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La normativa italiana in tema di bullismo e cyberbullismo, tra presente e futuro

autore: P. Russo

Sommario: 1. Una legge per la prevenzione e la lotta al cyberbullismo. - 2. La “legge Ferrara”: le novità introdotte. - 3. La legge sul cyberbullismo nel dettaglio. - 4. Le linee di orientamento del MIUR adottate ad ottobre 2017. - 5. Le nuove proposte e disegni di legge in materia di lotta al bullismo e al cyberbullismo. - 6. Gli articoli del disegno di legge n. 1690. - 7. Le nuove linee di orientamento ministeriali per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo. - 8. Conclusioni.



1. Una legge per la prevenzione e la lotta al cyberbullismo



Negli ultimi anni il fenomeno sociale del bullismo informatico (o cyberbullismo) appare in aumento diffuso tra preadolescenti e adolescenti, ed ha fatto da sfondo a molti casi di cronaca, con risvolti talvolta drammatici. Anzi, alla luce delle ultime ricerche, il fenomeno del cyberbullismo interessa sempre più i nostri ragazzi e ragazze come vittime, testimoni e soggetti attivi. A differenza del passato, infatti, l’esclusione sociale, la discriminazione e le prese in giro sono affidate, sempre più spesso, a mezzi di comunicazione digitale, e questo rappresenta un problema oggettivo, che produce gravi conseguenze nelle giovani vittime. Il fenomeno del bullismo, infatti, è in continua evoluzione, così come il modo di comunicare; le nuove tecnologie a disposizione, internet, social networks, telefono cellulare e tablet, sono inevitabilmente ulteriori potenziali mezzi attraverso cui compiere e subire prepotenze o soprusi. Tuttavia, come anche rilevato da un recente rapporto Eurostat, il nostro Paese risulta tra gli ultimi, in Europa, per le competenze digitali dei ragazzi: occorre, allora, guidare questi ultimi verso la consapevolezza dei propri diritti e doveri di “cittadini digitali”. Proprio per arginare e prevenire, quanto più possibile il fenomeno, in Italia si è deciso di intervenire, adottando una normativa appositamente dedicata al cyberbullismo. Orbene, sono stati necessari quattro passaggi parlamentari perché la Camera dei Deputati approvasse in via definitiva, il 17 maggio 2017 (432 i voti favorevoli ed una sola astensione), l’attesa legge n. 71 contenente “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”1 , entrata in vigore il 18 giugno 2017. Il cammino che ha condotto alla emanazione della legge nasce quando, in Commissione Diritti umani, una indagine conoscitiva bipartisan determinava l’esigenza di dar vita ad un provvedimento teso ad assicurare una risposta decisa rispetto ad un fenomeno, quello del cyberbullismo, sempre più riconosciuto come dilagante. Nelle intenzioni espresse con un Comunicato alla Presidenza del Senato della Repubblica datato 27 gennaio 2014, in particolare, i firmatari del disegno di legge chiarivano lo scopo del provvedimento.

Ossia, quello di delineare una strategia di azione integrata atta a: a) prevenire il fenomeno con un’adeguata educazione, sensibilizzazione (dei minori soprattutto, ma più in generale della cittadinanza) e con la formazione specifica degli operatori (dai docenti allo stesso personale della Polizia postale e delle comunicazioni); b) conferire, al fine di promuovere l’adozione di tecnologie child-friendly – capaci cioè di prevenire il fenomeno, già in virtù della stessa configurazione dei dispositivi e dei sistemi di comunicazione – un marchio di qualità ai fornitori di servizi di comunicazione e ai produttori che aderiscono ai modelli e alle indicazioni presentate dal tavolo tecnico istituito dallo stesso disegno di legge; c) promuovere l’educazione digitale di bambini e ragazzi, favorendola attraverso uno specifico percorso didattico finalizzato a responsabilizzare gli stessi minori e a promuoverne la consapevolezza in ordine ai rischi – oltre che alle opportunità – correlati all’uso della rete; d) prevedere che, in caso di atti di cyberbullismo commessi da un minorenne ultraquattordicenne nei confronti di altro minorenne, in applicazione della procedura già disposta per i casi di stalking, il questore possa ammonire l’autore dei comportamenti affinché non li ponga più in essere (più precisamente, tratterebbesi di un avvertimento verbale teso a rendere consapevole il minorenne del disvalore e del carattere lesivo dei propri gesti, onde evitargli un processo penale prima ancora che sia proposta querela o presentata denuncia); e) accertare e reprimere gli illeciti commessi, in particolare incentivando e sostenendo l’attività della Polizia postale e delle comunicazioni, specificamente orientata al contrasto delle violazioni di legge commesse in rete; f) proteggere le vittime, segnatamente, creando procedure ed istituti nuovi e specifici per elevare il livello di tutela dei bambini e dei ragazzi vittime di questa forma di violenza. La legge appare, dunque, indubbiamente pensata a tutela dei minori (e, nello specifico delle migliaia di bambini e ragazzi, dalla scuola primaria sino alle superiori, veri destinatari della normativa), e nasce, anzitutto, sul presupposto che nella generazione dei nativi digitali (e non solo in quella, per la verità) manca la consapevolezza che tutto quello che viene postato su internet e sulle varie piattaforme social rimane per sempre, nonché, al contempo, sulla consapevolezza che, fino a questo momento, le vittime minorenni non potevano sporgere denuncia autonomamente, né possedevano dispositivi e tempi certi per tutelare la propria dignità. Di qui, l’idea di puntare su un’azione sinergica che coinvolgesse tanti soggetti, uniti in rete da una progettualità votata alla prevenzione, dall’approccio inclusivo, non sanzionatorio, bensì educativo, subito condivisa dalla Prima commissione che ha lavorato in sede referente. Una rete alla quale potessero contribuire (sono parole della prima firmataria, la Senatrice Elena Ferrara) “donne e uomini dei settori più diversi: dalle istituzioni alle aziende new media, dalle Forze dell’ordine alle eccellenze sanitarie, dagli esperti di pedagogia a quelli di diritto, dagli oratori agli amministratori locali, dalle famiglie ai docenti di scuola e università, fino agli studenti che hanno costituito le classi de-bullizzate alle associazioni di vittime di cyberbullismo scolastico”.

Un sistema che potesse contare, altresì, sul supporto del Terzo settore e dei servizi territoriali, uniti in una unica alleanza educativa, insieme a tutti gli altri soggetti interessati, e coinvolti in un Tavolo interministeriale per la prevenzione e il contrasto del fenomeno, coordinato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Tuttavia, come anticipato nella parte iniziale del presente commento, l’iter per giungere alla definitiva approvazione della legge è stato piuttosto travagliato, se è vero che, dopo l’approvazione del testo licenziato dal Senato della Repubblica in prima lettura, la Camera dei Deputati lo aveva, in seconda battuta (e, precisamente, il 20 settembre 2016), modificato profondamente, così giungendo a snaturarlo, secondo molti interpreti, rispetto al documento originariamente elaborato dai suoi ideatori ed allo spirito che aveva animato i promotori del provvedimento. Ad esempio, l’impostazione del testo approvato in seconda lettura a Montecitorio prevedeva un allargamento delle tutele anche agli adulti: veniva infatti cancellato dal titolo del provvedimento l’inciso: “a tutela dei minori” e venivano previste, all’art. 1, comma 1, anche azioni di carattere formativo ed educativo rivolte anche agli infraventunenni che frequentano le istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado. Inoltre, altra grande novità apportata in tale sede era rappresentata dall’estensione delle disposizioni alla prevenzione e al contrasto, oltre che del cyberbullismo, anche del più tradizionale bullismo. Per inciso, tale fenomeno veniva definito dall’art. 1, comma 2, del testo approvato a settembre, “l’aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, a danno di una o più vittime, anche al fine di provocare in esse sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni e violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio o all’autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni, anche aventi per oggetto la razza, la lingua, la religione, l’orientamento sessuale, l’opinione politica, l’aspetto fisico o le condizioni personali e sociali della vittima”. Il cyberbullismo, invece, veniva più sinteticamente definito (art. 1, comma 3) come “qualunque comportamento o atto rientrante fra quelli indicati” nella definizione di bullismo contenuta nel comma precedente, “e perpetrato attraverso l’utilizzo di strumenti telematici o informatici”. Il Senato, in terza lettura, ha peraltro approvato un nuovo testo, decidendo di cancellare molte delle modifiche apportate nel precedente passaggio alla Camera dei Deputati. In particolare, quanto all’aspetto appena analizzato, il Senatore Francesco Palermo, Relatore del testo approvato il 31 gennaio 2017, aveva motivato la decisione di “tornare alle origini”, ossia ad un provvedimento limitato al cyberbullismo, evidenziando: a) che un ulteriore inasprimento della normativa sanzionatoria relativa al bullismo in generale, anche quando esce dall’ambito strettamente limitato della scuola e dei minori, avrebbe fatto diventare la legge troppo ampia per essere realmente efficace; b) che già esiste la sanzione penale per gran parte dei comportamenti di bullismo, mentre manca un provvedimento mirato agli adolescenti in ambito scolastico. Tuttavia, la principale (e, per certi versi, condivisibile) critica mossa al testo approvato dalla Camera dei Deputati, che ha indotto il Senato a riproporre un testo più simile a quello originario, era, tuttavia, quella di avere cambiato la natura della legge, trasformandola da “educativa” a “repressiva”. Persino oltre oceano un giornalista e blogger canadese, Cory Doctorow, grande esperto di diritti digitali e sicurezza informatica, aveva infatti nel settembre 2016 definito il provvedimento, come modificato in seconda lettura alla Camera, “la più stupida legge censoria nella storia europea”2 , contestando senza mezzi termini che una normativa dedicata alla prevenzione e alla tutela dei minori fosse stata trasformata, in realtà, in uno strumento punitivo. Tra le modifiche apportate lo scorso settembre dalla Camera dei Deputati, infatti, e questo rappresenta lo snodo cruciale dell’intera questione, il testo approvato in seconda lettura prevedeva l’introduzione, nel disegno di legge, di un articolo 8 (prima mai inserito), in cui veniva prevista una specifica aggravante per il reato di stalking (o atti persecutori) cui all’art. 612-bis del codice penale. Tale aggravante sarebbe divenuta operante nel caso in cui il fatto fosse commesso attraverso strumenti informatici o telematici o utilizzando tali strumenti mediante la sostituzione della propria all’altrui persona e l’invio di messaggi o la divulgazione di testi o immagini, ovvero mediante la diffusione di dati sensibili, immagini o informazioni private, carpiti attraverso artifici, raggiri o minacce o comunque detenuti, o mediante la realizzazione o divulgazione di documenti contenenti la registrazione di fatti di violenza e di minaccia. Infine, veniva disposta la confisca obbligatoria per gli strumenti informatici o telematici che fossero risultati essere stati utilizzati per tali fattispecie di stalking telematico. Se, dunque, il testo approvato dalla Camera nel settembre 2016 fosse stato definitivamente approvato, indubbiamente, saremmo stati di fronte ad una legge non più ispirata ad un “diritto mite”; ovvero, ad un provvedimento di stampo più repressivo che educativo. Al contrario, la versione definitiva del testo elaborato dalla Senatrice Ferrara (pure definito da molti tra gli stessi deputati “una buona legge, ma non la migliore legge possibile”, da altri come “un punto di partenza”) ricalca integralmente quella approvata il 31 gennaio 2017, in terza lettura, dal Senato della Repubblica e prevede unicamente l’adozione di azioni a carattere preventivo, che puntano all’educazione dei minori attraverso un uso responsabile e consapevole dei nuovi media (a partire dalla scuola, luogo principale di formazione, di inclusione e accoglienza) e mirano a favorire una maggiore consapevolezza tra i giovani quanto al disvalore di comportamenti persecutori in danno di vittime in situazioni di particolare fragilità, evitando tuttavia, al contempo (sono parole del Relatore Paolo Beni), “inopportune derive repressive”. Per tali ragioni, diversamente rispetto alla prima versione approvata dalla Camera, sono spariti dal testo i richiami, ivi contenuti, a strumenti di natura penale. Le Commissioni Giustizia ed Affari Sociali della Camera hanno infatti convenuto all’unanimità, “dopo un’attenta valutazione”, di non apportare modifiche al testo licenziato dal Senato, “anche al fine di evitare il ricorso ad una quinta lettura e garantire così un più rapido iter della proposta di legge”. L’obiettivo dichiarato, infatti, era quello di approvare la legge (che, ricordiamolo, si limita a dettare disposizioni in tema di cyberbullismo e non è, dunque, né allargata al bullismo, né estesa ai maggiorenni) prima dell’inizio del prossimo anno scolastico, così da assicurare “qualche strumento in più di tutela per i ragazzi”, evitando di iniziare con un vuoto legislativo ancora da colmare. La presidente allora in carica, Laura Boldrini, nel discorso tenuto prima di dare il via alla votazione del provvedimento, rivolgendosi a Paolo Picchio (padre di Carolina, prima vittima riconosciuta di cyberbullismo in Italia, morta suicida a soli 14 anni), pure presente a Montecitorio, ha dedicato la legge alla giovane ed a tutte le altre vittime di tale drammatico fenomeno.



2. La “legge Ferrara”: le novità introdotte



La legge sul cyberbullismo ha introdotto importanti disposizioni mirate, come sopra accennato, all’adozione di azioni a carattere preventivo a tutela dei minori, vittime del suddetto dilagante fenomeno. In sintesi, individuate le proprie finalità ed i destinatari del provvedimento (i minori, appunto), la legge si segnala, anzitutto, in quanto fornisce, per la prima volta, una definizione di cyberbullismo. Sono poi indicate le misure previste dal legislatore a tutela della dignità del minore, in virtù delle quali anche il minore ultraquattordicenne (che sino ad oggi non poteva autonomamente proporre istanze in tal senso) può attivarsi per richiedere l’oscuramento, la rimozione o il blocco dei contenuti che ledano la dignità del minore da siti internet e da social network. La legge prevede, ancora, l’istituzione di un apposito tavolo tecnico, atto a predisporre un piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo di cui faranno parte rappresentanti ministeriali, esponenti di altre Autorità a vario titolo interessate alla prevenzione del fenomeno, ed, infine, ancora, rappresentanti di realtà associative con comprovata esperienza nella promozione dei diritti dei minori e degli adolescenti e nelle tematiche di genere o, in ogni caso, attive nel contrasto del cyberbullismo. Nel testo definitivamente approvato si dispone anche: a) l’adozione di specifiche misure per il monitoraggio del fenomeno del cyberbullismo; b) la realizzazione di iniziative di informazione e di prevenzione rivolte ai cittadini; c) la predisposizione di periodiche campagne informative di prevenzione e di sensibilizzazione sull’argomento. La “legge Ferrara” prevede, ancora, la realizzazione da parte del Ministero di apposite linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto in ambito scolastico che includono, tra l’altro, la formazione del personale, e prevede che in ogni istituto sia nominato tra i docenti un referente con il compito di coordinare le suddette iniziative di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo. Agli Uffici Scolastici Regionali è affidato, in particolare, il compito di pubblicare bandi per il finanziamento di progetti e di promuovere sul territorio azioni integrate di contrasto al cyberbullismo, nonché campagne di educazione alla legalità. Alle istituzioni scolastiche è demandata la promozione dell’educazione all’uso consapevole della rete internet; ai dirigenti scolastici, invece, l’onere di informare tempestivamente le famiglie dei minori coinvolti in episodi di cyberbullismo, ed attivare adeguate azioni di carattere educativo. Da ultimo, viene introdotta la procedura di ammonimento innanzi al Questore nei confronti dei minori ultraquattordicenni che, pur in assenza di querela o di denuncia, si siano purtuttavia resi autori di condotte illecite commesse nei confronti di altro minorenne.



3. La legge sul cyberbullismo nel dettaglio

Ma come è strutturata, più nello specifico, la “legge Ferrara”? In proposito, pare opportuno approfondire la normativa commentando i singoli articoli che la compongono. Il primo comma dell’articolo individua, anzitutto, le finalità della norma, ossia “contrastare il fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione e tutela nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti”. Come si può notare, vengono subito indicati i destinatari della legge, individuati nei minori di età, per la tutela dei quali il legislatore si dichiara pronto ad approntare apposite “azioni a carattere preventivo” (in tal modo eliminando ab origine ogni richiamo a strategie di tipo repressivo). Nel secondo comma viene invece fornita (ed è la prima volta) una definizione giuridica del termine: “cyberbullismo”, che sta ad indicare, stando al tenore letterale della norma: a) “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica”; b) nonché la “diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”. In proposito, si rileva come nella suddetta definizione si faccia riferimento, tra gli altri, ai comportamenti ingiuriosi. Ebbene, la stonatura appare evidente, essendo il reato di ingiuria da tempo depenalizzato: sarebbe stato certamente più opportuno e corretto espungere del tutto detto inciso dal periodo. All’art. 2 la legge chiarisce il proprio intento di agevolare la rimozione di contenuti che ledano la dignità del minore da siti internet e da social network e di accelerare il blocco dei siti o dei profili sulla base delle segnalazioni inviate anche dagli adolescenti, che sino ad oggi non potevano sporgere denuncia autonomamente. Ciò perché, in effetti, una parte consistente degli effetti negativi del cyberbullismo consiste proprio nell’amplificazione della risonanza di un fatto o un avvenimento che solo il web permette. La norma dispone, pertanto che il minore ultraquattordicenne vittima di atti di cyberbullismo, (ovvero il genitore, o ancora colui che ne esercita la responsabilità) possa chiedere al gestore del sito internet (intendendosi per tale, ai sensi dell’art. 1, comma 3, il prestatore di servizi della società dell’informazione che, sulla rete internet, cura la gestione dei contenuti di un sito in cui si possono riscontrare le condotte illecite sopra descritte) o al gestore del social media, ovvero, ancora, al titolare del trattamento, l’oscuramento, la rimozione, il blocco di qualsiasi dato personale del minore, nonché dei contenuti diffusi in rete, se rientranti nelle condotte di cyberbullismo, previa conservazione dei dati originali. È anche previsto che, ove il gestore non provveda all’esecuzione della richiesta entro 48 ore, chiunque sia interessato possa rivolgersi al Garante per la protezione dei dati personali, che deve intervenire direttamente entro le 48 ore successive al ricevimento della richiesta. All’art. 3 si dispone l’istituzione di un tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, operante presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ad esso sono chiamati a far parte rappresentanti ministeriali, nonché esponenti: a) della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; b) dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni; c) del Garante per l’infanzia e l’adolescenza; d) del Comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione media e minori; e) del Garante per la protezione dei dati personali; f) di associazioni con comprovata esperienza nella promozione dei diritti dei minori e degli adolescenti e nelle tematiche di genere; g) degli operatori che forniscono servizi di social networking e degli altri operatori della rete internet; h) una rappresentanza delle associazioni studentesche e dei genitori; i) una rappresentanza delle associazioni attive nel contrasto del bullismo e del cyberbullismo. L’articolo in commento prevede, ancora (comma 2) che i partecipanti al tavolo tecnico: a) redigano entro 60 giorni dal suo insediamento un “piano di azione” per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo. Nell’ambito di detto piano, per inciso, sono previste iniziative di informazione e di prevenzione rivolte ai cittadini (comma 4), nonché la predisposizione, da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di periodiche campagne informative di prevenzione e di sensibilizzazione sull’argomento, da promuovere con il supporto dei principali media e degli organi di comunicazione e di stampa e di soggetti privati (comma 5); b) realizzino un sistema di raccolta di dati finalizzato al monitoraggio dell’evoluzione dei fenomeni. Il terzo comma, a corollario di quanto appena precisato, prevede che il suddetto piano di azione venga integrato, con un “Codice di Coregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo”, al quale dovranno attenersi tutti gli operatori che forniscono servizi di social networking e gli altri operatori della rete internet. Viene poi istituito (ancora al comma 3) un “Comitato di monitoraggio” col compito: a) di identificare procedure e formati standard per l’istanza tesa ad ottenere l’oscuramento, la rimozione, il blocco di qualsiasi dato personale del minore, nonché dei contenuti diffusi in rete, se rientranti nelle condotte di cyberbullismo (prevista dal precedente art. 2); b) di aggiornare periodicamente, sulla base delle evoluzioni tecnologiche, la tipologia dei soggetti ai quali è possibile inoltrare la medesima istanza. Infine si dispone (comma 6) che il MIUR provveda a trasmettere alle Camere, entro il 31 dicembre di ogni anno, una relazione sugli esiti delle attività svolte dal tavolo tecnico. L’art. 4 della legge, poi, dispone anzitutto (comma 1) che, per dare attuazione alle finalità della legge, il MIUR, di concerto con il Ministero della Giustizia, adotti, entro 30 giorni dalla data della sua entrata in vigore, specifiche “linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo nelle scuole”, da aggiornare a cadenza biennale, avvalendosi anche della collaborazione della Polizia Postale. La norma prevede altresì (comma 2) che tali linee di orientamento includano una serie di importanti attività, e, nello specifico: a) la formazione del personale scolastico, prevedendo la partecipazione di un proprio referente per ogni autonomia scolastica; b) la promozione di un ruolo attivo degli studenti, nonché di ex studenti che abbiano già operato all’interno dell’istituto scolastico in attività di c.d. peer education (educazione alla pari), nella prevenzione e nel contrasto del cyberbullismo nelle scuole; c) la previsione di misure di sostegno e rieducazione dei minori coinvolti. I commi 4, 5 e 6 prevedono specifichi incarichi assegnati, rispettivamente, agli Uffici Scolastici Regionali, alle istituzioni scolastiche e ai servizi territoriali. Gli USR devono, in tal senso, pubblicare bandi per il finanziamento di progetti elaborati dagli istituti scolastici per promuovere sul territorio azioni integrate di contrasto al cyberbullismo, nonché campagne di educazione alla legalità (comma 4). Le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, ancora, promuovono l’educazione all’uso consapevole di internet e ai diritti e doveri connessi all’utilizzo delle tecnologie informatiche (comma 5), anche mediante la realizzazione di appositi progetti elaborati da reti di scuole. Ai servizi territoriali, il comma 6 destina l’onere di promuovere specifici progetti personalizzati volti a sostenere i minori vittime di atti di cyberbullismo nonché a rieducare, anche attraverso l’esercizio di attività riparatorie o di utilità sociale, i minori artefici di tali condotte. Il terzo comma, infine, prevede che ogni istituto scolastico, nell’ambito della propria autonomia, debba individuare fra i docenti un referente con il compito di coordinare le iniziative di prevenzione e contrasto del cyberbullismo, il quale potrà avvalersi della collaborazione delle Forze di polizia (eliminato, in questo caso, il richiamo alla polizia postale, presente invece nella versione approvata in seconda lettura alla Camera) e delle associazioni e centri di aggregazione giovanile presenti sul territorio. L’art. 5 assegna ai Dirigenti scolastici che vengano a conoscenza di atti di cyberbullismo, salvo che il fatto costituisca reato, l’obbligo di informare tempestivamente le famiglie dei minori coinvolti in episodi di cyberbullismo, e di attivare adeguate azioni di carattere educativo. Il secondo comma prevede, inoltre, che i regolamenti degli istituti scolastici siano integrati con specifici riferimenti a condotte di cyberbullismo e relative sanzioni disciplinari commisurate alla gravità degli atti compiuti. Il primo comma dell’art. 6 stabilisce che la Polizia Postale relazioni con cadenza annuale al tavolo tecnico (di cui sopra all’art. 3), circa gli esiti delle misure di contrasto al fenomeno del cyberbullismo. Nel secondo comma, infine, viene disposto uno stanziamento pari a circa duecentomila euro annui per lo svolgimento delle attività di formazione in ambito scolastico e territoriale “finalizzate alla sicurezza dell’utilizzo della rete internet e alla prevenzione e al contrasto del cyberbullismo”. L’ultimo articolo della legge introduce (a conferma ulteriore dell’approccio rieducativo del provvedimento approvato, e della intenzione del legislatore di licenziare un testo pensato sì per le vittime, ma anche per quei ragazzi che, spesso inconsapevolmente, si rendono responsabili di condotte dai risvolti penali), la procedura di ammonimento, seguendo lo stesso criterio utilizzato per lo stalking. E ciò, come più volte ripetuto, con l’obiettivo di responsabilizzare i minori di età superiore a 14 anni che, di fatto, si rendono autori di reati, tenendoli però, nei casi consentiti dalla legge, fuori da implicazioni di tipo penale. Così si prevede che, fin quando non venga presentata querela o denuncia dalla vittima, il questore possa convocare il responsabile della condotta illecita (purché, come detto, si tratti di un giovane di età superiore a 14 anni), commessa nei confronti di altro minorenne, ed ammonirlo oralmente, invitandolo a rispettare la legge: il tutto, in presenza di un genitore o di chi ne faccia le veci. Gli effetti dell’ammonimento, in ogni caso, cessano con il compimento della maggiore età. Per concludere, si osserva che, come già segnalato in relazione alla definizione del cyberbullismo di cui all’art. 1, comma 2, anche nell’articolo in commento si fa riferimento al reato di cui all’art. 594 del codice penale (ingiuria), dimenticando che esso è stato abrogato. Anche nella circostanza, dunque, sarebbe stato più opportuno espungere detto riferimento dal testo definitivamente approvato.



4. Le linee di orientamento del MIUR adottate ad ottobre 2017



Come espressamente previsto nell’art. 4 della legge n. 71/2017, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentito il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità (DGMC) del Ministero della Giustizia, ha adottato (ad ottobre 2017, dunque in ritardo rispetto alla tabella di marcia che prevedeva una tempistica molto più snella, ossia “entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”) le “linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo”3 nelle scuole. Obiettivo dichiarato in premessa, quello di dare continuità alle linee di orientamento emanate nell’aprile del 2015, apportando le integrazioni e le modifiche necessarie in linea con i recenti interventi normativi, con particolare riferimento alle innovazioni introdotte con l’emanazione della legge n. 71/2017. Nelle more della costituzione e dell’operatività del Tavolo interistituzionale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, previsto dall’art. 3 della legge, le linee di orientamento hanno già rappresentato un primo strumento utile ad indirizzare le azioni autonomamente intraprese dalle scuole. Esse sono state poi successivamente integrate nel complessivo Piano di Azione nazionale, il quale (p. 2 linee di orientamento) dovrebbe essere completato da un codice di coregolamentazione per la prevenzione ed il contrasto al cyberbullismo a cui dovranno attenersi gli operatori che forniscono servizi di social networking e tutti gli altri operatori della rete internet. È anche previsto che con il codice appena citato venga istituito un Comitato di monitoraggio con il compito di definire gli standard per l’istanza di oscuramento prevista all’art. 2, comma 1, n. 71/2017. Le linee di orientamento ribadiscono in modo netto il ruolo centrale della scuola nel campo della prevenzione e della lotta al cyberbullismo, chiamandola a realizzare azioni in un’ottica di governance diretta dal MIUR che includano la formazione del personale, la partecipazione di un proprio referente per ogni autonomia scolastica, la promozione di un ruolo attivo degli studenti, nonché di ex studenti che abbiano già operato all’interno dell’istituto scolastico in attività di peer education, la previsione di misure di sostegno e di rieducazione dei minori coinvolti. Viene poi prestata particolare attenzione alla figura del docente referente per la prevenzione ed il contrasto al fenomeno del cyberbullismo (previsto all’art. 4, comma 3, della legge n. 71/2017), che la scuola individua preferibilmente tra i docenti: a) che posseggano competenze specifiche; b) che abbiano manifestato l’interesse ad avviare un percorso di formazione specifico. Detto referente, si chiarisce, diventa l’interfaccia con le forze di polizia, con i servizi minorili dell’amministrazione della Giustizia, le associazioni ed i centri di aggregazione giovanile sul territorio, per il coordinamento delle iniziative di prevenzione e contrasto del cyberbullismo. Tra gli interventi suggeriti per assicurare l’obiettivo della prevenzione e contrasto del fenomeno, le linee di orientamento ricordano come compito della scuola sia anche quello di favorire l’acquisizione delle competenze necessarie all’esercizio di una cittadinanza consapevole. Del resto, già la legge 15 luglio 2015, n. 107 (“Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”4 ) aveva introdotto, tra gli obiettivi formativi prioritari, lo sviluppo delle competenze digitali degli studenti, finalizzato anche a un utilizzo critico e consapevole dei social network e dei media precisando la necessità che gli studenti siano sensibilizzati ad un uso responsabile della Rete e “resi capaci di gestire le relazioni digitali in agorà non protette”. Nella consapevolezza che Internet può diventare, se non usato in maniera opportuna, una forma pericolosa di dipendenza, le linee di orientamento ribadiscono la necessità di responsabilizzare gli alunni, mettendo in atto interventi formativi, informativi e partecipativi. Non a caso, un intero paragrafo delle linee di orientamento viene dedicato alle iniziative e agli strumenti utili per un uso corretto e consapevole delle tecnologie digitali. Anzitutto il MIUR menziona, invitando le scuole a parteciparvi, l’iniziativa Generazioni Connesse, sostenuta dalla Commissione Europea ed avviata per promuovere strategie finalizzate a rendere Internet un luogo più sicuro per gli utenti più giovani, favorendone un uso positivo e consapevole. Tale iniziativa, si legge, ha lo scopo di fornire alle istituzioni scolastiche una serie di strumenti didattici, di immediato utilizzo, tra cui: a) attività di formazione (online e in presenza) rivolte in maniera specifica alle comunità scolastiche (insegnanti, bambini/e, ragazzi/e, genitori, educatori) che intraprenderanno un percorso dedicato; b) attività di informazione e sensibilizzazione realizzate in collaborazione con la Polizia di Stato per approfondire i temi della navigazione sicura in Rete. Un ulteriore strumento indicato dal MIUR per contrastare comportamenti dannosi online e allo stesso tempo accrescere la conoscenza del fenomeno è il documento denominato: “iGloss@ 1.1, l’Abc dei comportamenti devianti online”5 , elaborato dal Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità, ossia un glossario (rivolto a operatori dei servizi sociali, sanitari, giudiziari, giovani e loro genitori) che offre una ricognizione dei termini specialistici sui comportamenti online a rischio, fornendo una spiegazione sintetica delle principali caratteristiche delle condotte devianti e dei risvolti socio-giuridici. Obiettivo di tale strumento, ricorda il MIUR, non è esclusivamente descrivere e inquadrare i nuovi fenomeni della devianza online, ma favorire, altresì, l’acquisizione di consapevolezza sulle conseguenze sociali e giudiziarie di queste specifiche trasgressioni. Le linee di orientamento si soffermano, inoltre, sugli strumenti di tutela delle vittime di cyberbullismo approntati dal Legislatore ed indicati all’art. 2 della legge n. 71/2017 ed individuati, come detto in precedenza, in apposite istanze per ottenere l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi dato personale del minore, diffuso nella rete. Menzionati i suddetti strumenti ed i destinatari delle istanze, le linee del MIUR si rivolgono alle scuole, ricordando loro la possibilità di segnalare episodi di cyberbullismo e la presenza di materiale pedopornografico on line: a) ad un apposito servizio di Telefono Azzurro denominato Helpline (una piattaforma integrata che si avvale di telefono, chat, sms, whatsapp e Skype), pensato quale strumento per aiutare i ragazzi e le ragazze a comunicare il proprio disagio; b) alla Hotline “Stop-It” di Save the Children che consente agli utenti della Rete di segnalare la presenza di materiale pedopornografico online. Il testo chiarisce ulteriormente che, attraverso procedure concordate, le segnalazioni sono successivamente trasmesse al Centro Nazionale per il Contrasto alla Pedopornografia su Internet, istituito presso la Polizia Postale e delle Comunicazioni, per consentire le attività di investigazione necessarie. A questo punto, le linee di orientamento si soffermano sulla riorganizzazione della struttura organizzativa centrale e periferica operante per la prevenzione del cyberbullismo (intrapresa dal MIUR in linea con le previsioni della legge n. 71/2017), riorganizzazione operata “nella convinzione che la migliore modalità di intervento passi attraverso l’istituzione di un efficace sistema di governance che coinvolga le istituzioni, la società civile, gli adulti e gli stessi minori”. A tal fine, menziona il Tavolo tecnico centrale previsto dall’art. 3 della legge n. 71/2017, rappresentante l’avvio di detto nuovo sistema di governance. Le linee di orientamento chiariscono, poi, dettagliatamente, il fondamentale ruolo attribuito al Dirigente scolastico e al docente referente dalla “legge Ferrara”. Come detto, infatti, l’art. 5 della legge sul cyberbullismo prevede che nell’ambito della promozione degli interventi finalizzati ad assicurare la qualità dei processi formativi e la collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali del territorio, il Dirigente scolastico definisca le linee di indirizzo del Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) e del Patto di Corresponsabilità affinché contemplino misure specificatamente dedicate alla prevenzione del cyberbullismo. In particolare, si prevede che le misure di intervento immediato che i dirigenti scolastici sono chiamati a effettuare, qualora vengano a conoscenza di episodi di cyberbullismo, vengano integrate e previste nei Regolamenti di Istituto e nei Patti di Corresponsabilità, al fine di meglio regolamentare l’insieme dei provvedimenti sia di natura disciplinare che di natura educativa e di prevenzione. Sarà cura del Dirigente, si legge ancora nel testo ministeriale, assicurare la massima informazione alle famiglie di tutte le attività e iniziative intraprese, anche attraverso una sezione dedicata sul sito web della scuola. Il Ministero auspica, inoltre, che il Dirigente scolastico attivi specifiche intese con i servizi territoriali (servizi della salute, servizi sociali, forze dell’ordine, servizi minorili dell’amministrazione della Giustizia) in grado di fornire supporto specializzato e continuativo ai minori coinvolti ove la scuola non disponga di adeguate risorse. Per quanto attiene, invece, alla figura del docente referente, prevista, come noto, all’art. 4, comma 3, della legge n. 71/2017, si chiarisce che questi è chiamato a svolgere un importante compito di supporto al Dirigente scolastico per la revisione/stesura di Regolamenti (leggasi: Regolamento d’istituto), atti e documenti (PTOF, PdM, Rav). Fondamentale appare la precisazione per cui “ai docenti referenti, così come ai dirigenti scolastici, non sono quindi attribuite nuove responsabilità o ulteriori compiti, se non quelli di raccogliere e diffondere le buone pratiche educative, organizzative e azioni di monitoraggio, favorendo così l’elaborazione di un modello di e-policy d’istituto”. Il MIUR anticipa poi l’elaborazione di una piattaforma per la formazione dei docenti referenti (ne parleremo approfonditamente più avanti) al fine di assicurare a tutti i soggetti coinvolti in azioni di prevenzione del cyberbullismo strumenti utili per conoscere e attivare azioni di contrasto al fenomeno. Tale azione deve essere rafforzata dalle iniziative previste dal Piano Integrato di cui all’art. 3 della legge n. 71/2017 nonché dalle iniziative intraprese sia dagli Uffici Scolastici Regionali che dalle istituzioni medesime. Le linee di orientamento si chiudono, infine, con alcune importanti delucidazioni circa l’istituto dell’ammonimento introdotto dall’art. 7 della legge n. 71/2017, e, a tal riguardo, precisano: a) che trattasi di uno strumento d’intervento preventivo, già sperimentato in materia di atti persecutori (stalking); b) che è stato pensato nell’ottica di favorire l’anticipo della soglia di sensibilità al rischio e di promuovere forme conciliative che possano evitare il coinvolgimento dei minori, sia quali autori del reato sia quali vittime in procedimenti penali; c) che tale previsione risulta pienamente coerente con la scelta legislativa di contrastare il fenomeno del cyber bullismo con azioni di tipo educativo, stimolando nel minore ultraquattordicenne una riflessione sul disvalore sociale del proprio atto nonché una generale presa di coscienza sul medesimo. Nello specifico, viene evidenziato come l’istanza di ammonimento nei confronti del minore ultraquattordicenne autore della condotta molesta possa essere rivolta al Questore nel caso in cui non si ravvisino reati perseguibili d’ufficio o non sia stata formalizzata querela o presentata denuncia per le condotte di diffamazione, minaccia o trattamento illecito dei dati personali commessi mediante la rete Internet nei confronti di altro minorenne. La richiesta potrà essere presentata presso qualsiasi ufficio di Polizia e dovrà contenere una dettagliata descrizione dei fatti, delle persone a qualunque titolo coinvolte ed eventuali allegati comprovanti quanto esposto. Le linee di orientamento chiariscono ancora: a) che l’ammonimento, in quanto provvedimento amministrativo, non richiede una prova certa e inconfutabile dei fatti, essendo sufficiente la sussistenza di un quadro indiziario che garantisca la verosimiglianza di quanto dichiarato; b) che qualora l’istanza sia considerata fondata, anche a seguito degli approfondimenti investigativi ritenuti più opportuni, il Questore convochi il minore responsabile insieme ad almeno un genitore o ad altra persona esercente la potestà genitoriale, ammonendolo oralmente e invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge con specifiche prescrizioni che, ovviamente, varieranno in base ai casi; c) che la legge n. 71/2017 non prevede un termine di durata massima dell’ammonimento, ma specifica che i relativi effetti cesseranno al compimento della maggiore età. Pur non prevedendo un’aggravante specifica per i reati che il minore potrà compiere successivamente al provvedimento di ammonimento, senza dubbio tale strumento rappresenta un significativo deterrente per incidere in via preventiva sui minori ed evitare che comportamenti, frequentemente assunti con leggerezza, possano avere conseguenze gravi per vittime e autori.



5. Le nuove proposte e disegni di legge in materia di lotta al bullismo e al cyberbullismo



Il 29 Gennaio 2020 è stata frattanto approvata dalla Camera dei Deputati la Proposta di legge n. 1524 (“Modifiche al codice penale, alla legge 29 maggio 2017, n. 71, e al regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835, in materia di prevenzione e contrasto del fenomeno del bullismo e di misure rieducative dei minori”6 ), volta a prevenire e contrastare il bullismo, attraverso misure di natura penale (con la modifica dell’art. 612-bis c.p.), modifiche alle misure coercitive di natura non penale applicabili dal Tribunale dei minorenni e misure di valutazione e analisi del fenomeno in ambito scolastico. Il provvedimento è oggi in esame al Senato come disegno di legge n. 16907.

Numerose sono, tra gli operatori, le perplessità circa il contenuto, improntato più alla repressione che non alla prevenzione, delle norme in discussione. Si è detto, infatti, che la legge n. 71/2017 si è proposta, sin da subito, di affrontare un tema delicato quale quello della lotta al fenomeno del cyberbullismo con un approccio equilibrato, che mira ad assicurare la protezione delle vittime e, soprattutto, il ruolo decisivo della prevenzione, attraverso l’adozione di azioni: a) che puntano all’educazione dei minori attraverso un uso responsabile e consapevole dei nuovi media (a partire dalla scuola, luogo principale di formazione, di inclusione e accoglienza); b) che mirano a favorire una maggiore consapevolezza tra i giovani quanto al disvalore di comportamenti persecutori in danno di vittime in situazioni di particolare fragilità, evitando tuttavia, al contempo inopportune derive repressive. La bontà di tale approccio e di tale impianto normativo è stata pacificamente, e trasversalmente, riconosciuta: è sufficiente esaminare, per averne conferma, quanto riportato nel “Documento approvato dalla Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza nella seduta del 29 Ottobre 2019 a conclusione dell’indagine conoscitiva su bullismo e cyberbullismo”8 , trasmesso alle Presidenze lo scorso 6 marzo 2020. Secondo l’opinione pressoché unanime degli esperti Relatori auditi nei primi sei mesi di attività della Commissione, infatti, la politica di intervento ritenuta più efficace per contrastare il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo “è la prevenzione, la quale si sostanzia nella promozione di campagne di informazione e sensibilizzazione, nonché nella realizzazione di iniziative formative specifiche rivolte non solo ai ragazzi ma anche agli adulti (genitori ed educatori)” (p. 53 Documento). L’opinione degli esperti in pediatria, psicologia e psichiatria auditi in tale circostanza, in particolare, è stata unanime quanto alla “inefficacia, in un’ottica di contrasto dei fenomeni oggetto della indagine, del ricorso alla repressione penale”, confermandosi il parere che sia “invece più opportuno insistere sulla prevenzione e sulla formazione” (p. 6 Documento). Anche magistrati ed esperti in materie giuridiche hanno, in generale, ribadito “l’assoluta inutilità di prevedere nuove fattispecie criminose per sanzionare le condotte nelle quali si sostanzia il fenomeno del bullismo, tenuto conto che l’ordinamento già contempla singole fattispecie di reato (minaccia, diffamazione e violazione della privacy) volte a punire tali comportamenti” (p. 7 Documento), e qualcuno ha ritenuto più efficace attuare una adeguata tutela del minore “senza arrivare alla sanzione penale, ricorrendo allo strumento dei procedimenti amministrativi”, aventi ad oggetto l’eventuale applicazione di misure rieducative nei confronti di adolescenti e di giovani a rischio di disadattamento e devianza, “previsti dagli articoli 25 e seguenti del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1935, n. 835” (p. 8 Documento). E, tra gli auditi, persino il Ministro della Giustizia allora in carica, On. Alfonso Bonafede, ha espresso il proprio “apprezzamento per l’impianto normativo” della legge n. 71/2017 “nella parte in cui punta tutto sulla prevenzione e sull’educazione dei minorenni grazie alla creazione di una rete di supporto e di tutela che coinvolge le scuole e le istituzioni” (p. 22 Documento). Nelle parte dedicata alle conclusioni, infine, parlandosi espressamente della legge n. 71/2017 (e pur riconoscendone un limite nell’ambito di applicazione, circoscritto al solo fenomeno del cyberbullismo), si legge che la ratio sottesa all’intervento del Legislatore “è stata unanimemente condivisa da tutti gli auditi: l’approccio corretto al fenomeno non può che essere quello educativo-formativo, soprattutto quando ad essere coinvolti sono, sia come autori che come vittime, minori” (p. 64 Documento).

Fatte tutte queste doverose premesse, resta allora forte in chi commenta il dubbio che, con tutta probabilità, prima ancora di sollecitare un nuovo intervento del Legislatore sulle tematiche oggetto di discussione, sarebbe stato più opportuno, per non dire doveroso, insistere su un rafforzamento e su una maggiore applicazione della “legge Ferrara”, cosa al contrario non accaduta. Basti pensare, a titolo meramente esemplificativo: – che il Tavolo tecnico di cui all’art. 3 della legge n. 71/2017, riunitosi solo tre volte, non ha elaborato il piano di azione nazionale, né ha proseguito il proprio necessario lavoro, ivi compreso quello del monitoraggio dell’evoluzione del fenomeno; – che non tutte le scuole hanno individuato nel proprio organico la figura di un docente Referente con il compito di coordinare le iniziative di prevenzione e contrasto del cyberbullismo; – che l’istituto dell’ammonimento di cui all’art. 7 della legge n. 71/2017 non è stato debitamente valorizzato ed attuato: anzi, se, da un lato, persino lo stesso Ministro della Giustizia, nel corso delle sopra citate audizioni, aveva definito tale misura la “più utile per proporre percorsi di responsabilizzazione del minore autore di comportamenti di cyberbullismo” (p. 22 Documento), dall’altro poi, del tutto inspiegabilmente ed illogicamente, il testo originario della Proposta di legge n. 1524 presentato nel gennaio 2019 alla Camera dei Deputati (testo fortunatamente poi modificato in virtù di opportuni emendamenti) ne prevedeva addirittura l’abrogazione!; – che anche le istanze a tutela della dignità del minore di cui all’art. 2 della legge n. 71/2017 sono state poco (o affatto) pubblicizzate e, conseguentemente, applicate (nella Relazione 2017 del Garante per la Protezione dei Dati Personali si citano solo 17 segnalazioni pervenute nel corso dell’ultimo semestre dell’anno9 , mentre pare che ammontassero ad un centinaio circa nel 2019). – che manca ancora, ad oggi, il codice di coregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, a cui devono attenersi gli operatori che forniscono servizi di social networking e gli altri operatori della rete internet, previsto dall’art. 3 della legge n. 71/2017. Ora, tra gli obiettivi dichiarati nella Relazione di presentazione della proposta di legge n. 1524, si citava espressamente quello di “promuovere, prima di tutto, interventi di carattere preventivo che tengano in particolare considerazione la valorizzazione di percorsi educativi e rieducativi personalizzati rivolti non solo ai soggetti responsabili di illeciti, ma anche agli autori di condotte che, sebbene non ancora qualificabili come illecito, esprimano aggressività contro persone, animali o cose”. Il richiamo alla promozione di interventi di carattere preventivo (per quanto, nella citata Proposta di legge, estesi anche al fenomeno del bullismo), avrebbe indotto, a caldo, l’interprete ad immaginare una impostazione normativa del tutto in linea con i principi ispiratori della “legge Ferrara”. In realtà, la suddetta Relazione introduttiva ha messo presto in mostra un approccio che – in illogica controtendenza rispetto a tutte le indicazioni fornite dagli esperti al riguardo – punta forte piuttosto, come si evince dalle chiare espressioni utilizzate, proprio sul fronte della repressione, evidenziando, al riguardo: a) che “sotto il profilo penalistico, non esiste attualmente una disposizione normativa idonea a comprendere e, conseguentemente, a sanzionare tutte le forme di bullismo penalmente rilevanti”; b) che “l’attuale fattispecie del reato di atti persecutori non risulta sufficiente per contrastare con fermezza la diffusione di quelli che sembrano essere diventati, tra i nostri più giovani cittadini, dei veri e propri modelli comportamentali negativi, connotati da un forte spirito di prevaricazione e di aggressività”; c) che la tutela predisposta dalla “legge Ferrara” “non appare sufficiente, in quanto è stata introdotta una disciplina finalizzata alla prevenzione del solo fenomeno del cyberbullismo in ambito scolastico e per la tutela delle sole vittime minorenni, senza però incidere sul profilo penalistico”; d) che i comportamenti dei bulli e dei cyberbulli “non possono essere tollerati, ma vanno fermamente contrastati in una società che voglia far valere concretamente i princìpi e i valori costituzionali della libertà, dell’eguaglianza e della solidarietà sociale”. Tali premesse, si legge nel documento, hanno pertanto condotto all’iniziativa legislativa in commento, la quale, nell’intendimento dei proponenti: a) mira, anzitutto, “a colmare una lacuna ordinamentale che non può continuare a persistere, considerate la gravità e la diffusione che certe forme di bullismo stanno assumendo negli ultimi anni”; b) si propone, in secondo luogo, “di lanciare un’operazione culturale rivolta ai soggetti di minore età”, tale da renderli “edotti del fatto che alcune condotte integrano un fatto di reato connotato da un grave disvalore sociale”. Il ricorso ad un approccio di tipo repressivo appare chiaro sin dal titolo del disegno di legge n. 1690, il quale, oltre a richiedere interventi sulla legge n. 71/2017, suggerisce modifiche al codice penale ed al regio decreto legge n. 1404/193410 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 835/1935). Ancor più tale approccio viene evidenziato, senza mezze misure, dal disegno di legge n. 1275, che propone l’introduzione nel codice penale dell’art. 612-quater e di una autonoma fattispecie di reato intitolata: “Bullismo”. Ad ogni modo, sul disegno di legge n. 1690 si concentreranno i maggiori rilievi dello scrivente, con qualche ulteriore spunto di riflessione che verrà tratto dalla disamina degli ulteriori disegni di legge ad esso congiunti.



6. Gli articoli del disegno di legge n. 1690



L’art. 1 del disegno di legge n. 1690 prevede modifiche all’art. 612-bis del codice penale, e prevede anzitutto una nuova formulazione che estende la punibilità per il reato di cui alla norma anche nei confronti di chi costringa la vittima “in una condizione di emarginazione”. In proposito, si esprimono riserve circa l’effettiva portata innovativa di tale modifica e, soprattutto, circa l’eccessiva genericità e decontestualizzazione del riferimento all’emargina zione (sarebbe imputabile del reato di atti persecutori, a titolo esemplificativo, anche banalmente il minore ultraquattordicenne che non telefona al compagno di classe per invitarlo alla sua festa di compleanno?). Ancora, è previsto che se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici, e sia intervenuta una sentenza definitiva di condanna, sia disposta la confisca degli stessi: la riserva sul punto è che un simile provvedimento di confisca, oltre ad alimentare contenziosi, possa comunque privare il ragazzo (nell’ottica di una rieducazione del cyberbullo minorenne) di importanti strumenti di comunicazione ed inclusione. L’art. 2 prevede modifiche all’art. 731 del codice penale, suggerendo un aggravamento dell’ammenda nei confronti dei genitori che omettano di impartire o far impartire ai minori l’istruzione obbligatoria. La riserva è legata all’ipotesi di quei minori che, proprio a causa delle vessazioni ivi subite da bulli e cyberbulli, si rifiutino di continuare ad andare a scuola. In questi casi, prevedere questa misura dell’ammenda potrebbe condurre nella direzione di una ulteriore vittimizzazione dei medesimi. L’art. 3 propone modifiche alla legge n. 71/2017, estendendone anzitutto gli effetti anche al fenomeno del bullismo tradizionale. A) La prima proposta di modifica concerne l’art. 1 della legge n. 71/2017. Al riguardo, la prima, importante, riserva, è legata all’assenza, nell’art. 3 del disegno di legge n. 1690, di una convincente definizione normativa di “bullismo”, che tenga conto e recepisca, nell’individuarne le caratteristiche, le indicazioni ed i contributi forniti al riguardo, dagli esperti in psicopedagogia ed in sociologia, ed in generale dagli studiosi del fenomeno. Secondo questi ultimi (in primis, Heinemann e Olweus), come noto, il bullismo presenta caratteristiche, assolutamente da indicarsi ove si intenda fornire una adeguata definizione del fenomeno, le quali possono essere così riassunte: a) l’intenzionalità, quale azione deliberata ed aggressiva da parte del bullo allo scopo di offendere o arrecare danno alla vittima minorenne; b) la persistenza, quale comportamento prepotente e/o aggressivo ripetuto nel tempo; c) lo squilibrio di forze (fisiche e/o psicologiche) tra le parti, quale asimmetria di potere fondata sul disequilibrio e sulla diseguaglianza di forze tra il bullo che agisce e la vittima che non è in grado di difendersi; d) la natura sociale del fenomeno, quale consuetudine del bullo di aggredire o perseguitare la propria vittima alla presenza di altri compagni, spettatori o complici, che possono assumere un ruolo di rinforzo del comportamento dell’autore dell’illecito o semplicemente sostenerne e legittimarne l’operato. Il profilo del bullo, alla luce delle suddette caratteristiche, si identifica con quello di un minore o di un adolescente impulsivo, scarsamente empatico, incapace di stabilire relazioni positive, con un elevato livello di autostima e contraddistinto da una forte aggressività, rivolta nei confronti di altri minori, che li spinge a dimostrarsi facilmente insolenti. E ciò, nei diversi contesti in cui si trova ad agire: la scuola, le associazioni sportive, gli oratori ed il mondo scout; ovunque, per intendersi, vi siano forme di aggregazione giovanile.

Per inciso, si rileva inoltre che la prima definizione di bullismo in termini giuridici, formulata in linea con quelle elaborate dalla psicopedagogia e dalla sociologia, come sopra analizzate, è contenuta, nella Direttiva del Ministero della Pubblica Istruzione, 5 febbraio 2007, n. 16 (c.d. “Direttiva Fioroni”, recante “linee di indirizzo generale ed azioni a livello nazionale per la prevenzione e la lotta al bullismo”11), in cui si è precisato che l’espressione italiana “bullismo”: “è la traduzione letterale di bullying, parola inglese comunemente usata nella letteratura internazionale per caratterizzare il fenomeno delle prepotenze tra pari in contesto di gruppo. Il bullismo si configura come un fenomeno dinamico, multidimensionale e relazionale che riguarda non solo l’interazione del prevaricatore con la vittima, che assume atteggiamenti di rassegnazione, ma tutti gli appartenenti allo stesso gruppo con ruoli diversi. Il comportamento del bullo è un tipo di azione continuativa e persistente che mira deliberatamente a far del male o danneggiare qualcuno. La modalità diretta si manifesta in prepotenze fisiche e/o verbali”. Peraltro, si rileva come una più chiara definizione di “bullismo”, pressoché assente nel disegno di legge n. 1690, è al contrario presente – pur mancando sempre della indicazione delle caratteristiche proprie del bullismo, come sopra riassunte – nei testi di altri tre disegni di legge attualmente all’esame delle Commissioni, ossia nel d.d.l. n. 1180, nel d.d.l. n. 1743 e nel d.d.l. n. 1747. Tuttavia, in due definizioni su tre è assente la riconducibilità del fenomeno del bullismo all’ambito minorile o giovanile: a) nel d.d.l. n. 1180 si parla infatti, genericamente, di condotte illecite perpetrate “a danno di una o più vittime”; b) nel d.d.l. n. 1747 si parla, ancor più genericamente, di condotte illecite perpetrate “a danno di una o più persone”. Nel testo del d.d.l. n. 1743, quanto meno, si parla invece di condotte illecite perpetrate “a danno di una o più vittime minorenni”. B) La seconda proposta di modifica concerne l’art. 3 della legge n. 71/2017. Al riguardo, una importante riserva concerne la previsione della sostituzione del MIUR, quale Autorità deputata al coordinamento e/o alla governance del Tavolo Tecnico indicato nella “legge Ferrara”, con il Dipartimento per le politiche della famiglia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Le riserve sono anzitutto connesse al timore, neppure troppo velato, che in tal modo vengano disperse le competenze e le esperienze maturate e le reti sin qui costruite. La suddetta sostituzione pare, oltretutto, illogica con riferimento anche alla luce delle indicazioni fornite legge n. 92/201912 e, più nello specifico, dall’art. 5 (intitolato: “Educazione alla cittadinanza digitale”) ove, invece, si ribadisce il ruolo chiave, ed imprescindibile, del MIUR nelle tematiche in argomento. Se, infatti, al comma 3 si stabilisce che “il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca convoca almeno ogni due anni la Consulta dei diritti e dei doveri del bambino e dell’adolescente digitale, istituita presso il Ministero dell’istruzione”, al successivo comma 6 si rammenta ulteriormente che: “la Consulta di cui al comma 3 opera in coordinamento con il tavolo tecnico istituito ai sensi dell’articolo 3 della legge 29 maggio 2017, n. 71”. Per le ragioni ora esposte, si ritiene che il MIUR debba mantenere il coordinamento e/o la governance dei lavori del citato Tavolo Tecnico. C) La terza proposta di modifica concerne l’art. 4 della legge n. 71/2017. In particolare, si prevede l’inserimento di un art. 4-bis intitolato: “Sostegno psicologico agli studenti”. Al riguardo, in linea di principio si esprime un parere favorevole su tale misura, anche se si ritiene necessario a tal fine fare rete con i servizi socio-sanitari. Pare opportuno altresì il coinvolgimento delle Università e degli ordini professionali, come pure si ritiene necessario indicare i bandi e le risorse impiegate allo scopo. Infine, è importante prevedere un meccanismo di selezione dei professionisti chiamati a svolgere tale servizio che consenta di verificarne con prudenza l’esperienza sul tema. D) La quarta proposta di modifica concerne l’art. 5 della legge n. 71/2017. Sul punto, si esprimono riserve circa il potenziato accentramento dei poteri in capo al Dirigente Scolastico, chiamato – ai sensi della nuova formulazione prevista dal d.d.l. – non più, unicamente, ad applicare le procedure previste dalle linee di orientamento ministeriali ed a promuovere iniziative di carattere educativo nei confronti dei minori accusati di atti di bullismo, ma, addirittura, ad assumersi l’onere di valutare la gravità dei casi occorsi nelle loro scuole e di coinvolgere, in tal caso, rappresentanti dei servizi sociali e sanitari, o addirittura di riferire alle autorità competenti ai fini dell’eventuale applicazione di misure rieducative nei confronti dello studente autore della condotta illecita. L’art. 4 propone modifiche al citato r.d.l. n. 1404/1934, ed in particolare all’art. 25 che dispone il potere del Procuratore della Repubblica di disporre “misure rieducative” (che, nei casi più gravi, giungono a prevedere l’allontanamento del minore dal proprio nucleo familiare per collocarlo in una comunità) nei confronti dei minori di anni 18 le cui condotte siano ritenute irregolari e/o aggressive. Anche tale proposta di modifica pare andare nella direzione di un approccio del Legislatore che punta più sulla repressione che sulla prevenzione. L’invito è pertanto volto a rimeditare le misure coercitive di intervento non penale, previste dalla richiamata normativa. L’art. 5 propone un adeguamento dello Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria di cui al d.P.R. n. 249/199813. In proposito, talune delle misure di adeguamento previste sembrano, a dir poco, ridondanti: ad esempio, la previsione del dovere dello studente di rispettare il Dirigente scolastico, i docenti, il personale della scuola e i loro compagni, è già indicata nell’art. 3, comma 2, del citato d.P.R. n. 249/1998. L’art. 6 propone, tra le altre misure, che siano erogati moduli di formazione “relativi all’educazione all’intelligenza emotiva”: le riserve, al riguardo, concernono la vaghezza e la genericità di tale definizione, come pure la mancata indicazione dello scopo di una simile previsione ed infine la previsione dell’erogazione di cospicue somme annuali messe a disposizione per l’erogazione di detti moduli.

L’art. 7 prevede l’istituzione di un numero telefonico gratuito nazionale per l’assistenza alle vittime. Per esperienza, tuttavia, è noto che i giovani, piuttosto che ricorrere a numeri verdi e/o similari, utilizzano maggiormente strumenti quali chat e app (peraltro alcune già esistenti, ad esempio YouPol. L’art. 8 prevede lo svolgimento, da parte dell’ISTAT, di un servizio di rilevazione statistica sugli atti di bullismo. Si rileva che una simile previsione indica una misura che pare porsi in potenziale sovrapposizione rispetto a quella già prevista nella legge n. 71/2017 all’art. 3, comma 2, ovvero a quel sistema di raccolta di dati realizzato dal Tavolo tecnico previsto nella normativa, finalizzato al monitoraggio dell’evoluzione dei fenomeni. Va ricordato, inoltre, che un importante strumento di monitoraggio già esiste, ed è rappresentato dalla c.d. “Piattaforma ELISA”, presentata la prima volta nel febbraio 2018, in occasione del Safer Internet Day (ossia la Giornata mondiale per la sicurezza in Rete, dedicata all’uso positivo di Internet ed istituita e promossa dalla Commissione Europea e resa disponibile dal 19 ottobre 2018). Come è noto, infatti, al fine di assicurare – in maniera programmata e coordinata a livello nazionale – ai docenti (in particolare, ai referenti scolastici per il bullismo e il cyberbullismo), nonché un aggiornamento interdisciplinare (comprensivo di materie quali, ad esempio: diritto, psicologia, pedagogia, informatica), il MIUR, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia dell’Università di Firenze ha realizzato la citata piattaforma didattica, denominata appunto “ELISA” (“E-Learning degli Insegnanti sulle Strategie Antibullismo”), in grado di fornire a questi ultimi gli strumenti più idonei per conoscere i fenomeni del bullismo e del cyberbullismo e poter, in tal modo, intervenire più efficacemente nelle tematiche in argomento. La Piattaforma consente inoltre un sistema di monitoraggio online rivolto a tutte le scuole del territorio nazionale. Le singole scuole, rispondendo ad un invito da parte del Ministero dell’Istruzione, possono accedere periodicamente a delle survey nazionali online da far compilare ai propri studenti, docenti e Dirigenti, con l’obiettivo di valutare l’estensione dei fenomeni tra gli studenti italiani e la percezione dei fenomeni dei docenti e dei Dirigenti. È previsto che i risultati della rilevazione su base nazionale siano pubblicati in una apposita sezione del sito: www.piattaformaelisa.it.



7. Le nuove linee di orientamento ministeriali per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo



Il 9 febbraio 2021, infine, il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato l’aggiornamento delle proprie “linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo”. Nella introduzione, si mette anzitutto in luce il costante impegno del Ministero dell’Istruzione sul fronte della prevenzione del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo e, più in generale, di ogni forma di violenza, espresso attraverso l’attivazione di numerose strategie di intervento utili ad arginare comportamenti a rischio, e ciò, in particolare, nell’ambito delle politiche scolastiche, ove è prestata da tempo una particolare e crescente attenzione alla declinazione digitale di tale fenomeno Scopo dichiarato del documento, quello di conformarsi all’aggiornato dettato normativo, nonché di dare continuità alle linee di orientamento emanate nel mese di ottobre 2017, ove veniva ribadito il ruolo centrale della scuola, chiamata a realizzare azioni preventive in un’ottica di governance coordinata dal Ministero che includano: a) la formazione del personale scolastico; b) la nomina e la formazione di almeno un referente per le attività di contrasto dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo per ogni autonomia scolastica; c) la promozione di un ruolo attivo degli studenti, nonché di ex studenti che abbiano già operato all’interno degli istituti scolastici in attività di peer education; d) la previsione di misure di sostegno e di rieducazione dei minori coinvolti. Precisato, poi, che uno dei compiti della scuola è anche quello di favorire l’acquisizione delle competenze necessarie all’esercizio di una cittadinanza digitale consapevole, la nuova versione delle linee richiama anche, a tale scopo, le indicazioni contenute nella recente (e già citata) legge n. 92/2019, che prevede, fra l’altro, nell’ambito dell’insegnamento trasversale dell’educazione civica, l’educazione alla cittadinanza digitale, evidenziando la necessità di sensibilizzare gli studenti ad un uso responsabile della Rete e di renderli capaci di gestire le relazioni digitali in contesti non protetti. Destinatari delle nuove linee di orientamento, per espressa indicazione ministeriale: a) i Dirigenti scolastici; b) gli insegnanti della scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado di tutto il sistema nazionale d’istruzione; c) il personale ATA; d) tutte le altre professionalità presenti all’interno del contesto scolastico, nel rispetto dell’autonomia scolastica. In sintesi, si legge nel documento, le nuove linee si propongono di fornire alle istituzioni scolastiche indicazioni alle quali attenersi per realizzare interventi efficaci di prevenzione (per ciascuno dei quali è prevista la redazione, nel rispetto della vigente normativa sulla privacy, di una relazione accurata sui casi verificatisi e sul tipo di interventi posti in essere), al fine di consentire a dirigenti, docenti e agli operatori scolastici di comprendere, ridurre e contrastare gli episodi di bullismo che colpiscono alunni e studenti, fornendo strumenti di comprovata evidenza scientifica. È ulteriormente previsto che a tale lavoro di prevenzione e intervento sia necessariamente associata anche una attenta attività di rilevazione e monitoraggio, per una costante valutazione della situazione iniziale e degli esiti degli interventi attuati, utilizzando gli strumenti e le attività di rilevazione e monitoraggio di agile applicazione proposti dal Ministero, quali, ad esempio, questionari anonimi d’istituto o, ancora, la citata piattaforma ELISA. La sezione introduttiva delle nuove linee di orientamento si conclude prevedendo, al fine di una loro più ampia diffusione: a) la loro condivisione all’interno di un patto sociale e formativo presentato e sottoscritto al momento dell’iscrizione degli studenti, che dovrà corrispondere a un lavoro costante e continuo di prevenzione e formazione tra gli educatori della scuola, le famiglie e i ragazzi; b) la stesura ed articolazione di uno specifico Regolamento relativo alla pubblicazione delle foto e dei video degli studenti afferenti alle attività educative e didattiche.

Il documento poi si sofferma sulle ragioni che richiedono un intervento sui fenomeni del bullismo e del cyberbullismo, ricordando anzitutto, in linea generale: a) che il bullismo è un fenomeno prevalentemente sociale, legato a gruppi e a culture di riferimento; b) che il bullismo e il cyberbullismo, quest’ultimo indicato come “estensione del comportamento perpetrato attraverso la rete”, sono fenomeni complessi che, nelle loro espressioni lievi, possono essere frutto di incomprensione sociale e di scarsa consapevolezza del proprio comportamento da parte di bambini e ragazzi, ma che possono avere, come spesso accade, rilevanza e conseguenze anche sul piano giuridico. Sulla scia di tali premesse, le linee di orientamento indicano la strada da percorrere sul fronte della prevenzione: a) lavorare sui gruppi, sulle culture e sui contesti in cui i singoli casi hanno avuto origine; b) operare per attuare una educazione alla responsabilità e alla convivenza, nella cornice di un buon clima di scuola; c) fare acquisire agli studenti, nel corso della loro esperienza scolastica, la consapevolezza che essere rispettati è un diritto e che rispettare gli altri è un valore e un dovere, e lavorare per costruire un’etica civile e di convivenza grazie alla quale ogni studente conosca e comprenda il significato delle parole dignità, riconoscimento, rispetto, valorizzazione; d) puntare in via prioritaria, quale prima azione di contrasto al bullismo e al cyberbullismo, a che ogni soggetto della comunità educante insegni ai giovani la cura della relazione con l’altro, favorendo una riflessione costante su ogni forma di discriminazione, da attuarsi attraverso la valorizzazione delle differenze e il coinvolgimento in progetti e percorsi collettivi di ricerca e di dialogo con il territorio; e) sviluppare una proficua alleanza educativa tra scuola, famiglia e altre agenzie educative extrascolastiche; f) potenziare le occasioni e gli strumenti di formazione dei docenti, degli alunni, dei genitori e dei collaboratori scolastici, quali protagonisti, a diversi livelli, di un piano educativo di prevenzione del bullismo e di promozione del rispetto e della convivenza a scuola. Richiamato l’art. 5 della “legge Ferrara” e, soprattutto, il suo secondo comma, a mente del quale i Regolamenti delle istituzioni scolastiche (ed in particolare il Piano Triennale dell’Offerta Formativa, PTOF) ed il Patto educativo di corresponsabilità (documento che deve essere firmato da genitori e studenti contestualmente all’iscrizione nella scuola secondaria di I grado e che enuclea i principi e i comportamenti che scuola, famiglia e alunni condividono e si impegnano a rispettare) siano integrati con specifici riferimenti a condotte di cyberbullismo e relative sanzioni disciplinari commisurate alla gravità degli atti compiuti, le nuove linee operative dispongono: a) che ogni scuola presti particolare attenzione alla stesura del proprio Regolamento di istituto, specificando, nello stesso, possibili provvedimenti disciplinari in un’ottica di giustizia riparativa, che possono essere adottati nei casi di specie; b) che le misure di cui al punto che precede, atte ad assolvere una funzione educativa, risultino chiare, e le relative sanzioni adeguate (ossia, proporzionate alle infrazioni disciplinari ed ispirate alla riparazione del danno e all’acquisizione di consapevolezza sul significato della propria condotta) ed evidenziate nel Regolamento di istituto; c) che vengano debitamente specificati gli organi competenti a erogare sanzioni ed il relativo procedimento; d) che venga riservata una particolare attenzione alle azioni di prevenzione e contrasto dei fenomeni del bullismo e cyberbullismo anche all’interno del Patto di corresponsabilità educativa, il quale si prevede venga elaborato e condiviso prima di essere sottoscritto dalle famiglie; e) che sia garantita la presenza in ogni scuola, come previsto dalla legge n. 71/2017, di un docente referente per gli episodi di cyberbullismo e per ogni fenomeno di bullismo in generale; f) che per ogni scuola/plesso sia utile la costituzione di un Team Antibullismo e di un Team per l’Emergenza, o di un gruppo di lavoro integrato, costituito da docenti referenti, animatori digitali, dal Dirigente scolastico e da altro personale qualificato; g) che vengano comunicati nella maniera più ampia, all’interno della comunità educante, i nominativi dei referenti scolastici per il contrasto dei fenomeni del bullismo e cyberbullismo o dell’eventuale Team per l’Emergenza; h) che, laddove non si disponga di uno psicologo scolastico o di uno psicologo dei servizi della salute, sia utile costituire il suddetto Team per l’Emergenza a livello territoriale (comunale o provinciale) o di rete di scuole. Una apposita sezione delle linee operative viene, in particolare, dedicata al Team Antibullismo e al Team per l’Emergenza. Si legge nel testo che gli istituti scolastici possano, nell’ambito della loro autonomia, prevedere l’istituzione: a) di un Team Antibullismo costituito dal Dirigente scolastico, dai referente per il bullismo-cyberbullismo, dall’animatore digitale e dalle altre professionalità presenti all’interno della scuola (a titolo esemplificativo, uno psicologo, un pedagogista, o altri operatori socio-sanitari); b) di un Team per l’Emergenza, composto da figure specializzate del territorio, per favorire il coinvolgimento delle altre agenzie educative e di tutela dei minori, delle forze dell’ordine, dei servizi sanitari, delle strutture educative. Specificate, nel dettaglio, le funzioni di detti Teams: a) coadiuvare il Dirigente scolastico, coordinatore dei Teams, nella definizione degli interventi di prevenzione del bullismo (insieme anche al presidente del Consiglio di istituto e ai rappresentanti degli studenti); b) intervenire (come gruppo ristretto, composto da Dirigente e referente per il bullismo/cyberbullismo, oltre che da psicologo/pedagogista, se presente) nelle situazioni acute di bullismo. Il documento entra poi nel dettaglio suggerendo, per le situazioni di contesto più a rischio, una serie di azioni da attuare “in modo sistematico e continuativo”, distinte tra azioni “prioritarie” ed azioni “consigliate”. A) Tra le prime, vengono indicate specifiche attività: a) di valutazione degli studenti a rischio, osservazione del disagio, rilevazione dei comportamenti dannosi per la salute dei ragazzi; b) di formazione del personale scolastico, da attuarsi, in particolare, attraverso la partecipazione di almeno due docenti referenti per ogni scuola ai moduli formativi previsti dalla piattaforma ELISA; c) di formazione/informazione rivolte a docenti, studenti, famiglie e personale ATA, sui temi dei regolamenti e delle procedure adottate dal referente per il bullismo e il cyberbullismo e dal Team Antibullismo; d) di promozione, da parte del personale docente, di un ruolo attivo degli studenti, nonché di ex studenti che abbiano già operato all’interno dell’istituto scolastico in attività di peer education, nella prevenzione e nel contrasto al bullismo e al cyberbullismo. B) Tra le seconde, vengono indicate specifiche attività: a) di rilevazione dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo attraverso questionari e/o osservazioni sulla base della documentazione disponibile sulla piattaforma ELISA; b) di attivazione di un sistema di segnalazione dei suddetti fenomeni nella scuola; c) di promozione e attivazione di uno sportello psicologico e di un centro di ascolto gestito da personale specializzato (psicologi presenti nell’istituto o nei servizi del territorio) anche in collaborazione con i servizi pubblici territoriali (favorendo, ove non fosse possibile attuare dette condizioni, l’istituzione di un servizio condiviso da reti di scuole); d) di costituzione di reti di scopo, al fine di promuovere corsi di formazione mirati, e di gruppi di lavoro che includano i referenti per la prevenzione del bullismo e del cyberbullismo, l’animatore digitale ed altri docenti impegnati nelle attività di promozione dell’educazione civica. Detti gruppi, si legge nel documento, potrebbero coordinare attività di formazione, monitorare il rispetto del Regolamento sulla comunicazione e sulla pubblicazione di foto e video da parte della scuola ed, infine, collaborare alla redazione del documento di ePolicy d’istituto, ossia, il documento programmatico, autoprodotto dalla scuola, volto a descrivere il proprio approccio alle tematiche legate alle competenze digitali, alla sicurezza online e a un uso positivo delle tecnologie digitali nella didattica. Trattasi di un documento fondamentale per programmare e/o aggiornare attività di educazione digitale, oltre che utile a individuare azioni di prevenzione dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo da prevedere nel PTOF, come richiede il dettato normativo. Una lunga sezione delle nuove linee di orientamento è poi dedicata alla disamina di apposite “azioni di prevenzione” da mettere in campo, in quanto atte a promuovere e a preservare lo stato di salute e ad evitare l’insorgenza di patologie e disagi, ed articolate – secondo l’indicazione fornita al riguardo dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – su tre livelli: A) Il primo livello previsto è quello della “Prevenzione primaria o universale”, le cui relative azioni si rivolgono a tutta la popolazione e che nel caso del bullismo, si legge nel documento, promuovono un clima positivo improntato al rispetto reciproco e un senso di comunità e convivenza nell’ambito della scuola. Principale finalità di tale tipologia di azioni è quella di promuovere la consapevolezza e la responsabilizzazione tra gli studenti, nella scuola e nelle famiglie Ne sono esempi tutte le iniziative indirizzate: a) ad accrescere la diffusa consapevolezza del fenomeno del bullismo e delle prepotenze a scuola attraverso attività curriculari incentrate sul tema (letture, film video, articoli, eccetera); b) a responsabilizzare il gruppo classe attraverso la promozione della consapevolezza emotiva e dell’empatia verso la vittima, nonché attraverso lo sviluppo di regole e di “politiche scolastiche”; c) ad impegnare i ragazzi in iniziative collettive di sensibilizzazione e individuazione di strategie appropriate per la prevenzione dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo, capaci di mobilitare le migliori energie dei ragazzi, facendo loro vivere esperienze positive di socializzazione, con la contestuale valorizzazione delle competenze di cittadinanza e della loro creatività; d) ad organizzare dibattiti sui temi del bullismo e cyberbullismo, per sollecitare i ragazzi ad approfondire con competenza i temi affrontati e a discuterne, rispettando le regole della corretta argomentazione. B) Un secondo livello è quello della “Prevenzione secondaria o selettiva”, le cui relative azioni si rivolgono in modo più strutturato e sono focalizzate su un gruppo a rischio, per condizioni di disagio o perché presenta già una prima manifestazione del fenomeno. Ne sono esempi, si legge nel documento, tutte le iniziative indirizzate a lavorare sulle suddette situazioni a rischio, predisponendo: a) una valutazione accurata dei problemi (incidenza dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo e di altri segnali di disagio personale e familiare); b) nonché, un piano di intervento in collaborazione con i servizi del territorio, che coinvolga i ragazzi, gli insegnanti e le famiglie con un approccio sistematico, al fine di promuovere un percorso di vicinanza e ascolto e intercettare precocemente le difficoltà. C) Un terzo livello è quello della “Prevenzione terziaria o indicata”, le cui relative azioni si rivolgono a fasce della popolazione in cui il problema è già presente e in stato avanzato e che, nel caso del bullismo, si attuano in situazioni di emergenza, attraverso azioni specifiche rivolte ai singoli individui e/o alla classe coinvolta negli episodi di bullismo (che possono essere anche “acuti” in caso di episodi conclamati). Tali azioni di prevenzione, si legge nel testo, dovranno essere poste in essere da unità operative adeguatamente formate dalla scuola, ossia i sopra citati Team Antibullismo e i Team per l’Emergenza (che, come detto, includono, ove possibile, figure professionali ed esperte quali psicologi, pedagogisti, personale dell’ambito socio-sanitario). Ne sono esempi tutte le iniziative atte: a) a rilevare i casi acuti o di emergenza, ed a consentire alla scuola di attivare un sistema di segnalazione tempestiva; b) a valutare approfonditamente la situazione in funzione della gravità del problema, tramite una attività di raccolta della segnalazione e di presa in carico del caso, la gestione del caso con scelta dell’intervento o degli interventi più adeguati da attuare (individuale, educativo con il gruppo classe, di mantenimento e ripristino della relazione, intensivo e a lungo termine, di coinvolgimento delle famiglie), ed un successivo monitoraggio della situazione e dell’efficacia degli interventi. Le linee di orientamento prevedono altresì, in relazione a tale ambito di azioni di prevenzione, che quando si verificano episodi acuti di bullismo, la prima attività sia orientata alla tutela della vittima, includendo, successivamente, il bullo/ prevaricatore ed il gruppo classe. In generale, il suggerimento fornito dal documento per i casi bullismo sospetti e/o denunciati, è quello di consultare preventivamente i citati Team Antibullismo e Team per l’Emergenza al fine di concordare al meglio le comunicazioni ed eventuali strategie d’intervento, nonché, in ogni caso, di seguire uno schema di intervento (peraltro da valutare ogni volta a seconda del caso specifico da affrontare) che prevede un colloquio individuale con la vittima ed uno con il bullo e, a seguire, un possibile colloquio con i bulli insieme (in caso di gruppo) o con vittima e bulli (se le condizioni di consapevolezza lo consentono). È stabilito, infine, che vi sia sempre il necessario coinvolgimento dei genitori di vittima e bulli. La sezione del documento dedicata a questo terzo tipo di azione di prevenzione si conclude, peraltro, facendo riferimento anche alle indicazioni imposte dalle norme vigenti, e rammentando che: a) in caso di rilevanza penale del comportamento è obbligo della scuola segnalare l’evento all’autorità giudiziaria; b) in caso di segnalazione di episodi di cyberbullismo, il Dirigente scolastico ha l’obbligo di informare tempestivamente la famiglia come indicato nella legge n. 71/2017. In calce alle nuove linee operative, ora esaminate, il Ministero dell’Istruzione ha allegato una serie di documenti, a completare il quadro sin qui descritto: a) una Tabella contenente un apposito “Protocollo di intervento per un primo esame nei casi acuti e di emergenza”, suddiviso in tre tipologie di intervento: quello con la vittima; quello con il bullo; quello di gruppo con i bulli; b) una Tabella contenente pratiche “Raccomandazioni e responsabilità degli organi e del personale della scuola”, suddivise per tipologia di destinatario: Dirigente Scolastico; Consiglio di istituto; Collegio dei docenti; personale docente; Coordinatori dei Consigli di classe; collaboratori scolastici ed assistenti tecnici; Referente scolastico per l’area bullismo e cyberbullismo; Referenti degli Uffici scolastici regionali e territoriali per il bullismo e il cyber bullismo; Team Antibullismo e per l’Emergenza; famiglie; studentesse e studenti; c) un modulo fac-simile di segnalazione di comportamento a rischio, ovvero di evento o situazione di rischio, da consegnare a Forze di Polizia o Autorità Giudiziaria. È previsto che il modulo, predisposto in collaborazione con la Polizia di Stato ed avente scopo puramente indicativo, venga compilato, in caso di reale necessità, da parte del Dirigente scolastico, secondo le procedure adottate dall’istituzione scolastica.



8. Conclusioni



La prima legge europea ad occuparsi di prevenzione e lotta al fenomeno del cyberbullismo (per usare le parole della stessa promotrice, Senatrice Elena Ferrara, contenute nel testo di una sua Relazione pronunciata durante una riunione dell’Intergruppo per i diritti dei minori del Parlamento Europeo14), “non deve considerarsi un punto di arrivo, bensì un primo fondamentale passo per occuparsi di questi temi in materia concreta e sistematica, sapendo che la ricerca deve continuare a studiare il fenomeno”. L’auspicio è che gli ambiziosi obiettivi alla base della richiamata normativa – tra cui quello di assicurare che l’accesso alla tecnologia sia fonte di uguaglianza sociale e quello di formare le nuove generazioni alla sicurezza informatica, all’uso positivo della Rete ed alla comprensione dell’importanza dell’etica nelle tecnologie – vengano attuati mettendo in campo tutti gli strumenti più adeguati per raggiungerli, attraverso una forte assunzione di responsabilità da parte della stessa politica ed, in primis, di tutta la comunità educante, le istituzioni, la comunità scientifica, il terzo settore, le aziende. E, se da un lato, appare condivisibile l’augurio che anche altri Paesi membri della UE possano legiferare sul fenomeno prendendo in considerazione l’esperienza normativa italiana, in nome di una Europa coesa nella tutela dei minori in Internet, dall’altro pare saggio, a livello nazionale, sviluppare strategie volte alla promozione della legge n. 71/2017, inclusa l’educazione nelle scuole, ed alla sua valorizzazione e maggiore applicazione, anziché già ipotizzare nuovi interventi legislativi atti ad apportarne modifiche sin troppo rilevanti, in un’ottica marcatamente repressiva, lontana da quel “diritto mite” che ha ispirato la nascita della “legge Ferrara”.

NOTE

1 Il testo della legge è consultabile su: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/ 2017/06/3/17G00085/sg

2 C. Doctorow, L’Italia sta per approvare la più stupida legge sulla censura in Europa, su: https://www.internazionale.it/notizie/cory-doctorow/2016/09/23/ legge-ciberbullismo-censura.

3 Il testo delle linee 2017 è consultabile su: https://www.miur.gov.it/ documents/20182/0/Linee+Guida+Bullismo+-+2017.pdf/4df7c320-e98f-4417-9c 31-9100fd63e2be?version=1.0

4 Il testo della legge è consultabile su: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/ id/2015/07/15/15G00122/sg.

5 Il documento è consultabile su: https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_ 5_12.page#.

6 Il testo della Proposta è consultabile su: https://www.camera.it/leg18/126?- leg=18&idDocumento=1524.

7 Durante la seduta del 3 giugno 2020 della I e II Commissione riunite in sede redigente si è approvata la congiunzione al disegno di legge n. 1690 di altri cinque disegni di legge, anch’essi all’esame delle Commissioni e riguardanti la stessa materia. I disegni di legge in argomento, tutti consultabili su: http://www.senato. it, sono i seguenti: a) disegno di legge n. 1180: “Modifiche alla legge 29 maggio 2017, n. 71, recante disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”; b) disegno di legge n. 1275: “Introduzione dell’articolo 612-quater del codice penale concernente il reato di bullismo”; c) disegno di legge n. 1692: “Disposizioni per il contrasto della diffusione di bullismo, cyberbullismo, pornografia e violenza tra i minori”; d) disegno di legge n. 1743: “Modifiche alla legge 29 maggio 2017, n. 71, e altre disposizioni per il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo”; e) disegno di legge n. 1747: “Modifiche alla legge 29 maggio 2017, n. 71, in materia di contrasto ai fenomeni del bullismo e del cyberbullismo”. Il disegno di legge n. 1180 si compone di due articoli. L’articolo 1 apporta una serie di modifiche alla normativa contenuta nella legge 29 maggio 2017, n. 71, in materia di contrasto e prevenzione del cyberbullismo. Più nel dettaglio la disposizione interviene sull’articolo 1 della legge n. 71 estendendone il campo d’applicazione anche alla prevenzione e contrasto del bullismo e introducendovi una puntuale definizione di questo fenomeno. Il disegno di legge riscrive poi l’articolo 3 della legge n. 71, modificando la composizione del tavolo tecnico chiamato ad elaborare il piano di azione integrato, il cui ambito di applicazione è esteso anche al contrasto e alla prevenzione del bullismo. Si prevedono inoltre iniziative di informazione e di prevenzione dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo rivolte ai cittadini, con il coinvolgimento dei servizi socio-educativi presenti sul territorio in sinergia con le scuole. L’articolo 2, infine, nelle more dell’adozione del piano di azione integrato predisposto dal tavolo tecnico, prevede, come norma transitoria, l’applicazione delle disposizioni di quanto attualmente previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell’ottobre 2017 recante il piano di azione integrato per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo. Il disegno di legge n. 1275 introduce, nel codice penale, il nuovo articolo 612-quater, rubricato “Bullismo”. La disposizione punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, mediante violenza, minaccia, atti ingiuriosi o diffamatori o comunque mediante ogni altro atto idoneo ad intimidire taluno, pone una persona in stato di grave soggezione psicologica tale da escluderlo dal contesto sociale. Con riguardo alla procedibilità, si stabilisce che il delitto sia punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. L’articolo 612-quater prevede poi una circostanza aggravante speciale, per la quale si prevede un aumento di pena fino alla metà, nel caso in cui il fatto è commesso da due o più persone riunite o in danno di un minore o di una persona con disabilità, o di una donna in stato di gravidanza. Nelle ipotesi aggravate il reato è procedibile d’ufficio. Il disegno di legge n. 1692 recepisce una parte degli esiti dell’indagine conoscitiva sulle tematiche del bullismo e del cyberbullismo svolta, in questa legislatura, dalla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza. Nel merito il disegno di legge si compone di tre articoli. Più nel dettaglio l’articolo 1 modifica la legge n. 71 del 2017 sul cyberbullismo, prevedendo un più incisivo coinvolgimento delle famiglie nell’attività di prevenzione del fenomeno. L’articolo 2 impone agli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche di prevedere, gratuitamente, fra i servizi preattivati e disattivabili solo su richiesta dell’utenza, l’attivazione di filtri, blocchi alla navigazione e di altri sistemi di parental control. L’articolo 3 infine prevede l’obbligatorio inserimento, nelle clausole contrattuali con gli operatori telefonici, di un richiamo alla responsabilità genitoriale nel caso di condotte illecite poste in essere in rete dai minori. Si vuole in tal modo – prevedendo peraltro l’espressa approvazione per iscritto di tali clausole – responsabilizzaremaggiormente i genitori, che acquistano devices che sono dati in uso ai propri figli. Riguardo al disegno di legge n. 1743, il Capo I, composto di un solo articolo, apporta una serie di modifiche alla legge n. 71 del 2017. Similmente al disegno di legge n. 1690, esso estende l’ambito di applicazione della legge n. 71 anche al fenomeno del bullismo. A differenza dell’altro provvedimento, il disegno di legge reca anche una definizione di bullismo, inteso come l’aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, a danno di una o più vittime minorenni, idonee a provocare in esse sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni o violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio o all’autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni anche per ragioni di lingua, etnia, religione, orientamento sessuale, genere, aspetto fisico, disabilità o altre condizioni personali e sociali della vittima. Analogamente al disegno di legge n. 1690, inoltre, la proposta interviene sulla composizione del tavolo tecnico, spostandone l’incardinamento presso il Ministero dell’istruzione e attribuendo al Ministro dell’istruzione il coordinamento dei lavori dello stesso. Il Capo III reca una serie di disposizioni a tutela dei minori in rete. In particolare, l’articolo 6 prevede – al fine di assicurare un’adeguata pubblicità agli strumenti di protezione e ai filtri – la possibilità per la Presidenza del Consiglio dei ministri di promuovere periodiche campagne informative di prevenzione e di sensibilizzazione sull’uso consapevole della rete e dei suoi rischi, avvalendosi dei principali media, nonché degli organi di comunicazione e di stampa e di soggetti privati. Infine l’articolo 7 prevede l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimen to per la famiglia, di un numero telefonico gratuito nazionale attivo 24 ore al giorno per l’assistenza alle vittime di bullismo e cyberbullismo. Il disegno di legge n. 1747 si compone di un unico articolo, il quale apporta una serie di modifiche alla legge n. 71 del 2017 in materia di cyberbullismo. In primo luogo, il disegno di legge amplia l’ambito oggettivo di applicazione della legge n. 71 del 2017, anche il fenomeno del bullismo, del quale, peraltro, inserisce una puntuale definizione. Il disegno di legge poi introduce sanzioni penali per le condotte nelle quali si sostanzia il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo. Al verificarsi degli effetti lesivi delle condotte, e fatte salve le clausole di riserva per gli eventuali più gravi reati, si prevede l’applicazione al colpevole della pena della reclusione da un anno a sei anni e sei mesi. È previsto poi un aumento di pena (fino alla metà), nei casi in cui il fatto è commesso a danno di un minore, o di una persona con disabilità ovvero con armi o da persona travisata o da più persone. Il reato è punibile a querela della persona offesa. E nei casi di condanna definitiva è sempre disposta la confisca degli strumenti informatici e telematici utilizzati per commettere il reato. Il disegno di legge modifica poi la disciplina relativa al tavolo tecnico e al piano di azione integrato per il contrasto e la prevenzione del cyberbullismo, ricomprendendovi anche il fenomeno del bullismo. La proposta prevede infine puntuali interventi finalizzati a rafforzare le iniziative formative per il contrasto e la prevenzione dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo. Si prevede in particolare che gli istituti scolastici di ogni ordine e grado diano particolare rilievo a progetti formativi volti ad implementare l’alfabetizzazione emotiva. Tale attività formativa, rivolta sia agli insegnanti che agli alunni, con il coinvolgimento delle famiglie, deve avere come finalità lo sviluppo delle attitudini personali volte a consentire il riconoscimento dei propri ed altrui sentimenti, la capacità di gestire lo stress, la rabbia e l’impulsività, anche attraverso la valorizzazione di atteggiamenti pro-sociali, empatici e compassionevoli, tali da favorire l’aggregazione ed evitare comportamenti escludenti. Il disegno di legge interviene, inoltre, sulla disciplina del referente per il cyberbullismo al fine di conferirgli maggiore dignità e riconoscimento per la presa in carico delle incombenze legate alla delicata gestione dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo in ambito scolastico. Alla figura del referente il provvedimento riserva un autonomo articolo, nel quale sono disciplinati i requisiti e le competenze di base richieste al docente che dovrà ricoprire tale ruolo. Al referente è inoltre riconosciuta una indennità di funzione per l’esercizio della carica. Infine, il disegno di legge introduce nella legge n. 71 un nuovo articolo in chiusura, rubricato “Sistema di Gestione per la prevenzione ed il contrasto del bullismo e del cyberbullismo”, Si prevede in particolare che ogni istituto scolastico, nell’ambito della propria autonomia e a cura del Dirigente scolastico, debba definire un sistema di gestione idoneo alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni di bullismo e di cyberbullismo, attraverso l’adozione delle seguenti misure: la predisposizione di un piano scritto della vigilanza all’interno degli ambienti della scuola in grado di garantire il costante e corretto controllo e la vigilanza sui minori, anche in relazione alle diverse fasce di età; la predisposizione e l’aggiornamento annuale di un documento di valutazione dei rischi di bullismo e di cyberbullismo, tenendo conto dei risultati di una preliminare analisi del contesto di riferimento, del territorio in cui opera l’istituto scolastico, della tipologia di utenza, della fascia d’età degli alunni, delle statistiche dell’ultimo periodo riferite a fatti di bullismo e di cyberbullismo; la definizione, per ogni anno scolastico, di linee guida e di un piano di prevenzione dei fenomeni di bullismo e di cyberbullismo coerente con i risultati della valutazione dei rischi, nel quale siano descritte le azioni che si intendono adottare, le figure responsabili e i criteri per la successiva verifica dell’efficacia di tali azioni; la definizione di un sistema sanzionatorio che preveda adeguate regole di comportamento e relative sanzioni verso gli alunni che commettano atti di bullismo e di cyberbullismo; la definizione di una procedura per l’individuazione e la gestione delle criticità, diretta a consentire a tutti gli interessati, compresi gli alunni e i loro familiari, la possibilità di segnalare, anche in forma riservata, eventuali atti di bullismo e di cyberbullismo, nonché a monitorare le misure attuate per prevenire e gestire le criticità; la nomina di una commissione antibullismo dell’istituto scolastico, con funzioni di proposta e di consultazione, la cui composizione, definita dal regolamento scolastico, deve comprendere: il Dirigente scolastico, una rappresentanza del personale docente, il referente antibullismo, una rappresentanza dei genitori e, a partire dalla scuola secondaria di primo grado, una rappresentanza degli alunni; ed infine l’adozione per ogni anno scolastico di un piano di formazione in materia di bullismo e di cyberbullismo che garantisca la formazione, l’aggiornamento, il coinvolgimento e la sensibilizzazione di tutte le componenti scolastiche.

8 Il testo del documento è consultabile su: http://www.senato.it/service/PDF/ PDFServer/BGT/1145759.pdf.

9 Garante per la Protezione dei Dati Personali: “Relazione 2017”, p. 86, su: https://www.garanteprivacy.it/documents/10160/0/Relazione+annuale+20

10 Regio decreto legge 20 luglio 1934, n. 1404: “Istituzione e funzionamento del tribunale per i minorenni”, consultabile su: https://www.normattiva.it/urires/N2Ls?urn:nir:stato:regio.decreto.legge:1934-07-20;1404.

11 Il testo della Direttiva è consultabile su: http://www.edscuola.it/archivio/ norme/direttive/dir016_07.htm.

12 Legge 20 agosto 2019, n. 92: “Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica”, su: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/08/21/ 19G00105/sg.

13 Decreto Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249: “Regolamento recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria”, su: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1998/07/29/098G0305/sg.

14 Il cui testo integrale può essere consultato su: http://www.elenaferrara.it/ wp-content/uploads/2018/01/Relazione-UE-cyberbullismo-.pdf.