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La flessibile posizione del minore nei processi familiari (nota a Cass. civ., sez. I, 30 luglio 2020, n. 16410),

autore: B. Poliseno

Sommario: 1. Il caso di specie. 2. La posizione del minore nei procedimenti che lo riguardano. 3. Il minore, parte in senso sostanziale e processuale. 4. Il minore, quale “soggetto degli effetti del provvedimento e del processo” nei procedimenti sul suo diritto ad una vita di relazione con gli ascendenti. 5. Il minore quale “soggetto degli effetti del provvedimento” nei procedimenti promossi dagli ascendenti. 6. La dubbia interpretazione livellatrice della Cassazione. 7. Al ribasso anche la “valenza procedimentale” del mancato ascolto. 8. L’incertezza del dettato normativo nel dubbio rinvio dell’art. 317-bis c.c. al (solo) secondo comma dell’art. 336 c.c. 9. I provvedimenti sul diritto degli ascendenti a preservare il rapporto con i nipoti minorenni sono ricorribili per Cassazione.



1. Il caso di specie



Il Tribunale per i minorenni di L’Aquila, adìto dagli ascendenti paterni nell’intento di vedersi riconoscere il diritto alla instaurazione e al mantenimento di una vita di relazione con la nipote minorenne, rigettava l’istanza, stante la loro incapacità, in più occasioni dimostrata, di gestire autonomamente i rapporti con la bambina; in particolare, il decreto evidenziava una situazione di conflitto e una chiara denigrazione della madre della minore, oltre ad un riscontrato rifiuto a intraprendere un percorso di riavvicinamento alla nipote attraverso incontri in un primo momento protetti.

La pronuncia veniva impugnata dai nonni perché, tra gli altri motivi, il Tribunale aveva omesso di provvedere all’ascolto della minore, ma anche la Corte di appello rigettava il reclamo; tenendo anche presente l’età, l’audizione non veniva ritenuta necessaria neanche dal giudice del gravame, essendo chiaro, secondo la Corte, che i divieti alla frequentazione tra nonni e nipote muovessero dalle inadeguate capacità educative e affettive dei primi verso la seconda1.

La nullità del decreto per violazione degli artt. 336 c.c. e 102 c.p.c. veniva invocata dai nonni dinanzi ai giudici di legittimità, sul presupposto che, per un verso, non era stata assicurata la partecipazione della minore al processo a mezzo di un difensore, per l’altro non si era comunque provveduto al suo ascolto.

La Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul diritto degli ascendenti, negato dalla Corte d’appello, a instaurare e mantenere rapporti significativi con la nipote2, cassava con rinvio il provvedimento, nella più generale considerazione che, pur dovendo escludere la necessità di una partecipazione formale al processo, nonché del difensore, il minore è comunque parte in senso sostanziale in tutti i processi che lo riguardano e, per salvaguardare il principio del contraddittorio e la tutela dei suoi diritti, deve essere ascoltato “ai fini del merito”, fatti salvi i casi in cui, se di età inferiore agli anni dodici, non sia capace di discernimento.



2. La posizione del minore nei procedimenti che lo riguardano



Prima di esaminare gli argomenti evocati dai due principì di diritto enunciati dalla Cassazione, giova ricordare che quello della posizione del minore nei procedimenti familiari incidenti sulla sua sfera sostanziale è un tema che sottende una concezione del processo civile minorile multiforme, a fronte della quale non può non tenersi conto delle diverse categorie di controversie e della correlata differente declinazione dei profili di tutela giurisdizionale di volta in volta riservati al minore di età3.

Se nei procedimenti diretti ad accertare o a negare l’esistenza della titolarità di veri e propri status, il minore è parte necessaria del processo, nei procedimenti sulla crisi della famiglia incidenti su diritti personali o a carattere economico di cui il minore è titolare ovvero sul mero esercizio degli stessi, benché la sua partecipazione non sia predeterminata ex lege, egli soggiace comunque agli effetti della decisione.

Mentre nei primi l’effettività della tutela è garantita proprio dalla necessità della sua partecipazione a pena d’inefficacia del provvedimento reso (anche) nei suoi confronti4, nei secondi, ove la partecipazione non è necessaria ed è rimessa alla valutazione personale dei soggetti coinvolti nella controversia ovvero del giudice, lo stato di “soggezione” del minore rispetto all’adulto non sempre trova nell’ordinamento processuale un giusto rimedio.

È con specifico riguardo a tale ultima categoria di controversie che i segmenti di tutela possibile variano a seconda delle modalità di acquisizione del ruolo di parte in senso sostanziale e/o processuale del minore, il quale, quand’anche non abbia preso formalmente parte al processo, ne subisce inevitabilmente gli effetti.

Nell’alveo delle controversie ove non è necessaria la partecipazione formale del minore al processo, sebbene quest’ultimo sia esposto agli effetti del provvedimento, si collocano anche i procedimenti volti ad incidere, al punto di negarne in tutto o in parte l’esercizio, sul suo diritto a conservare rapporti significativi con gli ascendenti o i parenti di ciascun ramo genitoriale5; basti pensare al procedimento avviato da uno dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale dinanzi al tribunale ordinario competente6, al fine di lamentare la condotta ostruzionistica dell’altro all’esercizio del diritto del minore a preservare un rapporto stabile con i nonni.

In una dimensione del tutto speculare a tali controversie è agevole ricomprendere la tipologia di procedimento che costituisce l’oggetto della fattispecie rimessa all’esame dell’ordinanza della Cassazione in rassegna7.

Invero, benché l’art. 317-bis c.c. contempli una tecnica processuale a beneficio degli ascendenti (o dei parenti di ciascun ramo genitoriale) per la tutela del loro diritto ad instaurare e mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni8, è di tutta evidenza che la domanda giudiziale proietti la decisione futura anche sul diritto “reciproco”9 di questi ultimi alla conservazione di relazioni altrettanto stabili e significative con i nonni (o con i parenti). Anche in tali controversie, dunque, pur potendo dubitare della necessità che il minore prenda parte in senso formale al processo, come ha fatto la Cassazione con l’ordinanza in epigrafe, non può negarsi che egli subisce gli effetti del provvedimento, nella misura in cui quest’ultimo incide (anche) sul suo diritto alla conservazione di un rapporto stabile con i nonni (o con i parenti).



3. Il minore, parte in senso sostanziale e processuale



Il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione impone di dare, pur sinteticamente, conto della ricostruzione teorica su cui si fonda la qualificazione del minore come parte del processo10; e ciò al preciso fine, per un verso, di provare a circoscrivere la cogenza del decisum in rassegna al procedimento de quo, volto al riconoscimento del diritto dei nonni o parenti e/o dei nipoti minorenni ad un rapporto stabile e significativo, evitando di orientarne gli effetti a qualsiasi altro procedimento che “riguarda” il minore, come sembrano invece aver optato i giudici di legittimità; per un altro, di verificare se le tecniche di tutela apprestate al caso di specie possano considerarsi adeguate al soddisfacimento delle garanzie poste a presidio dei diritti della nipote minorenne, anche soltanto indirettamente dedotti.

La dottrina processualcivilistica, nel porre in evidenza i diversi significati con i quali il codice di rito utilizza la nozione di parte nel processo, ha individuato due categorie concettuali11: a quella di parte in senso sostanziale, riferita ai soggetti del rapporto in conflitto, contrappone “la qualificazione minima e costante del soggetto nel processo”12 che si rinviene nella nozione di parte in senso processuale, ogniqualvolta il legislatore, nell’utilizzare il termine “parte”, intende riferirsi al “soggetto degli atti” ovvero al “soggetto degli effetti giuridici del processo”.

Orbene, il concetto di parte in senso sostanziale allude ai soggetti dell’azione, ossia ai soggetti che si individuano in relazione al diritto sostanziale affermato, nei confronti dei quali, se hanno assunto la veste di parte nel processo, si forma il giudicato secondo la regola codificata dall’art. 2909 c.c.13.

Sennonché, la titolarità del rapporto litigioso non attribuisce di per sé al soggetto inteso come parte destinataria degli effetti della sentenza “un ruolo attivo nel processo, ma soltanto una posizione di diritto sostanziale, sia pure determinata nel processo”14. Sul piano della tutela giurisdizionale, è l’acquisizione della veste di parte in senso processuale (seconda categoria della nozione) che rappresenta la “qualificazione soggettiva minima” immediatamente conseguente alla proposizione della domanda giudiziale.

Ora, se può apparire fisiologico ipotizzare che sia lo stesso soggetto a rivestire nel processo il ruolo di parte in senso sostanziale e quello di parte in senso processuale, quale soggetto degli atti e/o degli effetti del processo (quand’anche gli sia negata la qualificazione di “soggetto degli atti” perché privo della legitimatio ad processum), le due situazioni non sempre coincidono15. Può assistersi insomma ad una scissione tra le due qualità, nel senso che la prima può non ricorrere congiuntamente alla seconda16. In particolare, la parte in senso sostanziale può non essere né soggetto degli atti né degli effetti del processo ovvero può esserlo solo di questi ultimi e non dei primi; la parte in senso processuale, che sia tale per essere soggetto degli atti (si pensi alle ipotesi in cui il soggetto processuale abbia assunto il ruolo di rappresentante17 ovvero, pur affermandosi titolare del rapporto litigioso, di fatto non lo sia, ovvero perché, pur essendo intervenuto nel processo per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, non abbia da far valere un diritto proprio secondo quanto previsto dall’art. 105, comma 2, c.p.c.) oppure degli effetti del processo (si pensi agli eredi e agli aventi causa)18, può non rivestire la qualità di parte in senso sostanziale.

Ciò premesso, il riconoscimento in capo al soggetto minore di età della qualità di parte in senso sostanziale e processuale, perché rispettivamente destinatario degli effetti della sentenza e del processo, si rivela pressoché automatico ogni qualvolta la sua partecipazione sia considerata assolutamente necessaria: nei procedimenti diretti (anche) ad accertare o a negare l’esistenza della titolarità di veri e propri status, il figlio (maggiore o minore di età) subisce gli effetti della sentenza (e del processo) soltanto se ha preso parte al processo.

Diversamente, nelle controversie dirette ad incidere (anche) sui diritti di cui il minore è titolare ovvero sull’esercizio degli stessi, non registrandosi ipotesi di litisconsorzio necessario, il minore non si appalesa garantito dalla necessità ex lege di prendere parte al processo; sennonché l’idoneità del provvedimento giurisdizionale a spiegare i propri effetti (talvolta diretti) anche nei confronti del minore conduce ad affermare che, in tali procedimenti, ferma restando la necessaria presenza del rappresentante legale (legittimato processuale) quale “soggetto degli atti”, sia pur plausibile, in taluni casi, attribuire al soggetto minore di età la qualità di parte in senso sostanziale e processuale in quanto destinatario anche degli effetti del processo19.

Sebbene il riconoscimento della qualità di “parte in senso sostanziale” in capo al minore sia condiviso dalla dottrina e da parte della giurisprudenza, tuttavia nella prassi è agevole constatare che egli continua “ad essere privato delle prerogative riservate alla parte e relegato al ruolo di spettatore del processo, lasciando ai genitori il dominio attivo dei temi della controversia e confidando nell’intervento equilibratore del giudice o del p.m., soggetti istituzionali deputati al controllo e alla salvaguardia del suo interesse”20.

A fronte di ciò, la qualificazione della posizione del minore nel processo nei termini anzidetti segna la strada di accesso alle possibili garanzie rinvenibili nell’ordinamento, in tutti quei procedimenti, come quello promosso dagli ascendenti nella fattispecie rimessa all’esame della Corte ove, pur non essendo il minore parte necessaria per effetto della legge, la qualità di parte (in senso sostanziale e processuale) sia comunque riconoscibile in via interpretativa deducendone i fondamenti dal sistema. Perché la partecipazione del minore possa ritenersi “effettiva”, l’esigenza di veicolarne il “funzionamento” attraverso l’ausilio di tecniche processuali “minime” e “su misura” diviene allora un passaggio obbligato.



4. Il minore, quale “soggetto degli effetti del provvedimento e del processo” nei procedimenti sul

suo diritto ad una vita di relazione con gli ascendenti



Il tema rimesso all’esame della Cassazione, relativo alla posizione del minore nei processi volti al riconoscimento del diritto degli ascendenti a una vita di relazione con i nipoti minorenni, è strettamente correlato a quello della sua collocazione nei procedimenti messi in moto, in nome e per suo conto, da coloro i quali ne esercitano la responsabilità genitoriale, innanzi al tribunale ordinario21, al fine di far valere il suo diritto a mantenere rapporti significativi con i parenti o, more solito, con gli ascendenti. In tali procedimenti è proprio la titolarità di quel diritto contemplato dall’art. 315-bis c.c. che conferisce al minore la legittimazione attiva al processo e che consente di qualificarlo ad ogni effetto parte di esso. Benché non vi partecipi come soggetto degli atti, il minore legalmente rappresentato è parte in senso sostanziale e processuale in quanto rispettivamente soggetto degli effetti del provvedimento e del processo.



5. Il minore quale “soggetto degli effetti del provvedimento” nei procedimenti promossi dagli ascendenti



È quello stesso diritto, speculare a quello dei nonni che, nei procedimenti promossi da questi ultimi (o dai parenti di un ramo genitoriale), viene inesorabilmente travolto dalla vicenda processuale. Invero, se il provvedimento richiesto impedisse ai nonni l’esercizio del diritto a mantenere una vita di relazione con il nipote al punto di negarne l’esistenza, ovvero mirasse a rimuovere gli ostacoli frapposti al suo esercizio sino a quel momento, è di tutta evidenza l’incidenza degli effetti della decisione anche sulla sfera sostanziale del nipote minorenne; in quanto titolare del diritto “reciproco” a quello del cui esercizio si discute, il minore, pur non avendo scelto di partecipare al processo – neanche per mezzo del suo rappresentante legale o di chi ne esercita la responsabilità genitoriale – subisce gli effetti diretti, e non meramente riflessi, del provvedimento e, pertanto, deve poter rinvenire nell’ordinamento adeguati strumenti di tutela.

Sennonché, sul piano pratico, come si diceva, non sempre il minore acquista la qualità di parte; sovente il procedimento ha inizio e va avanti senza che il nipote minorenne figuri nell’attività processuale, sicché, in assenza di regole predeterminate ex lege, all’interprete non resta che fare i conti con le diverse modalità di gestione del procedimento di volta in volta messe in atto dal giudice, i soggetti che vi hanno formalmente partecipato, le differenti tecniche di accesso e gli strumenti di garanzia che residuano da poter attivare.

Se, come nel caso di specie, i nonni hanno agito nei confronti di uno dei genitori del minore, a tutela di un diritto proprio, e il minore non ha partecipato al processo, al punto che non è stato nominato né un suo rappresentante legale né un suo difensore, e né, infine, è stato ascoltato, giova considerare che, benché la partecipazione formale del minore non sia ritenuta necessaria ex lege, lo stesso legislatore non frappone alcun ostacolo a che il giudice intraveda un conflitto di interessi, sia pure in via potenziale tra gli esercenti la responsabilità genitoriale (peraltro non sempre coinvolti del procedimento de quo) e il minore. Nulla esclude, insomma, che la qualificazione del minore come parte in senso sostanziale – a cui pur addiviene la Corte di cassazione, perché destinatario degli effetti del provvedimento sul diritto speculare rispetto a quello vantato dai nonni – rimetta alla discrezionalità del giudice (sulla quale l’interprete è chiamato a confidare, in assenza di una disposizione che riconosca una volta per tutte al minore la qualità di parte nei procedimenti che lo riguardano)22 e ai suoi poteri ufficiosi il compito di valutare la sussistenza del conflitto e, se del caso, di nominare un curatore speciale, a sua volta incaricato di designare il difensore del minore23.

Ciò che si vuole affermare è che, se nei procedimenti messi in moto dagli ascendenti il legislatore non ha assegnato il ruolo di parte al minore, pur riconoscendo il suo diritto a conservare “rapporti significativi con i parenti”, non ha neanche escluso che egli possa partecipare formalmente al processo legalmente rappresentato e che, in tal caso, sia difeso da un proprio avvocato, all’uopo nominato dal rappresentante legale, e ciò allorquando trapeli o si sottintenda una situazione di conflittualità con chi detiene la responsabilità genitoriale24.

Nella fattispecie in esame, ciò non è accaduto e la Corte, pur non negando la qualità di parte, ha ritenuto che “reintegrare” il minore nel suo diritto all’ascolto – per quanto esso sia privo di una “valenza procedimentale” – fosse necessario e sufficiente per la “tutela dei (suoi) diritti” e al fine di “garantire il principio del contraddittorio”25.

In una fattispecie analoga a quella in rassegna giova rammentare che la discrezionalità dell’operatore pratico ha tratteggiato diversamente la posizione del minore e le modalità della sua partecipazione al processo: l’iter procedurale ha, difatti, seguito una direzione diametralmente opposta26.

Ed invero, in un procedimento avviato ex art. 336 c.c. (in data anteriore alla cogenza degli art. 315-bis e 317-bis c.c.) dagli ascendenti materni per garantire gli incontri con la nipote, a seguito della morte della madre, il riconoscimento del conflitto di interessi (anche soltanto potenziale) tra il padre e la figlia minore aveva fatto sì che quest’ultima prendesse parte al processo per mezzo del curatore speciale e quindi del difensore27. Contrariamente al caso relativo all’ordinanza in epigrafe, al minore era stata dunque attribuita la qualità di parte in senso formale e si era altresì provveduto alla sua audizione. In particolare, la Corte, nel rigettare il ricorso del padre – che aveva ritenuto l’audizione e l’accertamento peritale della minore, negandone la qualità di parte, una violazione dell’habeas corpus – ebbe ad affermare che oggetto del procedimento era proprio l’accertamento del diritto della nipote a conservare rapporti significativi con i nonni e che, pertanto, del tutto opportunamente, la minore aveva partecipato al processo per mezzo del curatore speciale, con il proprio difensore e si era provveduto alla sua audizione28.



6. La dubbia interpretazione livellatrice della Cassazione



Nelle considerazioni che precedono si è potuto constatare che la qualificazione del ruolo di parte del minore nel processo è una operazione flessibile e che, pertanto, assume un rilievo differente a seconda del procedimento di cui si tratta.

L’assenza di una predeterminazione ex lege della posizione del minore nel procedimento che lo riguarda lascia al giudice un margine piuttosto ampio di discrezionalità nella ricognizione della fattispecie e delle tecniche di tutela da mettere in moto a presidio del figlio o del nipote minorenne.

Ora, se nel procedimento avviato dagli ascendenti per il riconoscimento del diritto ad instaurare e mantenere una relazione stabile con il nipote, si è ritenuto lecito dubitare della opportunità di circoscrivere la tutela processuale del minore – al quale è stata comunque attribuita la qualità di parte in senso sostanziale – all’ascolto, negli altri differenti procedimenti che riguardano il soggetto minore di età una simile interpretazione rischia del tutto inopinatamente di depotenziare gli strumenti e le tecniche di tutela tracciabili nell’ordinamento29.

Di tale assimilazione, se mal non si intende, sembra “farsi” esorbitantemente “carico” la Corte di cassazione con il provvedimento in epigrafe, e ciò in chiara controtendenza con i passi avanti che gli stessi giudici di legittimità hanno elaborato, specie nei procedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale.

Infatti, proprio con specifico riguardo a tali controversie, di recente la Cassazione ha colto l’occasione per ribadire che il minore è da considerare sempre come una vera “parte” del giudizio che lo riguarda e che, stante il conflitto di interessi con i suoi genitori, deve stare in giudizio con un curatore speciale che lo rappresenti e con l’assistenza tecnica di un difensore30; per di più, sulla scorta di tali presupposti, in alcuni casi, è finanche giunta ad affermare che, nell’ipotesi in cui non si sia provveduto alla nomina del curatore speciale, “il procedimento deve ritenersi nullo ex art. 354, comma 1, c.p.c., con rimessione della causa al primo giudice perché provveda all’integrazione del contraddittorio”31.



7. Al ribasso anche la “valenza procedimentale” del mancato ascolto



Nei procedimenti in materia di status nonché nei procedimenti diretti ad incidere (anche) su suoi diritti ove il minore ha preso parte al processo, il reticolato di garanzie caratterizzato, per un verso, dal diritto di azione e dall’intervento obbligatorio del pubblico ministero, per l’altro, dalla legitimatio ad processum del rappresentante legale e dalla necessità di stare in giudizio per mezzo di un difensore, rinviene nell’istituto dell’ascolto una tecnica di tutela ulteriore, diretta a “rafforzare” il diritto al contraddittorio e alla difesa nel processo che il minore-parte ha già acquisito per mezzo della costituzione in giudizio32.

Ma l’istituto dell’ascolto del minore assume un rilievo e una funzione differenti là dove, come nel caso di specie, egli non abbia preso effettivamente parte al processo, nonostante non gli sia stata negata la qualità di parte in senso sostanziale perché destinatario degli effetti della decisione.

Ebbene, proprio in tali ipotesi, il mancato funzionamento delle tecniche di tutela volte alla salvaguardia del contraddittorio e del diritto di difesa del minore-parte conduce a ritenere che l’audizione del minore resti l’unico strumento spendibile al fine di garantire, sia pure indirettamente, i suoi diritti ovvero l’esercizio degli stessi. Da mera tecnica “di chiusura”, diretta a rafforzare il diritto di azione e di difesa del minore-parte, acquisiti ab initio o in corso di causa con la partecipazione effettiva al processo, la procedura di ascolto del minore che non è divenuto parte in senso formale, trascende dunque le esigenze dirette alla salvaguardia del principio del contradditorio nei termini di cui all’art. 101 c.p.c. (e artt. 24 e 111 Cost.) ed assurge a tecnica di tutela primaria per un soggetto che, rimasto estraneo al processo, è destinato comunque a subirne gli effetti33.

Sulla scorta di tali osservazioni, ci saremmo dovuti aspettare che, nel suo ragionamento logico, la Cassazione, pur non disconoscendo la qualità di parte in senso sostanziale del minore e, in generale, la necessità dell’audizione nei procedimenti che lo riguardano34, avesse quantomeno rilevato il difetto di partecipazione in senso formale della bambina, dovendolo anteporre al riscontro, pur messo in atto dalla Corte, della “violazione del principio del contraddittorio”, se, come detto, tale violazione si realizza soltanto in quanto sussiste la necessità di prendere parte al processo.

Ed invece, i giudici di legittimità, nel ribadire che l’audizione del minore è un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che lo riguardano, salvi casi di contrasto con il suo interesse35, di assenza di discernimento ovvero di manifesta superfluità36, piuttosto che orientare la decisione proprio sulla violazione delle norme a presidio del diritto del minore di essere ascoltato37, hanno comunque invocato il principio del contraddittorio, sul presupposto che il denegato ascolto non sarebbe stato sufficientemente motivato38; una sorta di regressione, alquanto “sbrigativa”, della violazione del diritto all’audizione del minore rimasto estraneo al processo, nel “più limitato (e non del tutto intellegibile)39 senso” di una violazione “del principio del contraddittorio e dei diritti del minore”40.

Inoltre, quel che maggiormente sorprende è che la Corte abbia scientemente ridimensionato la “valenza” formale dell’“incombente”, al punto di affermare che “il mancato ascolto non determina alcuna nullità (procedimentale), né la regressione del procedimento che ne dovrebbe altrimenti conseguire secondo il disposto ex art. 354 c.p.c.” e che “determina invece la possibilità di impugnare nel merito la decisione finale, in quanto adottata pretermettendo il dato essenziale della valutazione delle opinioni del minore”.

Con l’intento di “valorizzare la necessità di ascolto del minore ai fini del merito”, la Cassazione ne ha, in altri termini, azzerato la pregnanza processuale che, invece, sino a questo momento era stata rafforzata da altre precedenti pronunce41.



8. L’incertezza del dettato normativo nel dubbio rinvio dell’art. 317-bis c.c. al (solo) secondo comma dell’art. 336 c.c.



L’interpretazione minimalista e livellatrice al ribasso avallata dalla sentenza in epigrafe riflette (anche) l’innegabile incertezza del dettato normativo.

Il rinvio contenuto nell’art. 317-bis c.c. soltanto al secondo comma dell’art. 336 c.c. parrebbe infatti ridurre all’osso le garanzie a presidio del minore coinvolto nei procedimenti avviati dagli ascendenti a tutela della conservazione del rapporto con i nipoti.

Per effetto del richiamo allo scarno protocollo di regole contemplate dal citato secondo comma dell’art. 336 per i procedimenti incidenti sulla responsabilità genitoriale, anche sulla domanda giudiziale promossa dai nonni (o dai parenti) il tribunale per i minorenni è chiamato a provvedere con le forme del rito camerale e, all’uopo, ad assumere informazioni, avendo sentito il pubblico ministero e il genitore nei confronti del quale il provvedimento è eventualmente richiesto, nonché a disporre “l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento”.

Secondo una interpretazione ad litteram del combinato disposto, la predeterminazione legale delle forme e dei termini da osservare si arresterebbe qui; da una parte, l’omesso rinvio al terzo comma dell’art. 336 c.c. escluderebbe il potere del giudice di adottare, anche di ufficio, in caso di urgente necessità, i provvedimenti temporanei nell’interesse del nipote minorenne coinvolto nel procedimento; dall’altra, la mancata inclusione anche del quarto comma dell’art. 336 c.c. renderebbe del tutto facoltativa l’assistenza del difensore42, benché, come nel caso di specie, al minore fosse comunque riconosciuto il ruolo di parte.

Ebbene, se la mancata attribuzione al giudice del potere “cautelare” di provvedere in via d’urgenza può trovare una ragionevole motivazione nella valenza “secondaria” della relazione con i nonni o con i parenti rispetto al persistente rapporto con i detentori della responsabilità genitoriale43, non può revocarsi in dubbio che l’omesso rinvio alla regola, propria dei procedimenti de potestate, sulla obbligatorietà dell’assistenza tecnica del difensore, costituisca una chiara battuta di arresto da parte del legislatore che presta indubbiamente il fianco a forme di tutela al ribasso, come quella riconosciuta dalla Cassazione con il provvedimento in rassegna44.

Di contro, giova immaginare che, se il legislatore avesse esteso il rinvio anche al quarto comma dell’art. 336 c.c. avrebbe (forse) potuto spianare la strada all’interprete che, nel riconoscere al minore il ruolo di parte in senso sostanziale, avrebbe anche consentito di ipotizzare, forse con maggiore agio e senza particolare titubanza, l’obbligatorietà della partecipazione formale del minore al processo per mezzo del suo rappresentante legale, con l’assistenza di un difensore45.



9. I provvedimenti sul diritto degli ascendenti a preservare il rapporto con i nipoti minorenni sono ricorribili per Cassazione



Nonostante le evidenziate resistenze al riconoscimento del ruolo di parte in senso formale del minore nel procedimento promosso dai nonni, la Cassazione ha, per altro verso, colto l’occasione per ribadire che anche i provvedimenti emanati in sede di reclamo incidenti sul diritto degli ascendenti (o dei parenti) a instaurare e a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, poiché non revocabili o modificabili se non per ragioni sopravvenute, hanno attitudine al giudicato e sono ricorribili per cassazione ex art. 111 Cost.

L’assunto non è più una novità. Benché per lungo tempo la giurisprudenza avesse escluso la garanzia del ricorso ex art. 111 Cost. sul presupposto che i procedimenti volti a regolare l’affidamento dei minori non incidessero su diritti, la Cassazione ha poi mutato radicalmente orientamento: anche i provvedimenti sull’affidamento dei minori46 o concernenti il diritto degli ascendenti a instaurare e mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni47, alla stregua di quelli de potestate48, regolano situazioni di conflitto su diritti soggettivi contrapposti nei quali il minore è parte del processo49.

Si tratta di un indubitabile traguardo sul tema della ricorribilità per cassazione dei provvedimenti in materia di affidamento e/o del diritto di visita dei genitori o dei parenti che, tuttavia, genera rammarico per una assimilazione soltanto parziale a quelli de potestate con la conseguenza che, come si è potuto rilevare nelle considerazioni che precedono, la tutela giurisdizionale in capo al minore si appalesa ancora una volta tutt’altro che effettiva.



NOTE

1 Cass. civ., 19 maggio 2020, n. 9144, in Famiglia e dir., 2020, 661, con nota diF.Danovi,Nonni,genitoriefigli,travariabilieostacolidelprocesso:undecumque ad idem, ha riconosciuto il carattere autonomo del diritto degli ascendenti (o delle persone agli stessi legate da rapporto di coniugio o di convivenza), il cui esercizio è subordinato, in caso di contestazione da parte dei genitori, ad una valutazione del giudice in ordine alla capacità dell’istante di cooperare fruttuosamente all’adempimento degli obblighi educativi. Nella stessa direzione, coerentemente con l’interpretazione dell’art. 8 Cedu fornita dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, v. anche, tra le altre, Cass. civ., 12 giugno 2018, n. 15238, in Riv. dir. famiglia e successioni, 2018, 555.

2 Fa rientrare nella nozione di “diritto di visita”, contenuta all’art. 1, par. 2, lett. a), nonché all’art. 2, punti 7 e 10, del reg. CE 2201/2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, anche il diritto di visita dei nonni nei confronti dei loro nipoti, Corte giustizia Unione europea, 31 maggio 2018, n. 335/17, in Foro it., 2018, IV, 555; in Guida al dir., 2018, fasc. 26, 96 (m), con nota di M. Castellaneta.

3 Il diritto processuale di famiglia costituisce un modello di “giustizia differenziata”, ove le regole speciali, caratterizzate da una struttura normativa quasi sempre composita, mirano a rafforzare la tutela giurisdizionale dei soggetti più deboli; su tali profili e sull’inquadramento sistematico del tema dell’attribuzione al minore della qualità di parte in senso sostanziale e/o processuale, sia consentito rinviare, per ulteriori approfondimenti, a B. Poliseno, Profili di tutela del minore nel processo civile, Napoli, 2017, 37 ss.; C. CeCChella, Diritto e processo nelle controversie familiari e minorili, Bologna, 2018, 1 ss.; in argomento, v., in particolare, a. RonCo, La complessità della giustizia differenziata, in Profili processuali del diritto di famiglia, in Giur. it., 2014, 2327; F. toMMaseo, Il diritto processuale speciale della famiglia, in Famiglia e dir., 2004, 305.

4 Tra le molteplici pronunce, si segnala, con specifico riferimento al procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità, Cass. civ. 7 maggio 2019, n. 12020; Cass. civ., 8 giugno 2016, n. 11782, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2017, 349 ss., con nota di l. Galanti, Il minore come parte: finalmente il riconoscimento della Cassazione; sui procedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale, Cass. civ., 12 novembre 2018, n. 29001, in Famiglia e dir., 2019, 368, con nota di A. FRassinetti, Curatore speciale per il minore e garanzia del ricorso per cassazione; Cass. civ., 6 marzo 2018, n. 5256, in Foro it., 2018, I, 1181; Cass., sez. un., 21 ottobre 2009, n. 22238, in Famiglia e dir., 2010, 365, con nota di a. GRaziosi, Ebbene sì: il minore ha diritto d’essere ascoltato nel processo; Foro it., 2010, I, 903, con osservazioni di s. De santi; Riv. dir. proc., 2010, 1418, con nota di F. Danovi, L’audizione del minore nei processi di separazione e divorzio tra obbligatorietà e prudente apprezzamento giudiziale; Dir. fam. pers., 2010, 106, con nota di G. Ruo, “The long, long way” del processo minorile verso il giusto processo; Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 307 ss., con nota di J. lonG, Ascolto dei figli contesi e individuazione della giurisdizione nel caso di trasferimento all’estero dei figli da parte del genitore affidatario; Giusto processo civ., 2010, 235, con nota di A.R. eReMita, Sull’audizione dei figli minori nei processi di separazione e di divorzio; Riv. dir. famiglia e successioni, 2010, 254, con nota di F.R. Fantetti, La facoltà dell’ascolto del minore e la Convenzione di Strasburgo.

5 Tale diritto è annoverato tra quelli accordati allo status di figlio dall’art. 315-bis, comma 2, c.c. e sul piano processuale rinviene una tutela specifica dall’art. 337-ter c.c., per effetto del quale il giudice è chiamato ad adottare i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. A tale diritto corrisponde un dovere dello Stato di adottare le misure volte alla tutela dello stesso, in ossequio all’art. 8 Cedu; in argomento, v. Corte eur. diritti dell’uomo 20 gennaio 2015, M. c. Gov. Italia, in Foro it., 2015, IV,126,chehariconosciutolaviolazionedelladisposizionesovranazionalenella condotta delle autorità giudiziarie italiane nei confronti dei nonni cui sono stati ingiustamente preclusi gli incontri con la nipote.

6 Per la competenza del tribunale ordinario ove siano i genitori a far valere il diverso e autonomo diritto del minore a preservare i rapporti con i nonni, v. Trib. Milano 20 marzo 2014, in Nuova giur. civ. comm., 2014, I, 1182, con nota di G. savoRani, L’affidamento superesclusivo in talune circostanze è l’unico mezzo per tutelare l’interesse del figlio minore.

7 Sul diritto soggettivo dei nonni alla conservazione di una relazione affettiva con i nipoti minorenni, v., amplius, F. Danovi, Nonni, genitori e figli, tra variabili e ostacoli del processo, cit., 665; D. Manasse, Il diritto di visita dei nonni, in Riv. dir. famiglia e successioni, 2019, 294; F. Danovi, Il processo di separazione e divorzio, vol. IV, in La crisi della famiglia, Tratt. dir. civ. comm., diretto da a CiCu, F. Messineo, l. MenGoni e continuato da P. sChlesinGeR, Milano, 2015, 171 ss.; Id., Il d.lgs. n. 154/2013 e l’attuazione della delega sul versante processuale: l’ascolto del minore e il diritto dei nonni alla relazione affettiva, in Famiglia e dir., 2014, 544, il quale lo definisce un “diritto soggettivo perfetto”; a. aRCeRi, Diritto alla bigenitorialità e rapporto tra minore e nonni nell’affidamento condiviso, id., 2016, 154; per la salvaguardia del principio della concentrazione processuale delle tutele anche in presenza di una domanda dei nonni, cfr. F. Danovi, Nonni, genitori e figli, cit., 672 s.; G. savi, L’esercizio dell’azione degli ascendenti nel nuovo art. 317-bis c.c., in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2015, 547, nonché B. Poliseno, Profili di tutela, cit., 213 ss.

8 Si tratta di un diritto speculare a quello ritenuto tuttavia “prevalente” dei minori di conservare rapporti significativi con i nonni e/o parenti: pieno solo nei confronti dei terzi, nei confronti dei minori può risultare infatti recessivo, qualora non sia funzionale alla loro crescita serena ed equilibrata: Cass. 25 luglio 2018, n. 19779, in Famiglia e dir., 2019, 261, con nota di R. Donzelli, Garanzia del ricorso per cassazione e provvedimenti decisori nell’interesse del minore, nonché in Foro it., 2018, I, 3552, con nota di G. CasaBuRi e Corriere giur., 2018, 1586, con nota di F. Danovi, Provvedimenti relativi a minori e garanzie del ricorso in cassazione: un fronte (giustamente) sempre più aperto, che, nella specie, ha escluso ogni contatto tra nonno e i nipoti, in ragione della condotta violenta e prevaricatrice del primo, tenuto anche conto della volontà espressa dai secondi. Prima del riconoscimento formale del diritto degli ascendenti a mantenere una vita di relazione con i nipoti minorenni operato dal vigente art. 317-bis c.c., la giurisprudenza di legittimità e di merito che, in più occasioni, aveva negato l’esistenza di una tutela processuale spendibile dagli ascendenti ogniqualvolta la crisi familiare avesse compromesso, in tutto o in parte, il rapporto con i nipoti, aveva altresì escluso che, nel giudizio di separazione, la qualità di parte potesse essere riconosciuta anche ai parenti, pur al solo fine di meglio tutelare gli interessi dei figli minori: cfr. Cass. civ., 16 ottobre 2009, n. 22081, in Dir. fam. pers., 2010, 1547 (m), con nota adesiva di F. Danovi, Ancora inammissibile l’intervento dei nonni nella separazione e nel divorzio; Giusto processo civ., 2010, 829 (m), con nota di a.R. eReMita, Processo di separazione e intervento dei nonni; Riv. dir. famiglia e successioni, 2010, 31, con nota di C. iRti, Il diritto del minore all’affetto dei nonni non trova voce in giudizio; Giust. civ., 2010, I, 2817 (m), con nota di C. inGenito, Inammissibilità dell’intervento degli ascendenti nel giudizio di separazione personale; Cass. 27 dicembre 2011, n. 28902, in Foro it., 2012, I, 779, con osservazioni di G. CasaBuRi e in Famiglia e dir., 2012, 348, con nota, de iure condito adesiva, di e. vullo, Inammissibile l’intervento degli ascendenti nei giudizi di separazione e di divorzio, secondo cui l’interesse dei nonni alla salvaguardia del diritto dei minori di conservare i rapporti di natura familiare sarebbe soltanto “indiretto, di natura morale o affettiva”. La negazione dell’esistenza di un diritto autonomo aveva, quindi, portato ad escludere qualsivoglia forma di intervento degli ascendenti nei giudizi di separazione e divorzio in corso tra i genitori del nipote (sulla falsariga di Cass. civ., 17 gennaio 1996, n. 364, in Famiglia e dir., 1996, 222, con nota di a. venChiaRutti, Diritto di visita del genitore non affidatario e dei nonni). Sulle tracce di tale orientamento, anche la giurisprudenza di merito aveva negato il riconoscimento di un diritto proprio dei nonni di mantenere rapporti con il minore, e ciò anche alla luce dell’allora novellato art. 155 c.c. che, pur avendo previsto il diritto del minore di conservare rapporti significativi con gli ascendenti, non aveva altresì previsto un diritto speculare per questi ultimi: si veda, ex multis, Trib. min. Bari 29 giugno 2011; Trib. Bari 27 gennaio 2009, in Famiglia e dir., 2009, 497, con nota di M.n. BuGetti, Nuove prospettive di tutela della relazione tra avi e nipoti? Collocati all’interno della categoria dei “parenti” di cui all’art. 336, comma 1, c.c., ai nonni non restava che agire dinanzi al tribunale specializzato per la tutela in senso limitativo o ablativo della potestà genitoriale, ogni qualvolta il nipote minorenne versasse in una condizione di pregiudizio grave. Di contro, pur negando l’esistenza di un diritto proprio dei nonni tale da legittimare un intervento autonomo o litisconsortile nel processo di separazione, un orientamento minoritario della giurisprudenza di merito aveva riconosciuto un interesse giuridicamente protetto degli ascendenti, tale da ritenere, invece, ammissibile l’intervento adesivo dipendente nelle ipotesi in cui fosse loro negata la possibilità di incontrare il nipote minorenne: v. App. Perugia 13 novembre 2007, in Rass. giur. umbra, 2011, 353, con nota di G. MoRani, Ancora sulla legittimazione attiva dei nonni a chiedere l’instaurazione di normali, adeguati rapporti con i nipoti in età minorile; App. Perugia 27 settembre 2007, in Giur. merito, 2008, 1913, con nota di s. Mezzanotte, Il rapporto nonni-nipoti: una relazione affettiva giuridicamente rilevante, che peraltro esclude l’ammissibilità dell’intervento nella fase presidenziale; Trib. Firenze 22 aprile 2006, in Famiglia e dir., 2006, 291, con nota adesiva di F. toMMaseo, L’interesse dei minori e la nuova legge sull’affidamento condiviso.

9 Il diritto ad una relazione affettiva reciproca, diritto relazionale appunto, è inevitabilmente un diritto reciproco, al contempo spettante a ciascun nonno (o genitore, o parente) e al nipote: cfr., l. lenti, Note critiche in tema di interesse del minore, in Riv. dir. civ., 2016, 1, 95, nonché G. seRGio, La giustizia minorile. Della tutela del minore alla tutela civile dei diritti relazionali, Tutela civile del minore e diritto sociale della famiglia, vol. VI, a cura di l. lenti, Trattato Zatti di diritto di famiglia2, Milano, 2012, 26.

10 B. Poliseno, Profili di tutela, cit., 37 ss., a cui si rinvia anche per ulteriori approfondimenti e richiami bibliografici.

11 e. GaRBaGnati, La sostituzione processuale, Milano, 1942, 245.

12 C. ManDRioli, La rappresentanza civile, Torino, 1959, 58 ss., 75 ss.

13 e. GaRBaGnati, La sostituzione processuale, cit., 247 s. Cfr., in argomento, a.

PRoto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile6, Napoli, 2014, 301.

14 C. ManDRioli, La rappresentanza, cit., 140 s.: “è proprio in base a questa posizione di diritto sostanziale che si sostanzia la qualità di destinatario degli effetti del processo [...]”.

15 Cfr. F. toMMaseo, Parti (dir. proc. civ.), in Enc. giur. Treccani, XII, Roma, 1990, 1. L’A. ha affermato che, nei procedimenti che riguardano il minore, ma rispetto ai quali “egli è privo della legitimatio ad causam si attua nel processo un fenomeno di interposizione soggettiva al confine fra la rappresentanza e la sostituzione processuale”: Id., La Corte costituzionale sul minore come parte nei processi della giustizia minorile, in Famiglia e dir., 2011, 549, in nota n. 7.

16 Vi sono ipotesi nelle quali il significato del termine “parte degli effetti del processo” non coincide con il significato del termine “parte degli effetti della sentenza”: l’art. 94 c.p.c., nel prevedere la condanna (per motivi gravi) alle spese dell’intero processo o di singoli atti di coloro che rappresentano o assistono la parte in giudizio, distingue chiaramente la parte quale destinatario degli effetti della sentenza dal concetto di parte quale destinatario degli effetti del processo, rectius il rappresentato dal rappresentante (curatore, tutore).

17 Definisce “parte indiretta” il soggetto del processo che non coincide con la parte in senso sostanziale (nei casi di rappresentanza volontaria o sostituzione), F. CaRnelutti, Istituzioni del processo civile italiano5, I, Roma, 1956, 98, il quale, in caso di rappresentanza legale, si serve, invece, del concetto di “parte complessa”.

18 L’art. 2909 c.c. si riferisce, infatti, a coloro che sono divenuti eredi o aventi causa dopo l’instaurazione del giudicato: v. Cass. civ., 24 febbraio 2014, n. 4368, ined.; Cass. civ., 14 febbraio 2013, n. 3643, in Vita not., 2013, 732; chi diventa erede o avente causa in pendenza del processo soggiace, invece, alla disciplina positiva di cui agli artt. 110 e 111 c.p.c.: cfr. F.P. luiso, Principio del contraddittorio ed efficacia della sentenza verso terzi, Milano, 1981, 40.

19 Benché in molti procedimenti civili, il minore sia “protagonista della vicenda” rimessa alla cognizione del giudice e, al contempo, “destinatario principale delle decisioni che saranno assunte nel corso del procedimento”, di rado la sua posizione si appalesa autonomamente rilevante rispetto agli adulti coinvolti”: in tal senso, v. a.C. MoRo, Manuale di diritto minorile5, Bologna, 2014, 502. Eppure l’attribuzione al minore della qualità di parte in senso sostanziale e processuale, in quanto “destinatario degli effetti” dei processi diretti ad incidere sui diritti fondamentali, è un dato che la dottrina ha più volte e da tempo affermato: cfr. e. FazzalaRi, Istituzioni di diritto processuale, Padova, 1996, 306. Che il minore sia parte necessaria nel corso di qualunque procedimento civile destinato ad incidere sui suoi diritti fondamentali, in quanto individuo, lo si può argomentare anche laddove si ritenga che la legittimazione ad agire e a contraddire “debba essere riconosciuta a coloro che si affermano e sono affermati titolari, dal lato attivo e passivo, della situazione giuridica dedotta in lite” (cfr., per tutti, v. anDRioli, Diritto processuale civile, I, Napoli, 1979, 271 ss.): in tal senso, v. G. RuFFini, Il processo civile di famiglia e le parti: la posizione del minore, in Dir. famiglia, 2006, 1260 s. Nel senso che il minore è parte del processo “nel quale si tratti della sua sfera giuridico-esistenziale”, v. l. queRzola, Il processo minorile in dimensione europea, Bologna, 2010, 106.

20 In questi termini, F. Danovi, Il processo di separazione e divorzio, vol. IV, in La crisi della famiglia, Tratt. dir. civ. comm., diretto da a. CiCu, F. Messineo, l. MenGoni e continuato da P. sChlesinGeR, Milano, 2015, 148.

21 Per l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, disp att., c.c., in riferimento agli artt. 3, 76, 77 e 111 Cost., nella parte in cui prevede che sono di competenza del tribunale per i minorenni, anziché del tribunale ordinario, i procedimenti introdotti ex art. 317-bis c.c., anche in caso di pendenza di un giudizio di separazione o divorzio tra i genitori dinanzi al tribunale ordinario, v. Corte cost. 24 settembre 2015, n. 194, in Foro it., 2016, I, 1574, con nota di B. Poliseno, La tutela processuale dei diritti degli ascendenti nella crisi familiare. Sul mancato coordinamento tra l’art. 38, comma 1, disp. att. c.c., per il quale i procedimenti instaurati dai nonni a tutela del proprio diritto a conservare una vita di relazione con i nipoti sono devoluti alla competenza del tribunale per i minorenni e la regola generale della competenza residuale del tribunale ordinario, sia consentito rinviare ancora a B. Poliseno, Profili di tutela, cit., cap. IV, sez. I, §§3 s.

22 V., tra le diverse voci di dottrina, anche in una prospettiva de iure condendo, v. a. CaRRatta, La legge delega per la riforma del c.p.c. e i processi in materia di famiglia e minori, in Famiglia e dir., 2018, 93 ss.; C. CeCChella, Diritto e processo nelle controversie familiari e minorili, cit., 33 ss.

23 Sulla rappresentanza legale e tecnica, quali garanzie processuali “minime” a presidio del minore da mettere in moto in tutti i processi che lo riguardano, cfr., ancora B. Poliseno, Profili di tutela, cit., cap. IV, sez. II-III; sul tema specifico, v. altresì, F. toMMaseo, Rappresentanza e difesa del minore nel processo civile, in Famiglia e dir., 2007, 410. Sulla cumulabilità delle qualifiche, nel senso che, nel procedimento camerale ex art. 336 c.c., il curatore speciale del minore che rivesta anche la qualifica di avvocato può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore ai sensi dell’art. 86 c.p.c., v., da ultima, Cass. civ., 3 gennaio 2019, n. 9, Foro it., Rep. 2020, voce Responsabilità genitoriale, n. 13.

24 F. toMMaseo, Processo civile e tutela globale del minore, in Famiglia e dir., 1999, 588; l’A. (Crisi della famiglia e tutela dei minori nel procedimento uniforme di separazione o divorzio, in Studium iuris, 1998, 482 ss.) ha, peraltro, escluso che, nei procedimenti relativi all’affidamento, il figlio minore sia parte in senso processuale, potendo al più rivestire il ruolo di destinatario degli effetti di provvedimenti pronunciati nei confronti dei genitori; ciò in virtù di una tutela giurisdizionale riflessa, ma non per questo “inefficace o poco efficace”, al punto che la legge attribuisce all’autorità giudiziaria “intensi poteri ufficiosi nell’esclusivo interesse del minore la cui protezione è rafforzata – almeno in astratto – dalla necessaria presenza in tali processi del pubblico ministero”.

25 In termini, in un procedimento diretto a stabilire l’affidamento del figlio naturale riconosciuto, nel senso che la partecipazione dei minori ai procedimenti relativi al loro affidamento e alle visite dei genitori è assicurata dalla previsione del loro ascolto e dall’esercizio dei poteri officiosi riconosciuti al giudice, e non vi è la necessità anche della designazione di un curatore speciale e di un difensore, v. Cass. civ., 31 marzo 2014, n. 7478, in Foro it., 2014, I, 1471.

26 Cass. civ., 5 marzo 2014, n. 5097 (est. Bisogni), in Famiglia e dir., 2015, 242, con nota di R. PesCe, L’ascolto del minore tra riforme legislative e recenti applicazioni giurisprudenziali, nonché in Foro it., 2014, I, 1067, con nota di G. CasaBuRi.

27 La sussistenza del conflitto di interessi tra il minore e chi ne ha la legale rappresentanza si fonda sempre su una valutazione effettuata ex ante ed in astratto e ha ad oggetto una valutazione anche solo potenziale di incompatibilità tra gli interessi del rappresentante e del rappresentato: v. Cass. civ., 2 febbraio 2016, n. 1957, in Foro it., 2016, I, 1271, con osservazioni di C. Bona, nonché, tra le altre, Cass. civ., 16 settembre 2002, n. 13507, in Nuovo dir., 2004, I, 148.

28 Nella motivazione i giudici di legittimità fondarono la decisione anche sul fatto che la condotta assunta dal genitore si era tradotta in una vera e propria lesione del diritto ad una relazione stabile con i parenti, poiché aveva comportato “la rescissione, nella fase evolutiva della formazione della personalità del fanciullo, di una sfera affettiva e identitaria assolutamente significativa, perseguibile dall’ordinamento secondo le tecniche volte a tutelare il minore quale soggetto di diritti”.

29 Per una classificazione sistematica delle molteplici controversie e per la ricognizione delle garanzie processuali di volta in volta accordate, nonché per i richiami bibliografici relativi a ciascun settore di tutela, sia consentito rinviare a B. Poliseno, Profili di tutela, cit., cap. II; cfr. altresì F. Danovi, Orientamenti (e disorientamenti), per un giusto processo minorile, in Riv. dir. proc., 2012, 1483 ss.

30 V., in particolare, Cass. civ., 12 novembre 2018, n. 29001, cit.

31 Da ultima, Cass. civ., 6 marzo 2018, n. 5256, cit.

32 In questi termini, cfr. B. Poliseno, Profili di tutela, cit., 304 ss. a cui comun-

que si rinvia per ulteriori approfondimenti sul tema. Sull’ascolto del minore nel processo civile, senza alcuna pretesa di completezza, cfr. R. loMBaRDi, Il “mancato” ascolto del minore nelle procedure di separazione e divorzio su accordo dei genitori: una discrasia tra fonti sovranazionali e fonti interne?, in Giusto processo civ., 2020, 461; C. GueRRa, Sulla nullità per omesso e immotivato ascolto del minore ultradodicenne, in Famiglia e dir., 2019, 874 ss.; a. nasCosi, Nuove direttive sull’ascolto del minore infradodicenne, id., 2018, 354; l. Bitonti, Perenne attualità dell’istituto dell’ascolto del minore, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2017, 1069; a.l. BonaFine, Su alcuni profili processuali dell’ascolto del minore, in Riv. dir. proc., 2017, 1000; R. Donzelli, L’ascolto del minore come situazione processuale partecipativa attenuata, in Scritti in onore di N. Picardi, a cura di a. BRiGuGlio, R. MaRtino, a. PanzaRola, B. sassani, Pisa, 2016, t. III, 961 ss.; F. Danovi, L’ascolto del minore nel processo civile, in Dir. fam. pers., 2014, 1592; M. aCieRno, Ascolto del minore: cosa è cambiato con il d.lgs. n. 154/2013?, in Lo status di figlio, a cura di P. ResCiGno, in Giur. it., 2014, 1261; G. BuFFone, L’ascolto del minore, in le novità del “decreto filiazione”, Milano, 2014, 73 ss.; G. BallaRani, Contenuto e limiti del diritto all’ascolto nel nuovo art. 336-bis c.c.: il legislatore riconosce il diritto del minore a non essere ascoltato, in Dir. fam. pers., 2014, 841 ss.; G. Reali, L’ascolto del minore nei procedimenti di separazione e divorzio, in Giusto processo civ., 2013, 739 ss.; C.M. BianCa, Il diritto del minore all’ascolto, in Nuove leggi civ. comm., 2013, 546 ss.; F. toMMaseo, Per una giustizia “a misura del minore”: la cassazione ancora sull’ascolto del minore, in Famiglia e dir., 2012, 39; l. queRzola, L’audizione del minore alla luce dei recenti interventi giurisprudenziali e del legislatore, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2012, 1335; G. CaMPese, L’ascolto del minore nei giudizi di separazione e divorzio, tra interesse del minore e principi del giusto processo, in Famiglia e dir., 2011, 958; l. ianniCelli, L’ascolto del minore nei procedimenti di separazione personale dei coniugi, id., 2009, 250 s.; C.M. Cea, L’audizione del minore nei processi di separazione e divorzio, in Giusto processo civ., 2008, 449 ss.

33 Ancora, B. Poliseno, Profili di tutela, loc. cit.; F. Danovi, L’avvocato del minore nel processo civile, in Famiglia e dir., 2014, 191, per il quale l’ascolto serve a garantire il contraddittorio soltanto nella misura in cui rafforza la posizione del minore come parte; se il minore non è parte, l’esigenza di garantire il contraddittorio nei suoi confronti non ha ragione di essere e l’ascolto serve soltanto a risolvere il conflitto familiare, sebbene gli effetti si riverbereranno comunque anche nei confronti dello stesso minore che non ha preso parte al processo. Secondo l’A., nei processi di separazione e divorzio ovvero nei procedimenti relativi all’affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio, l’audizione del minore sarebbe l’unico strumento attraverso il quale sia dato delineare la posizione del minore; essa inoltre agisce su un piano diverso rispetto a quello del contraddittorio, benché obbligatoria, non serve ad accordare al minore la qualità di parte. Nel senso che l’ascolto del minore trascende il contraddittorio, v., altresì, G. seRGio, L’esercizio dei diritti del minore, in Minori in giudizio, La convenzione di Strasburgo, a cura di G. ContRi, Milano, 2012, 42.

34 V., richiamata in motivazione, Cass. civ., 7 maggio 2019, n. 12018, Foro it., Rep. 2019, voce Minore, infanzia e maternità, n. 41, nel senso che l’audizione dei minori è divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino ed, in particolare, in quelle relative al loro affidamento ai genitori; infatti, in tali procedimenti, l’ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse; Cass. civ., 24 febbraio 2020, n. 4792, id., Rep. 2020, voce cit., n. 2; Cass. civ., 11 aprile 2019, n. 10776, ined.; Cass. civ., 4 giugno 2019, n. 15254, in Riv. dir. famiglia e successioni, 2019, 337 nonché in Riv. dir. internaz. privato e proc., 2020, 393; Cass. civ., 17 aprile 2019, n. 10784, ibid., 365; Cass. civ., 5 giugno 2014, n. 5237, in Nuova giur. civ., 2014, I, 793, con nota di s. taCCini, Sottrazione internazionale: sul rimpatrio sceglie il minore capace di discernimento.

35 Nel senso che costituisce accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi, la decisione con cui il giudice di merito decide di non procedere all’ascolto del minore e di non disporre consulenza tecnica d’ufficio sui possibili rischi e pregiudizi derivanti dal rimpatrio, v. Cass. civ., 13 ottobre 2017, n. 24173, in Famiglia e dir., 2018, 458, con nota di R. Gelli, La sottrazione internazionale del minore tra libertà di circolazione delle persone e tutela del fanciullo; Cass. civ., 29 settembre 2015, n. 19327, id., 2018, 571, con nota di L. GioRGianni, Separazione e divorzio: l’ascolto del minore e il problema dell’assegno al coniuge; Cass. civ., sez. un., 21 ottobre 2009, n. 22238, cit.

36 Cass. civ., 27 gennaio 2020, n. 1785; Cass. 24 maggio 2018, n. 12957, in Foro it., 2018, I, 2364; Cass. civ., 7 marzo 2017, n. 5676, in Famiglia e dir., 2018, 352, con nota di a. nasCosi, Nuove direttive sull’ascolto del minore infradodicenne, cit., nonché in Foro it., 2017, I, 1211: mentre il minore ultradodicenne, di cui si presume la capacità di discernimento, deve essere ascoltato in tutti i procedimenti che lo concernono, compreso quello adottivo, in tal modo attuandosi il suo diritto costituzionale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni ed opzioni, un tale obbligo non sussiste per quello infradodicenne, fermo che il giudice: a) ha il potere discrezionale officioso di disporne l’ascolto, anche al fine di verificarne la capacità di discernimento; b) a fronte di una specifica istanza di parte, deve disporre l’ascolto o motivarne l’omissione; c) senza sollecitazione di parte, di contro, non deve giustificare la scelta omissiva; d) deve procedere all’ascolto, anche d’ufficio, in caso di compimento dei dodici anni in corso di causa, anche nel giudizio di appello, ovvero deve motivarne l’omissione. In tema di sottrazione internazionale, nel senso che il giudice deve accertare, nell’ordine: a) la capacità di discernimento del minore; b) l’opposizione del minore, che può costituire autonoma fattispecie ostativa all’accoglimento della domanda di rientro; c) l’esistenza di ragioni diverse, quali le caratteristiche del genitore responsabile della sottrazione, v. Cass. civ., 26 settembre 2016, n. 18846, in Famiglia e dir., 2017, 5, con nota di F. toMMaseo, La cassazione sul rientro dei minori in caso di sottrazione internazionale, nonché in Foro it., 2016, I, 3855. Nel senso che l’audizione del minore non può in alcun modo rappresentare una restrizione della sua libertà personale ma costituisce, al contrario, un’espansione del diritto alla partecipazione nel procedimento che lo riguarda, quale momento formale deputato a raccogliere le sue opinioni ed i suoi effettivi bisogni, v. Cass. 5 marzo 2014, n. 5097, cit.

37 Cfr. il combinato disposto degli artt. 315-bis, comma 3, 336-bis, 337-octies c.c., nonché dell’art. 38 disp. att. c.p.c.

38 Un difetto di motivazione da parte del giudice a quo – atteso che l’“età della minore non implica necessariamente l’incapacità di discernimento, ed egualmente il giudizio sulla capacità educativa e affettiva dei nonni” “non giustifica il rifiuto di ascolto della minore” – che, secondo la Corte, si traduce in un “vizio sostanziale” della decisione.

39 La parentesi è di chi scrive.

40 Il mancato ascolto non sorretto da una espressa motivazione sulla con-

trarietà all’interesse del minore, sulla sua superfluità o sulla assenza di discernimento del soggetto interessato, è fonte di nullità della sentenza, in quanto si traduce in una violazione dei principi del giusto processo e del contraddittorio: Cass. civ., 16 maggio 2019, n. 13274, in Giur. costit., 2019, 1156; Cass. civ., 10 settembre 2014, n. 19007, in Foro it., 2014, I, 3077, con nota di G. CasaBuRi. Atteso che l’ascolto dei minori ultradodicenni nei procedimenti che li concernono (nella specie, di affidamento di figlio nato fuori dal matrimonio dei genitori) è obbligatorio, di norma limitatamente al giudizio di primo grado, l’omissione immotivata di tale adempimento comporta la nullità della sentenza, che può essere fatta valere nei limiti e secondo i principî fissati dall’art. 161 c.p.c., ed è quindi deducibile con l’appello: Cass. civ., 24 dicembre 2013, n. 28645, ibid., 485; Cass. civ., 15 maggio 2013, n. 11687, id., 2013, I, 1839, con nota di G. CasaBuRi. Cfr., richiamata in motivazione, Cass. civ., 2 aprile 2019, n. 9100, id., Rep. 2019, voce Responsabilità genitoriale, n. 35 nel senso che, nel procedimento in tema di sottrazione internazionale del minore, il tribunale per i minorenni può provvedere all’audizione del minore – purché capace di discernimento, in relazione alla sua età ed al grado di maturità; tuttavia, tenuto conto della funzione meramente ripristinatoria del procedimento, anche l’audizione del minore, pur prevista dall’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo e divenuta adempimento necessario, ai sensi degli art. 3 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, non è prescritta in via assoluta, bensì rimessa alla valutazione del giudice, che può non ricorrervi, ove neghi sufficiente maturità al minore stesso e privilegi l’interesse superiore di questi a non essere esposto al presumibile danno derivante dal coinvolgimento emotivo nella controversia tra i genitori.

41 Per una ricognizione della giurisprudenza, v. e. italia, L’ascolto del minore, in Famiglia e dir., 2020, 713, a cui si rinvia ulteriori richiami; cfr., in particolare, Cass. civ., 13 dicembre 2018, n. 32309, id., 2019, 873, con nota di C. GueRRa, Sulla nullità per omesso e immotivato ascolto del minore ultradodicenne, definisce l’ascolto una “scansione procedimentale” sicché, la mancanza di un’esplicita motivazione nel caso in cui sia negato determina la nullità del procedimento di primo grado; se il minore compie dodici anni nel giudizio d’appello, il giudice del gravame è tenuto a procedere alla sua audizione, riflettendo tale obbligo una nuova considerazione del minore quale portatore di bisogni ed interessi che, se consapevolmente espressi, pur non vincolando il giudice, non possono essere ignorati.

42 Secondo Cass. civ., 31 marzo 2014, n. 7478, cit., l’art. 336, comma 4, c.c., che prevede la nomina di un curatore speciale e di un difensore del minore, si applica soltanto ai provvedimenti limitativi e ablativi della potestà genitoriale ove vi sia un concreto profilo di conflitto di interessi tra genitori e minore, e non anche alle controversie relative al regime di affidamento e di visita del minore, nelle quali la sua partecipazione si esprime, ove ne ricorrano le condizioni di legge e nel perseguimento del suo superiore interesse, mediante l’ascolto dello stesso divenuto necessario ai sensi dell’art. 315-bis c.c. in tutte le questioni e procedure che lo riguardano. Cfr. Trib. Min. Caltanissetta 15 giugno 2018, in Dir. famiglia, 2019, 205, nel senso che il diritto dei nonni a mantenere legami significativi con i nipoti non è tutelabile ex art. 333 c.c. poiché l’art. 317-bis c.c. rinvia esclusivamente al comma 2 dell’art. 336 c.c. e non anche al primo; invero, il comma 1 dell’art. 336 c.c. attribuisce la legittimazione attiva per i procedimenti de potestate al genitore non inadempiente, ai parenti o al p.m.; l’art. 317-bis c.c. non rinvia, ancora, al terzo e all’ultimo comma dell’art. 336 c.c. che rispettivamente attribuiscono al giudice il potere di adottare anche d’ufficio, nei casi d’urgente necessità, i provvedimenti temporanei nell’interesse del figlio, prevedendo l’assistenza di un difensore per i genitori e per il minore.

43 Dovendosi ritenere per presupposta l’integrità del rapporto “primario” tra il nipote minorenne e chi detiene la responsabilità genitoriale (che, altrimenti, sarebbe stata oggetto di un procedimento volto alla sua limitazione o ablazione ex art. 330 ss. c.c.).

44 Cfr., supra, le osservazioni e i rinvii bibliografici che precedono, nonché, per ulteriori approfondimenti, sia consentito rinviare a B. Poliseno, Profili di tutela, cit., spec. cap. IV, sez. II, § 5 ss., sez. III, § 1; a. CaRRatta, La legge delega per la riforma del c.p.c., cit., 95 ss.

45 La stessa Cassazione, persino per i procedimenti de potestate, ha tuttavia rimesso la difesa tecnica alla libera scelta delle parti, senza alcuna imposizione della difesa d’ufficio: “il citato art. 336, a differenza di quello disciplinato dall’art. 10 l. 184/1983, non prevede l’invito ai genitori o, in loro assenza, ai parenti, a nominare un difensore, né l’informazione che, qualora non vi provvedano, si procederà alla nomina di un difensore d’ufficio e che la partecipazione agli accertamenti è consentita a tali soggetti con l’assistenza del difensore” (così Cass. civ., 2 aprile 2019, n. 9100, cit.). Per il procedimento sullo stato di adottabilità, v. Cass. civ., 7 maggio 2019, n. 12020, Foro it., Rep. 2019, voce Adozione, n. 40 per l’obbligatorietà dell’assistenza legale del minore, il quale ne è parte, e, in mancanza di una disposizione specifica, sta in giudizio a mezzo di un rappresentante legale ovvero, se sussista conflitto di interessi, di un curatore speciale, soggetti cui compete la nomina del difensore tecnico; ne consegue, in caso di omessa nomina cui non segua la designazione di un difensore d’ufficio, la nullità del procedimento, non avendo potuto il minore esercitare il suo diritto al contraddittorio; ricorrendo tali circostanze, deve essere peraltro escluso il rinvio del giudizio in primo grado, giacché tale rimessione, comunque contraria alle esigenze di speditezza del procedimento diretto all’accertamento dello stato di adottabilità, risulta preclusa dalla natura tassativa delle ipotesi di cui agli art. 353 e 354 c.p.c., ed il giudice di appello deve pertanto procedere alla rinnovazione degli atti del procedimento che risultano viziati a causa del loro compimento in assenza della costituzione, a mezzo difensore, del rappresentante legale o del curatore speciale del minore. Nel senso invece che, nei giudizi riguardanti l’adozione di provvedimenti limitativi, ablativi o restitutivi della responsabilità genitoriale, riguardanti entrambi i genitori, l’art. 336, comma 4, c.c. richiede la nomina di un curatore speciale, ex art. 78 c.p.c., ove non sia stato nominato un tutore provvisorio, sussistendo un conflitto d’interessi verso entrambi i genitori; ne consegue che, nell’ipotesi in cui non si sia provveduto a tale nomina, il procedimento deve ritenersi nullo ex art. 354, comma 1, c.p.c. con rimessione della causa al primo giudice perché provveda all’integrazione del contraddittorio, v. Cass. civ., 6 marzo 2018, n. 5256, cit.

46 In tema di affidamento e di mantenimento dei figli minori, nella specie di genitori non coniugati. Cass. civ., 28 novembre 2018, n. 30826, in Foro it., 2019, I, 1286. Per la ricorribilità per cassazione, stante il carattere decisorio e definitivo del decreto pronunciato dalla corte d’appello in sede di reclamo avverso il provvedimento del tribunale in materia di modifica delle condizioni della separazione concernenti l’affidamento e il mantenimento dei figli, v. Cass. civ., 7 maggio 2019, n. 12018 (cfr., altresì, già Cass., sez. un., 21 ottobre 2009, n. 22238, richiamata in motivazione). Contra, v. Cass. civ., 10 luglio 2018, n. 18149, id., 2018, I, 2716 (nella specie, la suprema corte ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso il decreto della Corte di appello che aveva riconosciuto un ristretto diritto di visita alla madre “sociale”, ex partner di quella biologica, con riferimento a una coppia di gemelli nati da procreazione medicalmente assistita eterologa).

47 In termini, nel senso che i provvedimenti che incidono sul diritto degli ascendenti ad instaurare ed a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, al pari di quelli ablativi della responsabilità genitoriale, hanno attitudine al giudicato rebus sic stantibus, in quanto non revocabili o modificabili salva la sopravvenienza di fatti nuovi, definendo essi procedimenti che dirimono comunque conflitti tra posizioni soggettive diverse e nei quali il minore è “parte”, sicché il decreto della corte di appello che, in sede di reclamo, conferma, revoca o modifica i predetti provvedimenti è impugnabile con ricorso per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., v. Cass. civ., 25 luglio 2018, n. 19779, in Famiglia e dir., 2019, 261, con nota di v. R. Donzelli, Garanzia del ricorso per cassazione e provvedimenti decisori nell’interesse del minore e id., 2019, 378 a cui si rinvia per gli specifici richiami di dottrina e giurisprudenza nonché per ulteriori approfondimenti sul tema; Cass. civ., 25 luglio 2018, n. 19780, ibid., 378, con nota di s. CaPPuCCio, La rilevanza del rapporto affettivo con il nonno sociale: la lettura evolutiva dell’art. 317-bis c.c., alla quale si rimanda per alcuni interessanti spunti di riflessione sul diritto del minore a mantenere un rapporto stabile anche con il “nonno sociale”; Corriere giur., 2018, 1591, con nota di F. Danovi, Provvedimenti relativi a minori e garanzie del ricorso in cassazione, cit.; Foro it., 2018, I, 3551, con nota di G. CasaBuRi.

48 Cass. civ., 24 gennaio 2020, n. 1668, in Riv. dir. famiglia e successioni, 2020, 135; Cass., sez. un., 13 dicembre 2018, n. 32359, in Riv. dir. proc., 2020, 901, con nota di s. taRRiCone, Ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione contro i provvedimenti camerali sulla responsabilità genitoriale.

49 Per ulteriori approfondimenti sul tema v., altresì, a. PRoto Pisani, Note in tema di irreclamabilità di decreto camerale, e ricorso straordinario in cassazione, in Riv. dir. proc., 2019, 882; R. Donzelli, Sulla natura delle decisioni rese nell’interesse dei figli minori nei giudizi sull’affidamento condiviso e de potestate, ibid., 1067; R. tisCini, Ricorso straordinario in cassazione, evoluzioni giurisprudenziali, certezze e incertezze, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2018, 859 ss., nonché Id., Il giudicato rebus sic stantibus tra revocabilità del provvedimento e ricorso straordinario per cassazione, in Giust. civ., 2018, 733; C. CeCChella, Diritto e processo nelle controversie familiari e minorili, cit., 220 ss.