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Accesso ai dati “fiscali” e diritto di famiglia: la decisione dell’adunanza plenaria e le prospettive conseguenti (nota a Cons. Stato, Ad. Plen., Sent. 25 settembre 2020, n. 19, 20 e 21)

autore: P. Nasini

Sommario: 1. Premessa. - 2. I poteri istruttori del giudice ordinario nei procedimenti “di famiglia” per la risoluzione delle questioni di natura patrimoniale. - 3. Il diritto di accesso ex l. n. 241 del 1990. - 4. Il caso e le questioni sottoposte all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. - 5. Le posizioni della giurisprudenza amministrativa. - 6. La soluzione adottata dall’Adunanza plenaria. - 6.1. La nozione di documenti amministrativi. - 6.2. L’accesso in funzione difensiva. - 6.3. Rapporti tra accesso difensivo e strumenti istruttori “comuni” del processo civile e “speciali” nei “giudizi di famiglia”. - 6.4. Modalità ostensive dei documenti dell’anagrafe tributaria. - 6.5. I principi di diritto enunciati. - 7. Considerazioni conclusive.



1. Premessa



Il presente lavoro trae interesse dai tre recentissimi arresti dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nn. 19, 20 e 21 del 25 settembre 2020, che ha meritoriamente fatto chiarezza su una questione di estrema rilevanza, pratica oltreché giuridica, nell’ambito di un settore “sensibile” come quello dei rapporti patrimoniali nel caso di crisi della famiglia. Si tratta, in particolare, del diritto del coniuge/convivente/ genitore di accedere ai dati tributari, finanziari ed economici, in senso lato, contenuti nella documentazione posseduta dall’Agenzia delle Entrate. Come ben noto a tutti gli operatori (giudici e avvocati in particolare) del settore inerente le controversie “di diritto di famiglia”1 , una delle maggiori problematiche e fibrillazioni, laddove vengano in esame questioni patrimoniali (assegno di mantenimento per il coniuge, assegno di divorzio, contributo al mantenimento dei figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, ecc.) è quella della “ricostruzione”, per quanto possibile già in fase precontenziosa e, poi, contenziosa, del “patrimonio” dell’altro coniuge/convivente/genitore2.

In questo senso, affinché le determinazioni di natura economica siano il più possibile congrue e conformi ad un adeguato bilanciamento degli interessi in gioco, occorre che ciascuna delle parti (coniugi e/o genitori), in sede stragiudiziale, e anche il giudice, in sede contenziosa, abbiano contezza della condizione economica e patrimoniale dei componenti la famiglia. Le previsioni di natura economica, destinate a conformare de futuro le situazioni giuridiche delle parti (imponendo obblighi potenzialmente durevoli nel tempo), per la loro adozione consensuale o giudiziale rendono, rispettivamente, opportuna ovvero necessaria l’acquisizione di dati e di elementi relativi al patrimonio dei soggetti interessati. A tal fine, d’altronde, gli strumenti civilistici e processual-civilistici di “ricostruzione” del patrimonio hanno natura strettamente “giudiziale”, cioè la dimensione della tutela è processuale: le parti e il giudice, come si dirà meglio nel prosieguo, hanno, in tal caso, a disposizione un corredo di mezzi di prova e di ricerca della prova addirittura più ampio rispetto al contenzioso processual-civilistico ordinario e, in considerazione della natura anche pubblica degli interessi in gioco, ovvero della particolarità delle fattispecie di diritto di famiglia, l’ordinamento appresta, altresì, delle deroghe al generale principio “dispositivo”, riconoscendo dei pregnanti poteri officiosi all’Autorità giudiziaria. L’esigenza di una tutela specifica del diritto all’informazione, in ordine ai dati suddetti, anche al di là e prima del contesto strettamente processuale, fa inevitabilmente rivolgere lo sguardo degli interessati all’utilizzo di uno strumento che trova la disciplina primaria negli art. 22 e ss., l. 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme sul procedimento amministrativo): il diritto di accesso. Da un lato, infatti, l’agone giudiziario, con riguardo ai rapporti di famiglia ancor più che in relazione agli altri rapporti giuridici di natura privatistica, non è certamente la via migliore per una stabile, e più possibile indolore, soluzione dei rapporti economici e personali dei coniugi tra loro e tra questi e i figli, il processo dovendo essere concepito (tanto dai difensori, quanto dalle stesse parti) come extrema ratio: pertanto, al fine di raggiungere un accordo adeguato anche con riferimento agli aspetti patrimoniali (spesso, se non normalmente, decisivi per la conclusione consensuale della crisi) è evidente come uno strumento quale il diritto di accesso – i cui aspetti principali verranno tratteggiati nel prosieguo – riveste un ruolo centrale. Dall’altro lato, l’utilità dello strumento si apprezza anche nell’ottica strettamente processuale, consentendo, per un verso, alla parte di produrre la documentazione in giudizio senza rischiare di incorrere in decadenze o rigetti delle istanze probatorie da parte del giudice, e, per altro verso, a quest’ultimo di non dover ulteriormente dar corso a rinvii della controversia per l’assunzione di mezzi di prova o mezzi di ricerca della stessa finalizzati ad acquisire la documentazione medesima, con evidente risparmio anche di tempi processuali. Stante l’evidente interferenza che può venirsi a creare tra l’istituto dell’accesso e gli strumenti e le caratteristiche del processo civile è opportuno, prima di procedere con l’esame della decisione dell’Adunanza plenaria, compendiare sia gli elementi caratteristici, sotto il profilo probatorio, del processo civile nelle controversie “di famiglia”, sia i presupposti per la tutela del c.d. diritto di accesso ex art. 22 e ss., l. n. 241 del 1990, nei limiti di quanto interessa nel caso di specie.



2. I poteri istruttori del giudice ordinario nei procedimenti “di famiglia” per la risoluzione delle questioni di natura patrimoniale



Seppure, anche nei giudizi di separazione e divorzio e quelli concernenti i figli nati al di fuori del matrimonio, uno dei principi “cardine” del processo civile sia quello dispositivo – il giudice dovendo porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita3 – è proprio con riferimento ai predetti giudizi che trovano applicazione, per specifica previsione normativa, anche in relazione alle questioni di ordine patrimoniale4 , una serie di istituti parzialmente derogatori, attributivi di una serie di poteri officiosi in capo al giudice – sostitutivi o anche solo integrativi –, a tutela, come accennato, di interessi ritenuti “superiori”. In particolare, dall’esame della normativa speciale, emerge come accanto ai mezzi di prova e ricerca della prova, per così dire “classici” il giudice ordinario possa esperirne di peculiari, peraltro, in determinati casi, anche al di là di puntuali richieste di parte e senza il previo assolvimento di particolari oneri probatori minimi. In tal senso, pur essendo certamente esperibili i c.d. mezzi di prova “costituenda”, come la testimonianza5 – per la cui ammissione, d’altronde, il difensore deve essere cauto e preciso nel redigere adeguatamente i capitoli di prova, spesso ritenuti generici o valutativi –, il giuramento o la confessione6 , viene da sé che lo strumento probatorio principale per l’accertamento, in via diretta o indiretta7 del patrimonio e della condizione economica e finanziaria delle parti e, in taluni casi, anche dei figli, è la prova documentale. Non casualmente, in tal senso, sia l’art. 706 c.p.c., che l’art. 4, comma 7, l. 1 dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio)8 , prevedono l’obbligo per le parti, in sede di costituzione in giudizio (rectius, in sede di difesa nella fase “presidenziale”) di allegare le ultime dichiarazione dei redditi9 . È chiaro che elementi di prova possono essere tratti dal giudice, attraverso l’interposizione del giudizio presuntivo, da diverse tipologie di documenti, dal cui insieme può comporsi un quadro complessivo della condizione economico-finanziario-patrimoniale del soggetto in esame, non limitandosi alle sole dichiarazioni dei redditi10. Si tratta di documenti che possono essere in possesso della medesima parte interessata a utilizzarli in giudizio, la quale provvederà, quindi, a depositarli in causa, ovvero, più spesso, nella disponibilità dell’altra parte o anche di un terzo, persona fisica, giuridica, ente privato o pubblico. In tali ultimi casi, la mente corre al mezzo istruttorio di applicazione “generale” disciplinato dagli artt. 210 e ss. c.p.c., che attribuisce al giudice, su istanza di parte, il potere11 di ordinare all’altra parte o al terzo che detengono il documento, la cui acquisizione è ritenuta necessaria12, di esibirlo in giudizio, purché sussistano i presupposti di cui all’art. 118 c.p.c.13. Al riguardo, tra le difficoltà “operative” e le limitazioni che caratterizzano l’istituto in questione rilevano, in primo luogo, il requisito dell’“indispensabilità”, in relazione al quale l’interessato deve dimostrare l’impossibilità di acquisire la prova del fatto aliunde14. Correlativamente, l’esibizione non può supplire all’inerzia probatoria delle parti e al mancato assolvimento dell’onere probatorio15. L’esibizione, quindi, può essere ordinata solo su istanza di parte motivata16 e quando sia certa la materiale esistenza del documento, del ché deve essere data prova da parte dell’istante unitamente alla circostanza che lo stesso si trovi nella disponibilità materiale dell’avversario o del terzo. Va sottolineato, poi, che la “sanzione” prevista dalla normativa codicistica, rispetto all’eventualmente inadempimento all’ordine di esibizione, non tutela l’interesse all’acquisizione della parte istante, in nessun caso essendo previsto un potere coercitivo di consegna della documentazione17.

Altro strumento discrezionale18 del giudice, ma scarsamente utilizzato nella pratica, è, ai sensi dell’art. 213 c.p.c., la richiesta d’ufficio, al di fuori dei casi previsti negli articoli 210 e 211 c.p.c., alla Pubblica Amministrazione di informazioni scritte relative ad atti e documenti dell’Amministrazione stessa, che è necessario acquisire al processo. Anche in tal caso, il potere in questione non può essere esercitato per acquisire atti o documenti della p.a. che la parte è in condizioni di produrre19. Tralasciando ulteriori mezzi di prova e di ricerca della prova comuni a tutti i processi civili20, tra le fattispecie peculiari dei giudizi “di famiglia”, nel senso sopra esplicitato, occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 337-ter, u.c. c.c.21, ai fini della determinazione del contributo economico da parte di ciascun genitore in favore del figlio minore (ma lo stesso vale per il figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente), ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi22. Nell’ambito del giudizio di divorzio, poi, ai sensi dell’art. 5, comma 9, l. n. 898 del 1970, premesso che, come ricordato, i coniugi devono presentare, all’udienza di comparizione avanti al Presidente del Tribunale, la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune, in caso di contestazioni il Tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria23. Nello stesso senso, va ricordata la previsione dell’art. 736-bis, comma 2, c.p.c., in materia di ordini di protezione contro gli abusi familiari (artt. 342-bis e 342-ter c.c.), che attribuisce al giudice ampi poteri istruttori, ivi inclusa l’acquisizione, per mezzo della polizia tributaria, di informazioni “sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti”; l’art. 7, comma 9, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, ai sensi del quale le informazioni comunicate all’agenzia tributaria sono altresì utilizzabili dall’Autorità giudiziaria nei procedimenti in materia di famiglia; da ultimo, il combinato disposto degli artt. 155-sexies, disp. att. c.p.c., e 492-bis c.p.c., prevede che il giudice del procedimento di famiglia può applicare le disposizioni in materia di ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare per la ricostruzione dell’attivo e del passivo nell’ambito di procedure concorsuali di procedimenti in materia di famiglia24. L’art. 492-bis c.p.c., in tal senso, dispone che, con l’autorizzazione di cui al primo comma, il Presidente del Tribunale, o un giudice da lui delegato, dispone che l’ufficiale giudiziario acceda mediante collegamento telematico diretto ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, nell’anagrafe tributaria, compreso l’archivio dei rapporti finanziari, e in quelle degli enti previdenziali, per l’acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l’individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti. Si tratta di poteri25 che il giudice può esercitare d’ufficio in modo discrezionale sia in punto “an”26 che quomodo27 anche in deroga, quindi, alla regola dell’onere della prova, ancorché in misura diversa a seconda che si tratti di questioni concernenti i rapporti tra i coniugi28 ovvero i figli, in tale ultimo caso il potere officioso non è vincolato all’assolvimento degli oneri deduttivi e probatori minimi da parte dei coniugi/genitori29. Va detto, peraltro, che, in concreto, spesso la richiesta di accertamenti e indagini rivolti alla guardia di finanza e dell’agenzia delle entrate non trova un’utilità effettiva, in quanto, per ragioni organizzative, si risolve nell’invio di relazioni che indicano ed eventualmente valutano dati estrapolati da banche dati, anagrafe tributaria, camera di commercio, P.R.A., conservatoria, e in base all’ampiezza del quesito, anche da istituti bancari, assicurativi, postali, per avere contezza di conti correnti e attività finanziarie. Al giudice è conferito espressamente il potere di richiedere accertamenti nei riguardi di terzi soggetti30 evidentemente estranei al procedimento di famiglia31.



3. Il diritto di accesso ex l. n. 241 del 1990



Quale precipitato del principio di trasparenza32 e di imparzialità33, come tale ricondotto all’art. 97 Cost.34, espressione, altresì, dei principi di uguaglianza, di sovranità popolare, e specificazione del più ampio diritto all’informazione35, il diritto di accesso agli atti amministrativi è disciplinato, nella sua versione “originaria”36, dagli artt. 22 e ss., l. 7 agosto 1990, n. 241, ss.mm.ii.37, capo V, e rientra tra le prestazioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lett. m), Cost.38. Va anzitutto precisato che l’istituto in esame non va confuso con quello c.d. “procedimentale” ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. a), l. n. 241 del 1990, la cui titolarità spetta ai soggetti coinvolti nel procedimento amministrativo. La normativa di cui agli artt. 22 e ss., l. n. 241 del 1990, sancisce il principio della piena accessibilità dei documenti amministrativi obbligatoriamente detenuti dalle amministrazioni, strettamente tassative39 essendo le ipotesi di esclusione dal diritto stesso, di cui all’art. 24 della legge medesima, patendo, altresì, le dette esclusioni una rilevante contro-eccezione, laddove l’ostensione e quindi la conoscenza dei documenti sia necessaria, o in taluni casi indispensabile, per curare o difendere i propri interessi giuridici. Senza in questa sede poter esaminare la questione relativa alla natura giuridica del diritto di accesso, se esso sia, cioè, qualificabile come diritto soggettivo o interesse legittimo, ferma essendo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo40, ai fini che qui interessano, è opportuno ricordare l’arresto dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con le c.d. sentenze gemelle nn. 6 e 7 del 200641, che ha messo in luce la funzione prettamente strumentale del diritto di accesso, a tutela di interessi giuridicamente rilevanti, siano essi diritti o interessi legittimi42, configurazione che non ha del tutto sopito i contrasti giurisprudenziali, posto che, successivamente, il Consiglio di Stato si è espresso qualificando il diritto di accesso quale bene della vita autonomo, in quanto tale distinto dalla situazione giuridica connessa all’ostensione che si intende far valere43. Peraltro, in termini generali, e salve le previsioni di cui all’art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, il contenuto dell’attività amministrativa è di natura vincolata44, la discrezionalità della Pubblica Amministrazione estrinsecandosi unicamente nella possibilità di scelta dei documenti da escludere dall’accesso, nello spazio residuo concesso dalla legge. Fermo restando che la disciplina di cui agli artt. 22 e ss., l. n. 241 del 1990 esclude la possibilità che l’accesso si traduca nell’esercizio di un’azione popolare finalizzata ad un controllo generalizzato e indiscriminato sull’attività amministrativa, occorre che il richiedente l’accesso intenda soddisfare un interesse diretto, concreto e attuale45, corrispondente ad una situazione giuridicamente definita, tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.

Il concetto di strumentalità che la normativa stessa impone, è stato, d’altronde, ampliato nel tempo dalla giurisprudenza46, di talché, esclusi certamente quelli potenziali o emulativi47, gli interessi “presupposti” possono non coincidere necessariamente con l’esercizio del diritto di difesa in giudizio, tanto che nessuna preclusione può essere opposta dal giudice sulla base di eventuali azioni non intraprese o incorse in ipotetiche decadenze48. Premesso, poi, che nei casi in esame non si pone un problema in ordine alla legittimazione passiva del diritto di accesso azionato, posta la natura di Pubblica Amministrazione dell’Agenzia delle Entrate49, va, invece, ricordato che il diritto di accesso può essere esercitato sui “documenti amministrativi”, con ciò intendendosi ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una Pubblica Amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale50. Premesso, quindi, che deve trattarsi di informazioni e dati “inglobati” in un supporto, come tale, quindi, “già formato (e dunque esistente), determinato, e già in possesso del soggetto per cui è stato emanato”51, non potendo l’amministrazione procedere ad “un’attività di elaborazione e formazione di nuovi documenti, che non può essere pretesa in sede di accesso”52, la giurisprudenza è poi orientata a sostenere una nozione ampia dell’oggetto del diritto di accesso che include tutti gli atti comunque rilevanti ai fini dello svolgimento dell’attività istituzionale della PA, anche se interni, così ritenendo accessibili, a mero titolo di esempio e senza pretesa di esaustività, atti privati purché stabilmente detenuti dalla PA53. Occorre ricordare, poi, che il diritto di accesso può scontrarsi con l’interesse di terzi alla riservatezza, i documenti per i quali è richiesta l’ostensione potendo contenere dati personali ad essi riferiti: detti terzi, laddove siano individuati o facilmente individuabili, in base alla natura del documento richiesto e qualora dall’esercizio dell’accesso possano vedere compromesso il diritto alla riservatezza, acquistano la qualità sostanziale, procedimentale e processuale, di controinteressati54. Al riguardo, senza poter approfondire, in questa sede, il limite al principio generale di ostensione dei documenti amministrativi secondo cui “tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all’art. 24 commi 1, 2, 3, 5 e 6”55 nonché l’ulteriore previsione che demanda al Governo la possibilità di prevedere ulteriori limiti mediante regolamento, all’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), viene in gioco, con particolare riferimento al diritto alla privacy, il problema del bilanciamento tra la necessità di salvaguardare l’interesse all’informazione, da un lato, e, dall’altro, di tutelare la sfera privata del soggetto terzo, che potrebbe venir compromessa56. Si “confrontano” il diritto all’informazione, connesso al principio di trasparenza e imparzialità, e il diritto alla riservatezza e alla privacy, ai sensi, in particolare, delle disposizioni del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali). Sul punto, nel nostro ordinamento vi è una graduazione bilanciata di tutele reciproche tra gli interessi in gioco. Rispetto ai dati personali “generici”, infatti, vale il principio di cui al primo capoverso dell’art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, secondo il quale deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici, laddove la necessità è collegata non solo alla difesa in giudizio dei propri interessi, ma anche alla “cura”, che involge, quindi, la gestione anche stragiudiziale degli interessi stessi57. Diversamente, nel caso di documenti recanti dati sensibili del terzo (ossia, quelli diretti a disvelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche, politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni di carattere religioso, filosofico, politico e sindacale di una persona) ovvero dati giudiziari, l’accesso è concesso, ai sensi del secondo capoverso dell’art. 24, comma 7, n. 241 del 1990, solo nell’ipotesi in cui sia strettamente indispensabile; laddove, infine, vengano in conflitto dati c.c. “sensibilissimi”, in quanto idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale del terzo, la pretesa del richiedente potrà essere soddisfatta nei limiti in cui, ai sensi dell’art. 60, d.P.R. n. 196 del 2003, la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi, è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale, con valutazione da effettuarsi in concreto, sulla base dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza58. Entrando in medias res, e, quindi, con riferimento al tema del diritto di accesso da parte del coniuge/genitore alla documentazione relativa ai dati fiscali/economici dell’altro coniuge/genitore e il bilanciamento dello stesso con l’interesse di quest’ultimo a “mantenere segreta” la documentazione precitata, negli ultimi anni la giurisprudenza si è pronunciata in più di un’occasione affermando la sussistenza di un diritto di accesso da parte del coniuge ad ottenere anche informazioni finanziarie, nonché documenti reddituali o contributivi-previdenziali dall’Agenzia delle Entrate (ma la stessa cosa vale, ad es., per la documentazione detenuta dall’Inps), diritto, posto a tutela, nel caso di specie, degli interessi economici del coniuge o dei figli, e, quindi, degli equilibri familiari, a fronte del quale gli interessi alla riservatezza da parte dell’altro coniuge/genitore sono stati ritenuti recessivi59.



4. Il caso e le questioni sottoposte all’Adunanza plenaria



Le tre pronunce dell’Adunanza plenaria prendono avvio da tre decisioni del Tar Campania, una delle quali adottata dalla sezione staccata di Salerno, a seguito di altrettanti ricorsi proposti, ai sensi dell’art. 116 c.p.a., avverso il diniego (in tutto o in parte, a seconda del giudizio) dell’istanza, presentata dalla parte ricorrente all’Agenzia delle entrate, volta ad accedere alla ed estrarre copia della documentazione fiscale, reddituale e patrimoniale (compresi eventuali contratti di locazione a terzi di immobili di proprietà e/o comproprietà del coniuge) riferibile al coniuge, conservata nell’anagrafe tributaria, nonché relativamente alle comunicazioni inviate dagli operatori finanziari e conservate nella sezione archivio dei rapporti finanziari, in ordine alle operazioni finanziarie riferibili allo stesso coniuge. Detta richiesta di accesso era stata presentata in pendenza, in un caso, del giudizio di separazione giudiziale, ai sensi dell’art. 151 c.c., dinanzi al Tribunale ordinario di Nocera Inferiore, nell’ambito del quale parte ricorrente aveva formulato richiesta, tra l’altro, di determinazione dell’assegno di mantenimento; in altro caso, del giudizio esperito avanti al Tribunale dei minorenni di Napoli per l’adozione dei provvedimenti ex artt. 316-bis e 330 c.c.; nel terzo caso, di controversia giudiziale, sempre ai sensi dell’art. 151 c.c., nell’ambito della quale era stato richiesto, da parte di un coniuge, l’assegno di mantenimento in proprio favore e dei due figli maggiorenni, ma non economicamente autosufficienti. L’Agenzia delle entrate, nel negare, quantomeno in parte, l’accesso ai dati e documenti richiesti, ha sostanzialmente fatto valere le medesime argomentazioni, ovvero l’esistenza di un precedente giudiziale di segno contrario60; l’opposizione frapposta dal controinteressato; il fatto che fossero, comunque, applicabili gli strumenti di cui agli artt. 155-sexies, disp. att. e 492-bis c.p.c., previa istanza di parte autorizzata dal giudice investito della causa di separazione. Il TAR, in tutti e tre i casi ha accolto i ricorsi ritenendo, in particolare, non condivisibile la tesi della specialità della disciplina processual-civilistica rispetto a quella di cui agli artt. 22 e ss., l. n. 241 del 1990, dando continuità al contrario orientamento che afferma la complementarietà tra i due istituti61. L’Amministrazione soccombente ha, quindi, interposto appello, sostenendo l’erroneità delle decisioni impugnate, non avendo il TAR valorizzato il rapporto di specialità intercorrente tra la normativa contenuta negli artt. 492-bis c.p.c. e 155-sexies, disp. att. c.p.c. e la disciplina dell’accesso documentale di cui alla l. n. 241 del 1990: secondo la tesi dell’appellante, il suddetto rapporto di specialità osterebbe all’applicazione della disciplina dell’accesso, l’indispensabilità del documento, ai fini della tutela giurisdizionale, dovendo essere intesa (anche) come impossibilità di acquisire il documento attraverso le forme processuali tipiche già previste dall’ordinamento. La Quarta Sezione del Consiglio di Stato, quindi, ha rimesso, con tre diverse ordinanze, per ciascuno dei giudizi citati, gli atti all’Adunanza plenaria ai sensi dell’art. 99, comma 1, c.p.a., ponendo le seguenti identiche questioni: a) se i documenti reddituali (le dichiarazioni dei redditi e le certificazioni reddituali), patrimoniali (i contratti di locazione immobiliare a terzi) e finanziari (gli atti, i dati e le informazioni contenuti nell’Archivio dell’Anagrafe tributaria e le comunicazioni provenienti dagli operatori finanziari) siano qualificabili quali documenti e atti accessibili ai sensi degli artt. 22 e ss., l. n. 241 del 1990; b) in caso positivo, quali siano i rapporti tra la disciplina generale riguardante l’accesso agli atti amministrativi ex lege n. 241 del 1990 e le norme processuali civilistiche previste per l’acquisizione dei documenti amministrativi al processo (secondo le previsioni generali, ai sensi degli artt. 210 e 213 c.p.c.; per la ricerca telematica nei procedimenti in materia di famiglia, ai sensi del combinato disposto di cui artt. 492-bis c.p.c. e 155-sexies disp. att. c.p.c.); c) in particolare, se il diritto di accesso ai documenti amministrativi ai sensi della l. n. 241 del 1990 sia esercitabile indipendentemente dalle forme di acquisizione probatoria previste dalle menzionate norme processuali civilistiche, o anche – eventualmente – concorrendo con le stesse; d) ovvero se – all’opposto – la previsione da parte dell’ordinamento di determinati metodi di acquisizione, in funzione probatoria di documenti detenuti dalla Pubblica Amministrazione, escluda o precluda l’azionabilità del rimedio dell’accesso ai medesimi secondo la disciplina generale di cui alla l. n. 241 del 1990; e) nell’ipotesi in cui si riconosca l’accessibilità agli atti detenuti dall’Agenzia delle Entrate (dichiarazioni dei redditi, certificazioni reddituali, contratti di locazione immobiliare a terzi, comunicazioni provenienti dagli operatori finanziari ed atti, dati e informazioni contenuti nell’Archivio dell’Anagrafe tributaria), in quali modalità va consentito l’accesso ai medesimi, e cioè se nella forma della sola visione, ovvero anche in quella dell’estrazione della copia, ovvero ancora per via telematica.



5. Le posizioni della giurisprudenza amministrativa



Se, sulla prima questione [lett. a) che precede], relativa alla qualificazione dei documenti dell’anagrafe tributaria quali documenti amministrativi ai fini dell’accesso difensivo, la stessa Sezione rimettente non ha registrato alcuno specifico contrasto giurisprudenziale62, in ordine al problema dei rapporti tra l’istituto del c.d. “accesso difensivo” ex art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, da un lato, e le norme processuali disciplinanti l’acquisizione dei documenti amministrativi al processo civile (sia secondo le previsioni generali, ai sensi degli artt. 210, 211 e 213 c.p.c., sia secondo le previsioni speciali nei procedimenti in materia di famiglia, ai sensi del combinato disposto degli artt. 492-bis c.p.c. e 155-sexies disp. att. c.p.c.), dall’altro, la sezione rimettente ha segnalato un aperto contrasto di giurisprudenza63. L’orientamento, per così dire, prevalentemente seguito64 è quello che afferma la possibilità di esercitare il diritto di accesso indipendentemente dall’esperibilità dei mezzi di prova e ricerca della prova disciplinati dalla normativa processual-civilistica e civilistica. A fondamento della tesi dell’indipendenza si è valorizzato il fatto che le due discipline sono caratterizzate da reciproca complementarietà, e non da un rapporto di specialità; che il diritto di accesso è, come più sopra ricordato, “principio generale dell’attività amministrativa”65, la cui ratio riposa nei principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento sanciti dall’art. 97 Cost.66 e nell’esigenza di agevolare gli interessati nell’ottenere gli atti per valutare se sia il caso di agire in giudizio a tutela di una propria posizione giuridica67, non potendosi ravvisare “zone franche” in cui non rilevino i principi sopra richiamati68; che la pendenza di un giudizio civile non osta all’esercizio del diritto di accesso69, i poteri acquisitivi del giudice “di famiglia” (comuni e “speciali” di cui si è più sopra fatto menzione) non costituendo, parimenti, un ostacolo all’accesso difensivo anche a prescindere dalla circostanza che le istanze istruttorie proposte nel giudizio non siano state accolte, la piena esplicazione del diritto di difesa non potendo dipendere dalla spontanea produzione in giudizio della controparte, né dall’esercizio discrezionale del potere acquisitivo da parte del giudice70; inoltre, l’esercizio del diritto di accesso ai documenti in via preventiva impedisce il verificarsi delle conseguente negative dei c.d. ricorsi ‘al buio’, consentendo alla parte di ponderare la convenienza o l’opportunità dell’instaurazione del processo, con effetti deflattivi sul contenzioso giudiziario71; che, se, da un lato, l’uguale trattamento giuridico nell’ambito di tutti i procedimenti di famiglia può essere garantito solo laddove sia consentita una discovery piena ed integrale della condizione reddituale, patrimoniale ed economico-finanziaria delle parti processuali72, dall’altro lato, l’esercizio da parte del giudice di poteri istruttori d’ufficio postula l’utilizzo di tecniche di indagine73 molto invasive, soprattutto per la sfera giuridica dei terzi estranei74, con notevole dispiegamento dell’energia della forza pubblica75; il divieto di accesso alla documentazione finanziaria, in assenza dell’autorizzazione del Tribunale, contenuto nella circolare dell’Agenzia delle entrate del 10 ottobre 2017, relativo all’accesso alle “risultanze derivanti dall’Archivio dei rapporti finanziari”, è privo di base legale, dovendo applicarsi, diversamente, il bilanciamento degli interessi di cui al combinato disposto degli artt. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, 59 e 60, d. lgs. n. 196 del 2003. L’orientamento di segno opposto, invece, trova importante riferimento nella decisione della Quarta sezione del Consiglio di Stato n. 3461/201776, la quale, valorizzando l’insegnamento che qualifica il diritto di accesso in termini di situazione giuridica attiva strumentale alla tutela di un diverso interesse giuridicamente rilevante77, esclude che la disciplina di cui alla l. n. 241 del 1990 possa trovare applicazione qualora l’ordinamento, come nel caso dei giudizi “di famiglia”, appronti dei metodi di acquisizione documentale, in funzione probatoria, nei confronti della Pubblica Amministrazione. In particolare, detta impostazione valorizza il fatto che il diritto di accesso, privo di una sostanziale autonomia78, quale fattispecie “strumentale”, presuppone una situazione giuridicamente tutelata79, diversa dal mero e autonomo diritto all’informazione, per la tutela della quale, quindi, deve sussistere un interesse diretto, concreto ed attuale ad acquisire documenti amministrativi. D’altronde, secondo il Consiglio di Stato, premesso che quelli “di famiglia” sono giudizi tra soggetti privati, ai quali la Pubblica Amministrazione è totalmente estranea, la disciplina processual-civilistica garantisce la necessaria tutela giurisdizionale anche in punto di acquisizione di documenti detenuti dalla Pubblica Amministrazione, consentendo, altresì, il bilanciamento degli interessi del richiedente i documenti e quelli dell’altra parte o del terzo, attraverso l’esercizio di poteri discrezionali attribuiti al giudice80, il quale deve cercare di conciliare nel miglior modo possibile l’interesse della giustizia col riguardo dovuto ai diritti del terzo, come indicato nell’art. 211 c.p.c. In tal senso, da un lato, la possibilità di acquisire extra iudicium i documenti amministrativi, dei quali una delle parti intende avvalersi in giudizio, finirebbe per aggirare le norme processuali e le garanzie previste nell’ambito dell’acquisizione giudiziale di prove documentali; dall’altro, posto che il diritto di accesso sarebbe strettamente strumentale all’interesse alla difesa in giudizio, tale ultima situazione troverebbe ampia e adeguata tutela attraverso i mezzi tipici previsti nel processo instaurato, tanto più che nei procedimenti familiari e, in genere, nelle cause tra privati, l’accesso ai documenti amministrativi non ha rilevante finalità di pubblico interesse, né è volto a favorire la partecipazione del privato all’attività dell’amministrazione, né ad assicurarne l’imparzialità e la trasparenza. In conclusione, secondo il suddetto orientamento, l’accesso documentale, in casi come quello in esame, finirebbe per alterare la parità processuale delle parti nell’ambito del giudizio civile, garantita (anche) dalla previa valutazione del giudice.



6. La soluzione adottata dall’Adunanza plenaria



L’Adunanza plenaria, con le tre pronunce in rassegna81, nel dar seguito, sostanzialmente, all’orientamento prevalente e, confutando quindi, la diversa soluzione accolta da C. Stato n. 3461/17, ha, altresì, speso una serie di argomentazioni di carattere generale certamente rilevanti.



6.1. La nozione di documenti amministrativi

Sul primo dei cinque quesiti sottoposti sopra ricordati, l’Adunanza plenaria ha precisato che la nozione normativa82 di “documento amministrativo”, suscettibile di formare oggetto di istanza di accesso documentale, è ampia e può riguardare ogni documento detenuto dalla Pubblica Amministrazione o da un soggetto, anche privato, alla stessa equiparato ai fini della specifica normativa dell’accesso agli atti, e formato non solo da una Pubblica Amministrazione, ma anche da soggetti privati, purché lo stesso concerna un’attività di pubblico interesse o sia utilizzato o sia detenuto o risulti significativamente collegato con lo svolgimento dell’attività amministrativa, nel perseguimento di finalità di interesse generale. Con riferimento ai documenti contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari, acquisiti e conservati nell’anagrafe tributaria gestita dall’Agenzia delle entrate83 e in merito all’archivio dei rapporti finanziari, alla luce di quanto disposto dall’art. 6, comma 7, d.P.R. n. 605 del 1973, secondo l’Adunanza plenaria deve ritenersi che le dichiarazioni, le comunicazioni e gli atti acquisiti dall’amministrazione finanziaria e i relativi dati inseriti e conservati nell’anagrafe tributaria84 rientrano nell’ampia nozione di documenti amministrativi, rilevante ai fini dell’accesso documentale ai sensi degli artt. 22 e ss., l. n. 241 del 1990, in quanto preordinati all’esercizio, a norma dell’art. 1, comma 2, d.P.R. n. 605 del 1973, delle funzioni istituzionali dell’amministrazione finanziaria, ancorché non formati da quest’ultima. Essendo, quindi, qualificabili come “documenti amministrativi”, i dati sopra indicati sono pienamente accessibili, salve le eccezioni di cui all’art. 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6, nonché – con specifico riferimento all’accesso necessario per curare e difendere i propri interessi giuridici – nel rispetto dei limiti e delle condizioni previste al comma 7 del citato art. 2485.



6.2. L’accesso in funzione difensiva

L’Adunanza plenaria, nell’affrontare il problema del rapporto tra l’esperibilità del diritto di accesso c.d. difensivo (cioè finalizzato alla cura o alla difesa di propri interessi giuridici), ex art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, più sopra ricordato, e gli specifici strumenti, “comuni” e “speciali”, che la normativa processual-civilistica e quella civilistica mettono a disposizione del giudice nei giudizi “di famiglia”, ha in primo luogo, precisato, una volta di più, le caratteristiche e le finalità proprie dell’istituto del diritto di accesso, sottolineando come, in via generale, detto istituto assurga a vero e proprio principio regolatore dell’attività amministrativa, in quanto connaturato alla stessa86, garantendo l’imparzialità e la trasparenza dell’agire pubblico, favorendo la partecipazione consapevole dei privati. L’ultimo comma dell’art. 24, d’altronde, correla il diritto di accesso ad una ulteriore e autonoma funzione, diversa da quella “generale” appena ricordata, costruita quale “eccezione” alle “eccezioni” (ovvero in deroga alle esclusioni dal diritto di accesso di cui ai precedenti commi dell’art. 24 medesimo). Più precisamente, utilizzando l’avverbio “comunque”87 il legislatore risulta aver voluto sottolineare come il diritto di accesso non è costruito solo in funzione della partecipazione e della tutela dell’interesse pubblico (ma al contempo individuale, collettivo e diffuso) all’imparzialità e trasparenza dell’agire amministrativo, ma, al contrario, è tanto funzionale a soddisfare le esigenze “di cura e difesa” degli interessi giuridici del richiedente l’accesso, da giustificare addirittura di fare eccezione al catalogo di esclusioni, che, al contrario, ostano all’esercizio dell’accesso in funzione “partecipativa”, salvi, sempre, gli opportuni temperamenti in sede di bilanciamento in concreto dei contrapposti interessi88. Di qui la doppia anima del diritto di accesso: la logica partecipativa (a tutela della trasparenza e imparzialità) e quella difensiva, cui corrisponde un differente modo di atteggiarsi dell’esercizio del potere amministrativo. Ad entrambe è preposto, infatti, l’esercizio di tale potere, secondo regole procedimentali, però, nettamente differenziate. Nel primo caso, il principio di massima trasparenza e accessibilità si arresta solo davanti alle esclusioni elencate nei commi 1, 2, 3, 5 e 6, art. 24 l. n. 241 del 1990. Nel secondo caso, invece, l’accessibilità dei documenti amministrativi, pur potendo superare tali ultime esclusioni, è consentita in funzione di specifiche esigenze di tutela cui corrisponde un onere aggravato sul piano probatorio: non è sufficiente, per il richiedente l’accesso, l’indicazione dell’esistenza di un interesse giuridicamente rilevante cui l’accesso ai documenti è strumentalmente collegato, ma occorre allegare e dimostrare che il documento al quale si intende accedere è necessario o, addirittura, strettamente indispensabile (qualora concerna dati sensibili o giudiziari), per la cura o la difesa dei propri interessi. L’accesso difensivo, quindi, è costruito come una fattispecie ostensiva autonoma, idonea, alle condizioni appena ricordate, a superare le ordinarie preclusioni che si frappongono alla conoscenza degli atti amministrativi, così trascendendo la dimensione partecipativa procedimentale. Si valorizza, in tal senso, nuovamente, l’insegnamento dell’Adunanza plenaria di cui alle sentenze 18 aprile 2006, nn. 6 e 7, l’accesso difensivo essendo situazione soggettiva strumentale per la tutela di situazioni sostanziali, a prescindere dalla qualificazione della situazione finale in termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo89. La necessità (o la stretta indispensabilità) della conoscenza del documento qualifica il nesso di strumentalità tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica “finale”, nel senso che l’ostensione del documento amministrativo deve essere valutata, sulla base di un giudizio prognostico ex ante, come il tramite per acquisire gli elementi di prova in ordine ai fatti (principali e secondari) integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica “finale” controversa e delle correlative pretese astrattamente azionabili in giudizio. La delibazione è condotta sull’astratta pertinenza della documentazione rispetto all’oggetto della res controversa. Per quanto concerne, invece, l’interesse o situazione legittimante, secondo il Consiglio di Stato occorre accertare la sussistenza dei due requisiti della “corrispondenza” e del “collegamento”. Al riguardo, in primo luogo, l’Adunanza plenaria ha precisato che, in mancanza di una previsione normativa precisa, la pendenza di una lite non è elemento dirimente per valutare la concretezza e attualità dell’interesse legittimante, essendo sufficiente che la situazione soggettiva “finale”, direttamente riferibile al richiedente l’accesso, sia obiettivamente e concretamente incerta e controversa tra le parti, non essendo, per contro, sufficiente un’incertezza meramente ipotetica e soggettiva. Quindi, in mancanza di una disciplina puntuale, la pendenza di una lite (dinanzi al giudice civile o ad altro giudice), seppure costituisca uno degli elementi che può essere considerato per valutare la concretezza e l’attualità dell’interesse legittimante all’istanza di accesso, non ne rappresenta la precondizione tipica. Occorre, invece, che il richiedente dia conto, nella richiesta di accesso, degli elementi che consentono all’interprete di inferire la piena corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata e i fatti (principali e secondari) di cui la stessa fattispecie si compone: si tratta, cioè, di fornire gli elementi che consentano di eseguire il giudizio di sussunzione tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda la tutela in giudizio e l’astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale. Tra i canoni ermeneutici selettivi del c.d. rapporto di corrispondenza il legislatore ha individuato quelli della immediatezza, della concretezza e dell’attualità90, in modo tale da ancorare il giudizio sull’interesse legittimante a parametri fissi, rigidi e predeterminati quanto al loro contenuto obiettivo. L’interesse all’accesso agli atti è, poi, circoscritto dovendo lo stesso essere corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata91. Applicate le predette direttrici interpretative al “sistema di diritto di famiglia”, caratterizzato da una puntuale disciplina “onnicomprensiva” che ricomprende una serie di situazioni giuridiche soggettive predeterminate92, l’unico interesse legittimante all’accesso difensivo sarà quello che corrisponderà in modo diretto, concreto e attuale alla cura in giudizio di tali predeterminate fattispecie, in chiave strettamente difensiva. Per quanto concerne, invece, il requisito del c.d. “collegamento”, la situazione legittimante l’accesso deve essere, altresì, “collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”: occorre, cioè, che venga allegata e dimostrata dal privato richiedente la sussistenza di un nesso di diretta e inequivoca strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento di cui viene richiesta l’ostensione, e per l’ottenimento del quale l’accesso difensivo, in quanto situazione strumentale, fa da tramite93. In questa prospettiva, pertanto, va escluso che possa ritenersi sufficiente un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando. In concreto, quindi, si tratta di un’endiadi di requisiti che, unitamente al nesso di necessità strumentale, si pone a fondamento del diritto di accesso, imponendo al richiedente uno specifico onere di allegazione a sostegno dell’istanza di ostensione.



6.3. Rapporti tra accesso difensivo e strumenti istruttori “comuni” del processo civile e “speciali” nei “giudizi di famiglia”



In merito ai rapporti tra l’accesso difensivo e i metodi di acquisizione probatoria previsti dalle menzionate disposizioni civilistiche e processual-civilistiche, l’Adunanza plenaria ha, in primo luogo, sottolineato l’autonomia della situazione legittimante l’accesso rispetto a quella legittimante l’azione giudiziale94 anche civilistica95; in secondo luogo, e di conseguenza, come detto, l’accesso difensivo non presuppone necessariamente l’instaurazione o la pendenza in concreto di un giudizio, atteso che la necessità di curare precede ed eventualmente consente di prevenire96 quella di difendere un interesse giuridicamente rilevante. A prescindere dalla modalità di composizione della controversia, come più sopra detto, la conoscenza in sede stragiudiziale e nella fase preprocessuale dei fatti rilevanti è fondamentale o per addivenire ad una composizione extraprocessuale o, in caso negativo, per approntare un’adeguata difesa in giudizio accompagnata dalla produzione degli elementi di prova necessariamente funzionali97. L’Adunanza plenaria, dunque, sottolinea che, mentre il diritto di accesso si connota tanto per una natura sostanziale, essendo, come detto, situazione strumentale per la tutela di una situazione giuridica finale, quanto processuale, la pretesa di conoscenza essendo fornita di azione in caso di eventuale illegittimo diniego o silenzio98, al contrario gli strumenti di acquisizione probatoria processual-civilistici e civilistici più sopra ricordati esauriscono i loro effetti sul piano e all’interno del processo; sono assoggettati alla prudente valutazione del giudice; eventuali rigetti non sono autonomamente impugnabili o ricorribili, potendo gli eventuali vizi dell’istruttoria rilevare come motivi di impugnazione della sentenza. Occorre, in altri termini, tenere distinti, da un lato, la pretesa all’ostensione del documento nei confronti della Pubblica Amministrazione, intesa quale protezione accordata all’interesse sostanziale alla conoscenza e, dall’altro lato, il diritto alla prova, inteso come protezione dell’interesse processuale della parte alla rappresentazione in giudizio, attraverso un determinato documento, dei fatti costitutivi della domanda, subordinato alla duplice valutazione giudiziale della concludenza e della rilevanza dello specifico mezzo di prova99. Il Consiglio di Stato, poi, esaminando l’evoluzione storica complessiva degli istituti processuali di cui si è dato conto e del diritto di accesso, ha sottolineato come lo spirito che ha animato l’ordinamento dal 1942 in poi è stato quello di far progredire gli istituti di garanzia, trasformandoli100, o prevedendone di nuovi101. In tal senso, l’accesso agli atti amministrativi non può essere ritenuto strumento recessivo rispetto a quelli processual-civilistici di acquisizione probatoria sia perché esso è comunque consentito102, laddove necessario per la tutela delle proprie situazioni giuridiche, senza che rilevi che si tratti di liti tra il privato e la Pubblica Amministrazione o tra i privati; sia perché non esistono criteri oggettivi da cui inferire un rapporto di specialità specializzante tra le due discipline, le quali rispondono – piuttosto – a logiche concorrenti e cumulative tra i rimedi; sia in quanto le predette previsioni processual-civilistiche sono storicamente informate non ad una logica limitativa delle garanzie riconosciute al privato, ma, al contrario, alla massima tutela delle stesse. Peraltro, l’Adunanza plenaria ha sottolineato che la modalità di ingresso principale delle prove documentali nell’ambito del processo è quella della produzione in giudizio ad opera della parte, sicché l’attività di ricerca e l’acquisizione al di fuori del giudizio dei documenti dei quali la parte intende avvalersi in un giudizio civile (sia futuro sia già pendente), sulla base di norme di diritto sostanziale che ne consentano l’acquisizione (come, appunto, per i documenti amministrativi, la disciplina dell’accesso documentale difensivo) è non solo consentita dall’ordinamento, ma oggetto di un preciso onere a carico della parte a ciò legittimata; diversamente, gli istituti processuali di cui agli artt. 210, 211 e 213 c.p.c. soggiacciono ai limiti stringenti più sopra ricordati, atteso che entrambi si caratterizzano per la loro natura residuale, gli ordini di esibizione potendo essere adottati solo qualora la parte non sia in condizione di acquisire il documento attraverso altri strumenti offerti dall’ordinamento e il mezzo officioso di cui all’art. 213 c.p.c. non può essere esperito per acquisire atti o documenti della Pubblica Amministrazione che la parte è in condizioni di produrre103; ciò tenuto conto, altresì, del fatto che gli ordini di esibizione di documenti e le richieste di informazioni ex artt. 210, 211 e 213 c.p.c. non sono suscettibili di esecuzione coattiva in forma specifica, né per iniziativa del giudice, né ad iniziativa della parte interessata104. In tal senso, quindi, non solo gli istituti processuali predetti non precludono l’esercizio del diritto di accesso, ma, al contrario, essendo quest’ultimo funzionale all’ottenimento, fuori dal processo, della documentazione da produrre, e che potrebbe essere oggetto dei predetti strumenti processuali, il mancato esercizio del diritto di accesso può incidere sull’esperibilità dei suddetti strumenti processuali105. Quanto sopra, peraltro, vale anche per le altre fattispecie speciali attributive di poteri istruttori d’ufficio di acquisizioni documentali nei procedimenti in materia di famiglia, le relative previsioni normative non contenendo alcuna clausola di esclusività, specialità e/o prevalenza rispetto alla disciplina dell’accesso documentale difensivo ex l. n. 241 del 1990 ai documenti reddituali, patrimoniali e finanziari dell’anagrafe tributaria del rispettivo coniuge e/o genitore di figli minorenni (o maggiorenni non economicamente dipendenti), esercitato al fine della ricostruzione dei rapporti patrimoniali e finanziari in funzione della determinazione degli assegni di divorzio, di separazione e di mantenimento dei figli. Anche in relazione a tali previsioni normative, infatti, come più sopra detto, i poteri istruttori d’ufficio non possono essere esercitati per sopperire alla carenza probatoria della parte onerata, la quale abbia la possibilità di acquisire le prove aliunde e non le abbia prodotte in giudizio106. Solo in materia di determinazione del contributo di mantenimento per i figli, il potere istruttorio d’ufficio risulta più accentuato, nel senso che la domanda non può essere respinta per carenza di prova senza l’esercizio del potere d’ufficio. Di talché rimane intatta l’esigenza della parte interessata di acquisire, sia prima che in pendenza del processo civile i documenti al di fuori del giudizio per il tramite dello strumento dell’accesso difensivo, senza che vi siano ragioni per escludere l’esperibilità con riguardo ai documenti della anagrafe tributaria, ivi incluso l’archivio dei rapporti finanziari, contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari, utili a contrastare le pretese della rispettiva parte antagonista. Sotto altro profilo, l’Adunanza plenaria ha sottolineato che il diritto di accesso non può ritenersi lesivo del diritto di difesa e alla parità delle armi processuali con riguardo al soggetto controinteressato. In relazione ai dati economico-finanziario-patrimoniali in esame, infatti, non vengono in considerazione né “dati sensibili”, quali definiti dall’art. 9 del regolamento n. 2016/679/UE del Parlamento e del Consiglio107, né i dati “giudiziari” di cui al successivo art. 10108, né i dati c.d. supersensibili di cui all’art. 60, d.lgs. n. 196 del 2003109, bensì i dati personali rientranti nella tutela della riservatezza c.d. finanziaria ed economica della parte controinteressata, per i quali, ai sensi dell’art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, trova applicazione solo il criterio generale della “necessità” ai fini della “cura” e della “difesa” di un proprio interesse giuridico, ritenuto dal legislatore tendenzialmente prevalente sulla tutela della riservatezza, a condizione del riscontro della sussistenza dei presupposti generali dell’accesso difensivo sopra ricordati110. Il controinteressato, per contro, ha a disposizione tutti gli strumenti procedimentali (opposizione ex art. 3, d.P.R. n. 184 del 2006) e processuali (impugnazione dell’atto di accoglimento dell’istanza di accesso dinanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva ex art. 133, comma 1, lett. a), n. 6), c.p.a.) per difendere la propria posizione contrapposta a quella del richiedente l’accesso, nella pienezza delle garanzie giurisdizionali, potendo, altresì e a sua volta, esercitare il diritto di accesso in relazione alla posizione dell’istante111. Pertanto, l’Adunanza plenaria conclude nel senso della assoluta complementarietà tra l’istituto del diritto di accesso e gli strumenti processuali comuni e speciali di acquisizione documentale nei giudizi “di famiglia”.



6.4. Modalità ostensive dei documenti dell’anagrafe tributaria

Quanto all’ultima questione deferita all’Adunanza plenaria, relativa alle modalità ostensive dei documenti dell’anagrafe tributaria, ivi inclusi i documenti dell’archivio dei rapporti finanziari, il Consiglio di Stato ha statuito che l’accesso può essere esercitato tanto mediante visione che estrazione di copia, in conformità a quanto puntualmente previsto dall’art. 22, comma 1, lett. a), l. n. 241 del 1990, e tenuto conto del fatto che la previsione limitativa di cui all’art. 5, comma 1, lettere a) e d), d.m. 29 ottobre 1996, n. 603, che, in sede di accesso difensivo, consente solo la “visione” della documentazione finanziaria, economica, patrimoniale, reddituale e fiscale detenuta dall’amministrazione finanziaria, deve ritenersi implicitamente abrogata a seguito della novellazione apportata alla l. n. 241 del 1990 dalla l. n. 15 del 2005. Peraltro, tenuto conto della ratio sottesa all’accesso documentale difensivo, l’unica modalità ontologicamente idonea a soddisfare la funzione di acquisire la documentazione extra iudicium ai fini della “cura” e della “difesa” della situazione giuridica facente capo al richiedente l’accesso è l’estrazione di copia, funzionale ad un eventuale utilizzo del documento in sede stragiudiziale e, a maggior ragione, in sede processuale, quest’ultimo impossibile se non attraverso l’offerta in comunicazione e la produzione materiale della relativa copia in giudizio112.



6.5. I principi di diritto enunciati

L’Adunanza plenaria, conclusivamente, ha enunciato i seguenti principi di diritto: 1) le dichiarazioni, le comunicazioni e gli atti presentati o acquisiti (d)agli uffici dell’amministrazione finanziaria, contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari ed inseriti nelle banche dati dell’anagrafe tributaria, ivi compreso l’archivio dei rapporti finanziari, costituiscono documenti amministrativi ai fini dell’accesso documentale difensivo ai sensi degli artt. 22 e ss., l. n. 241 del 1990; 2) l’accesso documentale difensivo può essere esercitato indipendentemente dalla previsione e dall’esercizio dei poteri processuali di esibizione istruttoria di documenti amministrativi e di richiesta di informazioni alla Pubblica Amministrazione nel processo civile ai sensi degli artt. 210, 211 e 213 c.p.c.; 3) l’accesso difensivo ai documenti contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari, presenti nell’anagrafe tributaria, ivi compreso l’archivio dei rapporti finanziari, può essere esercitato indipendentemente dalla previsione e dall’esercizio dei poteri istruttori di cui agli artt. 155-sexies disp. att. c.p.c. e 492-bis c.p.c., nonché, più in generale, dalla previsione e dall’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio del giudice civile nei procedimenti in materia di famiglia; 4) l’accesso difensivo ai documenti contenenti i dati reddituali, patrimoniali e finanziari, presenti nell’anagrafe tributaria, ivi compreso l’archivio dei rapporti finanziari, può essere esercitato mediante estrazione di copia.



7. Considerazioni conclusive



Le statuizioni della decisione in esame si inseriscono in un contesto generale che vede sempre più il diritto civile e processuale civile, da un lato, e il diritto amministrativo, dall’altro, come due sistemi giuridici fortemente correlati tra loro: per un verso, infatti, istituti e principi civilistici e processual-civilistici formano oggetto di applicazione da parte della giurisprudenza amministrativa113 e, in alcuni casi, di previsione normativa puntuale in ambito amministrativo114; per altro verso, anche nella risoluzione di controversie civilistiche possono venire in esame aspetti che presuppongono nozioni, istituti e norme di diritto amministrativo115. Nel caso di specie, e nella materia del diritto di famiglia, laddove l’avvocato “specializzato” già ordinariamente è portato a doversi confrontare con la trasversalità giuridica delle questioni che possono venire in esame (di natura non solo strettamente civilistica, ma anche, ad es., penale, di diritto scolastico, ecc.), l’affermazione di un diritto di accesso difensivo collegato (dal vincolo di necessità) alla tutela delle situazioni giuridiche tipizzate dall’ordinamento, ma svincolato dalla necessaria pendenza del giudizio “di famiglia” e non “compresso” dagli strumenti di natura processuale, rappresenta, per il difensore, a ben vedere, una novità importante sotto il profilo strettamente operativo. Come, nel corso degli ultimi anni in particolare, si è assistito, ad esempio, ad un aumento non irrilevante (nonostante i relativi costi) dell’utilizzo, nella fase pre-contenziosa delle c.d. investigazioni private, al fine di acquisire elementi di prova da utilizzare in giudizio, non solo funzionali alla domanda di addebito116, ma anche in relazione alle questioni di natura economica117, così la possibilità, ormai chiaramente acquisita, di richiedere all’Agenzia delle Entrate la documentazione economica-fiscale-patrimoniale dell’altro coniuge, rappresenta un’anticipazione di attività istruttoria fondamentale per il difensore. In primo luogo, la conoscenza dei dati consente di intavolare compiutamente una trattativa ai fini della soluzione consensuale della controversia, senza che sussista il “retropensiero” o il “sospetto” nel cliente che l’altra parte “nasconda” elementi di natura economica per la dimostrazione dei quali, diversamente, sarebbe necessario l’utilizzo degli strumenti processual-civilistici più sopra ricordati. In secondo luogo, l’acquisizione dei documenti, in caso di mancato accordo precontenzioso, consente al difensore stesso di poter assolvere preventivamente all’onere probatorio mediante il deposito in giudizio degli stessi evitando così il rischio che il giudice ritenga integralmente non assolto l’onere probatorio medesimo e superando, quindi, l’alea dell’esercizio dei poteri giudiziali più sopra ricordati in punto ammissione dei mezzi di prova e ricerca della prova, anche officiosi. In terzo luogo, nei casi più complessi118, potrà far sottoporre preventivamente al proprio consulente tecnico la documentazione così acquisita per produrre in giudizio una relazione, senza, quindi, rischiare di fare ricorsi “al buio” deducendo condizioni economiche dell’altro coniuge solo ipotetiche. Infine, l’acquisizione della documentazione in questione può consentire al difensore di impostare in modo più puntuale le richieste istruttorie in giudizio. Si consideri, poi, che le statuizioni dell’Adunanza plenaria, pur avendo ad oggetto nella specie i dati contenuti in documenti posseduti dall’Agenzia della Entrate, sono evidentemente applicabili in ogni ipotesi di accesso difensivo ex l. n. 241 del 1990, nei confronti, cioè, di tutti i soggetti legittimati passivi ai sensi dell’art. 22, l. n. 241 del 1990, come, ad es., le Camere di Commercio. Si consente, così, nelle controversie familiari, una corretta valutazione di tutti gli elementi in gioco, massima espressione del principio del contraddittorio. Sotto il profilo operativo, il richiedente dovrà, ad esempio, dar conto della necessità di volersi (o doversi, se la domanda la intende promuovere l’altro coniuge) separare, procedendo ad una separazione consensuale ed eventualmente giudiziale, e di dover difendere il proprio diritto ad ottenere dall’altro coniuge un contributo al mantenimento (o, al contrario, a non versare, o versare un contributo minore), e di avere, quindi, la necessità di acquisire la documentazione economica-fiscale-patrimoniale relativa all’altro coniuge in modo da poter adeguatamente esercitare le prerogative di natura economica riconosciute dal codice civile al riguardo, sia in sede stragiudiziale, che giudiziale. Evidente anche il conseguente riflesso professionale per i difensori i quali dovranno confrontarsi con i rimedi processuali approntati dal diritto amministrativo, e, in particolare, il rito speciale ex art. 116 c.p.a.





NOTE

1 Congèrie ampia di controversie che inerisce, da un lato, i giudizi di separazione, giudiziale e consensuale, di cessazione degli effetti civili e scioglimento del matrimonio, anch’essi giudiziali o congiunti, e i relativi procedimenti di revisione e modifica, i giudizi di annullamento e nullità del matrimonio, dall’altro lato, i giudizi relativi ai figli nati fuori dal matrimonio, nonché quelli di competenza del Tribunale dei minorenni.

2 L’obbligo di corresponsione di un assegno può coinvolgere, infatti, tanto i rapporti tra coniugi – sia nell’ambito del giudizio di separazione, consensuale o contenzioso, ex artt. 706 ss. c.c. e 151 e ss. c.c., con l’assegno di mantenimento, sia nel contesto del divorzio, congiunto o contenzioso, ex l. n. 898 del 1970, ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile –, quanto il diritto del figlio minore o maggiorenne non autosufficiente, sia esso nato nell’ambito di un rapporto matrimoniale o al di fuori di questo, di essere mantenuto da entrambi i genitori.

3 Il principio di non contestazione è stato codificato puntualmente dalla riforma operata dalla l. n. 69 del 2009, nella specifica dimensione della relevatio ab onere probandi, ampliando i confini del principio medesimo per come individuati da Cass. civ., Sez. Un., 23 gennaio 2002, n. 761, in Foro it., 2002, I, 2019, con nota di C.M. Cea, Il principio di non contestazione al vaglio delle Sezioni Unite; e, 2003, I, 604, con nota di A. Proto Pisani, Allegazione dei fatti e principio di non contestazione nel processo, in Giust. civ., 2002, I, 1245. In giurisprudenza, sul tema, tra le più recenti, si vedano ad es., Cass. civ., sez. VI, 7 febbraio 2019, n. 3680, in Giust. civ. mass., 2019; Cass. civ., sez. III, 17 febbraio 2016, n. 3023, in Giust. civ. mass., 2016. Fermo restando che, con riguardo alle questioni di natura patrimoniale, ancorché concernenti i figli, trattandosi di fattispecie riconducibili a diritti “disponibili”, l’operatività del principio di non contestazione è pacifica, sull’applicabilità, in termini generali, del principio in questione ai giudizi di famiglia e, quindi, alla problematica relativa ai c.d. diritti indisponibili, si veda, tra gli altri, G. Balena, in G. Balena, R. Caponi, A. Chizzini, S. Menchini, La riforma della giustizia civile, Commento alle disposizioni della legge sul processo civile n. 69/2009, Torino, 2009, 32 ss.; nonché A. Carratta, Il principio della non contestazione del processo civile, Milano, 1995; A. Caratta, “Principio della non contestazione” e limiti di applicazione nei processi su diritti indisponibili, in Fam. e dir., 2010, 6, 574; C.M. Cea, La modifica dell’art. 115 c.p.c. e le nuove frontiere del principio di non contestazione, in Foro it., 2009, V, cc. 266 ss.; A. Proto Pisani, Ancora sulla allegazione dei fatti e sul principio di non contestazione nei processi a cognizione piena, in Foro it., 2006, I, cc. 3143 ss.; M. Pacilli, Osservazione sul principio di non contestazione, in Riv. trim. di dir. e proc. civ., 2011, 299-319; G. Balena, La nuova pseudo-riforma della giustizia civile (un primo commento della legge 18 giugno 2009, n. 69), in www. judicium.it; M. Fabiani, Il nuovo volto della trattazione e dell’istruttoria, in Corr. Giur., 2009, IX, 1173; N. Rascio, Note brevi sul “principio di non contestazione”, in Dir. giur., 2002, IV, 87.

4 Il principio dispositivo, in particolare, risulta fortemente temperato nel caso di provvedimenti concernenti i figli minori e maggiorenni non economicamente autosufficienti: tale deroga, che involge anche il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e consente al giudice l’esperimento di poteri officiosi, è ammissibile perché posta a tutela di interessi di natura fondamentalmente pubblicistica, come quelli concernenti i figli. In tal senso, Cass. civ., sez. I, 10 ottobre 2007, n. 21293, in Giust. civ. mass., 2007, 10; Cass. civ., sez. I, 3 agosto 2007, n. 17043, in Giust. civ. mass., 2007, 9; Cass. civ., sez. I, 13 gennaio 2004, n. 270, in Giust. civ. mass., 2004, 1. Recentemente, si rammenta Cass. civ., sez. I, 24 agosto 2018, n. 21178, in Giust. civ. mass., 2018, che ha sottolineato come in tema di contributo al mantenimento dei figli minori nel giudizio di separazione o divorzio, è legittima l’acquisizione, da parte della corte d’appello, di una relazione investigativa sulle condizioni reddituali di una parte, prodotta per la prima volta insieme con la comparsa conclusionale del secondo grado del giudizio, poiché la tutela degli interessi morali e materiali della prole è sottratta all’iniziativa ed alla disponibilità delle parti, ed è sempre riconosciuto al giudice il potere di adottare d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio di merito, tutti i provvedimenti necessari per la migliore protezione dei figli, e di esercitare, in deroga alle regole generali sull’onere della prova, i poteri istruttori officiosi necessari alla conoscenza della condizione economica e reddituale delle parti. Con riguardo ai rapporti patrimoniali tra coniugi, invece, il principio di allegazione e prova può solo eccezionalmente trovare limitato temperamento, in funzione strettamente integrativa nei limiti ammessi dall’ordinamento; contra, Carnevale, La fase a cognizione piena, in Aa.Vv., I processi di separazione e divorzio, Torino, 2011, 103.

5 Fondamentale per dimostrare, ad es., il c.d. tenore di vita e ulteriori circostanze di fatto che possono concorrere, anche attraverso l’utilizzo dello strumento presuntivo a fondare il giudizio determinativo della sussistenza del diritto al riconoscimento dell’assegno di mantenimento o divorzile e alla quantificazione dello stesso e del contributo per il mantenimento dei figli.

6 Raramente utilizzati o comunque operativi.

7 Attraverso il ragionamento presuntivo ex artt. 2727 e ss. c.c.

8 A seguito della riforma operata nel 2005.

9 F. Danovi, Le nuove norme sui procedimenti di separazione e divorzio, in Rass. dir. priv., 2005, 862, ha sottolineato come la norma sia generica (anche in ordine al concetto di “ultime”) e non contempli alcuna sanzione. D’altronde, la norma prevede un onere/obbligo di produzione, il cui mancato adempimento può essere valutato, ad es., ai fini dell’emanazione dei provvedimenti provvisori ed urgenti.

10 In tal senso, le dichiarazioni dei redditi non hanno e non possono avere efficacia vincolante per il giudice chiamato a fissare l’importo dell’assegno di mantenimento, avendo per lo più natura indiziaria (Cass. civ., sez. VI, 16 settembre 2015, n. 18196, in Giust. civ. mass., 2015; Cass. civ., sez. I, 17 febbraio 2011, n. 3905, in Giust. civ. mass., 2011, 2, 262), potendo e dovendo il giudice valorizzare ogni elemento fattuale diverso dal reddito suscettibile di incidere sulle condizioni economiche dei coniugi, e, quindi, anche quegli elementi documentali che solo indirettamente danno conto del livello di reddito e di ricchezza di cui dispongono i coniugi/genitori, al di là di quanto formalmente dichiarato nelle dichiarazioni dei redditi (se presentate). Si pensi, in tal senso, a documenti di spesa, di vari tipi, le risultanze dei registri immobiliari, della Camera di commercio, catastali, alla documentazione registrata al P.R.A., ai contratti di locazione, ai certificati di acquisto di beni di lusso, a documenti finanziari, alle scritture di impresa e societarie, alle risultanze della documentazione bancaria (estratti conto corrente) ecc.

11 L’ordine di esibizione di documenti è in facoltà del giudice e non è suo obbligo (Cass. civ., sez. VI, 16 novembre 2010, n. 23120 Giust. civ. mass., 2010, 11, 1457) e presuppone la deduzione dell’istante che esso contiene la prova su fatti controversi della causa, e non può essere emesso per finalità esplorative, ossia al solo scopo di indagare se detta prova possa essere rinvenuta nei documenti stessi (Cass. civ., sez. lav., 20 dicembre 2007, n. 26943, in Giust. civ. mass., 2007, 12). 12 Attraverso questo strumento si può ottenere l’esibizione in giudizio, ad es., di dichiarazioni fiscali, documenti bancari e postali (libretti, fondi obbligazionari, carte di credito), dichiarazioni di successione, passaporti ecc.

13 Tra i quali anche il fatto che l’esibizione non comporti un grave danno per la parte o per il terzo e che l’esibizione non imponga alla parte o al terzo la violazione di un segreto professionale o d’ufficio.

14 Cass. civ., sez. VI, 16 novembre 2010, n. 23120, in Giust. civ. mass., 2010, 4, 485.

15 Cass. civ., sez. lav., 25 maggio 2004, n. 10043, in Giust. civ. mass., 2004, 5.

16 Dovendo l’istante indicare specificamente il terzo possessore o detentore e il documento di cui ordinare l’esibizione, nonché il fatto da provare col documento o con l’altra cosa di cui chiede l’esibizione.

17 Differenti le conseguenze nel caso di mancata ottemperanza all’ordine: se la parte si rifiuta di esibire, senza giustificato motivo, da tale rifiuto il giudice può trarre argomenti di prova ex art. 116, comma 2, c.p.c.; se è il terzo a non adem piere, ferma restando la tutela “anticipata” prevista dall’art. 211 c.p.c., avendo il terzo il diritto di essere eventualmente citato e di opporsi all’esibizione, il giudice lo può condannare ad una pena pecuniaria compresa tra 250 Euro ed Euro 1.500,00. In tema di prova in ordine alla capacità reddituale dei coniugi nei giudizi di separazione e divorzio, in particolare, ove il giudice abbia chiesto a entrambe le parti l’esibizione della documentazione relativa ai rapporti bancari da ciascuna intrattenuti, e una sola di queste abbia ottemperato alla richiesta fornendo materia per gli accertamenti giudiziali, il giudice che di essi abbia fatto uso ha l’obbligo di motivare in ordine al significato del comportamento omissivo della parte inottemperante, costituendo l’asimmetria comportamentale e informativa una condotta da cui desumere argomenti di prova ex art. 116, comma 2, c.p.c. (Cass. civ., sez. I, 22 giugno 2017, n. 15481, in Giust. civ. mass., 2017).

18 Cass. civ., sez. III, 20 dicembre 2019, n. 34158, in Giust. civ. mass., 2020.

19 Cass. civ., sez. III, 12 marzo 2013, n. 6101, in Giust. civ. mass., 2013.

20 Come nel caso della consulenza tecnica d’ufficio.

21 Inserito dall’art. 55, comma 1, d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 (Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219).

22 Ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando: 1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.

23 La disposizione in esame è ritenuta applicabile anche in caso di separazione personale: l’esercizio di tale potere, peraltro, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che non è tenuto ad avvalersene, ove ritenga provata compiutamente aliunde la situazione economica delle parti. Qualora il giudice non si avvalga di tale facoltà, d’altronde, lo stesso non può rigettare la domanda per la mancata dimostrazione della situazione economica delle parti, pur a fronte di elementi di prova in giudizio: in questo senso, ex plurimis, Cass. civ., sez. I, 17 giugno 2009, n. 14081, in Guida al dir., 2009, 31, 68.

24 Sul punto, R. Giordano, Anagrafe tributaria (accesso alla), in Il Familiarista. it, 6/2016. Per una prima applicazione in punto di delegabilità alla polizia tributaria delle indagini telematiche in materia di famiglia, Trib. Milano, sez. IX, 3 aprile 2015, red. Giuffrè, 2015.

25 A. Dell’Aira, Poteri e limiti del giudice istruttore nell’accertamento dei redditi e del patrimonio dei coniugi nei giudizi di separazione e divorzio. Tra accertamenti di polizia tributaria e interrogazione dell’anagrafe tributaria, poteri d’ufficio e refluenze penali, in www.diritto.it/docs/29189. Recentemente, Cass. civ., sez. VI, 11 giugno 2020, n. 11183, in Guida al dir., 2020, 30, 58 ha sottolineato che nel giudizio di divorzio, se un coniuge viola l’obbligo di collaborazione nella ricostruzione del proprio patrimonio reddituale, esistente in Italia o all’estero, come previsto dall’art. 5, comma 9, l. n. 898 del 1970, il giudice può disporre anche d’ufficio una ctu contabile e, all’esito di questa, accertare in via presuntiva la consistenza della ricchezza del coniuge (la Corte ha respinto il ricorso di un uomo contro la pronuncia della Corte d’appello che aveva raddoppiato l’importo dell’assegno stabilito in primo grado a carico dell’uomo e a favore della figlia minore, per via della mancata collaborazione dell’uomo con il consulente incaricato dal giudice. Per la suprema corte, nella fattispecie, il rifiuto opposto a fornire informazioni e collaborazione al consulente, al fine di consentire lo svolgimento delle indagini patrimoniali, anche in relazione ai redditi e ai patrimoni esteri, costituisce un illegittimo contegno processuale e offre al giudice la facoltà di accertare anche in via presuntiva il valore delle ricchezze a disposizione della parte onerata al versamento dell’assegno).

26 La possibilità per il giudice di disporre l’accertamento tributario va ricercata nell’insufficienza della documentazione depositata, nonché nella contestazione dei redditi sollevata da una delle parti. In tal senso, il giudice del merito, ove ritenga aliunde raggiunta la prova dell’insussistenza dei presupposti che condizionano il riconoscimento dell’assegno di divorzio, può direttamente procedere al rigetto della relativa istanza, anche senza aver prima disposto accertamenti d’ufficio attraverso la polizia tributaria, atteso che l’esercizio del potere officioso di disporre, per il detto tramite, indagini sui redditi e sui patrimoni dei coniugi e sul loro effettivo tenore di vita rientra nella sua discrezionalità, non trattandosi di un adempimento imposto dall’istanza di parte, purché esso sia correlabile anche per implicito ad una valutazione di superfluità dell’iniziativa e di sufficienza dei dati istruttori acquisiti: Cass. civ., sez. VI, 28 marzo 2019, n. 8744, in Giust. civ. mass., 2019. D’altronde, qualora non se ne avvalga non può rigettare le domande relative alla determinazione ed al riconoscimento dell’assegno sotto il profilo della mancata dimostrazione degli assunti, sui quali dette istanze si fondano: tra le altre, si vedano, Cass. civ., sez. I, 4 ottobre 2012, n. 16923, in Dir. & Giust. 2012, 4 ottobre Cass. civ., sez. I, 17 giugno 2009, n. 14081, in Fam e dir., 4, 2010, 373.

27 S. Satta, C. Punzi, Diritto processuale civile, Padova, 2000, 320, che definiscono “potere-dovere” quello del giudice di disporre le indagini tributarie; in giurisprudenza, Cass. civ., sez. I, 24 aprile 2007, n. 9915, in Guida al dir., 2007, 20, 40, secondo la quale il giudice è tenuto a valutare ogni elemento di ordine economico, suscettibile di incidere sulle condizioni delle parti, “dovendosi in caso di specifica contestazione della parte, effettuare i dovuti approfondimenti – anche, se del caso, attraverso indagini di polizia tributaria – rivolti ad un pieno accertamento delle risorse economiche dell’onerato”.

28 Occorrendo, in tal caso, che la contestazione di parte ex art. 5, comma 9, l. n. 898 del 1970 non sia “né generica, né sfornita di ragionevolezza”, non potendo esaurirsi nella semplice negazione delle risultanze in atti, ma dovendo la parte offrire elementi specifici e utili alla prova, anche presuntiva: a quest’ultimo riguardo, si vedano, tra le altre, Cass civile, sez. I, 13 aprile 2012, n. 5876, in Guida al dir., 2012, 25, 65; Cass. civ., sez. I, 14 maggio 2005, n. 10135, in Giust. civ. mass., 2005, 5; Cass. civ., sez. I, 17 maggio 2005, n. 10344, in Giust. civ. mass., 2005, 5. Si tratta, dunque, di uno strumento integrativo del quadro istruttorio già fornito, ancorché parziale e incompleto e non completabile attraverso gli ordinari mezzi di prova, non potendo assurgere a mezzo per superare l’inerzia della parte, Cass. civ., sez. I, 18 gennaio 2011, n. 2098, in Foro it., 2012, I, 234; Cass. civ., sez. I, 22 marzo 2012, n. 4551, in Dir. fam., 2012, 3, 2017. Si tratta di un potere di intervento, eccezionale e di natura sussidiaria che si giustifica e trova ingresso nel solo caso in cui risulti insufficiente o inappagante il risultato dell’ordinaria dinamica dell’attività istruttoria espletata dalle parti in giudizio Cass. civ., sez. I, 28 gennaio 2011, n. 2098, in Foro it., 2012, I, 234; si veda anche, Cass. civ., sez. I, 6 giugno 2013, n. 14336, in Giust. civ. mass., 2013. Più di recente, la Suprema Corte ha riaffermato con chiarezza come il potere in oggetto costituisca una deroga alle regole generali sull’onere della prova, il cui esercizio non può dunque sopperire alla carenza probatoria della parte onerata, “ma vale ad assumere, attraverso uno strumento a questa non consentito, informazioni integrative del “bagaglio istruttorio” già fornito, incompleto o non completabile attraverso gli ordinari mezzi di prova; tale potere non può essere attivato a fini meramente esplorativi, sicché la relativa istanza e la contestazione di parte dei fatti incidenti sulla posizione reddituale del coniuge tenuto al predetto mantenimento devono basarsi su fatti specifici e circostanziati” Cass. civ., sez. VI, 15 novembre 2016, n. 23263, in Giust. civ. mass., 2017.

29 Non a caso nell’art. 337-ter c.c. manca un riferimento alla “contestazione sull’entità dei redditi e dei beni di una parte” quale presupposto per l’esercizio del potere.

30 I terzi ex art. 337-ter c.c. sono fra gli altri, i simulati acquirenti, gli intestatari fiduciari di uno o più beni del coniuge e, comunque, chiunque abbia acquistato beni che di fatto siano rimasti nel godimento (diretto o indiretto) di uno dei due coniugi, così V. Molaschi, I mezzi di prova, in Il Nuovo diritto di famiglia, Profili sostanziali processuali e notarili, a cura di A. Cagnazzo, F. Preite, V. Tagliaferri, Milano 2015, 935, nota 87.

31 Si pone, quindi, il problema della tutela giurisdizionale nei confronti dei terzi, che è rimessa all’applicazione analogica dell’art. 211 c.p.c. e ha sollevato in dottrina dubbi di costituzionalità: si veda A. Liuzzi, Poteri dell’autorità e indagini tributarie anche a carico di terzi, in Fam. e dir., 2006, 593 ss.

32 Invertendo il sistema previgente fondato sulla tendenziale segretezza degli atti amministrativi ai sensi del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato).

33 G. Morbidelli, Il procedimento amministrativo, in Aa.Vv., Diritto amministrativo, Bologna, 2001, 1340.

34 R. Garofoli, G. Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, Molfetta, 2017/2018, 568. Al riguardo, recentemente, Cons, Stato, sez. V, 5 agosto 2020, n. 4930, in Red. Giuffrè amm., ha sottolineato come il diritto di accesso ai documenti amministrativi, oltre ad essere funzionale alla tutela giurisdizionale, consente agli amministrati e, più in generale, ai cittadini di orientare i propri comportamenti sul piano sostanziale per curare o difendere i loro interessi giuridici, con la conseguenza che esso può essere esercitato in connessione a un interesse giuridicamente rilevante, anche se non sia ancora attuale un giudizio nel corso del quale siano da utilizzare gli atti così acquisiti; la tutela giurisdizionale del diritto di accesso dunque assicura all’interessato trasparenza ed imparzialità, indipendentemente dalla lesione, in concreto, da parte della p.a., di una determinata posizione di diritto o interesse legittimo, facente capo alla sua sfera giuridica; difatti l’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi è di suo un bene della vita autonomo, meritevole di tutela separatamente dalle posizioni sulle quali abbia poi ad incidere l’attività amministrativa, eventualmente in modo lesivo, in contrapposizione al sistema, in vigore sino all’emanazione della l. n. 241 del 1990, fondato sulla regola generale della segretezza dei documenti amministrativi.

35 L’istituto è funzionale ad un’idea di amministrazione quale “casa di vetro” e a un rapporto tra Amministrazione e cittadino improntato ad una maggiore attenzione alla democrazia e ai diritti costituzionalmente protetti, consentendo, da un lato, il controllo sull’attività amministrativa da parte dei consociati, e dall’altro, la partecipazione degli stessi alle scelte decisionali dell’amministrazione: si veda al riguardo, T. Miele, in Il procedimento amministrativo e il diritto di accesso. Lo stato di attuazione della legge 7 agosto 1990 n. 241, Torino, 1995, 181.

36 Non si fa questione, nella presente sede, del c.d. accesso civico generalizzato disciplinato dall’art. 5, d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), emanato in attuazione della legge delega 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica Amministrazione), e successivamente modificato dal d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97 (Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), con introduzione del c.d. accesso “libero e universale”, analogo al c.d. FOIA (freedom of information act) di origine anglosassone. Al riguardo M. Savino, Il FOIA italiano. La fine della trasparenza di Bertoldo, in Giornale dir. amm., 2016, 5, 593-603.

37 La l. 11 febbraio 2005, n. 15 (Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa), che ha definito l’istituto in esame principio generale dell’attività amministrativa: così, Cons. Stato, sez. IV, 22 giugno 2020, n. 3951, in Red. Giuffrè 2020. Secondo M.A. Sandulli, L’accesso ai documenti amministrativi, in Giornale dir. amm., 2005, 5, 495, si tratta di una imprecisione, propendendo l’Autore per la qualificazione del diritto di accesso, non già come principio generale, ma come strumento di esplicazione di due principi generali dell’azione amministrativa, espressamente menzionati dalla nuova formulazione dell’art. 1, comma 1, l. n. 241 del 1990, i principi di pubblicità e trasparenza.

38 Così a seguito delle modifiche operata dalla l. 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile).

39 In tal senso, ex plurimis, T.A.R. Emilia-Romagna, sez. I, 10 ottobre 2018, n. 756, in Red. Giuffrè 2018; Cons. Stato, sez. VI, 16 dicembre 2010, n. 9102, in Foro amm. CDS, 2010, 12, 2765.

40 Così devoluta dall’art. 3, comma 6 decies, l. 14 maggio 2005, n. 80 [Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n. 35 del 2005, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali (competitività)], che ha aggiunto un ulteriore periodo al quinto comma dell’art. 25, l. n. 241 del 1990, poi oggetto di successiva modifica ad opera dell’art. 3, comma 2, All. 4, d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), che ha rimesso al codice di rito la disciplina inerente le controversie relative all’accesso ai documenti amministrativi.

41 In Dir. proc. amm., 2007, 1, 156, con nota di L. Bertonazzi.

42 In senso critico si veda N. Saitta, Le mezze novità giurisprudenziali e normative in materia di accesso, in Giurisd. Ammin., 2006, 10, 4, 315-329.

43 In tal senso, si veda anche Cons. Stato, sez. III, 16 maggio 2016, n. 1978, in Foro amm., 2016, II, 5, 1173 e Cons. Stato, sez. III, 19 febbraio 2016, n. 696, in Red. Giuffrè 2016; contra, Cons. Stato, sez. 22 maggio 2012, n. 2974, in Foro amm. CDS, 2012, 5, 1184, che ha affermato la natura strumentale dell’accesso rispetto ad una diversa situazione giuridicamente tutelata, a prescindere dalla consistenza giuridica di quest’ultima (sia essa diritto soggettivo, interesse legittimo, interesse diffuso). La giurisprudenza amministrativa più recente sembra propendere per valorizzare il diritto di accesso, al di là di una testuale connotazione strumentale, quale situazione attiva meritevole di autonoma protezione in quanto diretta al conseguimento di un autonomo bene della vita: in questo senso, ex plurimis, si vedano Cons. Stato, sez. V, 5 agosto 2020, n. 4930, in Red. Giuffrè amm. 2020 (secondo cui l’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi è di suo un bene della vita autonomo, meritevole di tutela separatamente dalle posizioni sulle quali abbia poi ad incidere l’attività amministrativa), T.A.R. Puglia, sez. stacc. Lecce, sez. II, 27 luglio 2020, n. 798, in Red. Giuffrè 2020, T.A.R. Sicilia, sez. stacc. Catania, sez. II, 19 maggio 2020, n. 1098, in Red. Giuffrè 2020.

44 Ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 2014, n. 1768, in Foro amm., 2014, II, 4, 1063.

45 Formulazione, attuale, più ristretta della precedente, anteriore alla l. n. 15 del 2005, che consentiva l’accesso a chiunque vi avesse interesse.

46 Ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 19 ottobre 2017, n. 4838, in Red. Giuffrè, 2017; Cons. Stato, sez. VI, 15 maggio 2017, n. 2269, in Foro amm., 2017, II, 5, 1068; Cons, Stato, sez. III, 16 maggio 2016, n. 1978, in Foro amm., 2016, II, 5, 1173.

47 Cons. Stato, Ad Plen. 24 aprile 2012, n. 7, in Foro amm. CDS, 2012, 4, 812.

48 In questo senso, si vedano Cons. Stato, sez. VI, 15 novembre 2018, n. 6444, in Foro amm., 2018, II, 11, 1953; Cons. Stato, sez. V, 30 agosto 2013, n. 4321, Foro amm. CDS, 2013, 7-8, 2107; Cons. Stato, sez. V, 20 dicembre 2013, n. 6134, in Foro amm. CDS, II, 2013, 12, 3459.

49 Non venendo, quindi, in esame il complesso concetto dei soggetti “di diritto privato, limitatamente all’attività di pubblico interesse di loro pertinenza”, ex. art. 22, comma 1. lett. e), l. n. 241 del 1990, e la questione della c.d. ostensibilità della documentazione relativa ad attività esercitata dal gestore privato concessionario di pubblici servizi, come anche nel caso delle società partecipate.

50 Art. 22, comma 1, lett d), l. n. 241 del 1990.

51 Si veda, ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 19 febbraio 2018, n. 1033, Red. Giuffrè amm., 2018.

52 In questo senso, si vedano, ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, 22 giugno 2020, n. 3992, in Red. Giuffrè, 2020; Cons. Stato, sez. IV, 12 febbraio 2013 n. 846, in Dir. e Giust. Online, 2013, 4 marzo. 53 Si veda, in questo senso, Cons. Stato, sez. III, 17 marzo 2017, n. 1213, in Redazione Giuffrè amm., 2017, secondo cui il diritto di accesso può esercitarsi anche per atti privati purché di pubblico interesse. Ad es., per rimanere “limitrofi” al caso di specie, i dati risultanti da ricerche telematiche su banche dati che consentono l’esecuzione del pignoramento, come il c.d. “spesometro”: TAR Emilia-Romagna, sez. I, 11 dicembre 2017, n. 829, in Foro amm., 2017, II, 12, 2444. Al contrario, si è esclusa la documentazione inerente le procedure di gestione di un magazzino deposito di medicinali della controinteressata, in quanto attinenti alla organizzazione di impresa di quest’ultima, Cons. Stato, sez. III, 31 marzo 2016, n. 1261, in Rass. dir. farm., 2016, 2, 266.

54 In questo senso, Cons. Stato, sez. IV, 4 ottobre 2019, n. 6719, in Redazione Giuffrè, 2019.

55 I documenti coperti da segreto di Stato, ai sensi della l. 24 ottobre 1977, n. 801 (Istituzione e ordinamento dei servizi per le informazioni e la sicurezza e disciplina del segreto di Stato), e successive modificazioni, nonché quelli coperti dal segreto o dal divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2 del presente articolo; gli atti concernenti i procedimenti tributari; la documentazione relativa all’attività della Pubblica Amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione; i documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi ed attinenti ai procedimenti selettivi.

56 Si veda in questo senso, ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, 28 settembre 2012, n. 5153, in Foro amm. CDS, 2012, 9, 2393.

57 La prevalenza del diritto di difesa deve essere applicata cum grano salis, attraverso la ricerca e l’identificazione di un punto di equilibrio che, nel bilanciamento dei contrapposti interessi, tenga conto della necessità di assicurare la tutela dell’interesse giuridicamente rilevante, di cui è titolare il soggetto che esercita il diritto di accesso, nonché di salvaguardare l’esigenza di stabilità delle situazioni giuridiche e di certezza delle posizioni dei controinteressati, che sono pertinenti ai rapporti amministrativi scaturenti dai principi di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa (interesse alla riservatezza dei terzi; tutela del segreto, Cons. Stato, sez. V, 28 settembre 2007, n. 4999, in Ragiusan, 2008, 295-296, 314).

58 Cons. Stato, sez. III, 21 dicembre 2017, n. 6011, in Foro amm., 2017, II, 12, 2379. Vi sono, dunque, tre livelli di protezione dei dati dei terzi, cui corrispondono tre gradi di intensità della situazione giuridica che il richiedente intende tutelare con la richiesta di accesso: nel più elevato si richiede la necessità di una situazione di “pari rango” rispetto a quello dei dati richiesti; a livello inferiore si richiede la “stretta indispensabilità” e, infine, la “necessità per curare e difendere i propri interessi giuridici”.

59 Si vedano in tal senso, tra gli altri, T.A.R. Marche, sez. I, 25 ottobre 2019, n. 658, inedita; T.A.R. Sicilia, sez. stacc. Catania, sez. III, 15 marzo 2019, n. 565, inedita; T.A.R. Lazio, sez. stacc. Latina, sez. I, 18 gennaio 2019, n. 29, in Foro amm., 2019, II, 1, 145; TAR Veneto, sez. I, 19 gennaio 2017, n. 61, in Guida al dir., 2017, 10, 33; Tar Puglia, 3 febbraio 2017, n. 94, in Foro it., 2017, 6, III, 349; Tar Sicilia, 5 gennaio 2018, n. 11, in Foro amm., 2018, II, 1, 129; secondo T.A.R. Lazio, sez. II. 12 dicembre 2017 n. 12289, Foro amm., 2017, II, 12, 2460, sussiste il diritto del privato ad ottenere l’accesso anche ai documenti di interesse ricavabili dall’Archivio dei rapporti finanziari del coniuge, nelle forme della sola visione, senza estrazione di copie, come statuito dalla sentenza del Cons. Stato n. 472 del 2014.

60 Si tratta di Cons. Stato, 13 luglio 2017, n. 3461, in Dir. & giust., 2017, di cui si dirà più avanti. 61 Tra le altre, come si dirà, Cons. Stato, sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2472, red. Giuffrè 2014.

62 Nella giurisprudenza di prime cure si rammenta T.A.R. Lombardia, sez. stacc. Brescia, sez. I, 14 maggio 2018, n. 479, in Foro amm., 2018, II, 5, 853, che ha sottolineato, ad es., come i modelli 770 sono dichiarazioni di soggetti privati o di Amministrazioni che agiscono come datori di lavoro; tuttavia, diventano documenti amministrativi nel momento in cui sono acquisiti alla banca dati fiscale. L’acquisizione determina il passaggio di tali documenti dalla sfera privata del rapporto di lavoro alla sfera pubblica del controllo sull’adempimento delle obbligazioni tributarie. Una volta entrate nella sfera pubblica, le informazioni contenute nelle dichiarazioni inviate all’Agenzia delle Entrate sono trattate per finalità pubblicistiche di natura tributaria, e dunque non sono più nella disponibilità dei soggetti tra cui è intercorso il rapporto di lavoro. Ne consegue che i documenti contenenti i dati fiscali possono essere oggetto di accesso da parte di terzi, quando questi ultimi dimostrino di avere un interesse prevalente rispetto al diritto alla riservatezza delle parti del sottostante rapporto di lavoro (similmente, T.A.R. Lombardia, sez. stacc. Brescia, sez. I, 4 giugno 2018, n. 543, in Foro amm., 2018, II, 6, 1019). Si tratta cioè di documenti anche privati che, però, ad es., ai sensi dell’art. 7, d.P.R. n. 605 del 1973, entrano nella disponibilità dell’Agenzia delle entrate in quanto strumentali all’esercizio delle funzioni istituzionali di quest’ultima ai sensi dell’art. 1, comma 2, d.P.R. 605 del 1973.

63 Per una sintetica disamina delle affermazioni del giudice amministrativo in argomento si veda G. Vaccaro, Assegno all’ex: giudici divisi tra privacy e indagini sui beni del coniuge “forte”, in Quotidiano del Dir., 19 novembre 2018. In argomento si vedano, altresì, A. Simeone, L’Agenzia delle Entrate deve comunicare al separando i dati bancari e finanziari dell’altro, in ilFamiliarista.it, 10/2017; G. Milizia, Il coniuge separando ha diritto di accedere ai dati fiscali e patrimoniali dell’altro?, in Dir. & Giust., 2018, 182, 10.

64 Oltre a Cons. Stato, sez. IV, 14 maggio 2014, n. 247, già citata in nota 57, e Cons. Stato, sez. IV, 27 agosto 2019, n. 5910; T.A.R. Campania, sez. VI, 2 ottobre 2018, n. 5763, in Foro it., 2019, 1, III, 52; T.A.R. Puglia, sez. III, 3 febbraio 2017, n. 94, in Foro it., 2017, 6, III, 349.

65 Nonché attuazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale, e strumentale alla tutela dei diritti fondamentali dei familiari, in particolare dei figli minorenni, questi ultimi tutelati dall’art. 5 del settimo protocollo addizionale della CEDU e dagli artt. 29 e 30 Cost.

66 Ad. plen., 18 aprile 2006, n. 6, cit.

67 Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1455.

68 Ad. plen., 24 giugno 1999, n. 16, in Dir. proc. amm., 2000, 148, con nota di C. Cacciavillani.

69 Cons. Stato, sez. VI, 15 novembre 2018, n. 6444, in Foro amm., 2018, II, 11, 1953; Cons. Stato, sez. VI, 21 marzo 2018, n. 1805; T.A.R. Puglia, sez. stacc. Lecce, sez. II, 27 luglio 2020, n. 798, in Red. Giuffrè 2020; T.A.R. Sicilia, sez. III, 6 aprile 2020, n. 693, in Foro amm., 2020, II, 4, 910.

70 Il quale potrebbe non consentire l’accesso secondo le logiche tipiche che ispirano il giudizio civile nella formazione e nell’acquisizione della prova, con effetti deteriori sulla piena esplicazione del diritto di difesa. Peraltro, si è affermato che i poteri “speciali” in particolare di cui al combinato disposto degli artt. 492 c.p.c. e 155-sexies disp. att. c.p.c. costituiscano un semplice ampliamento dei poteri istruttori del giudice della cognizione già previsti dal codice di procedura civile ai sensi dell’art. 210 c.p.c., ma non rappresentino un’esclusione dal diritto d’accesso dei documenti contenuti nell’Archivio dei rapporti finanziari, così T.A.R. Marche, sez. I, 25 ottobre 2019, n. 658, cit.

71 T.A.R. Sicilia, sez. stacc. Catania, sez. III, 7 marzo 2019, n. 457, in Foro amm., 2019, II, 3, 611; T.A.R. Lombardia, sez. stacc. Brescia, sez. II, 26 settembre 2016, n. 1230, Red. Giuffrè amm., 2016; Cons. Stato, sez. V, 18 dicembre 1997, n. 1591, in Riv. giur. edil., 1998, I, 687; Cons. Stato, Sez. IV, 6 marzo 1995, n. 158, in Cons. Stato 1995, I, 311.

72 Coniugi e/o genitori, ma anche, eventualmente, rispetto ai figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti, a seconda della declinazione concreta dei fini difensivi in relazione ai quali sussiste l’interesse ad acquisire la documentazione.

73 Peraltro, difficilmente autorizzabili dal giudice civile in assenza di puntuali, specifici e ben motivati elementi conoscitivi: Cass. civ., sez. I, 6 giugno 2013, n. 14336, Giust. civ. mass., 2013; Cass. civ., sez. I, 20 settembre 2013, n. 21603, in Giust. civ. mass., 2013; Cass. civ., sez. VI, 15 novembre 2016, n. 23263, in Giust. civ. mass., 2017. In tema di divorzio, l’art. 5, comma 9, l. n. 898/1970 non impone al Tribunale in via diretta ed automatica di disporre indagini avvalendosi della polizia tributaria ogni volta in cui sia contestato un reddito indicato e documentato, ma rimette allo stesso giudice la valutazione di detta esigenza, in forza del principio generale dettato dall’art. 187 c.p.c., che affida allo stesso giudice la facoltà di ammettere i mezzi di prova proposti dalle parti e di ordinare gli altri che può disporre d’ufficio, previa valutazione della loro rilevanza e concludenza: così, Cass. civ., sez. I, 4 aprile 2019, n. 9535, in Dir. & Giust., 5 aprile 2019, con nota di Mascia, Assegno divorzile e contestazione dei dati reddituali della parte.

74 Ad es. le indagini fiscali e tributarie.

75 Ad es. Guardia di Finanza.

76 Cons. Stato, sez. IV, 13 luglio 2017, n. 3461, cit.

77 Di cui, come detto, alla decisione di C. Stato, Ad. plen., 18 aprile 2006, n. 6, cit.

78 E, quindi, anche privo dei connotati di diritto fondamentale, autonomo rispetto a qualsiasi altro tipo di azione.

79 Diritto soggettivo o interesse legittimo, e, nei casi ammessi, titolarità esponenziale di interessi collettivi o diffusi.

80 Come sopra ricordato in relazione agli artt. 211, 213, 492-bis c.p.c. Si veda, in tal senso, T.A.R. Lombardia, sez. I, 27 agosto 2018, n. 2024, in Foro amm., 2018, II, 12, 2208, con nota di Midiri

81 La 19 del 25 settembre 2020, la 20 del 25 settembre 2020, la 21 del 25 settembre 2020.

82 Desunta dall’esame, in particolare, dell’art. 22, comma 1, lettera d), l. n. 241 del 1990, dell’art. 1, lett. a), d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), come sostituito dall’art. 1, d.P.R. 7 aprile 2003, n. 137, e, dall’art. 2, comma 2, d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 (Regolamento recante la disciplina di accesso ai documenti amministrativi).

83 Ovvero i documenti delle banche dati dell’anagrafe tributaria, le quali includono la banca dati reddituale (che contiene tutte le dichiarazioni presentate dai contribuenti comprese eventuali dichiarazioni sostitutive e/o integrative), la banca dati imposte registro (che contiene la registrazione di atti scritti di qualsiasi natura produttivi di effetti giuridici) e l’archivio dei rapporti finanziari. Secondo Cons. Stato, n. 2472/2014, cit., le “comunicazioni” relative ai rapporti finanziari costituiscono documento ai sensi della normativa in materia di accesso rientrando nella nozione di documento amministrativo di cui all’art. 22, l. 7 agosto 1990 n. 241, trattandosi di atti utilizzabili dall’amministrazione finanziaria per l’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, ancorché non formati da essa; infatti, è proprio l’art. 7, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 605 a disciplinare compiutamente la forma, i contenuti e le modalità di trasmissione di dette “comunicazioni”, nonché la loro destinazione e i loro possibili impieghi da parte dell’amministrazione, oltre alla loro conservazione e tenuta, di modo che non è possibile sostenere né che si tratta di atti interni privi di ogni rilevanza giuridica, né che si tratta di mere informazioni, rispetto alle quali sarebbe richiesta all’amministrazione una non esigibile attività di elaborazione e/o estrapolazione

84 Ai sensi dell’art. 1, comma 1, d.P.R. n. 605 del 1973, infatti, l’anagrafe tributaria raccoglie e ordina su scala nazionale i dati e le notizie risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce presentate agli uffici dell’amministrazione finanziaria e dai relativi accertamenti, nonché i dati e le notizie che possono comunque assumere rilevanza ai fini tributari. Il comma 2 stabilisce che i dati e le notizie raccolti sono comunicati agli organi dipendenti dal Ministro per le finanze preposti agli accertamenti e ai controlli relativi all’applicazione dei tributi, e, in particolare, ai fini della valutazione della complessiva capacità contributiva e degli adempimenti conseguenziali di rettifica delle dichiarazioni e di accertamento, all’ufficio distrettuale delle imposte nella cui circoscrizione il soggetto ha il domicilio fiscale.

85 In concreto sono richiedibili e accessibili, ad es., dichiarazioni dei redditi; studi di settore; denunce di successione; cassetto fiscale; contratti di locazione; accertamenti fiscali; anagrafe dei conti; estratti conto contributivi; modelli CUD.

86 Tanto che l’art. 24, comma 3, l. n. 241 del 1990 stabilisce il principio della generale accessibilità agli atti, “ad eccezione di quelli indicati all’articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6”.

87 Il comma 7, primo capoverso, recita: “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”

88 In tal senso, Cons. stato, sez. VI, ord. 7 febbraio 2014, n. 600, in Banca Borsa Titoli Di Credito, 2015, 2, II, 134 con nota di Binda.

89 Laddove sul piano della logica “partecipativa”, il legislatore supera l’idea dell’interesse privato “occasionalmente protetto” in dipendenza dell’esercizio del potere, tracciando la strada, viceversa, per una tutela “occasionalmente protetta” della legittimità amministrativa, divenendo – la conoscenza e la partecipazione del privato – momento fondante la trasparenza e l’imparzialità dell’Amministrazione.

90 Art. 22, comma 1, lett. d), l. n. 241 del 1990.

91 Art. 22, comma 1, lettera d), l. n. 241 del 1990. 92 Costruite secondo il modello dell’astratto paradigma legale, sotto il quale vengono sussunte le singole fattispecie concrete, che coprono il momento della formazione della famiglia, quello del suo svolgimento e quello, eventuale, della crisi e del suo scioglimento.

93 A tal fine, infatti, l’art. 25, comma 2, l. n. 241 del 1990, prevede che la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata, in modo che le finalità dell’accesso siano dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell’istanza di ostensione, e suffragate con idonea documentazione (ad es. scambi di corrispondenza; diffide stragiudiziali; in caso di causa già pendente, indicazione sintetica del relativo oggetto e dei fatti oggetto di prova; ecc.), così da permettere all’amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta sub specie di astratta pertinenza con la situazione “finale” controversa.

94 Cons. Stato, sez. V, 27 giugno 2018, n. 3956, in Red. Giuffrè amm., 2018.

95 Il diritto di accesso “difensivo”, ex l. n. 241 del 1990, è strumentale alla difesa di una situazione giuridica tutelata dall’ordinamento ed è azionabile dinanzi al giudice amministrativo, a prescindere dalla circostanza che la situazione giuridica finale si configuri come diritto soggettivo o interesse legittimo, e che, quindi, rientri nell’ambito di giurisdizione del giudice amministrativo e di quello ordinario: così, Cass. civ., Sez. Un., 14 aprile 2011, n. 8487, in Foro it., 2012, 3, I, 843. L’accesso difensivo supera le pertinenze probatorie che concernono il mero rapporto procedimentale tra il privato e la Pubblica Amministrazione, ovvero tra privati in cui si fa questione dell’esercizio del potere da parte di un’autorità amministrativa, e ricomprende tutte quelle pertinenze utili a dimostrare i fatti costitutivi, impeditivi, modificativi o estintivi delle situazioni giuridiche in generale, a prescindere dall’esercizio del potere nel singolo caso concreto, ed indipendentemente dal contesto entro il quale l’interesse giuridico può essere “curato” o “difeso”, e, quindi, anche fuori dal processo e anche in una lite tra privati. Nella prospettiva appena delineata, è sufficiente che la situazione giuridica “finale” sia una di situazione astrattamente azionabile in caso di lesione.

96 Si pensi, ad es., all’istituto della mediazione obbligatoria di cui al d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, e ss. mm. ii. o ad altro strumento alternativo di soluzione delle controversie, come la negoziazione assistita, introdotta dal d.l. 12 settembre 2014, n. 132 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile), convertito in l. 10 novembre 2014, n. 162.

97 Nel caso di specie attraverso la produzione in giudizio delle prove documentali acquisite mediante l’accesso.

98 Attraverso il procedimento speciale ex art. 116 c.p.a.

99 Cons. Stato, sez. IV, 6 marzo 1995, n. 158, cit. Ad es., l’eventuale rigetto dell’istanza di esibizione di un documento della Pubblica Amministrazione, proposta ai sensi dell’art. 210 c.p.c., non si pone in contrasto, né elude la ratio legis contenuta negli artt. 22 e ss. l. n. 241 del 1990, poiché le due disposizioni operano su un piano diverso, avendo la legge n. 241 del 1990 assunto l’interesse del privato all’accesso ai documenti come interesse sostanziale, mentre l’acquisizione documentale ai sensi dell’art. 210 c.p.c. costituisce esercizio di un potere processuale e l’acquisizione del documento resta pur sempre subordinata alla valutazione della rilevanza dello stesso, ai fini della decisione, da parte del giudice al quale spetta di pronunciarsi sulla richiesta istruttoria ai sensi dell’art. 210 c.p.c.: si veda Cass. civ., sez. I, 9 agosto 1996, n. 7318, in Giust. civ. mass., 1996, 1139.

100 Come nel caso dell’accesso telematico alle banche dati, assecondando la naturale evoluzione tecnologica.

101 È il caso, proprio, dell’accesso agli atti. Dall’entrata in vigore del codice civile di rito, le previsioni generali contenute negli artt. 210, 211 e 213 c.p.c. sono risultate un potente, e, all’epoca, più ampio possibile, strumento processuale, malgrado il prudente apprezzamento del giudice nell’esercizio dei poteri di acquisizione probatoria.

102 Sussistendone le condizioni già esaminate: necessità (o stretta indispensabilità per i dati sensibili o giudiziari), corrispondenza e collegamento.

103 Cass. civ., sez. 3, 12 marzo 2013, n. 6101, cit.; v. Cass. civ., Sez. 2, 11 giugno 2013, n. 14656, in Giust. civ. mass., 2013. Si tratta di istituti che non possono comunque risolversi nell’esenzione della parte dall’onere probatorio a suo carico, con la conseguenza che tale potere può essere attivato soltanto quando, in relazione a fatti specifici già allegati, sia necessario acquisire informazioni relative ad atti o documenti della Pubblica Amministrazione che la parte sia impossibilitata a fornire e dei quali solo l’amministrazione sia in possesso proprio in relazione all’attività da essa svolta. In tal senso, si vedano, Cass. civ., sez. lav., 13 marzo 2009, n. 6218, in Giust. civ. mass., 2009, 3, 454; Cass. civ., sez. I, 10 gennaio 2005, n. 287, in Giust. civ. mass., 2005, 5.

104 Il rifiuto dell’esibizione può, pertanto, costituire esclusivamente un comportamento dal quale il giudice può desumere argomenti di prova ex art. 116, secondo comma, c.p.c., ma, a tal fine, ove il rifiuto sia stato giustificato dalla parte destinataria del relativo ordine con la deduzione di circostanze impeditive, la controparte interessata ha l’onere di provare la perdurante possibilità di produzione in giudizio della documentazione richiesta: Cass. civ., sez. III, 10 dicembre 2003, n. 18833, in, in Giust. civ. mass., 2003, 3.

105 Ne deriva che la disciplina degli strumenti processualcivilistici di esibizione istruttoria ex artt. 210, 211 e 213 c.p.c., come interpretata e applicata da costante giurisprudenza di legittimità, anziché costituire un limite all’esperibilità dell’accesso documentale difensivo ex l. n. 241 del 1990, prima o in pendenza del giudizio sulla situazione giuridica ‘finale’, sembra al contrario presupporre (e in qualche modo imporre) il suo previo esperimento, essendo tali mezzi di prova configurati come strumenti istruttori tendenzialmente residuali rispetto alle forme di acquisizione dei documenti da parte dei privati sulla base di correlative discipline di natura sostanziale anche in funzione della loro produzione in giudizio.

106 Cass. civ., sez. VI, ord. 15 novembre 2016, n. 23263, cit. L’esercizio dei poteri di indagine, anche officiosi, attribuiti al giudice civile nei procedimenti in materia di famiglia richiede, da un lato, che la parte abbia fatto tutto quanto è in suo potere per offrire la prova dei fatti che è interessata a dimostrare, non essendo i poteri d’ufficio esercitabili per supplire eventuali carenze probatorie addebitabili alla parte che ne solleciti l’esercizio, e, dall’altro, che la stessa fornisca elementi di fatto specifici e circostanziati, idonei a rendere la contestazione della documentazione prodotta dalla controparte sufficientemente specifica da imporre un approfondimento istruttorio.

107 Si tratta dei dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché i dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica).

108 I dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza.

109 I dati genetici, relativi alla salute, alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona. 110 Quindi, con riferimento alla fattispecie sub iudice, risulta già compiuto sul piano normativo il giudizio di bilanciamento tra tutela dell’interesse conoscitivo attraverso lo strumento dell’accesso difensivo, quale esplicazione del diritto costituzionalmente garantito della tutela giurisdizionale, e tutela della riservatezza c.d. finanziaria ed economica del controinteressato, dando la prevalenza al primo; bilanciamento che, in difetto di normativa speciale, è rimesso alla valutazione dell’amministrazione alla stregua dei canoni e criteri in generali posti dall’ordinamento per l’accesso difensivo.

111 L’accoglimento dell’istanza di accesso, d’altronde, non rende il dato acquisito liberamento trattabile dal soggetto richiedente, il quale è rigorosamente tenuto a utilizzare il documento esclusivamente ai fini difensivi per cui l’ostensione è stata richiesta, a pena di incorrere nelle sanzioni amministrative ed, eventualmente, anche penali (a seconda della concreta condotta illecita), previste per il trattamento illegittimo di dati personali riservati, e fatta altresì salva la riconducibilità dell’illecito trattamento alla responsabilità di cui all’art. 2043 c.c.

112 Quanto alle eventuali modalità telematiche, dovrà trovare applicazione la disciplina settoriale in materia di amministrazione digitale.

113 Come nel caso del principio di buona fede ex art. 1175 e 1375 c.c.

114 Come nel caso dell’art. 39 c.p.a.

115 Come, ad esempio, nel caso delle norme in materia di edilizia, in caso ad es., di abusi edilizi. 116 Ad esempio, per dimostrare l’infedeltà del coniuge.

117 Ad esempio per dimostrare che il coniuge che chiede il riconoscimento dell’assegno di mantenimento svolge in realtà lavori “in nero”.

118 Come ad esempio nel caso in cui l’altro coniuge sia titolare di redditi di impresa per la cui ricostruzione occorre un esame tecnico e approfondito.