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Stimolare una cultura della ricomposizione consensuale dei conflitti

autore: M. Labriola

Stimolare una cultura della ricomposizione consensuale dei conflitti, con questo incipt la Ministra di Grazia e Giustizia, dott. ssa Cartabia, ha informato la stampa dell’avvio dell’iter legislativo dopo il deposito degli emendamenti al d.d.l. 1662. Il disegno di legge, che ha mosso i primi passi durante il mandato del Ministro Buonafede, sembra arrivato alle battute finali con il significativo contributo, di alto profilo scientifico, di una commissione presieduta dal prof. Luiso. Si porta all’attenzione dei lettori della nostra rivista qualche spunto di riflessione su alcuni interventi di modifica delle precedenti normative in tema di risoluzioni alternative dei conflitti, sottolineando, preliminarmente, come non si profili ancora una sistematica ed organica organizzazione della materia, tuttavia, le novelle vanno accolte positivamente. Preliminarmente, in vista di un nuovo paradigma che tenda alla implementazione degli strumenti delle soluzioni alternative delle controversie, vengono valorizzati gli incentivi fiscali. Nel testo del d.d.l. si legge testualmente che la procedura di riconoscimento del credito di imposta prevista dall’art. 20 del decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, deve essere semplificata ed estesa alle spese di assistenza all’avvocato in mediazione e alle stesse spese di mediazione. Tuttavia, solo la mediazione può uscir davvero rafforzata da tali sostegni economici, attesa l’esclusione della negoziazione assistita dagli aiuti fiscali. La riforma fa riferimento al finanziamento di un fondo annuale per il credito di imposta esteso fino a € 600 per le parti che proseguono oltre il primo incontro che, di fatto, rende gratuita per le stesse la prima fase obbligatoria della mediazione. Questo argomento incrocia un’altra questione che ha suscitato una particolare attenzione da parte degli avvocati: l’estensione del beneficio del patrocinio a spese dello Stato. Difformemente da quanto deciso sotto il profilo degli incentivi fiscali, il gratuito patrocinio è stato di recente oggetto di intervento normativo da parte del Consiglio dei Ministri1 all’interno della negoziazione assistita – ma solo quella obbligatoria – eppure, in tale modifica, non è ricompresa l’attività di mediazione, sul presupposto in base al quale l’espletamento di questa attività non necessita di assistenza legale. Non ci si lasci fuorviare dalla facoltatività – e quindi da un potenziale ridotto vantaggio economico/fiscale per le parti – dell’attività di mediazione che precede o segue le procedure di diritto di famiglia, che, infatti, non sono previste come condizione di procedibilità necessaria, atteso che anche altri istituti o materie che intersecano i diritti delle persone, si pensi allo scioglimento della comunione dei beni e al giudizio di divisione, sono aspetti che, ricompresi tra i tentativi obbligatori di mediazione, usufruiranno dei vantaggi fiscali. Una espressa esenzione non può che favorire la persecuzione bonaria di materie, come quelle patrimoniali, foriere di scontri familiari spesso molto aspri. Sul punto, negli atti parlamentari del d.d.l. n. 1662, si sottolinea che i dati statistici in materia di mediazione (2016, 2017 e primo trimestre 2018) evidenziano come tale ultimo strumento si presenti alquanto efficace nella materia dello scioglimento delle comunioni. Questi dati evidenziano l’opportunità di potenziare – al di là dell’ipotesi di cui all’art. 791- bis del codice di procedura civile – lo strumento della mediazione, come efficace filtro idoneo ad assicurare alle parti una soluzione rapida del contenzioso. L’art. 10 d.d.l. 1662 disciplina dettagliatamente, attraverso una procedura ad hoc con consistente snellimento dei tempi, il giudizio di divisione delle comunioni, settore molto delicato per la diffusione e l’importanza in termini di impatto sociale ed economico delle cause attinenti a tale materia2 . In ragione di quanto su evidenziato, l’esclusione dal beneficio del patrocinio a spese dello Stato in questa materia oggetto di mediazione, non è condivisibile attese le possibili carenze economiche da parte di chi debba attendere l’esito del giudizio di scioglimento per sottrarsi ad una eventuale condizione di indigenza. Oltre a ciò, nei gradini più alti della scala delle priorità nell’utilizzo della composizione bonaria dei conflitti, la riforma prevede l’attività di formazione permanente con l’organizzazione di corsi base ma, ciò che più interessa, con corsi di aggiornamento continuativi e propedeutici allo svolgimento di attività del mediatore. Le tabelle che contengono le statistiche sulla tempistica dell’attività giurisdizionale, predisposte dal Ministero e riprodotte nella premessa degli atti parlamentari al d.d.l. 1662, offrono l’opportunità di comprendere la durata media del processo civile italiano, nel rito sommario di cognizione, nel rito ordinario e nel secondo grado, attestandosi rispettivamente: su 470 giorni e su 1.270 giorni (un anno e mezzo per il primo e quasi quattro per i secondi). Le indagini dimostrano, all’opposto, che la mediazione ha avuto risultati positivi di efficienza in misura prevalente nelle controversie dove è presente una stretta relazione intercorrente tra le parti, di natura contrattuale, familiare o comunque di conoscenza. Dunque, volgendo lo sguardo alle ricerche sulla mediazione e sulla negoziazione assistita emerge come le parti, invitate a negoziare un accordo o a mediarlo – nel corso del solo primo semestre dell’anno 2018 – hanno aderito nel 50% dei casi e hanno conciliato la lite il 26% delle volte, sul totale delle iscrizioni. La percentuale di successo (26,1%) sale al 44,3% se le parti svolgono più di un incontro in mediazione. Lo studio condotto dal Ministero fornisce un’ulteriore chiave di lettura significativa: la più alta percentuale di procedimenti conciliati e negoziati tra le parti riguarda la crisi familiare (separazioni, divorzi e procedure di modifica delle separazioni e divorzi). Il che induce ad implementare, per una più diffusa cultura sull’importanza della ricomposizione del conflitto, sia la demandabilità da parte del giudice sia la formazione degli operatori. Infatti, la rilevante ed ormi imprescindibile previsione di una preventiva demandabilità in mediazione da parte degli organi giudicanti segna il vero cambio di passo evocato dalla Guardasigilli. Tale invito necessita di una approfondita consapevolezza della magistratura, per motivare l’utenza che si rivolge alla giustizia. Al contempo gli avvocati assolveranno al dovere deontologico di informativa verso i propri clienti. Sotto questo profilo, si è, altresì, immaginata l’istituzione di un ufficio per il processo, con l’acronimo UPP, sulla base del positivo esito di sperimentazione condotta in alcuni tribunali del territorio nazionale, che hanno previsto l’affiancamento dei giudici da parte di laureati ma, soprattutto, di esperti nella valutazione sulla fattibilità della mediabilità della causa. Si è così potuto dimostrare come la mediazione demandata dal giudice abbia prodotto un significativo effetto deflattivo del processo e un conseguente notevole risparmio sia dal lato dell’offerta che da quello della domanda di giustizia – atteso che numerosi processi sono stati interrotti o non sono stati avviati in ragione della acquisizione crescente di competenze negoziali da parte degli avvocati e dei consociati. Il negli atti parlamentari del disegno di legge si prende atto, tra l’altro, con un analitico riscontro della fattibilità delle misure alternative di soluzione dei conflitti sino ad oggi messe in atto, della esigenza di ulteriormente estendere o del tutto escludere alcune materie interessate dall’esperimento obbligatorio degli istituti della mediazione, poiché, in talune ipotesi, la obbligatorietà non è apparsa di grande utilità ai fini deflattivi della giurisdizione. Si pensi, a titolo esemplificativo, al settore bancario e assicurativo, alle questioni relative alla responsabilità del medico, ambiti in cui la composizione delle controversie si realizza già attraverso precipue leggi speciali. Anche sotto il profilo della obbligatorietà della negoziazione assistita, atteso l’insuccesso, se ne è ipotizzata l’esclusione, per esempio, nella materia relativa alla circolazione stradale. Sarà compito, poi, del CNF elaborare e redigere un unico modello di convenzione di negoziazione assistita. A tal riguardo, la funzione dell’avvocato si connota di maggiori e più pregnanti interventi, sempre per l’interesse di quella funzione conciliativa, con la utile previsione per cui il difensore possa svolgere l’attività istruttoria preventiva, diretta ad anticipare l’acquisizione di materiale probatorio da utilizzarsi nel corso della stessa procedura di negoziazione nel rispetto del contraddittorio delle parti e dei loro legali. La Relazione illustrativa redatta dalla Commissione presieduta dal prof. Luiso, nell’ambito delle proposte in materia di procedimenti di famiglia e proposta di riforma ordinamentale, interviene sull’art. 6 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. Sotto l’impulso dei rilievi mossi, sino ad oggi, da parte della categoria forense sulla lacuna legislativa, nella normativa della negoziazione assistita, che aveva inteso escludere dall’ambito applicativo i figli non matrimoniali e le questioni relative agli alimenti, sono state fornite risposte La nuova ipotesi estende la possibilità di accordo di negoziazione assistita ai procedimenti che disciplinano la modalità di affidamento e mantenimento, appunto, dei figli nati fuori del matrimonio e dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti nati da genitori non coniugati. Inoltre, si allarga la disciplina, in un’ottica di favore e di impulso dello sviluppo dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie, ai procedimenti relativi ai figli maggiorenni, quali legittimati attivi in proprio, nei confronti dei genitori e, infine, alla disciplina della determinazione degli alimenti di cui agli artt. 433 e ss. del c.c. Si legge nella predetta relazione a firma del prof. Luiso che la grave lacuna, oltre a generare una non giustificata discriminazione in danno dei genitori non coniugati, esclusi dall’accesso alla negoziazione assistita, impedisce di ricorrere a tale modalità alternativa di soluzione delle controversie per un rilevante numero di casi. Appare, pertanto, opportuno estendere la negoziazione assistita sia ai procedimenti per la disciplina delle modalità di affidamento e mantenimento dei figli minori nati fuori del matrimonio sia ai procedimenti per la disciplina delle modalità di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti, nati da genitori non coniugati, nonché alle eventuali modifiche di condizioni già determinate3 . Altri importanti passaggi, su cui l’incertezza giurisprudenziale e le difformità di prassi che all’interno delle Procure nazionali avevano creato discordanti applicazioni, si riferiscono a due nuove previsioni, in qualche maniera integrative del vuoto normativo, a) l’accordo raggiunto in sede di separazione, divorzio e modifica delle condizioni, sarà titolo idoneo per la trascrizione di eventuali trasferimenti immobiliari, ai sensi dell’art. 2657 c.c. e b) la possibilità di prevedere nell’ambito della negoziazione assistita in materia familiare la c.d. una tantum divorzile, prevista qualora uno degli ex coniugi corrisponda all’altro l’assegno divorzile in unica soluzione. Infine, ma non di secondario momento, è l’aver soddisfatto l’ulteriore necessità, al fine di dare certezza al regime di stabilità dei documenti relativi alla negoziazione assistita, su cui in precedenza si è inteso responsabilizzare gli avvocati con sanzioni pressanti. Gli accordi di negoziazione assistita saranno conservati a cura dei Consigli dell’ordine degli avvocati del luogo in cui è iscritto il difensore che ha sottoscritto l’accordo in materia familiare. L’esigenza è avvertita per l’importanza della materia e per la necessità che rimanga un archivio degli originali di accordi equiparati dall’articolo 6 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 a quelli giudiziali. Non si sottovaluti il complesso impianto del progetto di riforma e gli adeguati interventi di aggiustamenti previsti dalla commissione di studio nominata dalla Ministra, quindi, se la parola d’ordine deve essere una maggiore attenzione alla risoluzione dei conflitti fuori dal giudizio, gli strumenti alternativi dovranno rappresentare una pre-condizione imprescindibile della funzione giurisdizionale.

NOTE

1 Consiglio dei ministri, 20 maggio 2019 n. 59.

2 Si dovrà esperire una forma di mediazione distinta da quelle previste avanti un organismo di mediazione ex l. 28/2010.

3www.giustizia.it/cmsresources/cms/documents/commissione_LUISO_relazione_finale_24mag21.pdf, visionato il 13 luglio 2021.