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Il processo civile dell’emergenza: una postilla

autore: R. Ruggeri

Questo 2020 che sta volgendo al termine sarà un anno difficile da dimenticare. L’emergenza sanitaria tuttora in atto ha determinato e determina importanti cambiamenti nel nostro stile di vita, imponendoci di ripensare le modalità in cui si estrinsecano le attività sociali, il lavoro, i servizi e non ultimo il nostro accesso alla giustizia, al tribunale e alle udienze.

La produzione normativa emergenziale che ha accompagnato l’insorgere e il dipanarsi della pandemia ha riguardato infatti anche e necessariamente le forme del processo civile.

In particolare, alla data di oggi si sono già avvicendate quattro diverse versioni degli istituti cui la prassi ha presto imposto il nome di “udienze per note scritte” e “udienze da remoto”: la prima versione, licenziata ai primi del marzo scorso nell’art. 83 del decreto legge dettato a regolare il primo lockdown (d.l. 18/2020), ha subito qualche modifica in sede di conversione (l. 24 aprile 2020, n. 27); ulteriori revisioni sono giunte con il c.d. Decreto Giustizia (n. 28/2020) e con il successivo art. 221 del decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020, poi convertito dalla legge n. 77 del 17 luglio 2020. Solo con tale ultimo intervento parlamentare si è dato il necessario spazio alla volontà delle parti nella scelta dell’adozione di queste modalità alternative di udienza.

Le pur scarne norme dettate al riguardo dai provvedimenti legislativi che si sono succeduti in questi mesi hanno la potenzialità di una vera e propria rivoluzione copernicana: le udienze “da remoto” allontanano l’avvocato, quantomeno fisicamente, dal Palazzo di Giustizia; la previsione delle udienze “per note scritte” sancisce un ulteriore – forse esiziale – indebolimento del principio dell’oralità, ancora affermato nel nostro codice con prosopopea (art. 180 c.p.c.: “la trattazione della causa è orale”) ma ormai fortemente prostrato dalle numerose novelle processualcivilistiche che si sono susseguite dalla metà degli anni ’90 del secolo scorso (il regime delle preclusioni previsto per gli atti introduttivi, per la determinazione del thema decidendum e per le istanze istruttorie privilegia se non impone un contraddittorio scritto) e da una prassi che quasi sempre delega alle memorie scritte la discussione, tanto che è frequente la richiesta di potere depositare note conclusive anche in limine all’udienza ex art. 281-sexies c.p.c., che pure dovrebbe, nelle intenzioni del legislatore, rappresentare un tipico momento di estrinsecazione del contraddittorio orale.

Sappiamo bene che queste norme emergenziali rischiano di invalere nella prassi e di esserne ritenute, ove compatibili con il sistema ed efficaci nei risultati, a titolo definitivo. Il dibattito si è acceso tra gli operatori del diritto e ferve in tutta Italia: chi vede nelle novelle emergenziali un conculcamento inaccettabile del diritto di difesa, che ritiene garantito appieno esclusivamente dal rispetto delle forme del contraddittorio orale, in presenza; chi ritiene che di alcune udienze, di cui la prassi avrebbe da tempo evidenziato l’inutilità, si debba specificamente prevedere la trattazione per note scritte. Le udienze da remoto, dopo le prime titubanze e riluttanze, scatenano le reazioni meno accese, preservando un contatto verbale con il giudice e apparendo, quantomeno di questi tempi, misura utile e necessaria dal punto di vista sanitario.

La problematicità di queste nuove forme ha impatto particolare sui processi del diritto di famiglia, nei quali la comparizione personale delle parti avanti al giudice è prevista sovente e sovente ha potenzialità forti: di permettere al giudice di valutare meglio le posizioni dedotte in giudizio interloquendo con i soggetti direttamente interessati; di comporre la vertenza, anche soddisfacendo il desiderio delle parti (di alcune parti) di confrontarsi con l’autorità e di averne indicazioni (che possono essere cruciali per il componimento della vertenza).

Con le linee guida adottate nell’aprile 2020 il CNF aveva sostanzialmente preconizzato la trattabilità per note scritte dei procedimenti familiari intrapresi ad accordo delle parti già raggiunto, nonostante la previsione, in alcuni di essi (separazioni consensuali e divorzi congiunti) della necessaria comparizione dei coniugi avanti al Presidente del Tribunale per il prescritto “tentativo di conciliazione”1. Così avevano stabilito anche le linee guida ovvero i Protocolli adottati in diversi Tribunali. Alla fine dell’ottobre scorso (d.l. 137/2020, art. 23 co. 6) è intervenuta la disposizione normativa di rango primario che consente di ritenere legittimamente omessa detta comparizione, ove le parti dichiarino espressamente e consapevolmente di rinunciarvi, di essere stati informati sul punto, di non avere intenzione di conciliarsi.

Prima di levare gli scudi a difesa del totem dell’oralità, della concentrazione e dell’immediatezza a discapito della trattazione scritta, forse ingiustamente ritenuta una forma comunque deteriore e meno solenne, è bene ricordare che la posizione di quel principio a fondamento del processo codicistico del 1942 è stata una scelta del legislatore che ha concluso, secondo il sentire di allora, un dibattito nel quale si erano fronteggiate due impostazioni: quella più ideologica del Chiovenda, che individuava nel principio di oralità il cardine dell’effettività del contraddittorio e del diritto di difesa, e la scuola cosiddetta pragmatica, che faceva capo al pensiero del Mortara, più pronto ad adeguare il processo alle esigenze storiche e sociali contingenti, nella convinzione che il processo fosse strumento di giustizia da non ingabbiare in formalismi definitivi.

E una visione pragmatica, tale non perché incurante della necessità di salvaguardare la pienezza del diritto di difesa ma perché sinceramente ricognitiva delle criticità e del momento attuale e delle difficoltà in cui da anni ormai si dibatte il processo civile in Italia, può certo aiutare ad orientare la transizione cui le novelle emergenziali sembrano preludere. Esistono occasioni e udienze in cui la trattazione per note può risultare non solo opportuna ma raccomandabile, rendendo più producente il lavoro degli operatori e incalzanti le scansioni processuali; altre nelle quali il momento di confronto e contatto diretto con il giudice è necessario e imprescindibile, non sostituibile nemmeno con una udienza da remoto.

Quel che davvero non può mancare (e che invece difettava completamente nella prima “edizione” della novella emergenziale: solo a luglio la l. 77/2020, di conversione del d.l. 34/2020, ha posto con le norme di cui all’articolo 221 un primo rimedio) è che nella valutazione della percorribilità di forme processuali alternative non manchi l’apporto dell’avvocato, del difensore delle parti, che più del giudice è vicino alla vertenza concreta e può conoscerne le peculiarità; che può sapere se esistano circostanze particolari da evidenziare nel corso di un’udienza generalmente considerata “inutile”; che ha gli elementi per valutare la ricaduta del sacrificio dell’oralità nel caso in questione. Ciò tanto più nei procedimenti di famiglia, in cui il difensore è spesso investito della vicenda esistenziale della parte che assiste e rappresenta e in esito ai quali la vita delle persone può risultare stravolta da provvedimenti la cui assunzione deve essere necessariamente mediata da una forte partecipazione dell’avvocato al processo e alla determinazione delle sue forme. L’interlocuzione dei difensori con il giudice in riguardo alle forme del processo e delle udienze è il vero vaccino con il quale tutelare la piena e migliore estrinsecazione del principio del contraddittorio nelle controversie di famiglia anche nel periodo di pandemia, ed è lo strumento più adatto a conformare alle esigenze del caso concreto le novità processualistiche. Ben vengano quindi le udienze da remoto e per note scritte, ben vengano protocolli o meglio ancora norme di rango primario che ne dispongano l’applicabilità per default a determinate categorie di incombenti (es. udienza di precisazione delle conclusioni; udienza di decisione sulle istanze istruttorie...): sempre che siano assicurati meccanismi procedimentali in forza dei quali la diversa volontà degli avvocati consti e pesi; e l’importanza del contraddittorio vivo assicurato dalle udienze in presenza non tolleri, ove le parti non vi consentano, ridimensionamenti suscettibili di porre i difensori, e quindi le parti, ai margini del processo.

NOTE

1 La questione era stata diversamente risolta dal direttivo ONDiF con la de- libera del 27 aprile 2020, in cui si evidenziava l’impossibilità di trattare per note scritte di separazioni consensuali e divorzi congiunti in assenza di una norma di rango primario che disponesse la derogabilità della comparizione personale delle parti avanti al Presidente del Tribunale per il tentativo di conciliazione. Il tema è stato ripreso dal Presidente di ONDiF in una interlocuzione con il Ministro, cfr. C. CeCChella, Intervento del Presidente dell’Osservatorio nazionale del diritto di famiglia (ONDiF), in occasione della consultazione del Ministro On. Alfonso Bonafede il 16 aprile 2020, in Osservatorio sul diritto di famiglia. Diritto e processo, 2020, 1, 103 ss., poi recepita.