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Introduzione alla sostituzione del giudice con l’algoritmo nelle controversie economiche familiari e minorili

autore: C. Cecchella

Sommario: - 1. Il contributo giuridico e informatico alla disciplina degli assegni di mantenimento. - 2. Il metodo. - 3. Gli aspetti filosofici. - 4. La tecnica legislativa nelle controversie familiari e minorili. - 5. I limiti del diritto positivo. - 6. Il programmatore-giudice.



1. Il contributo giuridico e informatico alla disciplina degli assegni di mantenimento



Con immenso piacere mi viene affidata, dai colleghi universitari e amici Professori Al Mureden e Rovatti, l’uno ordinario di diritto civile, ben noto a ONDiF per la sua partecipazione agli eventi formativi e alla Scuola di Alta formazione tra ONDiF, Scuola dell’avvocatura e Università di Roma 3, l’altro ordinario di elettronica nell’ateneo bolognese, la presentazione di un volume di particolare pregio in cui sono esauriti i profili giuridici ed informatici relativi al tema della determinazione degli assegni di mantenimento, sia in sede di separazione che in sede di divorzio1.

Il volume si contraddistingue forse per uno degli ultimi interventi del compianto Prof. Cesare Massimo Bianca che ha svolto una breve presentazione sulle problematiche suscitate e non esaurite dai noti orientamenti giurisprudenziali, dopo le Sezioni Unite del 2018.

Una prima parte, con autori di rilievo, è dedicata alla ricostruzione più precisamente giuridica degli istituti, mentre la seconda parte si contraddistingue per la disamina dei metodi di calcolo informatico prendendo in analisi i vari metodi sinora diffusi, per poi giungere, in un interessante confronto tra i curatori, sulle prospettive di un metodo che superi alcuni difetti dei modelli sinora proposti.

L’occasione è anche quella, nell’intento di stimolare il successivo intervento dei curatori, di una più ampia riflessione sull’uso dell’intelligenza artificiale nel giudizio finale delle controversie civili e particolarmente familiari e minorili, con l’umiltà di chi si avvicina al tema, di grande attualità, attraverso alcune iniziali riflessioni, tutte da verificare attraverso uno studio ed una lettura più attenta della letteratura e dell’esperienza giurisprudenziale.



2. Il metodo



La decisione mediante algoritmo, anziché sulla base di un libero apprezzamento della prova e una interpretazione e applicazione dei parametri legislativi da parte del giudice, è tema centrale, e non solo nell’ambito delle controversie economiche della famiglia, ma anche della giustizia civile in genere (basti pensare alla applicazione in sede di determinazione del danno nella responsabilità civile)2.

Ormai esiste una letteratura di rilievo, nella dimensione più generale della giustizia civile, ma si tratta di studi3 che prescindono da spunti di diritto positivo, particolarmente in relazione all’impianto anche costituzionale italiano.

Oggi anche la giustizia familiare ha l’occasione di una raccolta di saggi, nel volume che introduco, ove all’intervento di giuristi si affianca l’intervento di ingegneri informatici.

Oltre agli spunti di diritto positivo, sui quali mi misurerò nella seconda parte di questo mio intervento, vorrei esprimere anzitutto alcune considerazioni, potremo dire, di filosofia del diritto, che mi paiono di necessaria premessa.



3. Gli aspetti filosofici



Il tema involge ovviamente profili di grande rilievo, che nell’economia di un breve scritto e, per chi come me si confronta per la prima volta con questo tema, involge più interrogativi che soluzioni certe; la conoscenza e lo studio hanno per il sottoscritto molta strada da percorrere.

Sotto il profilo filosofico, non può non destare suggestione l’esempio di Hal, l’elaboratore elettronico del capolavoro di Kubrick “2001: Odissea nello spazio”, il quale in uno scontro con l’uomo, si vede annientare la memoria. L’uomo lo priva delle schede necessarie alla sua intelligenza. Hal, durante l’operazione, prega l’uomo di non eliminarne la funzionalità, manifestando un sentimento di dolore e di paura. L’ironia e il paradosso di Kubrick, induce una prima riflessione.

Il riservare il giudizio all’algoritmo, vuol dire liberare il giudizio dal rilievo di qualsiasi sentimento di pietas o equità che anima l’uomo, mosso anche da una prospettiva soggettiva e relativa, capace di apprezzare tutti i particolari del caso concreto da giudicare.

L’intelligenza artificiale nella sua espressione oggettiva dell’algoritmo è equazione che non ha variabili soggette alla sensibilità umana. Il calcolo matematico è inesorabile nei suoi risultati, oggettivo, generale ed astratto, per quanto possa avere parametri da riempire ed elaborare.

Il giudice-persona umana non è solo ispirato da una razionalità oggettiva, dettata dalla sua preparazione giuridica, ma anche da un sentimento, un’emozione e una cultura influenzata da dati non solo giuridici.

Questo aspetto ha il suo rilievo in una qualsiasi controversia; è ineliminabile nella materia familiare e minorile, dove l’approccio, ispirato anche ad un sentimento e un’emozione non può non essere trascurato – tanto la fattispecie esprime emozioni e sentimenti – di quanto possa esserlo invece in una controversia ad esempio societaria o sulla proprietà.

La giustizia non può essere mossa esclusivamente da un’intelligenza oggettiva, ma da un’intelligenza che si unisca al sentimento, alle emozioni e ad un’anima.

Nella materia familiare, il giudice non può avere solo una preparazione razionale, di conoscenza oggettiva del diritto positivo, ma deve unire ad essa una consapevolezza multidisciplinare, in cui la componente psicologica ha un rilevo assolutamente centrale.

È qui da ricordare l’espressione del massimo studio francese della giustizia predittiva e artificiale4: “Juge inanime avez vous un ame?”.

È la mancanza di anima del giudice artificiale, dell’algoritmo, del modello matematico che preoccupa, quello che invece aveva Hal nella straordinaria opera di Kubrick.



4. La tecnica legislativa nelle controversie familiari e minorili



Venendo progressivamente agli aspetti di diritto positivo, non c’è materia più intensamente disciplinata da norme elastiche, clausole generali, categorie giuridiche da riempire qual è quella familiare. La ragione è evidente – anche nella materia patrimoniale ed economica –: è la esaltazione del caso singolo nel giudizio finale.

Mai come quella familiare è la giustizia del caso singolo.

L’art. 337-ter, c.c. sul contributo economico al minore è una sequela di parametri generali ed astratti; l’art. 156 c.c., in relazione al contributo al coniuge debole in sede di separazione, ne fissa le basi nella mancanza di adeguati redditi propri, con un’entità di tale somministrazione che è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato (quale esempio di norme elastiche!), sino al controverso art. 5 della legge n. 898 del 1970, anch’esso caratterizzato da una serie di parametri generali ed astratti, quanto alla determinazione dell’assegno divorzile.

L’adattamento del parametro al caso concreto, la scelta del parametro destinato a prevalere sull’altro –nelle dinamiche culturali della società, in continua evoluzione, particolarmente nella materia familiare (si pensi solo alle variazioni giurisprudenziali sull’assegno divorzile dal 1990 al 2017 e al 2018) –, può veramente condursi con un algoritmo, con un calcolo matematico, o piuttosto con la sensibilità di un giudice umano rispetto al caso concreto, che valuti anche i sentimenti coinvolti, i drammi suscitati (si pensi solo al rilievo giuridico della causa della crisi), i riflessi piscologici di quel trauma che è la rottura di una relazione familiare.

Senza dimenticare che molte di queste disposizioni necessitano di un’integrazione che non ha solo fonte nel caso concreto, ma in un’equità integrativa, in una discrezionalità che riempie la norma generale ed astratta, nella sua determinazione generale. L’equità integrativa è norma di diritto positivo, è norma di legge, da non confondere con l’equità sostituiva. Essa può essere il risultato solo di una mente umana, non di una mente artificiale che può solo elaborare dati immessi al suo interno sulla base di parametri prefissati, collocati sullo stesso piano e privi di evoluzione nel tempo anche nella loro graduazione.

Questa tecnica legislativa male si adatta con gli algoritmi e le formule matematiche ed è anche dovuta dall’impossibilità di ingabbiare in disposizioni certe e in un’interpretazione ferma i rapporti e i diritti, perché soggetti a cambi repentini, dovuti ai mutamenti dei costumi e delle istanze della società civile, la percezione di questa dinamica non può che essere affidata alla sensibilità umana (dell’Hal di Kubrick).



5. I limiti del diritto positivo



Un modello di giustizia artificiale o robotica, fondato su algoritmi stimolati da dati immessi (a questo punto da un quivis de populo, non essendo certo necessaria una preparazione giuridica), è coerente con un sistema imposto dalla Costituzione italiana che affida l’amministrazione della giustizia (art. 102) a funzionari pubblici reclutati per concorso, esperti di diritto e muniti di particolari garanzie, in funzione della loro terzietà e imparzialità?

Ugualmente è coerente con un principio di garanzia del diritto di azione e di difesa (art. 24 Cost.) assicurati attraverso difensori tecnici, anch’essi professionisti intellettuali reclutati con un esame di Stato, iscritti ad un albo e soggetti ad una particolare deontologia?

Il timore è che il giudice e l’avvocato escano di scena per sempre: sarà sufficiente fornire una serie di scarni dati, attraverso un questionario prestabilito, e farli immettere nella macchina che al termine della sua elaborazione produrrà un tabulato con la sentenza, la cui motivazione non sarà necessaria perché la matematica non ammette errori per definizione.

Non meno traumatico dunque l’impatto con la motivazione del giudizio finale (art. 111 Cost.).

Il modello robotico non necessita di una motivazione per ogni singolo giudizio, sarà sufficiente che sia preventivamente collaudato sui parametri di legge, una sorta di motivazione generale ed astratta valevole per tutti i successivi giudizi: quanto di più lontano al modello costituzionale della motivazione in relazione al caso concreto.

Anche l’abrogazione dell’art. 5 dell’art. 360 c.p.c. non ha eliminato la necessità di una motivazione e di una ratio decidendi rispetto al caso concreto, semplicemente trasmigrando il motivo deducibile innanzi al giudice di legittimità nel n. 4 anziché il n. 5 che richiama un’ipotesi del tutto diversa5.

Esiste infine il problema della impugnazione: ha senso un’impugnazione di una sentenza del robot, si può supporre un robot di secondo, terzo grado, un robot di sola legittimità?

Ora se certo il sistema non conosce l’appello come istituto di rango costituzionale (per cui potrebbe essere, come lo è in singoli casi, abrogato), ciò non può valere in relazione al ricorso per cassazione, consentito per tutte le sentenze formali e materiali, dall’art. 111 Cost.

Il sistema, tuttavia, oggi conosce un appello avverso le sentenze sui contributi o gli assegni di mantenimento o un reclamo avverso i decreti in sede camerale e ovviamente, per la decisorietà, sulla base di norme di rango costituzionale, il ricorso ordinario o straordinario innanzi alla S.C. Ora la decisione robotica non ammette per definizione un gravame o un’impugnazione: si può ammettere un robot di secondo grado? L’algoritmo, il calcolo matematico, non può sbagliare per definizione.

Ora un sistema di questo tipo può reggere sul piano positivo solo quando il legislatore costituzionale dovesse abrogare l’art. 111 Cost, nella sua previsione di un controllo di legittimità di un provvedimento decisorio.

Vi è infine l’art. 101 Cost., che nella ripartizione dei poteri di origine illuministica, impone la sudditanza del giudice solo alla legge e a nient’altro; ora ne risulterebbe una sudditanza all’algoritmo, che è parametro ben diverso, e pure sul quale dovrebbe porsi un problema di modifica della Costituzione.



6. Il programmatore-giudice



Per concludere questa brevissima introduzione, vorrei citare un libro6 che accompagnò la stesura della mia tesi di laurea, autore Umberto Eco, ove si legge: “il computer non è una macchina intelligente che aiuta le persone stupide, anzi è una macchina stupida, che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti”.

Ma l’intelligenza artificiale è veramente il risultato della elaborazione di una macchina elettronica e basta?

Non è forse che la persona intelligente non è il robot (come insegna Umberto Eco), ma chi ha programmato il robot: ma allora il giudice non è il robot bensì il suo programmatore!

Che garanzie abbiamo dunque, se il programmatore diventa il vero giudice, che tale giudice abbia i requisiti della terzietà e imparzialità e che egli possa svolgere il ruolo giurisdizionale con tutte le garanzie?

Potrà questo programmatore essere ricusato o astenersi, per essere coinvolto in uno dei casi di imparzialità dell’art. 51 c.p.c.?

Dietro il robot resta dunque un giudice-uomo, il quale è ignorato dalla legge sull’ordinamento giudiziario e non assicura affatto quei requisiti di terzietà che impone ancora l’art. 111 Cost.

NOTE

* In occasione della presentazione del volume Gli assegni di mantenimen- to tra disciplina legale e intelligenza artificiale, a cura di Enrico Al Mureden e Riccardo Rovatti

1 Gli assegni di mantenimento tra disciplina legale e intelligenza artificiale, a cura di E. al Mureden, R. rovatti, Torino, 2020.

2 Di grande interesse nel diritto francese il decreto n. 2020-356 del 27 marzo 2020 avente come titolo La creazione di un trattamento automatizzato dei danni personali nella responsabilità civile, in www.legifrance.gouv.fr.

3 Cfr. M.E. yanniCk, C. barbaro, Intelligenza artificiale e memoria della giusti- zia: il grande malinteso, in www.questionegiustizia.it (16 maggio 2020), con ulte- riori interessanti richiami di letteratura straniera in nota; D. dalFino, Decisione amministrativa robotica ed effetto performativo. Un beffardo algoritmo per una “buo- na scuola”, ivi (13 gennaio 2020); id., stupidità (non solo) artificiale, predittività e processo, ivi (3 luglio 2019); A. traverSi, Intelligenza artificiale applicata alla giu- stizia: ci sarà un giudice robot?, ivi (10 aprile 2019); N. Fenoll, Intelligenza artifi- ciale e processo, trad. L.P. CoMoGlio, Torino, 2019; A. Grapon, J. laSSèGue, Justice digitale, Parigi, 2018; cfr. anche Carta etica europea sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale dei sistemi giudiziari, in www.rmcoe.int.

4 A. Garapon, J. laSSèGue, op. cit., 195 ss.

5 Per un approfondimento, A. MenGali, La Cassazione della sentenza civile non motivata, Torino, 2020, 22 ss.

6 U. Eco, Come si fa una tesi di laurea, le materie umanistiche, XXII ed., Milano, 2001, 247.