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Sui presupposti per la revisione dell’assegno divorzile (nota a Cass. Civ., Sez. I, sent. 25 gennaio 2021, n. 1479)

autore: L. Costantino,

1. Il caso



Il caso trae origine da una domanda di revisione dell’assegno divorzile, nel senso della sua riduzione, promossa dal coniuge onerato e rigettata sia in prime cure, sia in sede di reclamo. A fondamento della richiesta Tizio aveva dedotto: a) la riduzione dei propri redditi (circostanza risultata priva di prova in sede di merito); b) il mutato orientamento della giurisprudenza di legittimità sui presupposti per la concessione dell’assegno divorzile (Cass. 11504/2017), secondo il quale in forza del principio di autoresponsabilità il parametro per il riconoscimento dell’assegno divorzile non sarebbe più ancorato al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Avverso la decisione resa dalla Corte d’appello, in sede di reclamo ex art. 739 c.p.c., Tizio ricorreva in Cassazione ex art. 111 Cost. e lamentava una erronea applicazione di legge da parte del giudice del reclamo. In particolare, nella prospettazione del ricorrente, la Corte d’appello aveva erroneamente ritenuto applicabile alla fattispecie il “tenore di vita” goduto dall’ex coniuge in costanza di matrimonio, quale parametro cui ancorare la valutazione circa la adeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, parametro obliterato dal nuovo orientamento giurisprudenziale, richiamato dall’onerato a fondamento della richiesta di riduzione dell’assegno divorzile1.



2. La soluzione fornita dalla Corte



La Corte di cassazione dichiarava l’inammissibilità del ricorso sulla base dei seguenti principi: (i) il mutamento nelle condizioni di fatto patrimoniali e reddituali delle parti è un presupposto necessario per la revisione delle condizioni economiche stabilite in sede di divorzio (ovvero di cessazione degli effetti civili del matrimonio); (ii) il formarsi di un nuovo orientamento giurisprudenziale, sia pur avallato dalle Sezioni Unite, non rientra nei “giustificati motivi” che legittimano ex se l’accesso allo strumento di cui all’art. 9, l. n. 898/1970. Nella fattispecie, in assenza di un mutamento nelle condizioni patrimoniali delle parti, la Corte di cassazione afferma come non sia consentito alle parti il ricorso al procedimento di revisione delle condizioni di divorzio, non essendo sufficiente il richiamo al nuovo orientamento giurisprudenziale formatosi in tema di assegno divorzile. Inoltre, il provvedimento di cui si chiedeva la modificazione veniva emesso in data anteriore al formarsi del nuovo orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 11504/2017 e Cass., sez. un., n. 18287/2018), pertanto questo all’epoca non avrebbe potuto trovare applicazione, né vi erano spazi per farlo valere nell’autonomo e successivo giudizio di revisione, non sussistendo i presupposti per l’esperimento della relativa azione. Per tali ragioni, la Corte di cassazione dichiarava l’inammissibilità del ricorso.



3. Motivi della decisione.



Sui presupposti per la revisione dell’assegno divorzile La pronuncia si inserisce, come anticipato, nell’alveo di un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui i “giustificati motivi” che consentono la modifica delle condizioni di divorzio ineriscono a mutamenti nelle circostanze di fatto, sopravvenuti rispetto al momento di adozione delle relative condizioni2 . In tal senso, si afferma che le sentenze di divorzio (e separazione3 ) passino in cosa giudicata rebus sic stantibus4 , rimanendo suscettibili di modifica, quanto ai rapporti economici o all’affidamento dei figli, solo in caso di sopravvenienza di fatti nuovi, idonei a mutare il pregresso assetto patrimoniale-reddituale (secondo una valutazione comparativa delle condizioni economiche di entrambe le parti), ovvero quello relativo alle condizioni per l’esercizio della responsabilità genitoriale. È esclusa, invece, la rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte nel primo giudizio in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile5 . A ciò consegue che il giudice, in sede di revisione dell’assegno divorzile, ai sensi dell’art. 9 l. 898/1970, non può procedere a una nuova e autonoma valutazione dei presupposti o della entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta nel primo giudizio. Il secondo profilo toccato dall’ordinanza è se il nuovo orientamento formatosi nella giurisprudenza di legittimità in relazione alla attribuzione e quantificazione dell’assegno divorzile possa rientrare tra i “giustificati motivi” che legittimano di per sé una richiesta di revisione delle condizioni economiche stabilite in sede di divorzio6 . La Corte nel fornire una risposta negativa a tale assunto richiama a sostegno una precedente pronuncia7 , ove, con motivazione più ampia rispetto all’ordinanza in commento, la Cassazione aveva già precisato che la nozione di giustificati motivi sopravvenuti comprende solo gli elementi di fatto sopravvenuti alla decisione di divorzio, che comportino un mutamento delle condizioni patrimoniale delle parti. Di contro, tra i giustificati motivi non possono farsi rientrare i mutamenti giurisprudenziali perché “l’interpretazione giurisprudenziale costituisce una chiave di lettura dei dati di fatto rilevanti per il diritto e non li produce essa stessa né nel mondo fenomenico né […] quale fonte normativa”. In assenza del verificarsi dei fatti sopravvenuti, pertanto, il diritto all’assegno trova la sua fonte nel giudicato rebus sic stantibus, inclusivo dei parametri già valutati. Qualora, invece, sussistano circostanze sopravvenute tali da far sorgere in capo a una delle parti l’interesse ad agire per il mutamento, l’accertamento in ordine alla determinazione e quantificazione dell’assegno divorzile deve essere effettuato dal giudice della revisione “al lume dei rinnovati principî giurisprudenziali”. La sentenza in commento si inserisce nell’indirizzo tracciato da Cass. n. 1119/2020 e ne conferma le conclusioni, con ciò consolidando l’orientamento che, di fatto, preclude l’accesso al procedimento di revisione ex art. 9 l. 898/1970 sulla esclusiva base del nuovo indirizzo giurisprudenziale in tema di assegno divorzile. La soluzione accolta dalla Cassazione ha suscitato alcune critiche8 per la portata eccessivamente restrittiva attribuita alla norma, là dove esclude la rilevanza di un fatto preesistente, ma rilevante sulla base del mutato orientamento giurisprudenziale9 . Sotto tale profilo, si evidenzia come la Suprema Corte, sia pur con riferimento all’applicabilità del nuovo orientamento ai procedimenti in corso, abbia chiarito che “l’individuazione di una regola giuridica piuttosto che un’altra implica, spesso, la valorizzazione di un diverso quadro fattuale”, con ciò valorizzando la necessità di un riesame anche delle circostanze in fatto alla luce dei rinnovati principi giurisprudenziali10. Tale aspetto non sembra affrontato dall’ordinanza in commento, che supera una serie di criticità interpretative, poggiandosi sul consolidato orientamento di legittimità che individua nelle sopravvenienze il presupposto per la richiesta di revisione dell’assegno divorzile, e, in tale quadro, la decisione di non consentire indiscriminatamente l’accesso al giudizio di revisione, sulla base del solo mutamento giurisprudenziale, appare giustificato da esigenze sistematiche11.

Pertanto, non vi è dubbio sul fatto che il successivo giudizio di revisione debba essere compiuto sulla base dei parametri per la determinazione dell’assegno, come ridisegnati da S.U. 18287/18, tuttavia, l’accesso al procedimento ex art. 9 l. 898/1970 resta precluso in assenza di fatti sopravvenuti.

NOTE

1 Sul noto orientamento della Corte di legittimità che ha ridisegnato i parametri per la attribuzione e determinazione dell’assegno divorzile sia consentito, in questa sede, richiamare Cass., sez. un., 11 luglio 2018, n. 18287, in Foro it., 2018, 9, 2671, con nota di richiami e note di G. Casaburi e di M. Bianca, e ibid., 3605, con note di A. Morace Pinelli e di F. Macario, Una decisione anomala e restauratrice delle sezioni unite nell’attribuzione (e determinazione) dell’assegno di divorzio, ibid., 3605; Cass. 7 febbraio 2018, n. 3016, in Dir. e Gius, 2018, Cass. 10 maggio 2017, n. 11504, con nota di G. Casaburi, in Foro it., 2017, 6, 1859, con commenti di S. Patti, Assegno di divorzio un passo verso l’Europa?, id., 9, 2707, B. Mirzia, Il nuovo orientamento in tema di assegno divorzile. Una storia incompiuta, ibid., 2715, in Dir. e Gius. con nota di A. Di Lallo.

2 Ex multis, Cass. 3 febbraio 2017, n. 2953, in Foro it., Rep., 2017, voce Matrimonio, n. 213, Cass, 13. Gennaio 2017, n. 787, ibid., n. 210, Cass. 30 luglio 2015, n. 16173, id., Rep. 2015, voce cit., n. 183, Cass. 20 marzo 2012, n. 4376, id., 2012, 1, 1010.

3 Le medesime considerazioni in merito alla sopravvenienza di mutamenti nelle circostanze in fatto valgono con riferimento all’analogo giudizio di revisione delle condizioni della separazione, ex art. 710 c.p.c., che ha la finalità di adeguare nel tempo, sulla base di una più attuale e concreta valutazione dell’interesse della prole e dei coniugi, le decisioni già adottate, v., ex multis, Cass. 13 gennaio 2017, n. 789, in Foro it., 2017, 1, 1860, Cass, 12 maggio 2012, n. 7770, id., Rep., 2012, voce Separazione di coniugi, n. 115.

4 Sulla diversa questione dell’esperibilità del giudizio di modifica delle condizioni di separazione ex art. 710 c.p.c. e dell’analogo giudizio di modifica delle condizioni di divorzio, ai sensi dell’art. 9 l. 1º dicembre 1970 n. 898, solo a seguito del formarsi del giudicato sulla relativa sentenza, v. Cass., 15 ottobre 2014, n. 21874, id., Rep. 2014, voce Matrimonio, n. 106; Cass. 24 luglio 2007, n. 16398, id., Rep. 2007, voce Separazione dei coniugi, n. 194; sez. un. 27 luglio 1993, n. 8389, id., 1994, I, 724, con nota di F. Cipriani.

5 Cfr., anche, C. Cecchella, Diritto e processo nelle controversie familiari e minorili, Torino, 2018, 99-103, che osserva come non si possa prescindere da una sopravvenienza, non tanto per una letterale previsione della norma, quanto in base ai principi sui limiti cronologici del giudicato.

6 Si evidenzia come a seguito del formarsi del “nuovo” orientamento di legittimità in tema di assegno divorzile la dottrina non aveva mancato di evidenziare le possibili ripercussioni applicative in relazione a tutti quei casi in cui la pronuncia delle sezioni unite fosse intervenuta quando il processo di divorzio era stato già definito e si era oramai formato il giudicato sulla questione dell’assegno divorzile, cfr. F. Tommaseo, La decisione delle sezioni unite e la revisione ex art. 9 l. div. dell’assegno postmatrimoniale, in Fam. e dir., 2018, 1050, F. Danovi, Assegno di divorzio e rilevanza del tenore di vita matrimoniale: il valore del precedente per i giudizi futuri e l’impatto sui divorzi già definiti, id., 2017, 655; M. Cea Costanzo, L’assegno di divorzio e la nomofilachia intermittente, in Foro it, 2018, 1, 3999. Appariva chiaro, infatti, che vi era la possibilità che si aprisse la via a innumerevoli richieste di revisione fondate sulla sola applicazione del mutato orientamento.

7 Cass. 20 gennaio 2020, n. 1119, in Foro it., 2020, 7, 2436, con nota di M. Cea Costanzo, in Riv. dir. fam. e succ., 2020, 1, 20, con nota di B. Triestina, in Dir. e Gius, con nota di K. Mascia. Nello stesso senso, anche Cass. 18 ottobre 2020, n. 22265. Cfr. anche, Cass., 22 giugno 2017, n. 15481, con nota di G. Casaburi, id., 2017, 7, 2259, che fa applicazione dell’orientamento giurisprudenziale inaugurato da Cass. n. 11504/2017 in un procedimento di revisione ex art. 9 l. 898/1970, precisando che il giudice nel valutare se le circostanze sopravvenute integrino giustificati motivi di revisione dell’assegno, debba fare riferimento non più alla conservazione, da parte dell’avente diritto, del medesimo tenore di vita pregresso (parametro conforme al pregresso orientamento giurisprudenziale), ma al conseguimento, da parte dello stesso, dell’autosufficienza economica.

8 Cfr. M. Cea Costanzo, La revisione dell’assegno divorzile all’indomani di sez. un. 18287/18: un mal riuscito tentativo di nomofilachia, in Foro it., 2020, 7, 2436, critico sulla soluzione fornita da Cass. n. 1119/2020, richiamata dalla sentenza in commento. L’Autore propone una lettura estensiva della norma tale da ricomprendere nel concetto di “sopravvenienza di un fatto”, non solo la sopravvenienza cronologica di un fatto che modifichi il preesistente quadro fattuale, lasciando inalterata la regola giuridica, ma anche l’ipotesi in cui un fatto, preesistente alla decisione, ma privo di qualsiasi significato giuridico rispetto ad essa, acquisti successivamente rilevanza una volta che vengano individuate diverse coordinate giuridiche che portino all’affermazione di una nuova regola giuridica. In tale prospettiva, per fatti sopravvenuti devono intendersi anche quelli preesistenti la decisione (passata in giudicato) investita dalla domanda di revisione, ma che a quell’epoca non avevano alcuna rilevanza in relazione alla regola giuridica allora vigente, diventando per contro rilevanti in un momento successivo perché, in forza di un intervento nomofilattico, si afferma una nuova regola giuridica.

9 Sotto altro aspetto, la pronuncia in commento parrebbe affermare che il nuovo orientamento debba essere tenuto in considerazione dal giudice solo ex post, cioè dopo aver valutato la sussistenza di mutamenti in fatto, tuttavia appare, invece, necessario che anche la valutazione della esistenza o meno di giustificati motivi debba essere compiuta sulla scorta dei nuovi principi.

10 Cass. 23 aprile 2019, n. 11178, in Foro it., 2019, I, 3129, con osservazioni di G. Casaburi, che affronta la diversa questione della applicabilità del nuovo orientamento ai procedimenti in corso. La Corte afferma che “il nuovo indirizzo interpretativo non comporta soltanto una diversa valutazione giuridica di un quadro fattuale inalterato, essendo facilmente intuibile che l’applicazione di una regola giuridica funge anche da griglia di selezione delle allegazioni dei fatti rilevanti (e, conseguentemente, delle prove)”. In tale ottica, la Cassazione ha affermato che in tale fattispecie (S.U. n. 18287/2018 era intervenuta in pendenza di giudizio di legittimità), la Corte può decidere nel merito la causa se, per l’applicazione della nuova regola affermata dalle Sezioni Unite, non sia necessario l’accertamento di nuovi fatti; altrimenti, dovrà cassare con rinvio la sentenza impugnata, con conseguente vincolo per il giudice ad quem di attenersi alla nuova regola e fermo restando che anche nel giudizio di rinvio le parti potranno essere rimesse nei poteri di allegazione e prove conseguenti al dictum delle Sezioni Unite.

11 V’è da dire che una diversa soluzione avrebbe comportato delle ricadute applicative di indubbia portata, aprendo la via a un generalizzato ricorso all’istituto della revisione dell’assegno divorzile, con un impatto sul sistema giustizia di notevole entità.