le coppie formate da persone dello stesso sesso.

Nessuna importanza ha, poi, il fatto che il minore sia inserito in una famiglia costituita da coppia omosessuale: d’altro canto, la Cassazione sul punto si è già espressa ritenendo che l’asserita dannosità di tale inserimento va provata in concreto sulla base di certezze scientifiche o dati di esperienza e non può essere fondata sul pregiudizio dell’orientamento sessuale13; né può avere incidenza sull’idoneità all’assunzione della responsabilità genitoriale l’orientamento sessuale della coppia14.

Sul fatto, poi, che la recisione dei legami del minore con i genitori biologici sulla base del libero consenso prestato non sia contrario ai principi di ordine pubblico, le Sezioni Unite, nelle sue considerazioni finali, richiama un principio espresso da una lontana sentenza della Consulta: “È ben vero che – in questo quadro – l’adozione consensuale può in concreto mascherare illecite cessioni, di vario tipo, stimolando la creazione di vere e proprie situazioni di ‘mercato’ che – ove si determinino – snaturano e inquinano profondamente l’approccio degli adottanti ai minori. Ma la constatazione della esistenza di questo fenomeno – che, secondo denunzie che promanano da vari organismi e sedi anche internazionali, avrebbe assunto dimensioni preoccupanti – non può di per sé condurre questa Corte a ritenere fondata una questione che poggia su generalizzazioni indimostrate”15.

Deve perciò, essere assicurato il preminente interesse del minore nelle determinazioni che incidono sul suo diritto all’identità, alla stabilità affettiva, relazionale e familiare, contenuto nella Carta Costituzionale e nelle Convenzioni internazionali.



NOTE

1 La sentenza in esame richiama un suo precedente: “Nell’ipotesi di nascita in seguito a fecondazione eterologa realizzata all’estero da parte di una coppia dello stesso sesso deve iscriversi anche il nome della madre non biologica nell’atto di nascita del minore”. Trib. di Genova, decr. 8 novembre 2018 (pres. est. D. Canepa) in www.articolo29.it (consultato il 30 marzo 2021).

2 Trib. di Brescia, decr.,11 novembre 2020; Corte App. Trento, decr., 16 gennaio 2020; Trib. Bologna, decr. 6 luglio 2018 e Trib. di Pistoia, decr. 5 luglio 2018, tutte in www.articolo29.it (consultato il 22 ottobre 2021).

3 “Parere consultivo sul riconoscimento nel diritto nazionale di una relazione di filiazione tra un bambino nato in maternità surrogata praticata all’estero e la madre dell’intenzione” (P16-2018-001).

4 Alla luce delle considerazioni svolte, la Corte all’unanimità ha affermato quanto segue: “1. Il diritto al rispetto della vita privata ai sensi dell’art. 8 della Convenzione richiede che il diritto interno offra una possibilità di riconoscimento del legame di filiazione tra il bambino e la madre intenzionale designata nell’atto di nascita legalmente formato all’estero come madre legale; 2. Il diritto al rispetto della vita privata del minore ai sensi dell’art. 8 della Convenzione, non richiede che questo riconoscimento passi attraversi la trascrizione sui registri dello stato civile dell’atto di nascita formato all’estero: può attuarsi attraverso la strada dell’adozione del bambino da parte della madre intenzionale, a patto che i modi previsti dal diritto interno garantiscano l’effettività e la celerità della procedura nell’interesse superiore del minore”.

5 Corte Cedu, 25 gennaio 2015, in Foro it., 2015, IV, 117, con nota di G. casaBuri.

6 V. Corte Cedu, 7 febbraio 2002, in Banca Dati Pluris on Line.

7 M.C. Venuti, La condizione giuridica dei bambini nati da gestazione per una coppia di uomini, in www.articolo29.it, 2018, 17 (consultato il 22 ottobre 2021). 8 Corte Cost., Sent., 4 novembre 2020, n. 230, in Banca Dati Pluris on Line.

9 Corte Cost., Sent., 9 marzo 2021, n. 33, in Banca Dati Pluris on Line. La questione è stata rimessa alla Consulta dalla Cass. civ., Sez. I, ord. di remissione, 29 aprile 2020, n. 99, in Banca Dati Pluris on Line.

10 La Cassazione ha espresso il seguente principio di diritto: “Non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia omoaffettiva maschile che attribuisca lo status genitoriale secondo il modello dell’adozione piena o legittimante, non costituendo elemento ostativo il fatto che il nucleo familiare del figlio minore adottivo sia omogenitoriale ove sia esclusa la preesistenza di un accordo di surrogazione di maternità a fondamento della filiazione”. Cass. civ., sez. un., sent. 31 marzo 2021 n. 9006, in www.osservatoriofamiglia.it.

11 Cass. civ., sez. L, 21 gennaio 2013, n. 1302; Cass. civ., sez. I, 28 dicembre 2006, n. 27592 e Cass. civ., sez. L, 23 febbraio 2006, n. 4040 tutte in Banca Dati Pluris on Line.

12 Cass. civ., sez. I, 30 settembre 2016, n. 19599, in Banca Dati Pluris on Line. 13 Cass. civ., sez. 1, 11 gennaio 2013, n. 601, in Banca Dati Pluris on Line.

14 Cass. civ., sez. 1, 22 giugno 2016, n. 12962 e Cass. civ., sez. I, 20 giugno

2017, n. 12502, in Banca Dati Pluris on Line.

15 Corte Cost., 11 dicembre 1989, n. 536, in Banca Dati Pluris on Line.