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L’avvocato di domani. Il lungo travaglio del regolamento sulle specializzazioni forensi

autore: G. Albiero

L’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia è nato nel 2003, per iniziativa del compianto avv. Gianfranco Dosi, con l’intento di raccogliere le adesioni di quella parte di avvocati che svolgeva prevalentemente o esclusivamente l’attività forense nell’ambito del diritto di famiglia e minorile e con l’obiettivo di promuovere iniziative di studio, confronto e dibattito nell’ambito del diritto di famiglia, ponendo dunque, già al momento della sua costituzione, le basi per la promozione della specializzazione degli avvocati familiaristi. ONDiF, fin dalla sua costituzione si è sempre battuto per la regolamentazione della specializzazione degli avvocati nel settore della famiglia e minorile, chiedendo, del pari, la specializzazione della magistratura designata a trattare tali materie. ONDiF ha infatti, fin dalla sua nascita, creduto e lavorato intensamente per un confronto continuo con la magistratura, nella convinzione, mai venuta meno, che anche la magistratura dovesse essere in grado di dare risposte adeguate a una società sempre più complessa e in continua, incessante evoluzione. Occorreva dunque modificare i criteri di fondo a cui ispirare l’attività di formazione, tenendo anche conto che nel settore del diritto di famiglia è necessario acquisire conoscenze diverse e complementari, rispetto a quelle strettamente giuridiche. A tal proposito, va riconosciuto che la SSM Scuola Superiore della Magistratura ha, specie nell’ultimo decennio, cercato collaborazioni con l’Avvocatura e l’Accademia, aprendosi verso l’esterno e verso saperi ed esperienze diverse da quello giudiziario, ed ha modulato l’offerta formativa in modo sempre più specifico e settoriale. L’Osservatorio Nazionale sul diritto di Famiglia, pur ritenendo che la figura dell’avvocato esperto in tutti i settori del diritto fosse già all’epoca della sua costituzione tramontata, non ha mai ritenuto che possa essere sostituita con una figura di avvocato al quale chiedere di fare il superesperto in un solo campo. L’obiettivo cui puntava ONDiF era infatti già allora che ogni avvocato che si occupa di diritto di famiglia sapesse cogliere professionalmente e deontologicamente, la specificità di questo settore, che consiste nel far sì che le relazioni familiari, prime fra tutte quelle che legano i figli ai genitori, siano trattate con il massimo rispetto, prima ancora che con la massima competenza. L’obiettivo pertanto non era e non è a tutt’oggi quello di creare una élite di esperti, di avvocati diversi dagli altri, ma di avvocati con una capacità in più. Lo statuto nazionale di ONDiF attualmente vigente, all’art. 1 prevede tra i suoi obiettivi la promozione del profilo professionale degli avvocati nel settore del diritto di famiglia e dei minori, la formazione e l’aggiornamento specialistico dei propri iscritti. Tra gli scopi associativi, il citato statuto, alla lettera c) prevede: “L’organizzazione di una scuola centrale, con sede in Roma e la sua gestione mediante un Consiglio e un comitato scientifico, aperto alle istituzioni universitarie e dell’Avvocatura, in attuazione di protocolli ed accreditata presso il Consiglio nazionale forense, con la finalità di promuovere un corso pluriennale, secondo le norme in vigore, per l’acquisizione del titolo di specialista in diritto delle persone, dei minori e della famiglia e per l’aggiornamento di coloro che lo hanno acquisito”. I successivi artt. 3 e 13 dello stesso statuto prevedono rispettivamente e specificamente la promozione del perseguimento della specializzazione professionale e la regolamentazione della Scuola centrale di formazione e di aggiornamento. ONDiF, pertanto, ha tra i suoi obiettivi e scopi associativi la formazione e l’aggiornamento specialistico e l’istituzione di una Scuola per l’acquisizione del titolo di specialista in diritto delle persone, dei minori e della famiglia e per l’aggiornamento di coloro che già lo hanno acquisito. Sicché l’Osservatorio Nazionale sul diritto di Famiglia, come altre associazioni forensi specialistiche, ha finora operato auspicando che la specializzazione degli avvocati venisse finalmente prima per legge prevista e poi regolamentata. Con la l. 247/2012 (Nuovo ordinamento della professione di avvocato) all’art. 9 il Legislatore italiano ha dettato le modalità per l’acquisizione da parte degli avvocati del titolo di specialista. Tale norma riconosce agli avvocati la possibilità di ottenere e indicare il titolo di specialista secondo modalità affidate a un regolamento adottato dal Ministero della Giustizia, previo parere del Consiglio Nazionale Forense e dunque detta disposizione normativa è stata considerata norma ad applicazione differita. L’applicazione di tale norma è in effetti subordinata all’emanazione del predetto regolamento ministeriale, da adottarsi entro due anni dalla data di entrata in vigore della ormai non più nuova legge professionale. È bene ricordare che già prima dell’approvazione della nuova legge professionale, il CNF, anticipando il disegno di legge di riforma dell’ordinamento forense, ha tentato di regolamentare la materia delle specializzazioni forensi, ma come è noto tale regolamento venne posto nel nulla con la sentenza n. 5151/2011, emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Prima, ritenendo che la materia fosse riservata al legislatore nazionale, secondo la legge professionale vigente all’epoca. Nel percorso verso la realizzazione del sistema delle specializzazioni previsto dal nuovo ordinamento professionale, il CNF ha inoltre affrontato la questione dell’elenco delle associazioni specialistiche maggiormente rappresentative, che in quanto tali, potranno partecipare con i Consigli dell’Ordine territoriali, all’organizzazione dei corsi per l’acquisizione del titolo di avvocato specialista, istituendo l’elenco delle associazioni forensi specialistiche maggiormente rappresentative, previsto anch’esso dal nuovo statuto dell’Avvocatura.

Con Regolamento 11 aprile 2013 n. 1 recante Norme per l’istituzione e le modalità di tenuta dell’elenco delle associazioni forensi specialistiche maggiormente rappresentative è stato infatti istituito e disciplinato l’elenco delle associazioni specialistiche maggiormente rappresentative, in attuazione dell’art. 35 comma 1 lettera s della citata l. 247/2012, nonché i criteri per ivi poter permanere. Con la delibera del 12 dicembre 2013, il CNF ha iscritto l’Osservatorio Nazionale sul Diritto di famiglia in detto elenco e con le successive delibere del 23 giugno 2017 e del 18 settembre 2020, ha confermato la permanenza di ONDiF nel predetto elenco, fino al 18 settembre 2023. Il Ministro della Giustizia, il 14 agosto 2015 ha emanato il regolamento n. 144 del 12 agosto 20151 che disciplina le modalità per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista. Il predetto Regolamento com’è noto è stato impugnato innanzi al TAR Lazio da ANF, OUA ed ANAI e poi considerato illegittimo e parzialmente annullato dal Consiglio di Stato. Sez. IV, con sentenza n. 5575/2017 depositata il 28 novembre 2017 dal Consiglio di Stato, limitatamente alle disposizioni relative all’elenco dei settori di specializzazione e alla disciplina del colloquio diretto ad accertare la c.d. “comprovata esperienza”, come ipotesi alternativa alla partecipazione a corsi di formazione specialistica per ottenere il titolo di specialista. Il Consiglio di Stato con parere interlocutorio n. 03185/2019 ha sottolineato la necessità di svolgere un’analisi della domanda e dell’offerta dei servizi legali, individuando nella necessità di colmare il gap tra offerta e domanda, la ragione principale della regolamentazione della specializzazione forense. L’Osservatorio nazionale permanente per l’esercizio della giurisdizione (ONPG) ha rilevato detti gap e a seguito di tale verifica si è proceduto a suddividere le materie e i settori di specializzazione secondo modalità diverse, con un ulteriore modifica del testo del Regolamento sia nell’ambito dei settori che degli indirizzi, con particolare riferimento alle categorie del diritto penale e del diritto amministrativo e al rapporto tra settori ed indirizzi di specializzazione afferenti ai tre settori del diritto civile, penale e amministrativo. All’art. 3 del d.m. 144/2015 è stata inserita la seguente disposizione: “Nei settori di cui alle lettere a) b) c) il titolo di specialista si acquisisce a seguito della frequenza con profitto dei percorsi formativi ovvero dell’accertamento della comprovata esperienza relativamente ad almeno uno degli indirizzi di specializzazione indicati nei commi 3, 4 e 5, in conformità alle disposizioni del presente regolamento”. A seguito delle impugnative del 2015, a distanza di cinque anni, con il d.m. 163/2020, entrato in vigore il 27 dicembre 2020 è stato introdotto il nuovo sistema delle specializzazioni forensi e quando si attendeva solo di poter avviare i corsi di formazione previa l’istituzione della Commissione di esperti per l’individuazione delle linee guida, anche il regolamento correttivo del d.m. 144/2015 è stato impugnato innanzi al TAR Lazio da alcuni dei grandi Ordini degli avvocati e più precisamente gli Ordini di Roma, Napoli e Palermo, seguiti da altri ordini territoriali e dall’Unione regionale del Lazio, nonché da altri avvocati e da associazioni che nonostante le modifiche apportate al regolamento non ne condividono alcuni punti. I ricorrenti hanno successivamente rinunciato all’istanza proposta di sospensiva del regolamento impugnato e il procedimento è stato rinviato all’udienza del 3 novembre 2021. Sembra davvero non avere mai fine il travaglio della specializzazione degli avvocati, prima di approdare a una definitiva regolamentazione. A questo punto, in attesa delle determinazioni giudiziali, non si può che interrogarsi sulle motivazioni che spingono ormai da oltre otto anni e cioè dall’introduzione della riforma forense, una parte dell’Avvocatura a schierarsi contro la specializzazione o quanto meno a portare avanti una battaglia giudiziaria, paralizzando in tal modo l’atto normativo che disciplinerà l’acquisizione del titolo di avvocato specialista e dunque penalizzando quella parte dell’Avvocatura nella quale vi è un cospicuo numero di giovani avvocati, che attraverso la specializzazione ritengono di poter offrire una prestazione maggiormente qualificata, puntuale e rispondente alla mutata domanda di servizi legali e in buona sostanza vedono nella specializzazione, il futuro della professione. Il tema delle specializzazioni è dunque dibattuto da anni all’interno dell’Avvocatura e rappresenta senza dubbio uno dei punti nodali e di maggior rilevanza della riforma forense, come emerge dallo stesso iter parlamentare della normativa. Nei cinque anni di battaglie giudiziarie aventi ad oggetto il regolamento sulle specializzazioni forensi, non va trascurata la circostanza che un numero consistente di avvocati hanno frequentato le Scuole di alta formazione specialistica istituite dalle diverse associazioni forensi specialistiche riconosciute dal CNF. Le Scuole sono state avviate in tempi diversi e con bienni disallineati tra loro. Questi avvocati, di cui molti giovani, come è evidente, vedevano, insieme a gran parte dell’Avvocatura, nel nuovo d.m. 163/20202 entrato in vigore il 27 dicembre 2020, la regolamentazione definitiva delle modalità di conseguimento e mantenimento del titolo di specialista. Dopo l’ennesima iniziativa di impugnativa avanti al TAR Lazio, con la quale anche il Regolamento sulle specializzazioni forensi introdotto con d.m. 163/2020 è stato censurato, da parte di alcuni degli stessi soggetti ai quali è demandato il compito di formare e gestire gli elenchi degli avvocati specialisti, assistiamo a un nuovo stallo sul fronte delle specializzazioni e le Scuole di alta formazione specialistica, tra le quali quella istituita da ONDiF con la Scuola Superiore dell’Avvocatura e con l’Università Romatre di Roma, rischiano ormai concretamente di chiudere, in attesa che la battaglia giudiziaria sulle specializzazioni abbia fine. Aspettando l’esito dell’ultima impugnativa del regolamento sulle specializzazioni, non è possibile avviare i corsi di alta specializzazione per il biennio 2021-2022, ma al più corsi di alta formazione, che alcune associazioni specialistiche maggiormente rappresentative hanno già avviato. Preso atto che la specializzazione forense è stata ormai da oltre otto anni espressamente riconosciuta per legge, quali sono i timori che nutre quella parte di Avvocatura che finora, con ragioni diverse, si è opposta alla regolamentazione del conseguimento del titolo di avvocato specialista e quali invece le ragioni secondo cui non vi è più tempo per rimandare questo passaggio?



Opportunità e aspettative della specializzazione forense



Occorre fare un’ulteriore, doverosa e importante premessa. La specializzazione degli avvocati è un’opportunità, non un obbligo. Lo prevede espressamente l’art. 9 della l. 247/2012, laddove la previsione riguarda la possibilità e non l’obbligatorietà di poter ottenere il titolo di specialista. Pertanto, chi chiede la specializzazione degli avvocati non nega certo, né potrebbe farlo, l’esistenza e il ruolo dell’avvocato generalista; quella parte di Avvocatura che ritiene opportuno e necessario potersi caratterizzare sul mercato per l’effettiva competenza in un settore o al massimo due di attività, ritiene che l’interesse dell’utenza sia potersi rivolgere a professionisti che abbiano competenze specifiche e siano dunque in grado di offrire servizi, quanto più affidabili. Non vi è dunque l’intento di dare agli avvocati specialisti delle “etichette” speciali, ma solo garantire che la formazione dell’avvocato specialista in un determinato settore del diritto, sia avvenuta secondo un percorso e criteri precisi e condivisi. Sotto questo profilo, c’è chi, argomentando sulle ragioni a favore della specializzazione forense, ha effettuato un parallelismo con la professione medica, osservando che in Italia è prevista tanto la figura del medico generico (o di base), quanto quella del medico specialista, entrambi necessari e con ambiti di intervento ben delimitati3 . Anche la magistratura ha dimostrato di ritenere la specializzazione in un determinato settore del diritto importante, tanto da essere divenuta criterio da tenere in conto ai fini dell’assegnazione del magistrato a un determinato incarico, con l’opportunità/obbligatorietà di formarsi e aggiornarsi presso la Scuola Superiore della Magistratura o attraverso la partecipazione a eventi formativi organizzati dalla formazione decentrata del distretto di Corte di Appello di appartenenza. La riforma forense ha recepito il cambiamento e l’evoluzione delineatisi ormai da diversi decenni all’interno della nostra società: l’Avvocatura si è trovata di fronte alla necessità/scelta di allargare le sue conoscenze e le sue competenze professionali. Profondi cambiamenti hanno interessato anche l’impianto normativo, nell’ambito del quale il legislatore italiano non ha più potuto rinviare alcune importanti modifiche prendendo atto dei cambiamenti sociali verificatisi e ciò nell’ambito specificamente del settore della famiglia e minorile; basti pensare all’archiviazione di alcune categorie giuridiche, con l’acquisizione di nuove schemi relazionali. Si pensi per esempio al riconoscimento di un unico status di figlio, con la riforma della filiazione con la l. 219/2012 e il d.lgs. 154/2013. Ed ancora è significativo, sotto il profilo dei profondi cambiamenti ai quali negli ultimi due decenni abbiamo assistito, l’abbandono del concetto tradizionale di famiglia fondata sul matrimonio, con l’acquisizione ormai ampiamente diffusa del concetto di “famiglie”. Del pari, la previsione normativa e la regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e delle convivenze di fatto, rappresenta la prova evidente che il legislatore ha preso atto dei cambiamenti sociali ed ha allineato la normativa interna a quella sovranazionale. L’avvocato si è dovuto confrontare negli ultimi due decenni anche con le sfide della tecnologia, che hanno portato all’introduzione nel nostro ordinamento del processo civile telematico, a cui gli avvocati si sono dovuti adeguare. Oggi inoltre l’avvocato, per offrire al cliente una prestazione professionale qualificata, deve necessariamente integrare il suo bagaglio tradizionale di conoscenze, attingendo alle norme sovranazionali, alle fonti del diritto europeo eurounitarie, ai codici di autodisciplina ecc.4 . L’avvocato dunque deve confrontarsi non solo con la giurisprudenza interna, ma anche con la giurisprudenza eurounitaria, con le pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) e della Corte Europea dei diritti dell’uomo (CEDU), considerata l’efficacia vincolante che le decisioni hanno per i giudici interni5 . Da qui è emersa l’esigenza di una qualificazione “specialistica”. Per l’avvocato l’esigenza di formazione e aggiornamento costante è anche un preciso dovere deontologico. Il dovere di aggiornamento professionale e di formazione continua (art. 15 CDF), si sostanzia parallelamente nell’obbligo di conservare e di accrescere le proprie competenze, con particolare riferimento ai settori di specializzazione e a quelli di attività prevalente. L’art. 14 CDF prevede specificamente il dovere di competenza che impone all’avvocato di non accettare incarichi che non sia in grado di svolgere con adeguata competenza. L’avvocato dovrà al più valutare l’opportunità dell’integrazione della difesa con altri colleghi, tutte le volte in cui l’esercizio della professione in un determinato contenzioso familiare o minorile, richiede specifiche competenze. I cambiamenti con cui deve confrontarsi l’avvocato non riguardano tuttavia solo la realtà giuridica ma anche quella economica, e l’avvocato deve dunque essere in grado di rinnovare il suo bagaglio di conoscenze, la sua mentalità, la sua cultura giuridica e di dotarsi di una formazione europea. Il mercato professionale è sempre più esteso e differenziato, non più riconducibile solo ai settori tradizionali civile, penale e amministrativo. Non va a tal proposito trascurata la circostanza che nella realtà esistono già forme di raggruppamenti che hanno organizzato gli avvocati di riferimento con competenze specifiche: si pensi ad esempio ai patronati nel settore del lavoro e previdenziale o ancora agli organismi di mediazione: in essi vi sono degli avvocati di riferimento con i quali il cittadino si interfaccia rivolgendosi a tali organismi e nei quali dunque sono stati già costituiti bacini di attività riservate, con carattere di specialità. gestite da avvocati con competenze specifiche nel settore. È dunque tramontato definitivamente il modello tradizionale professionale, in un contesto sociale ove la profonda crisi della giustizia e il sopravvento di un modello sociale ispirato a principi di competizione-selezione. È stato proprio il Legislatore, nel tentativo di deflazionare il contenzioso e di individuare percorsi alternativi alla giurisdizione, che ha riconosciuto agli avvocati il ruolo di mediatori prima e negoziatori dopo. Conseguentemente gli avvocati hanno dovuto imparare e sperimentare le tecniche di mediazione e negoziazione, e si sono ritrovati protagonisti di quell’accordo di negoziazione, al quale è stata riconosciuta l’efficacia di una pronuncia giurisdizionale. È significativo sotto tale profilo che il d.m. 163/2020, con cui è stato corretto il regolamento introdotto con il d.m. 144/2015, tra le modifiche introdotte nei settori di specializzazione forense, ha previsto per esempio nell’ambito dell’area amministrativa, il “diritto dell’istruzione”, locuzione che il legislatore ha utilizzato solo nell’ambito del c.d. decreto Specializzazioni che non è il diritto scolastico per il quale ormai da anni diversi studi legali offrono consulenza ed assistenza giudiziaria nel settore scuola, ma sembra limitato strettamente alla nicchia amministrativa e dunque alle questioni giuridiche del settore amministrativo quali bandi di concorso, graduatorie del personale ecc. e non già alle questioni per esempio in tema di responsabilità degli insegnanti ex art. 2048 c.c. o tutte le fattispecie riconducibili al settore penalistico, quali per esempio l’abuso dei mezzi di correzione o ancora le fattispecie di bullismo o cyber bullismo tra compagni di scuola. Più volte è stato osservato come la famiglia in particolare rappresenta uno scenario particolarmente complesso, nell’ambito del quale si generano relazioni affettive, si producono beni economici, si attua la riproduzione sociale, mutano continuamente gli scenari e le esigenze strettamente legati alle diverse fasi della vita dei componenti della famiglia. Anzi, si può affermare che il punto di incontro più frequente per il cittadino con il sistema giustizia è senza dubbio rappresentato proprio dalle questioni in qualche modo riconducibili alla famiglia ed ai minori. L’avvocato è quindi chiamato sempre più spesso a confrontarsi e ad affrontare problematiche relative alle persone, alla famiglia ed ai minori. Peraltro, il ricorso all’assistenza di un legale, anche nell’ambito del settore famiglia, non è più strettamente legato alla fase patologica della famiglia (separazioni e divorzi o procedimenti minorili), ma anche alla gestione dei diritti dei soggetti vulnerabili, quali per esempio le amministrazioni di sostegno, le tutele e le curatele nonché in ordine agli illeciti penali che riguardano abusi e violenza in danno di donne e minori. Se per molto tempo la formazione continua o formazione permanente degli avvocati ha avuto un valore prevalentemente simbolico per superare l’auto-referenzialità, migliorare e aggiornare la capacità professionale, oggi oltre che obbligatoria dal 1° gennaio 2008 è stata considerata, a parere di chi scrive a ragione, un diritto allo sviluppo personale, inerente la stessa qualità professionale6 . Nel percorso che ha portato alla previsione della formazione continua obbligatoria si è pervenuti prima alla previsione deontologica del dovere di diligenza, previsto attualmente nell’art. 12 del codice deontologico forense, poi a quello di competenza previsto dall’art. 14 CDF e di aggiornamento professionale nonché di formazione continua previsto dall’art. 15 CDF, il quale ultimo si sostanzia nell’obbligo di conservare e di accrescere le proprie competenze, con particolare riferimento al settore di specializzazione e a quelli di attività prevalente. Successivamente si è pervenuti alla regolamentazione specifica, con il regolamento sopra citato, emesso dal Consiglio Nazionale Forense ed entrato in vigore il 1° gennaio 2008. Oggi la specializzazione viene diffusamente avvertita soprattutto dai giovani avvocati, alla ricerca a volte disperata di conquista di spazi professionali, come un vantaggio competitivo che può far conseguire nuove e più proficue opportunità professionali. I soci dell’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia, attualmente pari a 2600 iscritti, hanno previsto per statuto la formazione e il perseguimento della specializzazione tra gli obiettivi principali che l’attività associativa deve perseguire e considerano quindi la possibilità di conseguire il titolo di specialista una grande opportunità e un’occasione da non perdere. La Scuola di Alta Formazione prevista dallo Statuto nazionale ONDiF, è già giunta al quarto biennio e purtroppo, a causa dell’impugnativa anche del regolamento correttivo di cui al d.m. 163/2020, ha subito un’improvvisa battuta di arresto. Secondo il combinato disposto degli artt. 6 e 8 del Regolamento in commento, i percorsi individuali che l’avvocato può scegliere di intraprendere per conseguire il titolo di specialista sono due, in quanto è riconosciuto che l’avvocato che ha una comprovata esperienza professionale nella materia in cui intende conseguire il titolo di specialista, può non frequentare i corsi biennali di formazione specialistica, ma sottoporsi a un colloquio (inerente gli affari numericamente e temporalmente previsti dal regolamento, trattati dall’avvocato nonché ogni titolo attestante la comprovata esperienza specialistica) davanti alla Commissione istituita presso il Consiglio Nazionale Forense, i cui componenti vengono scelti dal Ministero e fra i quali, a differenza delle Commissioni di esame intermedio e finale, cui devono sottoporsi coloro che hanno partecipato ai corsi, non figurano magistrati. Vi è dunque un importante riconoscimento della valenza soggettiva del singolo professionista che ha già maturato sul campo una competenza specifica, nell’ambito del Foro di appartenenza o a livello nazionale. Senza entrare in questa sede nel merito delle censure mosse dagli Ordini e dagli altri soggetti ricorrenti davanti al TAR Lazio, qui basta dire che le stesse non riguardano tanto le modifiche apportate dal d.m. 163/2020 al Regolamento originario, quanto il ruolo delle Associazioni specialistiche maggiormente rappresentative, alle quali è la stessa legge 247/2012 all’art. 29 e non il Regolamento, né nella sua versione originaria né in quella corretta dal d.m. 163/2020, che riconosce che i COA territoriali promuovono l’organizzazione di corsi per l’acquisizione del titolo di specialista, d’intesa con le associazioni specialistiche riconosciute dal CNF. Secondo l’art. 6, comma 3°, sopra richiamato, il CNF o i COA territoriali organizzano i corsi formativi di specializzazione stipulando convenzioni con le articolazioni universitarie di giurisprudenza. Il Consiglio nazionale forense può anche convenzionarsi d’intesa con le associazioni specialistiche forensi maggiormente rappresentative, riconosciute come tali ai sensi dell’art. 35, comma 1°, lettera s), l. 247/2012 sopra citato. Si tratta dunque di un ruolo riconosciuto alle associazioni specialistiche per legge, e si badi bene solo alle associazioni specialistiche e non a quelle generaliste, sicché l’ennesima impugnativa davanti al giudice amministrativo, appare solo pretestuosa e strumentale a differire sine die l’entrata in vigore della regolamentazione della specializzazione forense, che invece, se fatta partire all’indomani dell’entrata in vigore del d.m. 163/2020, avrebbe potuto essere sperimentata ed eventualmente modificata dal competente Ministero in corso d’opera, con la collaborazione di tutte le componenti dell’Avvocatura. La Scuola costituita da ONDiF con le altre componenti sopra citate, istituita sotto il vigore del d.m. 144/2015, operando in regime transitorio ex art. 14 del predetto decreto, ha già licenziato, duecento avvocati che attendono solo il riconoscimento del titolo di specialista, oltre agli altri prossimi a sostenere gli esami. Altri cento avvocati hanno inoltrato richiesta per iscriversi alla Scuola e frequentare il quarto biennio, ma i loro nominativi sono stati raccolti senza tuttavia dare inizio al Corso, il cui programma dovrà, com’è noto, essere redatto secondo le linee guida a cui stanno lavorando le associazioni specialistiche con il CNF. Non possiamo dunque che auspicare che il Tar adito, preso atto della rinuncia alla chiesta sospensiva del Regolamento, quanto all’esame del merito rinviato all’udienza del 3 novembre 2021, voglia tenere nel debito conto che il regolamento correttivo era stato già adeguatamente conformato, dopo il parziale annullamento del d.m. 144/2015 da parte del Tar Lazio, dal Consiglio di Stato, tanto da ottenere il parere favorevole della sezione consultiva del Consiglio di Stato. Auspichiamo inoltre che, d’ora innanzi, qualsiasi iniziativa, denuncia/segnalazione o qualsivoglia censura si voglia formulare o mettere in atto venga previamente discussa e concordata fra tutte le Associazioni specialistiche maggiormente rappresentative, in sede di Organismo delle Associazioni specialistiche istituito presso il Consiglio Nazionale Forense, tenendo un atteggiamento unitario non solo per la redazione delle predisponende linee guida, ma anche per evitare iniziative che, non contemplando la presenza di tutte le associazioni specialistiche, evidenzino divisioni che non giovano certo a quella parte di Avvocatura che crede e vuole la specializzazione, come diritto di sviluppo personale legato alla professione, e con l’obiettivo di avere degli avvocati con una capacità in più, degli avvocati in linea con i profondi cambiamenti della nostra società e non una élite di esperti e cioè di avvocati diversi dagli altri. Per la categoria dei familiaristi, ciò si traduce primo di tutto, nel saper trattare le questioni legate alle relazioni familiari con il massimo rispetto, prima ancora che con la massima competenza.

NOTE

1 Decreto 12 agosto 2015, n. 144, Regolamento recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, a norma dell’articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247.

2 Decreto 1° ottobre 2020, n. 163, Regolamento concernente modifiche al decreto del Ministro della giustizia 12 agosto 2015, n. 144, recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, ai sensi dell’articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247.

3 Specializzazione forense, Avvocati specialisti: pro o contro, 14 gennaio 2016, in Il Quotidiano giuridico, Dibattiti, 19 marzo 2021.

4 G. Conte, Riforma forense e “specializzazione” degli avvocati, in Rassegna Forense, 2013, 2.

5 Cass. civ., sez. III, 16 maggio 2003, n. 7630, in Foro it., 2003, 126, 7/8, 2015, 2016, 2023-2024.

6 R. Danovi, Deontologia e giustizia, in Rass. For., 2000, 517, Milano, 2003, 125.