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Giustizia predittiva e le prospettive nel diritto di famiglia

autore: G. Bertoli

Sommario: - 1. Introduzione. - 2. L’intelligenza artificiale e i metodi computazionali al servizio della determinazione dei contributi economici nell’ambito del diritto di famiglia. - 3. L’intelligenza artificiale debole e la compatibilità con il sistema normativo vigente. - 4. L’equità integrativa come metodo tradizionale per la quantificazione dei contributi economici. - 5. L’impugnabilità dei provvedimenti basati su un sistema di calcolo. - 6. Il percorso logico dei modelli di stima dei contributi economici nel diritto di famiglia: differenze e similitudini. - 7. Il percorso logico dei modelli di stima dei contributi economici nel diritto di famiglia: differenze e similitudini. - 8. Gli approcci per la quantificazione dell’assegno per i figli. - 9. L’efficacia dei metodi esistenti come ausilio al percorso decisionale. - 10. Conclusioni.



1. Introduzione



Il mondo del Diritto, e delle attività legali in genere, è uno dei possibili ambiti applicativi di quelle tecniche di elaborazione dell’informazione, a volte consolidate e a volte allo stato dell’arte, oggigiorno indicate come Intelligenza Artificiale (IA), il cui recente sviluppo genera tante aspettative quante preoccupazioni. La prima reazione della comunità giuridica alla possibilità di una “invasione di campo” da parte di entità automatizzate in grado di riprodurre percorsi logici e dedurre informazione da dati sempre più facilmente reperibili in forma digitalizzata, si impronta prevalentemente sui toni dello scetticismo se non addirittura di manifesta contrarietà. Affinché tale reazione non rischi di contrapporre Tecnologia e Diritto su un piano esclusivamente aprioristico, impedendo così anche quelle contaminazioni positive che sono indispensabili all’evoluzione di tutte le branche del sapere umano, è forse opportuna una presa di consapevolezza di quali siano veramente gli strumenti che l’IA mette a disposizione, dei loro principi generali di funzionamento e delle conseguenti potenzialità nonché limiti. In effetti, l’immagine di un robot che sostituisca il magistrato nella decisione, o l’avvocato nella difesa non trova fondamento nelle attuali capacità tecnologiche e non è in generale tra gli obiettivi della ricerca e sviluppo di strumenti legal-tech1 . Le ragioni sono molteplici e si compendiano nella distinzione tra IA “debole” o “ristretta” e l’IA “forte” o “generale”. Nonostante alcune trionfalistiche previsioni sull’approssimarsi di “singolarità” che porterebbero le capacità cognitive delle IA ad una crescita esponenziale al di là delle capacità umane, l’IA forte, ovvero quella che riproduce la totalità delle nostre facoltà ed è capace di lavorare al di fuori di ambienti e regole ben definite, è ad oggi un’astrazione filosofica. Le applicazioni di successo, anche quelle che suscitano più scalpore in quanto a stretto contatto con il quotidiano delle nostre vite o professioni (dagli assistenti digitali in grado di comprendere il linguaggio umano, ai redattori automatici di notizie o post social, dal sistema di raccomandazioni per gli acquisti a quello di identificazione della filmografia preferita, fino alla possibilità di sconfiggere il campione mondiale in giochi ritenuti espressioni massime dell’intelligenza umana come gli scacchi2 , il go3 o DotA4 ) sono tutte istanze di IA ristrette. Si tratta di applicazioni in grado di interagire in modo soddisfacente con un ambiente antropico prevalentemente in virtù della predisposizione di schemi e regole noti a priori (la “parola di attivazione” degli assistenti vocali ne è un esempio lampante, così come il fatto che chi conosce la nostra filmografia preferita non ci conosce in realtà così bene da poterci consigliare anche un profumo). Tale aspetto è così importante che la definizione dell’ambiente e delle regole da sfruttare è un passo fondamentale nella progettazione delle IA stesse. Analogamente, per esempio, i servizi di analisi automatica di documenti legali5 , i redattori di brevetti6 , e financo i redattori di ricorsi per violazioni del codice della strada7 , nonché le applicazioni infelicemente denominate di “Giustizia predittiva” non possono che essere di IA ristretta, ed effettivamente fanno leva sulla capacità di scansione di enormi moli di dati alla ricerca di regolarità e collegamenti che normalmente potrebbero risultare nascosti all’ispezione umana. A questa capacità fa riferimento il termine “predire” che sarebbe forse meglio sostituire con il più tecnicamente corretto e generale “stimare”. Le applicazioni di IA possono effettivamente stimare con che probabilità un determinato soggetto deciderà in un senso o nell’altro su una questione appartenente ad un sottoinsieme ben definito di quesiti giuridici, tutto ciò basandosi su un numero adeguato di precedenti decisioni del medesimo giudicante. Questa pratica, di solito denominata judge profiling, può ben far pensare ad una futura sostituzione del giudicante con una macchina che riproduce le stesse decisioni. In realtà, nessuno sviluppo razionalmente corretto di un IA perseguirebbe questo obiettivo per motivi certamente di Diritto ma anche squisitamente e forse banalmente tecnici. La riproduzione dei mutamenti giurisprudenziali che sono i punti nodali del continuo adattamento della norma all’evoluzione della società in cui deve essere applicata, adattamento che dipende da un sforzo interpretativo del sentire di una intera comunità, avrebbe bisogno alternativamente o di una IA forte, attualmente non disponibile, o di un continuo ricorso all’osservazione di nuove decisioni e quindi, in ultima analisi, di un giudice umano da cui continuare ad imparare e che quindi non verrebbe ad essere sostituito. Questo paradosso sarebbe (e probabilmente sarà) risolvibile solo circoscrivendo l’ambito del giudizio a casi particolarmente ben definiti, con un basso numero di varianti e in lentissima evoluzione, cosicché il procedimento decisionale assomigli il più possibile alla ripetitiva applicazione di principi molto chiari, siano essi dati a priori o inferiti dall’osservazione di dati stabili e certificati. Si può forse ipotizzare, per esempio, che in futuro si abbiano decisioni automatiche su questioni come l’accoglimento di semplici ricorsi contro sanzioni amministrative per violazione del codice della strada dal momento che già ora, come prima menzionato, esistono IA in grado di formulare il ricorso stesso (e con un ottimo tasso di accoglimento). Molto più interessante appare, però, un approccio nel quale l’IA viene progettata sin dall’inizio come supporto al decisore piuttosto che come un suo profiler o sostituto. Accade infatti che alcuni dei criteri giuridici espressi dalle norme richiedano in linea di principio elementi difficili o impossibili da procurarsi o si traducano, a causa della composizione di molteplici fattori, in catene di inferenze o calcoli non agevoli per l’essere umano. In questo caso le capacità di stima di un IA, ovvero di estrazione di informazioni astratte e giuridicamente rilevanti da una raccolta di dati, nonché l’intrinseco rigore nello svolgimento di lunghe catene di inferenze logiche, possono fornire un sostegno e financo un autorevole orientamento al decisore. E ciò tanto più quanto le elaborazioni interne siano rese conoscibili e riproducibili, al di là delle risorse computazionali necessarie per portarle a termine.



2. L’intelligenza artificiale e i metodi computazionali al servizio della determinazione dei contributi economici nell’ambito del diritto di famiglia



Il problema, abbondantemente affrontato e spesso risolto in modi molto efficienti in altri paesi anche a noi vicini, non è nuovo in Italia. Almeno cinque sono i contributi più significativi formulati nel corso degli anni, i cui dettagli verranno rapidamente presi in esame nella seconda parte di questo contributo. Si tratta di prodotti “personali”, frutto delle riflessioni di singoli o piccoli gruppi di studiosi di provenienze e competenze iniziali molto diverse (nei quali è singolarmente scarsa la rappresentanza dell’avvocatura) che hanno progressivamente fatto luce su moltissimi aspetti della questione e, nel tempo, sono stati usati più o meno informalmente da operatori del diritto e privati cittadini senza però guadagnare alcuna valenza ufficiale. In tutti i casi, si tratta di strumenti in grado di orientare fortemente la scelta del decisore perché i loro dati di partenza sono la maggior parte delle informazioni che lo stesso prende usualmente in considerazione. Questi strumenti offrono essenzialmente tre tipi di “servizio”: i) la stima di elementi di solito non facilmente conoscibili ma necessari alla quantificazione (per esempio la spesa annua di un nucleo familiare e la frazione di essa dedicata ai figli); ii) l’esecuzione di calcoli più complessi rispetto a quelli che si affrontano con il solo supporto di una calcolatrice ma necessari per modellare correttamente i flussi di ricchezza tra nuclei familiari (per esempio l’influenza della tassazione sull’erogazione di un assegno divorzile); iii) la proposizione di uno schema concettuale unitario nel quale incasellare fattori per loro natura sia quantitativi che non quantitativi in modo che questi possano avere un effetto numerico tracciabile nel procedimento (per esempio l’individuazione della distribuzione tra due genitori dei compiti di cura dei figli o il peso della durata del matrimonio sull’assegno divorzile).



3. L’intelligenza Artificiale debole e la compatibilità con il sistema normativo vigente



Un passaggio argomentativo da cui non si può prescindere è quello relativo alla verifica della compatibilità degli strumenti di IA debole, come lo sono i metodi di stima dei contributi economici, con i principi generali del nostro impianto normativo. La prima osservazione riguarda il timore che l’amministrazione della giustizia venga sottratta all’autonomia decisionale di un giudice a causa dell’influenza che un sistema algoritmico ideato da un soggetto terzo possa avere sulla decisione. Rimanendo nell’ambito degli strumenti di IA debole analizzati in questa sede e quindi ai metodi di stima dei contributi economici in ambito di diritto di famiglia, va rilevato come nel momento in cui questi vengono resi totalmente trasparenti, non siano altro che strumenti il cui funzionamento è del tutto sotto il controllo del proprio utilizzatore. Dunque, ritenere che l’algoritmo possa sostanziare una autonomia di giudizio a cui il Giudice sarebbe obbligato a conformarsi è preoccupazione del tutto infondata. Il soggetto terzo si limita a creare un algoritmo per consentire la quantificazione secondo parametri indicati dalla norma lungo un percorso che anche l’uomo potrebbe seguire, ma con minori informazioni nonché maggior dispendio di tempo e di energia. Si pensi ad esempio all’uso dei dati tratti dalle rilevazioni della Banca d’Italia sui consumi delle famiglie italiane da combinarsi con le scale di equivalenza per verificare le variazioni di spesa dovute dalla disgregazione del nucleo familiare al fine di quantificare il mantenimento del figlio. Calcoli complessi da fare, ma non da comprendere nella loro logica, che mira esclusivamente all’ottimizzazione del processo decisionale della giustizia.

Non può comunque negarsi che in alcuni frangenti l’algoritmo necessita di dati la cui fonte non è altro che una scelta discrezionale. Ebbene, proprio questo è l’esempio calzante per sostenere come per una Giustizia efficace, siano ormai maturi i tempi per collaborazioni interdisciplinari di modo che i contenuti di nuove metodologie di giudizio possano essere individuati dalle competenze dei diversi soggetti coinvolti senza invasioni di campo che vadano ad incarnare pericolose violazioni di norme fondamentali del nostro ordinamento. Perché ciò sia assicurato, è evidente che la “Giustizia algoritmica” debba essere progettata in modo da non presentarsi come la cosiddetta black box, ma debba offrire accesso a tutti i propri meccanismi interni nonché qualificare tutti i dati di cui si avvale. Il problema dei dati si accentua ovviamente quando l’IA viene costruita sulla base di procedure di apprendimento automatico (il cosiddetto machine learning) soprattutto nella loro moderna incarnazione in reti neurali profonde (deep neural networks e corrispondenti metodi di deep learning), quando non è dato comprendere, nemmeno ai programmatori, il percorso attraverso cui la macchina produce il risultato della propria attività. Tale profilo è particolarmente grave in quanto non permette di cogliere, né quindi di controllare, i passaggi alla base dell’esito raggiunto dal sistema con una chiara violazione del principio della necessaria motivazione (art. 111 Cost.) che renderebbe incostituzionale il sistema di giustizia automatizzata8 . Si tratta comunque di una problematica che non può ravvisarsi nei metodi di stima qui in esame, trattandosi di elaborazioni certo complesse di una pluralità di dati, ma a livelli tali che (laddove dotate di opportuna trasparenza) consentono comunque all’utente di seguire il percorso logico argomentativo che vi è sotteso.



4. L’equità integrativa come metodo tradizionale per la quantificazione dei contributi economici



La discussione di questo punto non può che partire da una disamina di quelli che sono gli strumenti che il legislatore mette a disposizione per la quantificazione dei contributi economici in ambito di diritto di famiglia. Ad oggi la normativa ci fornisce sia i principi in base ai quali valutare la legittimità della richiesta, sia i parametri per la sua quantificazione. Con riguardo ai principi per la valutazione della legittimità della richiesta nel caso del mantenimento per il figlio, il legislatore invoca il principio della proporzionalità (artt. 316-bis e 337-ter c.c.), nel caso del mantenimento del coniuge, in ambito separativo il riferimento è all’inadeguatezza dei redditi per conservare il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, mentre in ambito di divorzio, alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale di legittimità, è all’esistenza della sproporzione reddituale tra le parti oltre che ad una complessa valutazione del coinvolgimento dei due coniugi nella conduzione economica del nucleo familiare in costanza di matrimonio. Unitamente ai criteri di valutazione della legittimità della richiesta, il dato normativo ci fornisce anche i parametri quantitativi, dalla cui valutazione combinata si potrà farà discendere la decisione. I già menzionati parametri, però, non possono che qualificarsi quantitativi solo in astratto, in quanto non sono legati ad un prestabilito dato numerico che, pertanto, verrà stabilito di volta in volta con criterio per lo più discrezionale. Tale metro di giudizio rientra in quello definito di equità integrativa che è espressione del più generale potere di cui all’art. 115 c.p.c. che dà luogo ad una decisione adottata secondo le norme di diritto e su parametri predeterminati, tanto da non potersi considerare una valutazione di merito9 . Tale metodo decisorio rende possibile rimediare all’impossibilità di attingere a fonti giuridiche per procedere ad una conversione numerica di un parametro enunciato in astratto (solo per portare alcuni esempi si pensi alla valutazione numerica dei compiti di cura e di accudimento dei figli o della progressione delle esigenze di spesa legate all’età, del contributo del coniuge alla formazione del patrimonio familiare o dell’influenza degli anni di durata del matrimonio e della dedizione alla cura del nucleo). Sino ad ora l’equità integrativa ha lasciato al giudicante la libera determinazione del peso numerico dei criteri quantitativi che il legislatore ci ha fornito ma, grazie all’IA, si stanno affacciando metodi di supporto alle decisioni in grado di renderle maggiormente oggettive, a vantaggio peraltro di una maggiore uniformità nell’applicazione del Diritto. Tra i detti metodi di IA di supporto possiamo inserire anche i metodi di stima dei contributi al mantenimento nel diritto di famiglia, in quanto forniscono strumenti per trasformare in dato numerico il dato normativo, seppure senza sottrarre al Giudicante quella parte di discrezionalità che si percepisce come necessaria valorizzazione delle caratteristiche proprie di ciascun nucleo familiare. Infatti, come vedremo nella disamina che seguirà, i metodi permettono all’utente una diversa modulazione delle interpretazioni numeriche dei parametri normativi di quantificazione, a seconda delle esigenze specifiche del caso esaminato. Lungo questa direzione, quindi, queste applicazioni di “Giustizia algoritmica” possono essere rese del tutto compatibili con il tradizionale metodo di giudizio di equità integrativa.



5. L’impugnabilità dei provvedimenti basati su un sistema di calcolo



È infine necessario confrontarsi anche sulle conseguenze che la “Giustizia algoritmica” potrebbe avere sull’appello o sul ricorso Cassazione. A parere di chi scrive, le decisioni assunte con l’ausilio di modelli di calcolo non impedirebbero comunque di far ricorso ai tradizionali metodi di impugnazione, in quanto abbiamo ben visto come il Giudicante non si sottragga affatto ad un percorso logico argomentativo tradizionale, ma semplicemente utilizzi degli strumenti automatici e sicuramente più efficaci per la valorizzazione numerica del proprio ragionamento. L’utilizzo dell’IA debole non deve essere avvertito come una sostituzione del percorso decisorio tradizionale, ma un ausilio per l’ottimizzazione della Giustizia, tanto da potersi parlare addirittura di un percorso argomentativo più trasparente, basato su dati oggettivi e non totalmente su un giudizio di equità. L’impugnazione potrebbe ben riguardare la mancata valorizzazione di caratteristiche del nucleo familiare nella individuazione degli elementi di valutazione che, abbiamo già detto, possono variare a seconda delle scelte del giudicante. Si pensi ad esempio alla differente valorizzazione che può essere data ai tempi di permanenza e di cura con riguardo alla determinazione del contributo diretto, o all’individuazione del livello di reddito da considerarsi rivelatore dell’indipendenza economica a fronte della legittimità di poter richiedere l’assegno divorzile a seconda del contesto sociale in cui è inserito il coniuge economicamente più debole. Di esempi se ne potrebbero fare molti e ciò discende dal fatto che i metodi di stima degli assegni non sottraggono affatto al giudicante il potere discrezionale, ma impongono che esso venga sempre accompagnato da una motivazione oggettiva.



6. Il percorso logico dei modelli di stima dei contributi economici nel diritto di famiglia: differenze e similitudini

I metodi documentati per la quantificazione degli assegni di mantenimento sono cinque ovvero, in ordine cronologico: ChiCOS (Child Cost Software)10, Metodo “Palermo”, MoCAM (Modello di Calcolo degli Assegni di Mantenimento)11, SAM (Stima Assegni di Mantenimento)12, ReMida Famiglia13. I meccanismi di base adottati da questi metodi per la quantificazione dei contributi economici hanno molti punti di contatto seppure non manchino le differenze, assai meno sottili nel caso di stima dell’assegno per il coniuge soprattutto in ambito di divorzio. Pur non essendo possibile in questa seda passare in rassegna tutti i dettagli dei metodi proposti14, è possibile dar conto di tipiche comunanze e divergenze con alcuni esempi. I metodi adottano tutti varianti di un processo astratto di quantificazione che può essere riassunto in quattro passi: 1. ricognizione delle risorse complessivamente coinvolte; 2. determinazione di quali oneri o quali disponibilità siano in capo a ciascuna delle parti in regime di separazione dei nuclei familiari; 3. determinazione di quali oneri o quali disponibilità debbano essere in capo a ciascuna delle parti secondo Diritto; 4. calcolo, per confronto tra 2 e 3, di un trasferimento monetario che ripristini per quanto possibile la situazione di Diritto.



7. Gli approcci per la quantificazione dell’assegno per i figli



Nel caso della quantificazione dell’assegno per i figli, il primo punto si concretizza nell’accertamento delle disponibilità reddituali dei genitori e dell’onere economico per il mantenimento della prole. Il secondo punto implica l’analisi del menage familiare post separazione in modo da capire come questo ripartisce l’onere di mantenimento diretto su ciascuno dei due genitori. Il terzo punto corrisponde all’applicazione dei criteri di legge che descrivono come l’onere di mantenimento deve essere suddiviso tra i genitori indipendentemente dall’organizzazione dei nuclei separati. Ogni metodo ha un proprio approccio per la stima della spesa necessaria al mantenimento dei figli. L’approccio più semplice è quello del Metodo “Palermo” che stima la spesa dedicata ai figli in una frazione del reddito complessivamente disponibile che dipende dal numero dei figli stessi: se n è il numero dei figli, la frazione di reddito a loro dedicata è n/n+3, cosicché per esempio, nel caso di n=2 figli a questi vengono destinati 2/5 del reddito, ovvero il 40%. Nella sua estrema sintesi, la formula modella un principio interessante che si manifesta anche nel caso in esempio. Una famiglia con 2 figli ha 4 componenti (2 figli e 2 genitori) e quindi una ripartizione paritaria di tutte le risorse complessive vedrebbe il 50% del totale in capo ai figli. Il Metodo “Palermo”, invece, assegna ai figli una percentuale inferiore al 50% delle risorse complessive, così modellando simultaneamente molti fenomeni tra cui il risparmio che porta a non allocare tutte le risorse disponibili, nonché il fatto che alcune spese fisse per beni o servizi comuni sarebbero comunque in capo ai genitori anche in assenza di prole. ChiCoS e MoCAM costruiscono un cosiddetto “modello di domanda”, ovvero un meccanismo indotto dall’analisi di un campione (rilevazioni dell’ISTAT15 nel caso di ChiCoS e rilevazioni della Banca d’Italia16 nel caso di MoCAM) che fa corrispondere alle caratteristiche di un nucleo familiare una stima del denaro impiegato sulle principali voci di spesa (alimenti, vestiario, trasporti, ecc.). ReMida Famiglia si procura implicitamente tale dato partendo dall’insieme di rilevazioni che ne costituiscono il “cuore”, ovvero un campione di alcune centinaia di separazioni consensuali nei tribunali Lombardia. Estende poi la validità delle proprie stime per mezzo della scala di equivalenza ISEE17. A tale prima stima, ReMida Famiglia fa seguire una serie di potenziali correzioni per tener conto di alcuni criteri enunciati nell’art. 337-ter c.c. e più specificamente le attuali esigenze dei figli e il tenore di cui questi godevano in costanza di matrimonio. In questo passaggio il metodo introduce una notevole arbitrarietà in quanto la stima di spesa viene alterata in corrispondenza di un certo numero di voci secondo percentuali decise dal metodo stesso e permette, tra l’altro che l’operatore aggiunga voci di variazione attribuendo ulteriori coefficienti di variazione personalizzabile. SAM utilizza le rilevazioni della Banca d’Italia ma evita il passaggio per un la costruzione di un modello di domanda e, per facilitare la comprensione del meccanismo di stima, prende in considerazione quanto spendono le famiglie nel campione che sono simili a quella in oggetto per composizione, disponibilità reddituale e zona di residenza. Utilizza poi la scala di equivalenza ISEE per passare dalla spesa complessiva della famiglia a quella dedicata al mantenimento dei figli.

Merita una breve nota il concetto di scala di equivalenza, strumento che trova più di una applicazione nei vari metodi di quantificazione. Si tratta di un insieme di indicatori quantitativi delle “economie di scala”, ovvero del fenomeno per cui le spese fisse incidono in modo progressivamente decrescente su ciascun membro di un nucleo familiare man a mano che ne aumenta la numerosità. Formalmente, i coefficienti di una scala di equivalenza sono quantità di denaro che devono essere spese perché ciascun componente di un nucleo familiare goda di un medesimo e prefissato tenore di vita. Concretamente, per esempio, nella già citata scala di equivalenza ISEE, il coefficiente corrispondente ad una coppia senza figli è 1,00 mentre quello corrispondente ad un nucleo con due genitori e due figli è 1,76. Questo significa che, a parità di tenore di vita goduto da ciascuno dei propri componenti, ad ogni 1,00€ spesi dal primo nucleo corrispondono 1,76€ spesi dal secondo nucleo. Ancora una volta compaiono economie di scala in quanto il secondo nucleo ha numerosità doppia rispetto al primo ma riesce a mantenere lo stesso tenore di vita spendendo una cifra meno che doppia. Per far capire come questa informazione possa essere usata nella quantificazione degli assegni di mantenimento, è utile illustrare l’uso della scala ISEE per stimare quanta parte della spesa complessiva di un nucleo familiare sia davvero destinata al mantenimento dei figli. Supponiamo infatti che il nucleo familiare unito con due figli (coefficiente 1,76) spenda 44.000€/anno per mantenere il proprio tenore di vita. Lo stesso tenore di vita potrebbe essere mantenuto dai due genitori da soli (coefficiente 1,00) spendendo una cifra inferiore perché, secondo la scala ISEE, a parità di tenore di vita, ad ogni 1,76€ speso dal nucleo più numeroso corrisponde una spesa di 1,00€ in quello meno numeroso. Sarebbero necessari quindi solo 44.000/1,76=25.000€/anno. Per differenza, 44.000-25.000=19.000€/anno è la spesa che il nucleo più numeroso deve affrontare a causa della presenza dei figli. Si deve poi affrontare anche il secondo punto del procedimento astratto di quantificazione sopra esposto, ovvero la determinazione di come l’onere dei figli (per esempio stimato come spesa necessaria al loro mantenimento per mezzo delle modalità illustrate poco sopra) sia di fatto in capo a ciascuno dei due genitori a causa dell’organizzazione dei nuclei familiari separati. Si tratta, evidentemente, di considerare alcuni dei criteri all’art. 337-ter c.c. e più specificatamente: “1) le attuali esigenze del figlio. 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori. 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore. […] 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore”. In tal senso gli approcci proposti prendono strade lievemente divergenti a partire da una stima iniziale basata sui tempi di permanenza presso ciascun genitore. ChiCoS, il Metodo “Palermo” e MoCAM prescrivono che tutti i criteri dell’art. 337-ter siano compendiati in una cosiddetta percentuale di accudimento. Chiedono quindi all’operatore di riassumere la frazione di onere di accudimento che il menage post separazione pone in capo a ciascun genitore analizzando sia le esigenze e le abitudini dei figli, i tempi di permanenza e la distribuzione dei compiti domestici e di cura. Questa percentuale viene poi usata per ripartire la spesa dedicata ai figli stimata in precedenza per monetizzare l’onere sostenuto.

ReMida Famiglia procede per correzioni successive di un valore dell’assegno calcolato nell’ipotesi in cui sia solo il genitore che percepisce l’assegno ad occuparsi dei figli. La prima correzione riguarda i tempi di permanenza e viene effettuata con un metodo di pura proporzionalità in modo automatico. La seconda riguarda i compiti di accudimento la cui stima viene invece richiesta all’operatore tramite uno dei meccanismi a scala graduata che sono tipici del metodo. SAM ha un approccio più analitico. Permette innanzitutto di assegnare a ciascun genitore specifici capitoli di spesa per modellare le situazioni nelle quali o c’è un accordo in merito oppure (come, per esempio, spesso succede per il vestiario) uno di essi ricada naturalmente su uno dei due. Permette poi di inserire il dettaglio del calendario delle permanenze dei figli con ciascuno dei due genitori nonché eventualmente dei periodi (come quello della presenza a scuola) nei quali non è coinvolto alcun genitore. Suddivide infine l’onere del capitolo alimenti in base al numero dei pasti in carico ad ogni genitore e l’onere residuo rispetto ai pasti e ai capitoli di spesa assegnati a priori, proporzionalmente al tempo di accudimento dedotto dal calendario. I metodi affrontano anche in modo lievemente diverso il terzo punto del procedimento astratto di quantificazione sopra discusso, ovvero la determinazione di come l’onere dei figli debba essere ripartito tra i genitori. ChiCoS e il Metodo “Palermo” applicano strettamente il principio di proporzionalità enunciato nell’art. 337-ter c.c. “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito”. La somma da spendere per il mantenimento dei figli viene quindi posta in capo a ciascun genitore in modo che il rapporto tra gli oneri corrisponda al rapporto tra i redditi. SAM e ReMida Famiglia affinano tale ripartizione considerando, così come indicato da giurisprudenza ormai uniforme, una ripartizione che obbedisca al rapporto non tra i soli redditi ma tra indici di ricchezza che considerano il reddito insieme ad una redditualizzazione del patrimonio, sostanzialmente ripercorrendo le linee guida usate nel calcolo della Situazione Economica Equivalente usata comunemente dalla pubblica amministrazione per confrontare la ricchezza di nuclei familiari differenti compendiando redditi e patrimoni. In MoCAM, invece, il principio di proporzionalità alle capacità economiche dei genitori viene considerato solo in via subordinata ad un principio di ripartizione delle risorse globalmente disponibili alla famiglia secondo le necessità di ciascuno dei due nuclei che vengono a crearsi dopo la separazione. Questo principio, se applicato ai redditi complessivi, ha lo scopo di equiripartire tra i componenti della famiglia l’eventuale danno da separazione che consegue dall’impossibilità per i due nuovi nuclei di mantenere il tenore di vita potenzialmente raggiungibile dal nucleo unito. MoCAM calcola quindi il trasferimento complessivo da un nucleo all’altro necessario a soddisfare questo principio e solo in un secondo momento utilizza il principio di proporzionalità per identificare, all’interno di tale somma, il contributo da considerarsi come dedicato ai figli. Tutti i metodi affrontano poi questioni accessorie al percorso principale di quantificazione, come l’effetto economico dell’assegnazione della casa coniugale, sui quali però non è possibile soffermarsi in questa sede.



8. Gli approcci per la quantificazione dell’assegno per il coniuge



Lo stesso procedimento astratto di quantificazione può essere declinato per gli assegni di mantenimento del coniuge nel caso di separazione e nel caso di assegno divorzile. Non tutti i metodi distinguono le due fattispecie e nella discussione che segue ci concentriamo comunque sulla determinazione dell’assegno divorzile per il quale si è registrata una recente e importante evoluzione giurisprudenziale. In questo caso, le partite economiche di cui è necessaria la ricognizione al primo punto del procedimento, riguardano certamente la situazione economica attiva di ciascun coniuge ma anche l’onere che lo stesso sostiene per il mantenimento dei figli. La situazione oggettiva che si viene a creare a valle della separazione del nucleo familiare fa sì che ognuno dei due coniugi rimanga con una disponibilità netta (secondo punto del procedimento generale) pari alla differenza tra le sue capacità economiche complessive e tale onere. Il punto più problematico nella quantificazione è quindi il terzo: come determinare se la situazione oggettiva di cui sopra implica il diritto per uno dei due coniugi a ricevere un assegno e in che misura, eventualmente, tale assegno debba essere quantificato. L’unico metodo che tenta una determinazione parzialmente automatizzata del diritto all’assegno è ReMida Famiglia. Gli strumenti forniti a supporto di questa decisione sono di due tipi. Il sistema analizza preliminarmente i redditi delle parti per determinare se vi sia uno squilibrio, ricorrendo per far ciò ancora una volta ad informazione estratta dalle rilevazioni in merito a separazione consensuali nei Tribunali della Lombardia, la cui validità viene estesa ai divorzi. È poi predisposto un insieme di domande corrispondenti a quelli che vengono dichiarati come “criterio assistenziale” (domande relative alla capacità del coniuge economicamente più debole di procurarsi mezzi di sostentamento), “criterio compensativo” (domande relative al coinvolgimento e contributo del coniuge economicamente durante il matrimonio) e “criterio risarcitorio” (domande sulle cause del divorzio). Ad ogni domanda si accetta una risposta Sì/No così come, opzionalmente, una gradazione intermedia. Sulla base della valutazione di squilibrio reddituale e delle risposte alle domande successive, uno schema (totalmente non trasparente) suggerisce la presenza o l’assenza del diritto ad un assegno divorzile. Una volta accertato il diritto, tutti i metodi tranne ChiCOS sono in grado di stimare l’assegno. Come prima descritto, MoCAM non determina separatamente gli assegni per figli e coniuge. Calcola invece un trasferimento monetario complessivo che è in grado di equiparare i tenori di vita dei due nuclei familiari separati adottando quindi un proprio criterio di ridistribuzione della ricchezza. Se richiesto, da questo trasferimento complessivo, scorpora quanto si riferisce al mantenimento dei figli che viene calcolato come prima delineato, ovvero ricorrendo ad una scala di equivalenza per determinare l’onere dei figli che viene poi ripartito proporzionalmente ai redditi dei due genitori e genera, per differenza con quanto erogato da ciascuno di loro per via diretta, l’assegno per i figli. Il risultato di questo scorporo è un trasferimento monetario che si assume destinato al coniuge. È quindi chiaro che, secondo MoCAM, lo scopo dell’assegno divorzile è quello di garantire ai due nuclei familiari separati il medesimo tenore di vita di modo che, dopo la disgregazione del nucleo familiare, nessuno dei due sia più danneggiato dell’altro. Il metodo “Palermo” e SAM procedono in modo strutturalmente analogo ma fissano esplicitamente, ed in modo invero assai diverso tra di loro, l’obiettivo da raggiungere con l’erogazione di un assegno divorzile. Il metodo “Palermo” determina l’assegno che equidistribuisce tra i due nuclei il reddito complessivo della famiglia ovvero fa in modo che le disponibilità di entrambi i genitori, al netto dell’onere per i figli, siano identiche, indipendentemente dall’organizzazione familiare post separazione della quale si tiene conto solo nel calcolo dell’assegno per i figli. A questa prima quantificazione, il sistema applica poi dei correttivi che dipendono dalla percentuale di accudimento (compensando in parte l’assegno a favore di un coniuge nel cui nucleo familiare già confluisce l’assegno di mantenimento per i figli) e dalla durata del matrimonio (riducendo l’assegno nel caso di matrimoni significativamente più brevi della media dei matrimoni che sfociano in un divorzio). In modo assai diverso, nel fissare l’obiettivo da perseguire con l’erogazione dell’assegno divorzile, SAM permette di considerare le sfumature possibili tra l’approccio totalmente solidaristico e quello totalmente responsabilizzante che sono l’oggetto della recente evoluzione giurisprudenziale. Per calcolare, infatti, quale debba essere la disponibilità minima da garantire a ciascun genitore al netto dell’onere dei figli, SAM considera da un lato l’opzione totalmente responsabilizzante, che corrisponde ad unioni, presumibilmente di breve durata, nelle quali l’impegno e il contributo economico o il sacrificio del genitore richiedente l’assegno sono minimi e giustificano una sola componente assistenziale dell’assegno che assicuri l’autosufficienza economica. Dall’altro lato, SAM considera l’opzione totalmente solidaristica, che corrisponde ad unioni, presumibilmente di lunga durata, nelle quali l’impegno e il contributo economico o il sacrificio del genitore richiedente l’assegno sono fondamentali e portano a massimizzare la componente compensativa dell’assegno che mira a lasciare inalterato il tenore di vita del percipiente. L’obiettivo effettivamente utilizzato da SAM viene scelto nell’intervallo tra le due opzioni. La scelta può essere fatta dall’operatore che mette così in campo la sua conoscenza della situazione familiare o, in assenza di indicazioni, viene fatta dipendere dalla durata del matrimonio in quanto unico parametro costantemente citato nella giurisprudenza rilevante. ReMida Famiglia procede alla quantificazione dell’assegno per il coniuge utilizzando una volta di più le rilevazioni delle separazioni consensuali nei tribunali della Lombardia che erano già state usate per determinare se vi fosse uno squilibrio reddituale da compensare con un assegno. In pratica si determina un assegno tale da eliminare la situazione di squilibrio rilevata. Nel caso di divorzio, viene introdotta una variante che incorpori il criterio di autosufficienza economica menzionato dalla recente giurisprudenza. Si fa infatti in modo che il valore di riequilibrio identificato sulla base dei dati sulle separazioni non possa essere inferiore a quanto necessario per eguagliare la disponibilità residua di ciascun genitore a quanto viene speso mediamente da un single secondo le rilevazioni ISTAT.



9. L’efficacia dei metodi esistenti come ausilio al percorso decisionale



Risulta indubbio che i metodi di stima del contributo al mantenimento in ambito di diritto di famiglia, potranno divenire ausili per la Giustizia solo se basati su percorsi logico-matematici che siano compatibili con il dettato normativo e la giurisprudenza, se siano aderenti alla realtà economica dei nuclei familiari e se i risultati tratti per loro tramite siano caratterizzati dalla riproducibilità, verificabilità e argomentabilità. Ad oggi purtroppo la valutazione nei termini predetti non è pienamente soddisfacente per nessuno dei metodi proposti. Solo qualche battuta in breve non essendo questa la sede per una disamina puntale18. ChiCos insiste, per quanto riguarda i figli, nel favorire una contribuzione per capitoli spesa e non ritiene di preoccuparsi dell’eventuale assegno per il coniuge. MoCAM ha come principio primo la ripartizione di tutte le risorse del nucleo unito secondo i bisogni dei nuclei separati: lo scorporo della capacità di risparmio, l’individuazione di un assegno per i figli sono opzioni o elaborazioni a posteriori. SAM non dà rilevanza all’età dei figli nel calcolo dell’assegno a loro dedicato. Il metodo “Palermo” non dà nessuna giustificazione su come decide di individuare la spesa dedicata ai figli e propone una formula semplice ma con un aggancio molto lasco con la realtà economica delle famiglie. ReMida Famiglia si basa molti punti del suo procedimento (per esempio, ma assolutamente non solo, per stimare la spesa dedicata ai figli e per decidere se esiste squilibrio reddituale tra i coniugi nella quantificazione dell’assegno divorzile) su rilevazioni locali che non sono né pubbliche né sotto il controllo di alcun ente istituzionale come l’ISTAT o la Banca d’Italia, che riguardano solo procedimenti di separazione consensuale, e la cui validità è estesa con artifici matematici al resto del territorio. Nessuno di meccanismi interni di ReMida Famiglia è dichiarato e quindi riproducibile o controllabile, compromettendone fortemente la trasparenza. Ognuno dei metodi proposti fino ad oggi ha quindi lacune e margini di miglioramento. Ciononostante, la notevole quantità di riflessioni che ha portato alla loro formulazione costituisce un patrimonio prezioso a partire dal quale è sicuramente possibile far evolvere un metodo condiviso e con tutti i requisiti necessari a farne un efficiente ed accettato strumento di supporto alla decisione in questa materia. Una direzione possibile per questa evoluzione è quella della sintesi. In particolare, la varietà e validità dei meccanismi proposti nei vari metodi permette di selezionare gli spunti migliori e concepire uno schema di calcolo virtuale che si avvicina molto di più a quello ideale ed è compatibile con lo stato dell’arte in quanto fatto di componenti e procedure già presenti e funzionanti. In merito a ciò è possibile fare qualche esempio. Sembra ovvio adottare in ogni caso il procedimento astratto di quantificazione descritto all’inizio di questa discussione, e già praticamente comune a tutti i metodi, per poi specializzarlo alla quantificazione dell’assegno per i figli e di quello per il coniuge. Nel caso dell’assegno per i figli potrebbe essere preferibile allinearsi al meccanismo di stima di spesa tramite il confronto del nucleo in esame con nuclei familiari simili presenti nelle rilevazioni effettuati di entità istituzionali come ISTAT o Banca d’Italia, seguito dall’applicazione di una scala di equivalenza per enucleare quanto dedicato ai figli. Questa, infatti, sembra l’opzione che permette una più facile spiegazione del percorso di quantificazione, lo appoggia su informazioni ufficiali e pubblicamente accessibili, e permette eventualmente una completa riproducibilità degli argomenti. Alla luce della norma che lo enfatizza, appare anche opportuno applicare, per la ripartizione dell’onere dei figli, il principio di proporzionalità rispetto alle capacità economiche dei genitori, intese come valutazione complessiva di redditi e patrimonio. Nella valutazione delle specificità del nucleo familiare quanto, per esempio, a particolari esigenze dei figli o a inusuali organizzazioni post-separazione, è anche opportuno sfruttare il meccanismo dei parametri correttivi, eventualmente proposti all’operatore come scale graduate con etichette intuitive a cui associare predeterminate variazioni percentuali. La flessibilità di queste opzioni deve comunque essere attentamente amministrata. È infatti opportuno che gli aggiustamenti che traspongono in algoritmo l’equità integrativa del giudicante non intervengano sulla quantificazione finale che potrebbe essere del tutto spogliata di significato nel momento in cui l’arbitrarietà potesse incidere per percentuali rilevanti di tale somma. Bisognerà quindi che gli elementi di valutazione soggettiva si applichino ai vari fattori della decisione che vengono poi inseriti in un procedimento generale non modificabile arbitrariamente. In ogni caso è sicuramente necessario che le componenti modificabili limitino il loro effetto a frazioni limitate delle stime prodotte. Per individuare il mantenimento erogato per via diretta può sicuramente essere utilizzato l’approccio analitico che considera sia i capitoli di spesa eventualmente pre-attribuiti ad un genitore, sia la distribuzione dei pasti che dei tempi di permanenza presso ciascuno dei due genitori per individuare una percentuale complessiva di onere diretto che caratterizzi il menage post separazione. Sempre a titolo di esempio, nella specializzazione del procedimento astratto di quantificazione al caso dell’assegno divorzile si potrebbe seguire la linea guida del questionario che identifica le informazioni rilevanti per l’accertamento del diritto. Questionario a cui si dovrebbe però far corrispondere un meccanismo di suggerimento della conclusione che sia completamente trasparente e riproducibile, caratteristiche che non ha nell’attuale proposta. Per quanto riguarda il calcolo dell’ammontare dell’assegno è necessario tenere in considerazione sia l’opzione a massima solidarietà post-coniugale sia l’opzione a massima autoresponsabilizzazione economica, mediando tra le due posizioni con l’aiuto di un operatore, eventualmente aiutato dalla presentazione di una scala graduata come in altre occasioni. In mancanza di questa indicazione, sembra valida l’idea di considerare discriminante la durata del matrimonio di modo che per matrimoni di lunga durata ci si avvicini all’opzione di massima solidarietà mentre per matrimoni brevi si tenda all’opzione di massima autoresponsabilizzazione.



10. Conclusione

La quantità di lavoro svolto in tema di quantificazione assistita degli assegni di mantenimento è imponente, a testimonianza sia della complessità del problema che della sua importanza. Nessuno dei metodi considerati in questo volume sembra ancora potersi presentare come unica soluzione dotata delle necessarie caratteristiche di riproducibilità, verificabilità e argomentabilità. Nell’insieme dei metodi proposti, però, è già possibile rinvenire soluzioni che risolvono alcune delle principali criticità e potrebbero essere assemblate in una sintesi molto promettente. L’auspicio, quindi, è che si concretizzi una collaborazione tra propositori dei differenti approcci e operatori del diritto che evolva a partire da quanto già studiato una soluzione organica e coerente con il servizio che la macchina giuridica deve fornire.

In particolare, spicca l’esigua partecipazione, nei gruppi di lavoro che hanno fino ad ora dato origine a metodi di quantificazione, del contributo di avvocati specializzati nel Diritto di famiglia. Sarebbe invece opportuno che i professionisti che quotidianamente affrontano casi pratici di quantificazione degli assegni, sia in fase negoziale che in fase giudiziale, si avvicinassero alle opportunità indiscutibili che i metodi algoritmici aprono nel settore dell’ottimizzazione della Giustizia, in generale come in questo particolare ambito, con l’atteggiamento di studio aperto e attivo che da sempre caratterizza la nostra professione quando si confronta con l’evoluzione della società.

NOTE

1 A ciò farebbe eccezione il progetto della Repubblica d’Estonia, il cui Ministero della Giustizia ha avviato nel 2018 un progetto per l’automatizzazione delle decisioni su controversie contrattuali di valore non superiore a 7000€. Il progetto però non ha ancora dato risultati.

2 https://en.wikipedia.org/wiki/Deep_Blue_versus_Garry_Kasparov.

3 https://en.wikipedia.org/wiki/AlphaGo_versus_Ke_Jie.

4 https://en.wikipedia.org/wiki/OpenAI_Five.

5 Tra i molteplici servizi disponibili: www.ebrevia.com, www.kirasystems.com, www.luminance.com, www.rossintelligence.com, www.lawgeex.com, www.thoughtriver.com.

6 Si veda per esempio www.rowanpatents.com.

7 www.donotpay.com

8 C. Casonato, Costituzione ed intelligenza artificiale: un’agenda per il futuro, 13 gennaio 2020 in Consulta online.

9 Cass. Civ. sent. 1 aprile 2019 n. 13415, in Cassazione.net: “Vale invero, sul punto, il principio per il quale “l’esercizio del potere discrezionale di determinazione in via equitativa dell’ammontare dell’assegno di divorzio, espressione del più generale potere di cui all’art. 115 cod. proc. civ., dà luogo non già ad un giudizio di equità, che a norma dell’art. 114 cod. proc. civ. attiene alla decisione nel merito della controversia e presuppone sempre una concorde richiesta delle parti, ma ad una decisione adottata secondo le norme di diritto, alla stregua della normativa vigente e quindi caratterizzata dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, destinata come tale, applicazione di valutazioni parametriche, a determinare del primo l’importo, con la conseguenza che la sentenza pronunciata dal giudice nell’esercizio di tale potere non è ricorribile in cassazione per violazione di legge ai sensi dell’art. 114 cod. proc. civ. ove adottata in difetto di concorde richiesta delle parti”.

10 www.crescere-insieme.org/tabelle-costo-dei-figli.

11 www.mocam.net.

12 www.stimaassegnidimantenimento.it.

13 www.remidafamiglia.it.

14 Per un’analisi completa e comparata, sia teorica che pratica, si veda Gli assegni di mantenimento tra disciplina legale e intelligenza artificiale, a cura di E. Al Mureden, R. Rovatti, Torino, 2020.

15 www.istat.it/it/archivio/53119.

16 www.bancaditalia.it/statistiche/tematiche/indagini-famiglie-imprese/bilanci-famiglie/.

17 D.lgs. 31 marzo 1998, n. 109, rivista nel d.p.c.m. 4 dicembre 2013, n. 159.

18 Per una critica approfondita dei metodi si veda Gli assegni di mantenimento tra disciplina legale e intelligenza artificiale, a cura di E. Al Mureden, R. Rovatti, cit.