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Procreazione e filiazione: le azioni di status filiationis ed il canone di rispondenza a veridicità

autore: G. Savi

Sommario: 1. Il filo conduttore vocativo in tema di azioni di status filiationis. 2. La sintesi del quadro normativo riformato. 3. Veridicità di procreazione, i valori sottesi e la casistica: il canone guida. 4. L’interesse del minore tra status legale e realtà di procreazione. 5. Veridicità, identità di genitura e nuove insidie.



1. Il filo conduttore vocativo in tema di azioni di status filiationis



Nell’introdurre questo settimo modulo della nostra Scuola1, che affronta l’arduo capitolo delle azioni di status, dopo aver analizzato minuziosamente l’istituto della filiazione, un tema è apparso rappresentare al meglio i punti di frizione sistematica e l’aggiornamento alla vivissima attualità: la verifica della rilevanza del canone che da tempo condensiamo nella dizione “favor veritatis”.

In questa prospettiva, assolvendo al compito di “preparazione del terreno” all’odierna trattazione affidata alla maestria dei relatori che seguiranno2, tra i materiali predisposti è sembrato utile selezionare un complesso scritto risalente all’anno 2013 (cioè a cavallo dell’entrata in vigore della riforma dell’istituto della filiazione, conclusasi con il d. lgs. 28 dicembre 2013 n. 154), a commento di sentenza del tribunale capitolino, intervenuta sulla tutela azionata con l’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità di cui all’art. 263 c.c.3.

Le molteplici riflessioni ispirate da questo singolare caso, che ha rappresentato straordinaria occasione di approfondimento come di vaglio critico dei postulati sottesi e che costituisce il dato di partenza noto rispetto a quanto segue, esige rilevante aggiornamento; in sostanza una postilla che al contempo consente di toccare tutti i temi di queste due giornate, con gli essenziali riferimenti emersi sia in dottrina che nella casistica, seppur secondo traccia di esemplificazione introduttiva.

Intanto, la menzionata riforma dell’istituto della filiazione, in attuazione della delega conferita con la l. 10 dicembre 2012 n. 219, ha introdotto nuova formulazione dell’art. 263 c.c.4, che ora risulta del seguente testuale tenore:

Art. 263 (Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità).

Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità dall’autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque vi abbia interesse.

L’azione è imprescrittibile riguardo al figlio

L’azione di impugnazione da parte dell’autore del riconoscimento deve essere proposta nel termine di un anno che decorre dal giorno dell’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita. Se l’autore del riconoscimento prova di aver ignorato la propria impotenza al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto conoscenza; nello stesso termine, la madre che abbia effettuato il riconoscimento è ammessa a provare di aver ignorato l’impotenza del presunto padre. L’azione non può essere comunque proposta oltre cinque anni dall’annotazione del riconoscimento.

L’azione di impugnazione da parte degli altri legittimati deve essere proposta nel termine di cinque anni che decorrono dal giorno dell’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita. Si applica l’art. 245.

La previsione conferma il fondamentale assunto interpretativo proposto nello scritto selezionato, mantenendo ferma la natura, i presupposti e la legittimazione dell’azione di impugnazione del riconoscimento filiale per difetto di veridicità, ponendo al contempo una correzione in chiave di garanzia della stabilità del rapporto di filiazione, attraverso la fissazione di termini decadenziali per l’utile esperimento dell’azione da parte dei legittimati elencati nel primo comma (uno o cinque anni).

È rimasta invece ferma l’imprescrittibilità dell’azione in capo al figlio.

La soluzione adottata ha certo tenuto conto della spinosa problematica emersa nella casistica dell’impugnazione ex art. 263 c.c. proposta a lunga distanza temporale dal riconoscimento, obbedendo peraltro alla regola della parificazione degli stati di filiazione; infatti, i termini corrispondono in sostanza a quelli prefigurati nell’art. 244 c.c. per i figli nati nella vigenza del vincolo matrimoniale, dei quali in verità si era sempre lamentata l’eccessiva limitatezza del tempo a disposizione per l’esercizio del diritto (questione che coinvolge l’intero sistema codicistico, partendo dal c.d. favor legittimitatis, al quale possiamo qui solo fare cenno, memori delle similari problematiche per colui che agisce in giudizio per l’accertamento della non corrispondenza tra verità di procreazione e stato legale acquisito dal nato; tenendo presente l’incidenza delle conquiste scientifiche in campo biologico e genetico quanto alla prova che sorregge questo accertamento).

Da evidenziare ad ogni modo la diversa decorrenza dei medesimi termini decadenziali; il dies a quo non coincide con la nascita del figlio, ma con l’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita.

Ripercorriamo comunque i capisaldi dell’assunto interpretativo di cui andiamo discorrendo, riassumibile in estrema sintesi nei seguenti termini:

– la tutela garantita dall’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità si fonda sull’interesse alla corrispondenza degli stati personali e familiari alla realtà di fatto;

– la coerenza sistematica dell’accertamento costitutivo in parola, che consegue all’esercizio di peculiare diritto potestativo, è attestata dalla funzione di adeguamento dell’apparente rapporto di filiazione all’effettiva procreazione biologica, segnandone l’eventuale inesistenza;

– nel dispiegamento dell’azione, il difetto di veridicità genetica assume una portata oggettiva, con ciò relegando all’irrilevanza lo stato soggettivo in cui versava l’autore del riconoscimento al momento della formazione dell’atto dichiarativo;

– la legittimazione attiva ad esperire l’azione, oltre che ricorrere in capo all’autore del riconoscimento ed a colui che è stato riconosciuto5, è attribuita a “chiunque vi abbia interesse”, sia questo di ordine soltanto morale od anche patrimoniale;

– peculiare valore assume il diritto del riconosciuto come figlio alla verità della propria origine ed identità, ovvero, se si vuole, a non vedersi attribuita una falsa genitura;

– la prova della non veridicità del riconoscimento effettuato rispetto alla realtà procreativa può essere fornita con ogni mezzo, anche presuntivo (fatta eccezione, come noto, per la confessione ed il giuramento), ma è la prova scientifica che oggi assume il ruolo principe, consentendo di qualificare l’accertamento dell’effettiva discendenza in termini di certezza.

2. La sintesi del quadro normativo riformato

Il nuovo quadro normativo deve però far riflettere sul dato decisivo: il legislatore non ha raccolto le suggestioni emerse in alcune espressioni della giurisprudenza di merito6, come l’impronta creativa di quanti ritenevano di poter rinvenire nella mala fede eventualmente ricorrente in capo all’autore che esprime la propria volontà nell’atto di riconoscimento, una causa di inammissibilità o di impedimento all’esperimento dell’azione di impugnazione dello stesso atto consapevolmente contrario al vero fatto di filiazione.

L’organo legislativo conferma così il fondamentale criterio che esige per il legame di filiazione la rispondenza alla reale procreazione del figlio, ma al contempo considera le esigenze di stabilizzazione dello status attribuito a quest’ultimo, attraverso la fissazione di termini decadenziali per la proposizione dell’azione, reputando evidentemente tale equilibrio la soluzione ragionevole.

Soluzione di contemperamento, si badi, che fa sì conseguire l’irreversibile certezza legale sullo status di figlio, ma sempre revocabile ad iniziativa di questi (specularmente alla rivendicazione in ogni tempo ad iniziativa del figlio non riconosciuto secondo verità di genitura).

Tale nuova regola, ad ogni modo, giova rimarcarlo, conferma la conclusione secondo cui in fatto di filiazione la rispondenza a veridicità resta il canone guida.

La stringente limitazione temporale per la proposizione dell’impugnazione in parola da parte dell’autore del riconoscimento e degli altri interessati diversi dal riconosciuto, che comporta decadenza in ogni caso7, desta comunque più d’una perplessità sul risultato finale che caratterizza l’odierno sistema sostanziale.

Infatti, non ci si può non interrogare sulla posizione della persona che abbia assunto il ruolo genitoriale; così compresso il suo diritto di azione, si finisce per revocare in dubbio la conformità della norma ai canoni sovraordinati, in primo luogo a quello di cui all’art. 24 Cost., peraltro qui riferibile alla tutela di diritti fondamentali.

Quantunque possa ricorrere un ripensamento di colui che abbia effettuato il riconoscimento filiale, con le più varie motivazioni8, il fine di conseguire quanto prima il definitivo consolidamento dell’apparenza formale di genitura, comporta che lo stesso tratto identitario della personalità dell’autore di quell’atto non ha una dignità almeno latamente paragonabile a quella della persona “figlio”, ammessa alla rivendicazione di verità in ogni tempo.

Emerge allora con vigore l’interrogativo sostanziale di fondo o, se si vuole, di sempre: il solo comando legislativo può di per sé mutare un padre formale in “padre vero”? E per converso, colui che abbia vissuto da “padre vero” (persino quel padre che abbia realizzato tale propria personalità in buona fede e dedizione, pur estraneo alla procreazione biologica), in esatta sintonia con l’armonica stabilità degli affetti conforme al dato formale, può essere mutato in ogni tempo9 in persona “non più padre”?

Ipotizzando la comparazione con inversione dei ruoli tra chi si è dichiarato padre e il figlio riconosciuto, soltanto il primo di tali interrogativi è specularmente prospettabile.

Vi sarebbe di che riflettere anche sull’illusorio attributo funzionale delle leggi, che frequentemente sembrano rispondere a suggestioni del momento od a segni di una certa qual “onnipotenza”, ma altra la sede per una tale ulteriore ricerca di approfondimento.



3. Veridicità di procreazione, i valori sottesi e la casistica: il canone guida



La qualificazione della natura assoluta, ovvero ipoteticamente recessiva, che assume la veridicità di stato in parola, nel percorso giudiziale che ne consente la ricerca, l’accertamento e l’affermazione costitutiva, è stata comunque motivo di vivace fermento nel dibattito seguito in dottrina10.

L’interrogativo emerge ogni qual volta si prospetti, nel singolo caso concreto e ricorrendo peculiari ipotesi, di dover sancire una “deroga” al ridetto canone guida (di veridicità in fatto di procreazione), in chiave di contemperamento o bilanciamento con la posizione soggettiva confliggente, sulla base degli sviluppi dell’ordinamento positivo, letto comunque secondo il diritto vivente.

Come si percepisce, la questione si pone su un piano di aspre difficoltà di armonizzazione sistematica, come in ogni evoluzione ordinamentale in cui alla lineare semplicità della norma originaria subentra una possibile sua diversa considerazione, che tenga conto della complessa molteplicità dei contrapposti interessi di cui sono portatori i singoli nelle dinamiche di filiazione, da bilanciare, a seconda della fattispecie, con immancabile apprezzamento discrezionale del concreto comando legislativo.

Ci si riferisce, ad esempio, alla centralità assunta nell’ordinamento positivo dal principio di salvaguardia dell’interesse del minore; alle questioni emerse in tema di diritto all’identità personale e familiare, come quelle connesse all’espressione della volontà della partoriente di non essere nominata alla nascita; alle ipotesi di genitorialità c.d. intenzionale quale emerge nella procreazione medicalmente assistita, nella gestazione per altri o surrogazione di maternità, con tutte le sue variabili; a quelle inerenti la c.d. genitorialità sociale in conseguenza del moto di affetto consolidatosi nei fatti, con emersione di nuovi legami nelle relazioni familiari; alle molteplici ipotesi di circolazione internazionale degli status che evocano immancabili questioni di compatibilità con l’ordine pubblico11 (limite dell’autonomia dei singoli); a quelle dell’adozione in casi particolari, tra cui quella che può ricorrere nel rapporto di unione civile tra persone dello stesso sesso.

Sul fronte della casistica giurisprudenziale, che giova avvertirlo ha scontato e sta ancora scontando l’effetto di fattispecie effettivamente anomale, in quanto la decorrenza del termine ultimo per la proposizione dell’azione ex art. 263 c.c., risulta legata alla disciplina transitoria fissata nella riforma menzionata, rispetto a riconoscimenti risalenti anche a tempi remoti, si reputa, nonostante tentennamenti ed incertezze12, che la voluntas legis comunque privilegi la corrispondenza tra certezza formale e verità biologica.

La permanenza del canone guida costituito dal favor veritatis nelle azioni di stato filiale, anche per come è configurato processualmente l’accertamento (secondo il criterio della libertà di prova) che conduce alla formazione della cosa giudicata13, corrisponde inconfutabilmente ad un valore comunemente sentito.

D’altro canto, proprio il diritto e l’interesse primo del figlio stesso è configurato sull’elemento essenziale della propria identità personale manifestamente riferito alla verità biologica, verità che oggi può essere ricercata e raggiunta con sicurezza, attraverso le prove emato-genetiche, scientificamente così affidabili da raggiungere la soglia della sostanziale certezza.

Questa garanzia di autenticità relativamente alla reale procreazione del singolo, quale elemento identitario fondamentale, risulta manifestamente confermato dall’odierno tenore dell’art. 263 c.c., in sintonia con il dato costituzionale14 e convenzionale15.

Questo significa che il valore guida del favor veritatis costituisce un principio corrispondente all’interesse del figlio, che non può essere revocato in dubbio sulla base di opzioni astratte ovvero di questo o quel caso eccezionale, ove emergono anomalie estreme di ingenitura, quale ad esempio quella giunta all’attenzione della Corte delle leggi nel dicembre 201716. Avverte difatti la Corte, nel respingere ancora una volta il dubbio di legittimità costituzionale sollevato anche in relazione al nuovo tenore dell’art. 263 c.c., che il bilanciamento tra il favor veritatis e l’interesse del minore è sì astrattamente possibile nella ricorrenza di evenienze che possa giustificarlo, ammonendo però su questa delicata operazione; perentorio il richiamo rivolto al giudice remittente a voler considerare che nella fattispecie della surrogazione di maternità la posizione di colui che rivendica il ruolo di genitore intenzionale in antitesi al dato genetico, non può prescindere dalla presa d’atto della verità, siccome quella modalità procreativa incompatibile con i valori inalienabili del nostro sistema giuridico; indica inoltre la stessa sentenza, che l’istituto in cui può trovare soddisfazione la tutela di quel rapporto intenzionale è l’adozione in casi particolari, per il miglior bilanciamento di ogni interesse sottostante, ovviamente nella ricorrenza dei suoi presupposti.

L’espressione è stata successivamente fatta propria dalla Corte di legittimità, nella sua più ampia espressione nomofilattica17.



4. L’interesse del minore tra status legale e realtà di procreazione



Riprendendo il nostro discorso, appare perciò possibile approdare alla razionale conclusione secondo cui l’interesse del minore nei giudizi di stato, ove il contrasto tra l’affermazione della verità biologica e la formale emergenza legale (fondata sulla presunzione o sul riconoscimento) si presenta intrinsecamente, risulta già contemperato in via generale dalla legge vigente.

Tale valutazione è ad ogni modo palesata nel tenore del riformato art. 263 c.c.: limitando e rigorosamente nel tempo la possibilità per colui che ha compiuto il riconoscimento18 di poter smentire sé stesso, mediante l’impugnazione dello status per difetto di veridicità, si è nei fatti al contempo tutelato l’interesse del figlio a non patire pregiudizio sostanziale apprezzabile, in nesso causale con il venir meno del rapporto secondo evenienza indefinita; se si vuole, dall’angolo visuale del figlio, ciò sta a significare rigorosa delimitazione del periodo di incertezza in cui il rapporto di filiazione può risultare come appeso.

Al minore è anzi garantita la tutela primaria proprio con l’attribuzione dello stato filiale coincidente – come di norma – con la verità di procreazione, quale condizione di partenza del singolo ritenuta a priori migliore; comunque, in concreto rendendo compatibile l’impugnazione in parola con l’esigenza del figlio a poter contare sulla stabilità degli affetti e la certezza del proprio stato personale, seppur non veridico.

Innegabile difatti, per usare le stesse parole con cui ebbe ad esprimersi la richiamata Corte delle leggi nel 2017, che nei brevi lassi temporali enumerati, decorrenti dalla nascita o dall’annotazione del riconoscimento sull’atto di nascita, possa risultare in concreto maturato un significativo ed attuale rapporto interpersonale, il cui venir meno comporta apprezzabile pregiudizio; lesività che non può confondersi con questa o quella mera “difficoltà di adattamento”19; oppure, tale da impedire la considerazione delle circostanze e modalità del concepimento; perciò, pur sancito il superamento dell’automatismo in virtù della prevalenza del dato veridico della filiazione, la stessa condotta familiare assunta in concreto dal genitore autore del riconoscimento in tale limitato lasso temporale assume un peso di rilievo.

D’altro canto, la stessa prospettazione di una possibilità di “bilanciamento” che possa condurre a far prevalere l’interesse del minore alla conservazione dello status legale acquisito, pur non veridico, presuppone un concreto e rilevante pregiudizio in nesso causale precipuo con la sua eventuale privazione, da dimostrare in giudizio come di spessore obiettivamente più grave di quello derivante dal sacrificio del ridetto fondamentale tratto identitario personale (origini biologiche e circostanze della nascita).

Da sottolineare allora il pericolo di errore di maggior spicco di chi volesse muovere dall’impostazione motiva astratta – speculare all’anteriore automatismo di corrispondenza della filiazione a veridicità –, secondo cui il figlio minore ha sempre interesse a mantenere il proprio status legale già attribuitogli alla nascita o successivamente attraverso il riconoscimento annotato sull’atto di nascita, nonostante gli odierni termini decadenziali per l’utile proposizione dell’azione; una tale ipotesi, del quale non può sfuggire la consistenza di semplicistico sillogismo, costituirebbe travisamento manifesto in primo luogo della ricostruzione ultima sancita dalla Corte costituzionale nel 2017.

Ecco allora come l’eventuale reiezione dell’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, che presuppone la prevalenza dell’interesse del figlio rispetto all’ordinario canone dettato dal favor veritatis, e che comporta la conservazione dello stato acquisito pur non autentico, costituisce nei fatti una ipotesi oramai destinata ad emergere soltanto in eccezionali evenienze; peraltro, incentrate sul tratto prettamente esistenziale del rapporto e non su quello degli “egoistici tornaconti” economici20.

Tutto ciò a voler trascurare l’altro diritto alla costituzione del naturale legame giuridico ed affettivo dello stesso figlio con il proprio vero genitore (esercitabile anche da quest’ultimo, proprio attraverso la previa declaratoria di non veridicità dello status filiale già attribuito).

Si reputa che un tale approdo veda il conforto della giurisprudenza di legittimità21, accuratamente analizzati i prevalenti arresti anche ultimi, alla ricerca del fondamentale filo conduttore, pur con le segnalate aporie.

Certo la cornice di questo quadro presenta margini labili (diciamo a causa della “sensibilità” della giurisprudenza – pur disomogenea – a differenziare minuziosamente i tratti casistici22), che comunque non garantisce gli operatori pratici di quella necessaria condizione di serena certezza delle regole.



5. Veridicità, identità di genitura e nuove insidie



Prima di concludere pare opportuno anche un cenno di più ampio respiro.

Con frequenza l’incerta evoluzione delle regole giuridiche inerenti i diritti inalienabili della persona, sembra come dimenticare questa o quella esigenza obiettiva dell’ordine di più vasta rilevanza pubblica; tema estremamente complesso che si vuol qui solo sfiorare con metodo esemplificativo, attraverso la proposizione di un preoccupato interrogativo.

Il legislatore, non diversamente dall’interprete, può dirsi oggi guidato da reale consapevolezza dei pericoli insiti in una tendenziale diffusione massiva di filiazioni non conformi alla realtà biologica di procreazione?

Su tutti uno balza ictu oculi: quali e quante potranno essere le potenziali unioni affettive di coppia inconsapevoli tra consanguinei nelle generazioni?

Di grande interesse risulterebbe uno studio genetico e statistico23 su tale potenziale “frutto avvelenato” degli odierni mezzi tecnico-scientifici, il cui successo si salda con la soddisfazione del più esasperato individualismo, nella frequente ricorrenza di sfruttamenti o tornaconti di natura sostanzialmente commerciale, aspetti sui quali appare opportuno non indulgere ipocritamente; come giova tener a mente l’antico monito per cui “le colpe dei padri non ricadano sui figli”24.

Le varie evenienze di tale svolta in fatto di filiazione, come sopra cennate, comporta il crescente diffondersi di rapporti di filiazione non coincidenti con la verità di discendenza biologica, che si assommano.

Limitazioni all’affermazione della veridicità in fatto di filiazione, p.m.a. eterologa25, gestazione per altri, procreazione secondo tecniche di clonazione, ovvero di utilizzo di materiale genetico donato o prelevato da una pluralità di individui, in combinazione a volte con la gestazione di altra donna, etc., compongono un mosaico complessivo che sembra volgere ad un mutamento antropologico nella trasmissione della vita.

Ecco allora la prova che attende un legislatore accorto e responsabile, il quale essendosi giustamente mostrato sensibile alla forza connaturata nell’instaurazione dei legami di affetto (pur esposti identicamente al mutevole sentire umano), alla eguaglianza dei figli ed alla pari dignità sociale e familiare, alla realizzazione della personalità di ognuno, e quant’altro ben noto, dovrebbe altrettanto responsabilmente occuparsi delle severe questioni che risultano aperte, la cui soluzione non è poi impossibile.

Attribuire al nascituro il nome, secondo quanto abbiamo già affrontato nel secondo modulo della nostra Scuola, oggi può risultare prospettiva veramente insufficiente ai fini in parola; al figlio può agevolmente essere attestata la propria identità genetica di discendenza procreativa, contenuta nei tratti ematologici e nel dna, dati per di più essenziali sul piano sanitario, la cui utile conoscenza si proietta sul bene futuro di cura della persona.

L’auspicio di una “carta d’identità” di discendenza biologica, comprensiva cioè dei dati di chi in principio risulta destinato a non assumere alcun ruolo esistenziale e giuridico nella vita del figlio, da formarsi al più tardi al momento della nascita, non sembra allora pronostico azzardato, tanto più ove la scienza colga traguardi sino a ieri inimmaginabili, sul fronte della “gestazione artificiale” dell’embrione umano.



NOTE

1 Testo della relazione svolta il 29 maggio 2020, ad introduzione e coordinamento del settimo modulo (terzo biennio), della Scuola di alta formazione specialistica in diritto della persona, delle relazioni familiari e dei minorenni, istituita dall’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Roma Tre Scuola Superiore dell’Avvocatura del Consiglio Nazionale Forense.

2 Il modulo formativo ha visto l’intervento di M. SeSta, Le azioni di status filiationis: profili sostanziali; F. toMMaSeo, Le azioni di status filiationis: profili processuali; S. SteFanelli, L’interesse del minore e la veridicità dello status filiationis. La questione dell’anonimato materno; r. CalviGioni, L’atto di nascita.

3 G. Savi, L’impugnazione dello status filiationis per difetto di veridicità da parte dell’autore del riconoscimento in mala fede, in nota a Trib. Roma 17 ottobre 2012 n. 19563, in Giur. it., 2013, 1545; e in Giur. merito, 2013, 1282.

4 Tra gli altri contributi della dottrina, cfr., O. ClariZia, Innovazioni e problemi aperti all’indomani del decreto legislativo attuativo della riforma della filiazione, in Riv. dir. civ., 2014, 616; A. barletta, Diritto di azione e limiti all’impugnazione del riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2014, 1573; Aa.Vv., La riforma della filiazione (a cura di) C.M. bianCa, Lavis (Cedam), 2015, per quel che qui interessa in particolare, G. Chiappetta, L’impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, 495 ss.; M. SeSta, Filiazione (diritto civile), in Enc. dir., annali VIII, Milano, 2015, 445 ss., 472; p. MoroZZo della roCCa, Sul riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio, dopo la riforma del 2012-2013, in Fam. dir., 2015, 182; r. aMiGliani, L’unicità dello stato giuridico di figlio, in Riv. dir. civ., 2015, 554; M. doGliotti, La filiazione fuori dal matrimonio. Artt. 250-290, in Commentario cod. civ. SChleSinGer-buSnelli, Milano, 2015, 337; G.F. baSini, Il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio, in Trattato dir. fam. bonilini, Milano, 2016, IV, 3600 ss.; M. doSSetti, L’impugnazione del riconoscimento, in La nuova filiazione doSSetti-M. Moretti-C. Moretti, Bologna, 2017, 280; a. SaSSi, Azioni di stato, in La filiazione e i minori, Trattato dir. civ. SaCCo, Milano, 2018, 4, 408; G.M. uda, L’impugnazione del riconoscimento, in Il nuovo diritto della filiazione lenti-Mantovani, Trattato dir. fam. Zatti (Le riforme), Milano, 2019, II, 262.

5 Da sottolineare come in tale giudizio l’altro genitore è litisconsorte necessario, come utilmente chiarito anche dal recente arresto di Cass., sez. VI-1, 17 aprile 2019 n. 10775, in Fam. dir., 2019, 981, con nota di F. danovi, Impugnazione del riconoscimento ex art. 263 c.c. e litisconsorzio necessario.

6 Quale appunto quella che ha occasionato l’approfondimento di cui allo scritto selezionato per questa occasione; in verità, tra i tribunali che avevano contribuito allo sparuto filone giurisprudenziale in parola (esattamente i precedenti sono quelli di Trib. Civitavecchia 19 dicembre 2008, in Giur. merito, 2010, 1250, con nota di M. di nardo, Venire contra factum proprium: applicabilità del principio in tema di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, e di Trib. Napoli 28 aprile 2000, in Giur. Napoletana, 2000, 277), il Tribunale di Napoli, con successivo arresto 11 aprile 2013, in Foro it., 2013, I, 2040, con nota redazionale di G. CaSaburi, ha sensibilmente corretto il tiro, riconoscendo apertamente gli errori motivi di quell’anteriore indirizzo, con particolare riferimento alla netta differenza che corre tra la proposizione dell’azione ex art. 263 c.c. e la revoca della volontà espressa nell’atto di riconoscimento; come pure l’obiettiva insostenibilità di una sorta di codificazione nel diritto positivo di un valore sistematico rinvenuto attraverso l’estensione per via ermeneutica della regola di irrevocabilità del consenso alla p.m.a. eterologa ex art. 9, l. 19 febbraio 2004 n. 40, secondo principio tradizionalmente espresso nel brocardo nemo auditur turpitudinem allegans, stante la diversità delle situazioni presupposte, nettamente incomparabili; davvero significativo questo tratto motivo: “Un conto è la volontà di generare (con materiale biologico altrui) chi non è ancora nato, altro è riconoscere (falsamente) chi è già nato. E si osserva che il divieto di venire contra factum proprium sussiste solo quando il primo fatto sia giuridicamente lecito e non quando sia illecito ovvero addirittura di rilevanza penale”; ciò non di meno il Collegio giunge alla stessa conclusione ipotizzando nuova via di soluzione, imperniata sul diritto del minore all’identità biologica, da cui fa discendere l’esclusiva legittimazione ad esercitare l’azione in capo al figlio, con esclusione dell’autore del riconoscimento; pur rinviando alla concreta disamina di tale motivazione, la stessa confligge in primo luogo con il dato normativo. Conforme all’indirizzo prevalente è invece risultato il convincimento di altri Collegi di merito, Trib. Treviso 26 gennaio 2016, in banca dati Pluris.; Trib. Bari 13 giugno 2014, ivi; Trib. Genova 26 aprile 2012, ivi.

7 Ed ove esercitata tempestivamente implica naturalmente autodenunzia per l’eventuale illecito di rilevanza penale dell’alterazione dello stato filiale della persona riconosciuta contrariamente al vero fatto di filiazione (ovvero delle altre figure di reato evocabili), che si estendono a carico di chiunque abbia concorso alla produzione dell’evento; con tutto quel che ne consegue anche sul versante del risarcimento del danno ingiusto, ove spicca anche la componente prettamente morale.

8 Perciò anche quella che risulti in qualche modo riprovevole; ma tenuto sempre conto che ogni prospettiva di rilevanza etica costituisce insidia per l’interprete, che deve contenere l’analisi sul diverso piano giuridico.

9 Significativo ad esempio il caso giunto all’attenzione di Cass., sez. I, 29 novembre 2016 n. 24292, in Foro it., 2017, I, 163.

10 Tra i molteplici nuovi contributi, oltre quanto richiamato in nota 4, cfr., G. CaSaburi, L’impugnativa per difetto di veridicità: una sentenza “ancien régime” della Cassazione, in nota a Cass., sez. I, 26 marzo 2015 n. 6136, Id. 31 luglio 2015 n. 1622, e Trib. Firenze 30 luglio 2015, in Foro it., 2015, I, 3127; l. Gaudino, Riconoscimento del figlio “per compiacenza”, impugnazione ex art. 263 c.c. e risarcimento del danno, in Resp. civ. prev., 2016, 193, in nota a Cass., sez. I, 30 luglio 2015 n. 16222; F. FarolFi, Effetti dell’azione di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità ed obbligo di mantenimento gravante sul presunto genitore, in Fam. dir., 2017, 253, in nota a Cass., sez. I, 24 novembre 2015 n. 23973; F. SCia, Disconoscimento della paternità tra favor veritatis e interesse del minore, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 851, in nota a Cass., sez. I, 22 dicembre 2016 n. 26767; v. Carbone, Azione di disconoscimento di paternità, il favor veritatis prevale sul favor legittimitatis, in Corr. giur., 2017, 452, in nota a Cass., sez. I, 15 febbraio 2017 n. 4020; M.n. buGetti, Favor veritatis, favor stabilitatis, favor minoris: disorientamenti applicativi, in Fam. dir., 2017, 848, in nota a Cass., sez. I, 3 aprile 2017 n. 8617. Cfr. anche, M. Mantovani, Riflessioni sparse in tema di azioni di stato e interesse del minore, in Nuova giur. civ. comm., 2019, II, 1346. Sul versante processuale, v. per l’importanza dell’elaborazione, F. danovi, Impugnazione del riconoscimento ex art. 263 c.c. e litisconsorzio necessario, cit., in nota a Cass., sez. I, 17 aprile 2019 n. 10775; a. naSCoSi, La nomina del curatore speciale nel giudizio di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, in Nuova giur. civ. comm., 2016, 1035, in nota a Cass., sez. I, 2 febbraio 2016 n. 1957.

11 Come noto, la più ampia prospettiva dell’ordine pubblico internazionale inevitabilmente si distingue dalla mera contrarietà alle disposizioni positive – imperative e inderogabili – dell’ordinamento interno; in sostanza, il piano del confronto tra la norma o l’atto straniero di cui è espressione, si incentra sulla incompatibilità rispetto al comune denominatore dei principi giuridici e dei valori condivisi dalla comunità internazionale, generalmente riconosciuti nel contesto accomunato da una stessa cultura di riferimento o di similare esperienza storica, come si presenta in un dato tempo; il confronto e la ricerca travalica i limiti territoriali italiani attraverso i cardini già desumibili dalla nostra Carta costituzionale, dai Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’U.E., nonché dalle Convenzioni internazionali ratificate, annoverando in primo luogo le tutele dei diritti fondamentali dell’uomo. In tema, tra la vasta bibliografia, cfr. i contributi di M. SeSta, Norme imperative, ordine pubblico e buon costume: sono leciti gli accordi di surrogazione?, in Nuova giur. civ. comm., 2000, II, 203; C. irti, Digressioni attorno al mutevole “concetto” di ordine pubblico, ivi, 2016, II, 481; p. perlinGieri, Libertà religiosa, principio di differenziazione e ordine pubblico, in Dir. succ. fam., 2017, 185.

12 Come dimostrano gli arresti citati in nota 10, che incarnano e nel breve periodo, interpretazioni disomogenee (già la mutevole composizione dei collegi della Suprema Corte sembra influire).

13 Opportuno rammentare come tale giudicato, una volta formatosi, comporta irreversibile efficacia generale, anche nei confronti del figlio quale parte processuale necessaria.

14 Dato univocamente tratto dagli artt. 2, 3, 29, 30 e 31 della nostra carta fondamentale, come costantemente rimarcato dalla Corte delle leggi: cfr., ex multis, Corte Cost. 25 novembre 2011 n. 322, cit. nello scritto selezionato, rinvenibile anche in Foro it., 2012, I, 10, con nota di G. de MarZo, Incapaci e atti personalissimi, tra criteri di valutazione e problemi processuali; in Corr. giur., 2012, 478, con nota di p. MoroZZo della roCCa, La Consulta e le azioni di stato: una pezza ben cucita su un vestito troppo vecchio; ed in Fam. dir., 2012, 548, con nota di C. Cilla, La sospensione del termine per l’azione di disconoscimento della paternità opera anche per l’incapace naturale affetto da “abituale grave infermità mentale”; Id., 12 aprile 2012 n. 7, cit. ancora nello scritto selezionato; Id., 18 dicembre 2017 n. 272, in Dir. fam. pers., 2018, 15; in Giur. it., 2018, 1830, con nota di e. Falletti, Filiazione e riconoscimento di atto di nascita straniero. Il riconoscimento in Italia dello status di figlio nato da surrogacy straniera.

15 Cfr., nelle fonti, l’evidenza che si rinviene già nell’art. 7, della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo (ratificata con l. 27 maggio 1991 n. 176); e negli artt. 8 e 14, della CEDU.

16 Corte Cost. 18 dicembre 2017 n. 272, cit., intervenuta in fattispecie di impugnazione del riconoscimento di figlio non matrimoniale effettuato da parte della donna, invero concepito mediante maternità surrogata; in effetti, questa sentenza costituzionale conferma l’interpretazione riferita al diritto vivente ammettendo la possibilità di “bilanciamento” con l’interesse del figlio minore, superando quella assolutezza imprescindibile della rispondenza o meno a veridicità, quale automatismo caratterizzante l’impugnazione in parola. La recente giurisprudenza della stessa Corte delle leggi, sotto altri versanti, presenta espressioni di rilevante peso sistematico: v., da ultimo, Corte Cost. 15 novembre 2019 n. 237, in Fam. dir., 2020, 325, con nota di M. SeSta, L’atto di nascita del cittadino straniero nato in Italia non può recare il riconoscimento di due madri, intervenuta in fattispecie inerente la formazione in Italia di atto di nascita di cittadino di nazionalità straniera, secondo la congiunta richiesta rivolta all’ufficiale di stato civile da due donne sposate all’estero, di cui solo una madre biologica (cittadina del Wisconsin, USA), con risultato di inammissibilità della questione; Id., 23 ottobre 2019 n. 221, in Corr. giur., 2019, 1460, con nota di G. reCinto, La legittimità del divieto per le coppie same sex di accedere alla PMA: la Consulta tra qualche “chiarimento” ed alcuni “revirement”, intervenuta in fattispecie inerente l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita riservato alle sole “coppie... di sesso diverso”, con risultato di non fondatezza della questione. Cfr., da ultimo, Cass., sez. I, 22 aprile 2020 n. 8029, in banca dati Pluris.

17 Cass., sez. un., 8 maggio 2019 n. 12193, in Foro it., 2019, I, 1951; in Nuova giur. civ. comm., 2019, 737, con nota di u. Salanitro, Ordine pubblico internazionale, filiazione omosessuale e surrogazione di maternità; in Giur. it., 2020, 543, con nota di a. valonGo, La c.d. “filiazione omogenitoriale” al vaglio delle Sezioni unite della Cassazione, e successiva nota di G. Salvi, Gestazione per altri e ordine pubblico: le Sezioni unite contro la trascrizione dell’atto di nascita straniero, ivi, 1625; e da ultimo, in Dir. fam. pers., 2020, 392, con nota di d. MaZZaMuto, La decisione delle Sezioni Unite: i nuovi fronti della “genitorialità sociale”. L’arresto è stato oggetto di ferma critica da parte di quanti vi hanno rinvenuto contraddizione sia con la giurisprudenza CEDU, che con l’assunto espresso da Corte Cost. 18 dicembre 2017 n. 272, cit.; cfr., in particolare, G. Ferrando, I bambini prima di tutto. Gestazione per altri, limiti alla discrezionalità del legislatore, ordine pubblico; impostazione in sostanza prefigurata già nel commento al richiamato arresto della Corte delle leggi, in Corr. giur., 2018, 446, Gestazione per altri, impugnativa del riconoscimento e interesse del minore. La tesi, pur giustamente sensibile alla posizione soggettiva del figlio minore, sembra come tesa a conservargli sempre e comunque lo stato in qualsiasi forma già acquisito, come nuovo parametro apicale assolutamente intangibile, mentre il favor veritatis sembra scemato quasi a “disvalore”. In realtà, il dato espresso dalla giurisprudenza evocata risulta sostanzialmente equivocato, stante l’affermazione basilare anche nella posizione di maggiore apertura, secondo cui la deviazione dal canone di coincidenza dello stato di filiazione alla veridicità procreativa presuppone pur sempre elementi forti, tali da giustificare solo eccezionalmente e nel singolo caso concreto, la soluzione contraria alla scelta operata dal legislatore, come vedremo infra. Cfr. i riferimenti nei due contributi appena richiamati, nonché a. SaSSi, Gestazione per altri e ruolo delle azioni di stato, in Diritto e Processo, 2017, 272; a.G. GraSSo, Maternità surrogata e riconoscimento del rapporto con la madre intenzionale, in Nuova giur. civ. comm., 2019, 757; e. Falletti, “Di chi sono figlio? Dipende da dove mi trovo”. Riflessioni comparate su status, genitorialità e GPA, in Fam. dir., 2020, 743. Cfr., inoltre, quanto cit. in nota precedente. Da segnalare, come il diritto vivente affermato dalle sezioni unite nel novembre 2019, cit., è stato subito messo in discussione dalla prima sezione civile della Corte di legittimità, con l’ordinanza 29 aprile 2020 n. 8325, in banca dati Pluris, la quale, pur di “sottrarsi” (testuale dizione) ai risultati di quell’approdo ermeneutico, ha sollevato il dubbio di legittimità costituzionale, nella parte in cui non consente che possa essere riconosciuto e dichiarato esecutivo, per contrasto con l’ordine pubblico, il provvedimento giudiziario straniero relativo all’inserimento nell’atto di stato civile di un minore procreato con le modalità della gestazione per altri, del c.d. genitore d’intenzione non biologico. Vedremo fra qualche tempo il nuovo responso della Consulta. In punto al riconoscimento del provvedimento giurisdizionale straniero che sancisce l’adozione legittimante da parte di persone dello stesso sesso unite civilmente, v., Cass., sez. I, 11 novembre 2019 n. 29071, in Foro it., 2020, I, 31.

18 Similare il quadro della limitazione temporale all’esperimento dell’azione da parte degli altri legittimati, portatori di ulteriori interessi personali.

19 Condivisibile puntualizzazione di Cass., sez. I, 21 giugno 2018 n. 16356, in banca dati Pluris.

20 Tra altre, in tal senso, Cass., sez. I, 6 marzo 2019 n. 6517, in Foro it., 2019, I, 1171.

21 In tale ottica, significativi anche i recenti arresti di Cass., sez. I, 15 febbraio 2017 n. 4020, cit. in nota 10; Id., 14 dicembre 2017 n. 30122, in Fam. dir., 2019, 403; Id., 21 febbraio 2018 n. 4194, in Foro it., 2018, I, 793; Id., 21 giugno 2018 n. 16356, cit. in nota 19; Id., 14 febbraio 2019 n. 4526, in Foro it., 2019, I, 1171; Id., 6 marzo 2019 n. 6517, cit. in nota precedente; Id. 24 febbraio 2020 n. 4791, in Fam. dir., 2020, 346, con nota di F. toMMaSeo, Sulla tutela dell’interesse del figlio nei giudizi di stato: osservazioni a margine a un riconoscimento non veridico. Si cfr. anche la chiara conferma che si rinviene in Cass., sez. I, 3 aprile 2020 n. 7668, in banca dati Pluris, nonostante resa su impugnazione di decreto che aveva respinto la domanda di rettificazione dell’atto di nascita.

22 Si pensi soltanto allo straordinario caso presentatosi all’attenzione della Corte di legittimità, riguardante la domanda di rettificazione dell’atto di nascita della figlia nata da procreazione medicalmente assistita omologa, portata a termine dalla madre in Spagna successivamente alla morte del coniuge, con i gameti crioconservati di questi, invero prelevati anteriormente alla cura della grave patologia contratta, esitata nell’evento mortale; lo stesso ex coniuge defunto era risultato sempre consenziente in vita anche e specificatamente per la procreazione post mortem; la figlia veniva partorita dalla vedova in Italia, oltre i trecento giorni di cui all’art. 232, comma 1°, c.c.; v. Cass., sez. I, 15 maggio 2019 n. 13000, in Fam. dir., 2020, 27, con nota di d. GiunChedi, La procreazione assistita post mortem tra responsabilità procreativa e favor stabilitatis. Il caso mette in evidenza l’incoerenza che ricorre nella peculiare disciplina della filiazione frutto di procreazione medicalmente assistita, secondo le sue molteplici modalità ed implicazioni; difatti, tale filiazione tutt’oggi non vede una razionale armonizzazione dei principi generali affermati dalla l. 19 febbraio 2004 n. 40, con le logiche del sistema codicistico generale sulla filiazione, come con la regolamentazione degli atti e delle registrazioni di stato civile di cui al d.P.R. 3 novembre 2000 n. 396. Ai nostri fini, rilevante è il peso della soluzione pretoria adottata dalla Corte di legittimità, che ha cercato di dipanare le questioni, colmando le lacune ordinamentali che il caso ha fatto emergere (certamente la soluzione non è esente da criticità oltremodo disagevoli, tra le quali spicca il destino esistenziale della persona concepita e nata quando il padre era già da tempo defunto, e tuttavia avente diritto alla tutela filiale nonostante le scelte di responsabilità degli adulti); infatti, nel costrutto motivo della Corte, assume peso dirimente l’esigenza di assicurare eguale tutela all’interesse del minore, ed il fatto che nel caso risultava pacifica l’effettiva discendenza biologica dagli ex coniugi (in assenza di altra figura paterna intenzionale o in rapporto di familiarità), consenzienti a tale procreazione, sino in punto di morte; anche in tale eccezionale fattispecie la Corte richiama in tal senso il valore guida della rispondenza a veridicità della filiazione e l’esigenza che risulti conformemente attestata negli atti e nelle registrazioni di stato civile. D’altro canto, rimarca rettamente la Corte, il figlio così procreato si trova in posizione soggettiva di avente diritto alla conoscenza delle proprie origini e delle circostanze di nascita, quale fondamentale elemento identitario della persona. Tali prospettazioni consentono allora di poter annoverare l’arresto in parola tra le espressioni della giurisprudenza di legittimità che in sostanza possono confortare la tesi di fondo sostenuta, in aggiunta a quelli menzionati in nota precedente; invero, giova anche richiamare i precedenti enumerati dalla Corte come di riferimento, e cioè, Cass., sez. I, 20 marzo 2018 n. 6963; Cass., sez. un., 25 gennaio 2017 n. 1946; Cass., sez. I, 21 luglio 2016 n. 15024; tutti rinvenibili in banca dati Pluris. Infine, in merito a questa peculiare fattispecie della fecondazione omologa post mortem, giova rammentare come l’art. 5, della l. 19 febbraio 2004 n. 40, esige la ricorrenza del requisito soggettivo della presenza in vita di entrambi i componenti della coppia; in numerosi Paesi anche del contesto Europeo la condotta è vietata in mancanza del detto requisito dell’esistenza in vita (tra i quali, Francia, Germania ove addirittura è sanzionata penalmente, Danimarca, Svizzera), o comunque sottoposta a forme di controllo pubblico (Grecia, Regno Unito, Spagna); come detto, la vicenda regolata dalla Cassazione ha preso il via in quest’ultimo Paese, ove la fecondazione omologa in parola può essere effettuata entro sei mesi dalla morte del marito o convivente e la paternità viene sempre attribuita all’uomo deceduto, a condizione che abbia prestato il consenso con atto pubblico, ovvero nella scheda testamentaria.

23 Cfr., a titolo esemplificativo, la significativa enumerazione delle patologie che possono insorgere nei figli discendenti da consanguinei, di F. SanteuSanio, Incesto e malattie ereditarie: è possibile individuarle e gestirle?, in La parificazione degli status di filiazione (a cura di) Cippitani, SteFanelli, Roma-Perugia, 2013, 197.

24 D’altronde, la conferma giuridica può già derivarsi dall’art. 2, della cit. Convenzione sui diritti del fanciullo, adottata a New York il 20 novembre 1989, ratificata nel nostro Paese con la l. 25 maggio 1991 n. 176.

25 Peraltro, non sono mancati scandalosi accadimenti emersi in strutture sanitarie estere – divenute famose nel recente passato con il fenomeno del c.d. turismo procreativo –, che hanno fatto emergere pratiche di segno grandemente irresponsabile, quale l’utilizzazione dei gameti personali propri del medico stesso per la procreazione di una moltitudine di figli, o comunque dei gameti di uno stesso donatore prevalente, per di più a seconda dei tratti genetici desiderati a livello estetico.