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Il conflitto nella separazione. Ruolo dell’avvocato di famiglia

autore: B. Girotto

Sommario: Premessa. - 1. Le cinque fasi del lutto nell’elaborazione mentale della separazione. - 2. Ruolo dell’avvocato del diritto di famiglia nella gestione del conflitto nella separazione. - 3. I figli nel conflitto genitoriale e l’interesse morale e materiale della prole



Premessa



La società attuale è testimone, nonché parzialmente causa della disgregazione famigliare, poiché sono andati completamente persi i principi ed i valori a fondamento della relazione di coniugio e/o di convivenza. La perdita dei predetti valori, la vita frenetica cui siamo sottoposti, nonché i numerosi impulsi provenienti dai media e dai social causano condotte di disinteressamento delle esigenze famigliari, di contrapposizione tra le parti, assenza di dialogo, mancanza di empatia, con conseguenti incomprensioni all’interno delle mura domestiche, fino a giungere all’inevitabile CONFLITTO! Il conflitto all’interno delle relazioni umane è un fenomeno particolarmente insidioso che se mal gestito conduce a conseguenze drammatiche per i soggetti coinvolti, fino a giungere ad episodi di aggressività e violenza. La mente umana non è mai abbastanza preparata ad affrontare il conflitto nella relazione famigliare, poiché l’ambito domestico viene da sempre individuato il luogo ove trovare protezione e conforto, nonché indirizzare e ricevere sentimenti di amore e comprensione. È quindi evidente che il conflitto famigliare è composto da una elevata percentuale di emotività/sentimenti. Merita precisare che la maggior parte dei conflitti oggetto di controversia in materia di separazione, divorzi e minori, sono costituiti per circa l’80% da ragioni di natura emotiva e per il restante 20% di natura legale. Nella risoluzione legale dei conflitti famigliari è pertanto auspicabile l’intervento di un professionista che abbia una formazione adeguata a contenere l’emotività, attenuando il conflitto; cosicché potrà instaurarsi una consapevole trattativa tra le parti, in funzione del raggiungimento di un accordo che possa soddisfare entrambi, evitando la “guerra”. L’avvocato di famiglia potrà assumere il ruolo di colui che interviene per disarmare le parti e gestire in primis la conflittualità emotiva e, solo successivamente, potrà condurre le parti nella trattativa per il raggiungimento di accordi legali.



1. Le cinque fasi del lutto nell’elaborazione mentale della separazione

Si precisa che dal punto di vista psicologico la separazione ha lo stesso iter dell’elaborazione del lutto: si tratta di un intenso sentimento di dolore dovuto alla perdita della persona cara; il soggetto che subisce la decisione della separazione sarà costretto ad elaborare, con i propri tempi e in relazione ai propri vissuti e le proprie capacità cognitive l’accettazione di una vita futura, in assenza del partner, che fino a quel momento rappresentava il proprio mondo interiore ed esteriore. Sarà quindi richiesto alla psiche un lavoro particolarmente complesso per poter affrontare correttamente la situazione dolorosa a seguito della perdita del proprio partner. Il lutto è uno stato emotivo che genera emozioni differenti e in contrapposizione tra loro, come lo shock, il senso di vuoto, la rabbia, i sensi di colpa, la tristezza e il dolore. Kluber-Ross, psichiatra svizzera, nel 1970 ha elaborato il modello di elaborazione del lutto costituito da cinque fasi1 , che in base all’intensità del legame affettivo, alle modalità in cui è avvenuta la perdita, possono avere durata e complessità variabile2 . L’avvocato di diritto di famiglia dovrebbe ben conoscere le “cinque fasi”, affinché riesca a gestire al meglio il conflitto e la controversia, ovvero:

1. Fase della negazione: il soggetto manifesta una sorta di rifiuto della realtà e tende a negare l’accaduto. Si tratta di un meccanismo di difesa che ha la funzione di limitare alla persona la sofferenza. Il soggetto tenderà a ripetersi: ma sta succedendo davvero?, non posso crederci.

2. Fase della rabbia: la perdita viene vissuta come una ingiustizia ed è la fase più pericolosa e delicata. È proprio questa la fase in cui l’avvocato di diritto di famiglia riveste un ruolo fondamentale, con una elevata responsabilità circa l’esito del suo intervento. Infatti, questa fase deve essere ben recepita dal professionista che deve intervenire esclusivamente per contenere le reazioni del Cliente, aiutandolo a valutare le sue risorse per riprendere il controllo della sua vita. Se questa fase non viene gestita correttamente potrebbe condurre ad episodi di aggressività e violenza tra gli ex partner, con gravi ripercussioni anche sui figli, se presenti. Tutto ciò non potrà che instillare nelle parti il desiderio di ottenere giustizia, azionando procedure penali a carico dell’uno o dell’altra. Infatti, in questa fase iniziano a manifestarsi emozioni forti, quali la rabbia e la paura, che esplodono in tutte le direzioni coinvolgendo tutti i famigliari. È un passaggio molto delicato a livello psicologico e relazionale che può coincidere con la massima richiesta di aiuto o con la chiusura totale e ritiro in se stessi.

3. Fase della contrattazione: la parte inizia a prendere atto dell’irreversibilità della situazione, alternando momenti di sconforto a momenti di speranza. In questa fase la persona cerca di riprendere il controllo della propria vita, valutando le proprie risorse per realizzare nuovi progetti.

4. Fase della depressione: è la fase della sofferenza per la presa di coscienza della perdita subita, con ripensamenti circa l’impossibilità di condivisione futura con l’ex partner. In questa fase è possibile che i livelli di sofferenza vengano enfatizzati, con l’insorgenza di sintomi anche a livello fisico come mal di testa, tristezza, irritabilità, incapacità di concentrazione.

5. Fase dell’accettazione: è l’ultima fase che coincide con la conclusione del processo di elaborazione del lutto, ove il soggetto realizza che deve guardare al futuro e non più al passato, accettando quanto accaduto. Durante questa fase si inserisce al meglio il rapporto con l’avvocato per l’individuazione consapevole delle scelte di natura legale a definizione della controversia.



2. Ruolo dell’avvocato del diritto di famiglia nella gestione del conflitto nella separazione



È di tutta evidenza come la persona che stia attraversando una delle prime due fasi del lutto (negazione e rabbia) non sia nella condizione ottimale per assumere decisioni ponderate circa la sua vita futura (e quella dei figli se presenti) e quindi riesca a raggiungere accordi solidi con l’ex partner. L’avvocato di diritto di famiglia dovrebbe essere in grado di individuare queste fasi al fine di mantenere calmi gli animi delle parti, prendendo tempo, affinché l’assistito riesca a passare gradualmente alla fase della contrattazione senza esacerbare/aumentare il conflitto già in essere. Nelle fasi successive, ovvero della contrattazione e dell’accettazione, la parte avrà recuperato le risorse per collaborare e raggiungere accordi con l’ex partner al fine di pianificare la propria vita futura. Nelle fasi della negazione e della rabbia in particolare, il soggetto che subisce la decisione della separazione non riesce a vedere nessun futuro e pertanto, è incapace di assumere decisioni ragionevoli e ponderate per se stesso e per i figli. Merita altresì sottolineare che qualora sia decorso un ragionevole lasso di tempo dall’accaduto e il cliente sia immobile nelle prime due fasi, senza alcuna evoluzione verso l’accettazione, saremo in presenza di un soggetto patologico e sarà quindi necessario l’intervento di un professionista competente, affinché possa essere di ausilio alla “forse” risoluzione del conflitto. Tuttavia, il conflitto non sempre è risolvibile, poiché entrano in gioco numerose variabili (vissuti, empatia, capacità cognitive, patologie psicologiche ecc.) che coinvolgono tutti i soggetti facenti parte del contesto conflittuale (coniugi, avvocati, psicologi, giudici). Durante le prime due fasi di elaborazione del lutto, connotate da maggior complessità per via delle dinamiche cui è sottoposta la psiche, le parti necessitano di tempo per elaborare correttamente la perdita della persona cara e della propria quotidianità. Nel corso delle prime due fasi è consigliabile indurre la parti a sperimentare un accordo “transitorio”, ove verranno previste delle condizioni che i coniugi inizieranno ad applicare alla propria vita. Le parti generalmente accettano questa soluzione iniziale, poiché non vedono ancora lo “spauracchio” del Giudice e della separazione ufficiale ed accettano di buon grado di iniziare questo percorso. Utilizzando la soluzione di un accordo “transitorio” in vista dell’accordo di separazione definitivo, il loro precario equilibrio psico-emotivo non viene ulteriormente destabilizzato e compromesso; il cliente ha la certezza di essere ancora sposato e percepisce che il legame matrimoniale/convivenza non è ancora cessato definitivamente. Dopo circa qualche mese dalla sottoscrizione dell’’accordo sperimentale, le parti avranno meno dubbi in merito alla gestione della propria vita futura e avranno vissuto nel quotidiano le nuove regole, che non rappresenteranno più l’incognita che li terrorizzava e che potranno essere nuovamente negoziate in relazione alle nuove esigenze dei coniugi. A seguito di questo tipo di percorso, il soggetto che ha subito la decisione della separazione generalmente riuscirà a ragionare lucidamente, collaborando correttamente con l’avvocato e con le altre parti per la migliore gestione della vertenza, abbandonando il desiderio di vendetta e giustizia, auspicando di raggiungere condizioni di accordo equilibrate, attenuando e/o eliminando la conflittualità.



3. I figli nel conflitto genitoriale e l’interesse morale e materiale della prole



Pur essendo la separazione e il lutto argomento trattato dagli adulti non dobbiamo dimenticare i figli coinvolti, poiché anche loro vivono il lutto della separazione dei propri genitori. I bambini infatti sono i soggetti più sensibili alla perdita di una persona cara, come il genitore, diventando particolarmente difficile stabilire una linea di confine tra il sentimento di dolore e l’inizio di un trauma, in particolare qualora il figlio si trovi all’interno del conflitto genitoriale3 . È noto come il conflitto persistente tra i genitori generi sofferenza nel figlio.

Questi elementi dovranno essere valutati per l’affidamento genitoriale in sede di separazione; la Suprema Corte4 è intervenuta pronunciandosi in merito e sostenendo che l’affidamento condiviso può trovare applicazione solo qualora la conflittualità tra i genitori si mantenga entro limiti di tollerabile disagio per la prole. Mentre, l’elevata conflittualità può costituire un ostacolo all’applicazione dell’affidamento condiviso poiché porrebbe in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psicofisico dei figli, tale da pregiudicare il loro interesse5 . È quindi evidente come l’incapacità di esercitare responsabilmente la genitorialità possa incidere sulle modalità di affidamento dei figli, essendo imprescindibile tutelare il superiore interesse della prole. Tale incapacità si riscontra allorquando i genitori siano completamente incapaci di elaborare correttamente ed in modo sano il fallimento della coppia, persistendo un conflitto reciproco anche in presenza del figlio; conflitto contraddistinto da incapacità di comunicare ed accordarsi nell’esclusivo interesse del minore. Ricordiamo che l’ordinamento giuridico italiano dispone che in caso di separazione e divorzio l’affidamento dei figli debba essere attuato con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale della prole6 . Il legislatore si è limitato ad affermare che per la determinazione delle modalità di affidamenti dei figli la scelta debba avvenire con riferimento all’interesse materiale e morale della prole, senza però specificare come il Giudice possa raggiungere tale obiettivo, senza contemplare criteri e parametri fissi cui il Giudice debba attenersi in punto affidamento dei figli. Nonostante il legislatore abbia attribuito al Giudice il potere di decidere in tema di affidamento dei figli nell’ambito delle separazioni e divorzi, pare opportuno chiedersi se sia, per sua conformazione professionale, il soggetto realmente idoneo a comprendere e risolvere le situazioni di disgregazione famigliare ed in particolare, l’affidamento dei figli; poiché si tratta di situazione che sicuramente deve essere considerata formalmente di natura giuridica, nonostante nella sostanza sia composta da problematiche psico-emotive. Valutata quindi la situazione sia dal punto di vista giuridico che psicologico, parrebbe opportuno prevedere un meccanismo di analisi preventiva delle dinamiche e dei rapporti famigliari attraverso un esame psicologico dei membri della famiglia che precede la fase dell’udienza presidenziale, affinché il Magistrato possa assumere il provvedimento cardine del processo basandosi su elementi suffragati da risultanze di esami condotti da professionisti7 . Il Giudice dovrà quindi individuare il genitore che rivesta quelle caratteristiche che gli consentano di limitare al massimo i danni derivanti dalla crisi famigliare nei confronti della prole. Più precisamente dovrà essere valutato idoneo quel genitore che in quel contesto di vita assicuri il miglior sviluppo possibile della personalità del minore, poiché più adeguato a soddisfare le esigenze morali, materiali, affettive e psicologiche in relazione all’età, il sesso del minore, la sua condizione di salute, tenendo altresì conto dell’ambiente ove i genitori vivono dopo la separazione8 . Gli elementi principali sui quali si basa la decisione del Giudice dovranno pertanto essere: l’età, il sesso, le condizioni psico fisiche e l’ambiente familiare, oltre che personalità, capacità educativa, moralità, tempo da dedicare alla prole, trascuratezza affettiva. Tra i vari criteri utilizzati dalla giurisprudenza al fine della decisione in punto affidamento della prole, rileva l’ambiente in cui i genitori vanno a vivere dopo la separazione. Per ambiente viene inteso sia il luogo e le possibilità che esso offre, sia il contesto di persone ove il minore si trova inserito a seguito della separazione. Entrambi i predetti criteri vengono richiamati in una pronuncia9 ove la decisione circa l’affidamento del minore è stata motivata dall’esistenza di un alloggio sito in un complesso residenziale comprendente parco e zona giochi, unitamente al calore umano creato attorno alla prole che l’altro genitore non garantiva preferendo delegare al personale di asili nido l’allevamento e l’educazione del minore. Non meno importante è la valutazione dell’affidamento del minore a quel genitore già convivente con persona diversa dal coniuge. In particolare, parte della giurisprudenza10 è contraria all’inserimento della prole nella casa ove il genitore abbia una convivenza con un nuovo partner, ritenendo tale circostanza nociva all’interesse del minore. Tale posizione è condivisa solo da quella parte della giurisprudenza11, che asserisce l’esistenza di un turbamento psichico della prole soltanto in presenza di elementi obiettivi di valutazione circa la personalità, la condotta e le attività del convivente che possano concretizzare un reale pregiudizio ai danni della prole. La giurisprudenza in materia analoga è intervenuta stabilendo che in caso di altissima conflittualità coniugale venga previsto un affidamento dei minori ai servizi sociali a causa della inadeguatezza genitoriale; incompetenza derivante dalla incapacità a comprendere le esigenze dei figli e di tutta conseguenza, a saper condividere le scelte necessarie a questi ultimi12. In fattispecie simili il Tribunale potrebbe intervenire prescrivendo un percorso psicoterapeuta individuale e di coppia, affinché venga condivisa la funzione genitoriale e venga raggiunta una maggiore consapevolezza soggettiva. In analoga materia è intervenuta la Suprema Corte13 che ha enunciato e sottolineato il principio secondo il quale è necessario garantire alla prole il diritto alla bigenitorialità. Più precisamente, nonostante le rispettive capacità dei coniugi di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un rapporto continuativo, nonché delle rispettive personalità, consuetudini di vita, dell’ambiente sociale e familiare, non può essere trascurata la necessità di garantire alla prole la comune presenza dei genitori nella vita dei figli.

NOTE

1 E. Kubler-Ross, On Death and Dying (1969) (Denial and isolation, anger, bargaining, depression, acceptance), trad. it. La morte e il morire, Roma, Cittadella, 2013.

2 Fonte: www.francescalatella.com; www.aiges.org

3 Elaborazione del lutto e della separazione: www.pazienti.it.

4 Ordinanza n 5604 del 2020 depositata in data 28 febbraio, www.dirittoegiustizia.it.

5 Conflitto persistente tra I genitori e sofferenza ingenerata nel minore: elementi da valutare per l’affidamento, www.dirittoegiustizia.it.

6 art. 155, 1 comma, c.c.; art 6, 3 comma l. 1 dicembre 1970 n 898.

7 R. Sparpaglione, Criteri giudiziari nell’affidamento della prole, in V. Cigoli, G. Gulotta, G. Santi, Separazione, divorzio e affidamento dei figli, Milano, Giuffrè, 2007.

8 Cass. 16 luglio 1982 n 8667 in Mass. 1992, www.osservatoriofamiglia.it.

9 App. Messina 23 novembre 1979, www.osservatoriofamiglia.it.

10 Cassazione Civile, Sez. I, n 11448 del 10 maggio 2017, www.osservatoriofamiglia.it.

11 Trib. Napoli, 21 novembre 1980, www.osservatoriofamiglia.it.

12 Trib. Roma, sez. 1, 7 maggio 2020, n. 6494 est. Rossi, www.osservatoriofamiglia.it.

13 Cass., Sez. I, ord. 19 maggio 2020, n. 9143, www.osservatoriofamiglia.it.