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Amministrazione dei beni in comunione legale: tradizioni e norme a confronto

autore: M. Labriola - P. rizzi

Sommario: 1. Introduzione. 2. Il substrato culturale delle attuali normative. 3. Ordinarietà e straordinarietà dell’amministrazione tra Italia e Francia. 3.1. La tutela della pari dignità dei coniugi. 3.2. La tutela dei terzi. 4. Regimi patrimoniali dei coniugi in Germania: gli stringenti limiti all’agire disgiunto. 4.1. L’amministrazione dei beni nella Zugewinngemeinschaft. 4.2. La Gütergemeinschaft: l’amministrazione congiunta è la regola. 5. Considerazioni finali.



1. Introduzione



La disciplina dell’amministrazione dei beni in comunione legale mira a comporre interessi di natura differenziata ed involge problematiche di apprezzabile rilievo.

La spinosità delle questioni sottostanti è più nitida allorché si consideri l’amministrazione straordinaria, da cui discende la potenziale adozione di atti astrattamente idonei ad apportare modifiche alla composizione e alla consistenza del patrimonio in comunione1. Infatti, subordinare il perfezionamento di un’operazione economica alla partecipazione di entrambi i coniugi significa realizzare quel desiderio di parità che una coppia manifesta nel momento in cui opta, espressamente o tacitamente, per il regime della comunione2. D’altra parte, la necessità di ottenere un duplice consenso aggrava il processo negoziale e ne rende incerte le sorti qualora un solo coniuge figuri come stipulante, così disincentivando l’agile e sicura circolazione della ricchezza.

Sono già visibili, allora, gli interessi che entrano in gioco nel momento “gestionale” della comunione legale dei beni:

a) L’interesse del singolo coniuge a non esser pretermesso in sede di disposizione di un bene facente parte della comunione3, che costituisce specificazione dell’interesse generale all’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi4;

b) L’interesse del terzo acquirente alla sollecita realizzazione dell’affare, che riflette a sua volta l’interesse generale alla certezza e stabilità dei traffici giuridici.

Così il legislatore è investito di un’ardua impresa di bilanciamento, che realizza adottando soluzioni affini alle proprie radici giuridiche e, prima ancora, culturali.

A questi fini la comparazione si rivela illuminante, poiché consente di meditare sulle ragioni politiche sottese alle differenti scelte normative di Paesi che, peraltro, condividono la medesima tradizione giuridica di civil law.



2. Il substrato culturale delle attuali normative



Non è un caso che la Francia scandisca più chiaramente, rispetto al nostro codice civile, il confine di operatività tra amministrazione disgiunta ed amministrazione congiunta; così come non è un caso che, mentre Italia e Francia convergono verso una soluzione mediana del bilanciamento di interessi in gioco, la Germania tenda a salvaguardare la parità tra coniugi con maggiore intensità.

Sotto il primo profilo, in Francia la comunione dei beni tra coniugi è il frutto di una tradizione che risale al tardo Medioevo5, quando era già ampiamente diffusa nei paìs de droit coutumier, laddove nei paìs de droit ecrite si ricorreva ancora al sistema dotale. In Italia, l’abbandono della dote e la realizzazione dell’uguaglianza tra coniugi non sono stati immaginabili sino agli anni ’70 del secolo scorso, quando la riforma del 1975 è approdata, definitivamente, alla meta della parificazione. Se in Francia l’esigenza di unificazione normativa ha condotto i redattori del Code Napolèon ad optare per la comunione dei beni, in Italia è a lungo prevalsa l’idea per cui “la poca attitudine delle donne ad acquistare per lecita industria, e la loro mancanza di capitali, han fatto sì che presso di noi [...] abbia pieno vigore la regola della l. Quintus Mucius, la quale stabilisce che tutti gli averi delle donne debbono presumersi acquistati coi capitali del marito, per escludere il sospetto che se li sieno guadagnati facendo commercio del proprio corpo”6.

Sotto il secondo profilo, l’archetipo germanico dell’attuale assetto comunitario dei coniugi è sorto precipuamente per contrapporsi alla tradizione giuridica romana. La critica germanica alla comunione di stampo romanistico, acuita dalla Pandettistica tedesca in sede di sistematizzazione del diritto romano, è condensata nella visione hegeliana del comune cittadino romano “servo nello Stato e despota nella famiglia”. Una censura che, dunque, riproduce l’esigenza di sostituire alla “famiglia patriarcale romana”, la “famiglia-coppia” di origine germanica7 ed ha posto le basi per la nascita di istituti rudimentali come la collaboratio, o la c.d. quarta, che prevedeva la partecipazione della donna alla “quarta parte” delle sostanze presenti e future del marito8.

Si tratta, in definitiva, di differenze culturali ancor prima che giuridiche, che innervano ineluttabilmente gli istituti odierni dei vari ordinamenti, nonostante sia in corso una progressiva armonizzazione continentale dei regimi patrimoniali familiari9. Tra tali istituti, l’amministrazione dei beni in comunione legale è quello che riflette maggiormente le divergenze di “veduta” dei Paesi considerati, soprattutto perché coinvolge il rilevante interesse alla speditezza della circolazione della ricchezza.

Ne consegue che il substrato culturale supra accennato consente di svolgere la presente analisi sulla base della seguente tassonomia: in primo luogo, la comparazione avrà ad oggetto l’amministrazione dei beni in comunione in Italia e Francia, sul rilievo che in Italia la comunione dei beni è sorta per assimilazione interna del Code Napolèon; in secondo luogo, Italia e Francia assurgeranno ad unico termine di comparazione rispetto alla Gütergemeinschaft tedesca, in coerenza con la risalente dicotomia tra diritto romano e diritto germanico.



3. Ordinarietà e straordinarietà dell’amministrazione tra Italia e Francia



Una fondamentale differenza tra la disciplina italiana dell’amministrazione dei beni e modello francese risiede nella tecnica di individuazione delle fattispecie negoziali che richiedono l’agire congiunto dei coniugi. Infatti, l’articolo 180 co. 2 del nostro codice civile si limita a collegare la necessità del duplice consenso alla straordinarietà dell’atto da compiersi, senza tuttavia riempire di contenuto il concetto di “atto di straordinaria amministrazione”. Al contrario, il code civil francese adotta un criterio formale per individuare gli atti di gestion conjointe, mentre gli atti ricompresi nell’ordinaria amministrazione si determinano attraverso un criterio residuale.

Tale diversità lessicale, benché nel diritto italiano appaia ambigua, creando perplessità interpretative su quali negozi possano esser concretamente conclusi dai coniugi disgiuntamente o congiuntamente, in realtà rivela la differente matrice da cui traggono origine i due sistemi normativi: in Francia, Paese in cui la comunione è regime legale sin dal 1804, il bilanciamento di interessi è effettuato ex ante dal legislatore; in Italia, ove la comunione legale si è lentamente affermata nella società in epoca più recente, la risoluzione del problema è demandata al formante giurisprudenziale.

Sicché, le oscillazioni tra tutela della pari dignità dei coniugi ed interesse alla speditezza dei traffici giuridici si articolano, in Italia ed in Francia, nelle seguenti modalità.



3.1. La tutela della pari dignità dei coniugi



Per quel che concerne la normativa interna, l’ordinamento si preoccupa di garantire l’uguaglianza coniugale nella parte in cui, all’art. 210 c.c., sancisce l’inderogabilità della disposizione di cui all’art. 180 c.c., che opera la predetta distinzione tra ordinaria e straordinaria amministrazione. D’altra parte, il tenore letterale della norma lascia spazio ad un’interpretazione in chiave evolutiva della nozione di “straordinaria amministrazione”10, in quanto, come già accennato, non stabilisce in concreto cosa si intenda per ordinaria o straordinaria amministrazione. Emblematica è, a tal proposito, l’evoluzione giurisprudenziale avutasi in materia di sottoscrizione disgiunta di un contratto preliminare di vendita relativo ad un bene immobile in comunione. La giurisprudenza di legittimità più risalente11, sull’assodato presupposto per cui la stipula di un contratto preliminare di vendita di un bene immobile in comunione integri un atto di straordinaria amministrazione, aveva affermato la natura di litisconsorte necessario del coniuge non promittente nel giudizio ex art. 2932 c.c., in caso di mancata stipulazione del contratto definitivo.

La giurisprudenza più recente è tornata a pronunciarsi sul tema, chiarendo che per l’esecuzione in forma specifica, a norma dell’art. 2932 c.c., di un preliminare di vendita di un bene immobile rientrante nella comunione legale dei coniugi, non è necessaria la sottoscrizione di entrambi i promittenti venditori, ma è sufficiente il consenso del coniuge non stipulante, traducendosi la mancanza di detto consenso in un vizio di annullabilità, da far valere, ai sensi dell’art. 184 c.c., nel rispetto del principio generale della buona fede e dell’affidamento, entro il termine di un anno, decorrente dalla conoscenza dell’atto o dalla trascrizione12.

Specularmente, il ruolo della giurisprudenza francese risulta alquanto ridotto a fronte di un quadro legislativo già esaustivo. Il codice civile francese prevede in linea di principio, all’art. 1421, il potere di ciascun coniuge di amministrare i beni della comunione e di disporne disgiuntamente dall’altro. Le eccezioni di cui soffre questa regola sono espressamente contemplate dal dettato normativo e sono segnatamente: gli atti a titolo gratuito; gli atti di alienazione o di attribuzione di diritti reali su immobili e fondi appartenenti alla comunione; gli atti di alienazione di partecipazioni sociali non trasferibili; gli atti su beni mobili la cui alienazione è sottomessa a un regime di pubblicità; gli atti di concessione in locazione di un fondo rustico o di un bene immobile destinato ad uso commerciale, industriale o artigianale appartenente alla comunione; gli atti dispositivi sui c.d. meubles meublants, siano essi di proprietà esclusiva dei coniugi, comuni o altrui13.



3.2. La tutela dei terzi



La tutela dei terzi e del conseguente interesse alla certezza dei traffici giuridici è contenuta nelle norme relative ai rimedi esperibili dal coniuge pretermesso.

In Italia, nell’ipotesi in cui uno dei coniugi in regime di comunione non abbia prestato il consenso al compimento di un atto, quest’ultimo soggiace a sorti diverse a seconda che abbia ad oggetto beni immobili o beni mobili. Nel primo caso, l’atto è sanzionato con l’annullabilità da azionarsi entro un anno dalla data in cui il coniuge ha avuto conoscenza dell’atto e comunque dalla trascrizione14; nel secondo caso, l’atto resta valido ed efficace, con la sola conseguenza del sorgere di un obbligo di ricostituzione della comunione per il coniuge disponente o, qualora ciò non sia possibile, di pagarne l’equivalente su istanza dell’altro. A ciò si aggiungano gli strumenti apprestati dal legislatore italiano per superare eventuali empasse derivanti da situazioni di lontananza o impedimento, di incapacità, d’interdizione o di mala gestio di uno dei coniugi. La soluzione risultante dal quadro normativo delineato è, secondo parte della giurisprudenza di merito, foriera di uno sbilanciamento eccessivo verso la tutela del terzo, così ponendosi in contrasto con i princìpi costituzionali di eguaglianza e tutela della proprietà privata. La Consulta interpellata, tuttavia, ha negato la sussistenza di un simile iato, pronunciando l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 184 c.c. nella parte in cui non prevede uno strumento più incisivo a portata del coniuge pretermesso – quale, ad esempio, l’inefficacia – sul rilievo che “nella comunione legale la quota non è un elemento strutturale, ma ha soltanto la funzione di stabilire la misura entro cui i beni della comunione possono essere aggrediti dai creditori particolari (art. 189), la misura della responsabilità sussidiaria di ciascuno dei coniugi con i propri beni personali verso i creditori della comunione (art. 190), e infine la proporzione in cui, sciolta la comunione, l’attivo e il passivo saranno ripartiti tra i coniugi o i loro eredi (art. 194). Nei rapporti coi terzi, ciascun coniuge ha il potere di disporre dei beni della comunione. Il consenso dell’altro, richiesto dal modulo dell’amministrazione congiuntiva adottato dall’art. 180, secondo comma, per gli atti di straordinaria amministrazione, non è un negozio (unilaterale) autorizzativo nel senso di atto attributivo di un potere, ma piuttosto nel senso di atto che rimuove un limite all’esercizio di un potere. Esso è un requisito di regolarità del procedimento di formazione dell’atto di disposizione, la cui mancanza, ove si tratti di bene immobile o mobile registrato, si traduce in un vizio del negozio”15.

Con riferimento all’ordinamento francese, autorevole dottrina16 ha evidenziato l’attenzione del legislatore francese all’adozione di soluzioni che evitino che il terzo, entrando in contatto d’affari con uno solo dei coniugi, debba ogni volta domandarsi se costui è proprio quello, della coppia, al quale spetta davvero il potere di decisione sul bene mobile oggetto di contrattazione. Trattasi di una previsione che, sebbene con riferimento esclusivo ai beni mobili, funge da palese contrappeso alle deroghe alla gestion concurrente racchiuse tra gli artt. 1422 e 1425 cod. civ. Il riferimento è alla l. 13 luglio 1965, per cui la banca è autorizzata a presumere che il coniuge intestatario di un determinato conto corrente, abbia il potere di svolgere tutte le operazioni concernenti i fondi e i titoli depositati. Parimenti, l’art. 222 cod. civ. francese prevede che se uno dei coniugi compia da solo un atto di disposizione su un qualsiasi bene mobile, il terzo in buona fede è autorizzato a presumere che l’offerente abbia il potere di compiere quell’atto, sempre che il bene sia detenuto da quest’ultimo individualmente. Anche nel caso del sistema francese, il rimedio a tutela del coniuge pretermesso è rappresentato dall’azione di annullamento17, integrato da una serie di obblighi di matrice pretoria che impongono ai coniugi un reciproco dovere di informazione, al fine di evitare atti contraddittori18. Orbene, il quadro delineato consente di scorgere, dietro metodi e procedimenti differenziati, una disciplina di fondo sostanzialmente omogenea. Infatti, dalle singole regole qui brevemente esplicate19, si evince una posizione mediana, di entrambi gli ordinamenti considerati, tra interesse del coniuge pretermesso a non subire un’ingiustizia ed interesse del terzo in buona fede alla conclusione agevole e sicuro dell’affare.



4. Regimi patrimoniali dei coniugi in Germania: gli stringenti limiti all’agire disgiunto



L’amministrazione dei beni in comunione in Germania postula una doverosa premessa terminologica. Con il termine Gütergemeinschaft ci si riferisce alla comunione dei beni, regime per il quale i coniugi devono espressamente optare mediante un’apposita convenzione matrimoniale. In precedenza, i coniugi potevano scegliere di circoscrivere i beni da far confluire nella Gütergemeinschaft a determinate tipologie, optando per forme di comunioni limitate, quali la Errungenschaftgemeinschaft, riferita ai soli acquisti, e la Fahrnisgemeinschaft, avente ad oggetto mobili ed acquisti. Tali figure sono state abolite dal Gleichberechtingunsgesetz del 18 giugno 1957: ne consegue che, laddove i coniugi optino per il regime comunitario dei beni, si tratterà di una allegemeine Gütergemeinschaft, che consiste in una “comunione generale dei beni”. Ad ogni modo, il modello tedesco spicca per essere uno dei più illustri sistemi a partecipazione differita (Zugewinngemeinschaft).

La disciplina dell’amministrazione in entrambi i regimi citati si pone in continuità con le radici storico-culturali del diritto tedesco, in un’ottica volta a favorire la massima esplicazione della parità coniugale.

Dal combinato disposto dei § 1363 e § 1421 BGB20 si evince che il regime operante in via di default è connotato dalla partecipazione differita, il che sembra suggerire una tendenza dell’ordinamento tedesco a privilegiare il terzo in buona fede che contragga un affare con uno dei consorti. Invero, la Zugewinngemeinschaft è corredata da stringenti cautele per cui, se in linea di principio ciascun coniuge è titolare di poteri esclusivi sui beni matrimoniali che gli appartengono, i divieti e gli obblighi che gravano su ognuno appalesano il favor communionis cui è tradizionalmente ispirato l’ordinamento tedesco.



4.1. L’amministrazione dei beni nella Zugewinngemeinschaft



Il meccanismo della partecipazione differita risponde alla logica cui è ispirata la comunione de residuo nazionale, cristallizzata nella formula del Prof. Rescigno “separazione dei patrimoni con regolamento finale dei conti”21. Sennonché, nel nostro ordinamento la comunione de residuo opera con riferimento a diritti ben determinati ed a condizione che essi “non siano stati consumati”22. In Germania, invece, la logica del differimento permea l’intero complesso dei beni matrimoniali appartenenti a ciascun coniuge. In particolare, il § 1364 BGB prevede che in costanza di comunione differita operi il regime di separazione, per cui ciascuno sposo resta titolare esclusivo dei beni di appartenenza. Al momento dello scioglimento della comunione, tuttavia, opera un obbligo di conguaglio dei compensi patrimoniali conseguiti nel corso della comunione. A presidio dei diritti di credito reciprocamente vantati dai coniugi in sede di scioglimento della comunione, il legislatore tedesco del 1957 ha implementato la disciplina della Zugewinngemeinschaft ponendo due stringenti limiti al potere di amministrazione dei beni in comunione differita.

In primo luogo, il § 1365 BGB stabilisce il divieto, per ciascun coniuge, di disporre dell’integralità del proprio patrimonio senza il consenso dell’altro. I rimedi esperibili dal coniuge pretermesso sono di gran lunga più incisivi rispetto all’azione di annullamento prevista nel nostro ordinamento: se la disposizione avviene mediante un contratto, esso è inefficace qualora l’altro coniuge non lo ratifichi23. Ne consegue, inoltre, il riconoscimento al coniuge pretermesso del rimedio restitutorio attivabile nei confronti del terzo contraente; se invece uno dei coniugi dispone del proprio patrimonio mediante atto unilaterale, questo è nullo ab origine24.

In secondo luogo, ai sensi del § 1369 BGB i coniugi non possono disgiuntivamente disporre dei mobili che arredano la casa, a pena di inefficacia della relativa operazione economica.

A fronte dell’estrema rigidità di un simile assetto, ed in assenza di temperamenti normativi, l’individuazione di correttivi a tutela del terzo è stata rimessa alla dottrina ed alla giurisprudenza tedesche25. In particolare, con riguardo al divieto di disporre integralmente del proprio patrimonio senza il consenso dell’altro coniuge, è stata generalmente riconosciuta l’inopponibilità di tale divieto al terzo che, al momento della stipulazione, abbia incolpevolmente ignorato che nel bene alienato si esaurisse quasi tutto il patrimonio del coniuge disponente.



4.2. Gütergemeinschaft: l’amministrazione congiunta è la regola



Si è già detto che la Gütergemeinschaft rappresenta un regime patrimoniale per il quale i coniugi devono optare espressamente. D’altra parte, qualora i consorti si determinino in tal senso e nulla prevedano quanto alle modalità con cui debba attuarsi l’amministrazione dei beni oggetto della comunione, la regola operante in via automatica è l’amministrazione congiunta. Ne consegue l’operatività delle medesime regole valevoli per la Zugewinngemeinschaft nell’ipotesi di stipulazione di un contratto senza la partecipazione dell’altro coniuge.

La tutela dei terzi, in questo caso, è regolata dal §1412, che la àncora alla disciplina in materia di pubblicità immobiliare.



5. Considerazioni finali



In conclusione si può sostenere che l’amministrazione dei beni in comunione è un istituto poliedrico, apparentemente volto a disciplinare aspetti puramente patrimoniali della vita coniugale. In realtà, le normative esaminate mirano a risolvere un problema assiologico, la cui piena comprensione impone all’interprete di ripercorrere la storia giuridica di ogni ordinamento considerato. Il metodo comparatistico valorizza tale analisi con spunti che portano a comprendere perché Paesi appartenenti alla medesima tradizione giuridica – civil law – gestiscano il problema privilegiando interessi differenti.

Si tratta di un’indagine in cui la destinazione coincide con il punto di partenza: l’ordinamento italiano. Le differenze e le affinità tra Italia, Francia e Germania, nella disciplina dell’amministrazione dei beni, conducono ad una rilettura della soluzione italiana come perfettamente mediana.

Da un lato, come avviene in Francia, il rimedio previsto per gli atti di amministrazione straordinaria effettuati da un solo coniuge non coincide con l’inefficacia, ma consiste nell’annullabilità dell’atto e, qualora si tratti di un bene mobile, nell’obbligo di ricostituzione della comunione relativamente al bene alienato. D’altra parte, la tensione del nostro ordinamento verso l’uguaglianza dei coniugi emerge dal divieto, imposto ai consorti, di derogare alle regole sull’amministrazione, ai sensi dell’articolo 210 c.c.

Si tratta di un difficile bilanciamento, la cui gestione è affidata non soltanto a regole ben definite, ma anche al “sentire sociale” predominante in un certo tempo ed in un certo luogo – emblematica è la descritta questione, sorta in materia di contratto preliminare di vendita di un immobile della comunione. Pertanto, non stupirà assistere, nell’immediato futuro, ad eventuali cambi di rotta, volti a plasmare gli istituti giuridici analizzati alla luce della realtà sociale in costante evoluzione.

NOTE

1 La definizione è di M. sesta, Manuale di diritto di famiglia, Padova, 2018, 119. La nozione di “straordinaria amministrazione” è peraltro controversa, tanto più considerando che il nostro codice civile, a differenza del Code Civil francese, non identifica concretamente. La complessa individuazione della linea di confine tra ordinarietà e straordinarietà degli atti di gestione della comunione legale sarà approfondita nel prosieguo del presente contributo, v. infra § 3

2 L’espressione, che esprime in modo plastico l’esigenza di parità dei coniugi, è di M. Dassio, La comunione legale dei beni tra coniugi in Italia e in Francia, in Dir. Famiglia, 1996, 756.

3 Giova, sin d’ora, precisare che nel nostro ordinamento le regole concernenti l’amministrazione dei beni oggetto della comunione legale si applicano agli atti dispositivi aventi efficacia reale o obbligatoria e non si estendono agli acquisti compiuti dai coniugi, come chiarito, ex multis, da Cass. civ., sez. II, 14 novembre 2003, n. 17216 in Foro it., 2005, I, 530. Cfr. anche M. sesta, op. cit., 120 per un’opzione ermeneutica che contempla l’esistenza di un obbligo di ricostituzione della comunione del coniuge che abbia effettuato un acquisto qualificabile come atto di amministrazione straordinaria, esaminata infra.

4 L’art. 29 comma 2 della Costituzione italiana recita: “Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”. Formulazione apparentemente tralatizia, cui devono essere invece attribuiti valenza programmatica e significato evolutivo, soprattutto alla luce dei princìpi eurounitari e convenzionali di non discriminazione.

5 Ibid., n. 2.

6 F. FoRti, Della dote, in Opere edite e inedite di Francesco Forti, Trattati inediti

di giurisprudenza, Firenze, 1864, 457.

7 G. loBRano, Uxor quodammodo domina. Riflessioni su Paul. D. 25.2.1, cap. 1, Sassari, 1989, 5.

8 F. eRCole, Le origini romano cristiane della comunione dei beni fra coniugi, in Studi Senesi, a cura di M. RoBeRti, Archivio storico italiano, 1920, 78, 1, 124.

9 L’opera di armonizzazione del diritto di famiglia europeo è oggetto di un lungo percorso, il cui merito va anzitutto alla tutela multilivello del regime patrimoniale tra coniugi, garantita dal dialogo tra Corte Costituzionale, Corte EDU e Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Per un approfondimento in materia, cfr. G. oBeRto, La tutela dei diritti fondamentali nelle carte costituzionali, ovvero del difficile dialogo tra carte e corti, In Dir. Famiglia, 2013, 1, 173 ss.

10 La dicotomia tra “ordinaria” e “straordinaria” amministrazione ridonda in più profili del diritto privato italiano, assumendo “geometrie variabili” a seconda della disciplina di riferimento.

11 Cfr. Cass. sez. un., 27 agosto 2007, n. 17952, in Dir. famiglia, 2008, 1, 67.

12 Cfr. Cass. civ. sez. II, 20 luglio 2019, n. 20439 in Giut. Civ. Mass., 2019.

13 Quest’ultima regola, non ricompresa tra gli artt. 1422-1425 cod. civ., af-

ferisce al regime primario ed inderogabile della comunione, disciplinato dagli artt. 215, 217, 219 e 220-1 cod. civ. Per meubles meublants s’intendono, ai sensi dell’art. 543 cod. civ. francese, i beni da cui è arredata l’abitazione principale della famiglia: “destinés, à l’usage e à l’ornement des appartements, comme tapisseries, lits, sièges, glaces, pendules, tables, porcelaines et autres objets de cette nature”.

14 Cfr. art. 184 c.c., così come evidenziato da M. sesta, op. cit., n. 1, 121.

15 Corte Cost. n. 311 del 17 marzo 1988, in Vita not., 1988, 640.

16 P. CenDon, I regimi patrimoniali fra coniugi e la circolazione delle cose mobili, inAtlantedidirittoprivatocomparato,acuradiF.GalGano,conlacollaborazione di F. FeRRaRi, G. ajani, D. tuzov, Bologna, 2020, 175.

17 M. huChet, Régime matrimonial: la communauté légale, gestion des biens, in juritravail, in https://www.juritravail.com/Actualite/mariage/Id/307844

18 Cfr. Cour de Cassation, 1° Civ., 20 aprile 2003.

19 In questa sede, focalizzata prettamente sull’amministrazione, si prescinde dalla articolazione tipicamente francese del regime patrimoniale della famiglia in ben cinque regimi: 1) communauté universelle; 2) communauté des meblues et acquêts; 3) communauté des reduit aux acquêts; 4) séparation des biens; 5) participation aux acquêts.

20 Il § 1363 BGB prevede che la Zugewinngemeinschaft è il regime legale operante se i coniugi non concordano diversamente nel contratto di matrimonio; il § 1421 BGB, in riferimento alla Gütergemeinschaft, stabilisce che quest’ultima opera se i coniugi lo prevedono espressamente nel contratto di matrimonio.

21 P. ResCiGno, I rapporti patrimoniali tra coniugi, in La riforma del diritto di famiglia. Atti del Convegno di Venezia svolto presso la Fondazione Giorgio Cini nei giorni 30 aprile 1 maggio 1967, Padova, 1967.

22 In Italia, i limiti posti all’amministrazione dei beni oggetto di comunione differita vertono sul concetto di “consumazione” e sono, pertanto, frutto di un’elaborazione giurisprudenziale volta ad evitare la commissione di atti di “consumazione fraudolenta” di un coniuge in danno dell’altro.

23 Cfr. § 1366 BGB.

24 Cfr. § 1367 BGB.

25 P. CenDon, op. cit., 17.