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I gruppi di parola: le emozioni hanno voce

autore: S. Caiella

Sommario: 1. Introduzione. - 2. Modello teorico di riferimento. - 3. Caratteristiche cliniche e metodologia. - 4. Conclusioni.



1. Introduzione



I Gruppi di parola sono una pratica clinica breve, di gruppo, rivolta a bambini e adolescenti, con l’obiettivo di facilitare processi di elaborazione emotiva in momenti di transizione particolari che generano molta sofferenza (come separazioni, affidi, lutti) e di mobilitare risorse nel momento presente e fattori protettivi per il futuro. L’aspetto rivoluzionario, pur nella sua semplicità e ovvietà, è il carattere preventivo di questa metodologia. Infatti, solitamente, e non solo nell’ambito dell’età evolutiva, ci si prende cura delle emozioni solo nel momento in cui queste prendono la parola prepotentemente, “urlando” il disagio accumulato nel tempo, magari sottoforma di disturbi già strutturati. Al contrario, i Gruppi di parola si propongono la finalità di ascoltare prima le “parole” delle emozioni, proprio nel momento in cui queste si manifestano, per poterle processare al tempo giusto e abbassare la probabilità che esse possano esprimersi successivamente con forme più invalidanti. A partire dai primi anni 2000, in un momento storico in cui l’attenzione clinica in Italia era molto focalizzata sulla coppia e sulle sue conflittualità, la ricerca e la pratica sui Gruppi di parola sono nate partendo da una semplice domanda: come viene vissuto dai figli il momento di separazione dei genitori? La risposta a cui sono arrivate nel tempo è ormai consolidata nella letteratura psicologica scientifica: in qualsiasi evento critico, anche nel più complesso come la separazione dei genitori o un lutto, il punto centrale è come il minore elabora quell’evento e quelle emozioni ad esso connesse. E tale capacità di elaborazione, naturalmente, dipende molto da come gli adulti saranno in grado di guidarlo e di supportarlo in questo processo. I Gruppi di parola, come evocato dallo stesso nome, si fondano sulla promozione dell’abilità di base dell’elaborazione emotiva: la verbalizzazione delle emozioni, ossia la possibilità di riconoscerle e nominarle, di esplicitare i contenuti e i non detti e, quindi, di attribuire un senso e un significato ai propri vissuti1 . I Gruppi di parola rispondono ad un duplice bisogno: da una parte, quello del minore di capire quello che sta accadendo; dall’altro, quello dell’adulto che si interroga su come comunicare ai figli “la notizia” e come gestire questo momento con loro. Non avendo una guida che li aiuti a mettere in campo strategie funzionali, gli adulti cadono spesso negli errori dei “non detti” o delle bugie, atteggiamenti sostenuti da convinzioni erronee del tipo “non voglio che mio figlio soffra” ma che, al contrario, alimentano ambiguità nei figli e creano terreno fertile per difficoltà più importanti. Nei Gruppi di parola tutto questo viene promosso da una metodologia teorico-pratica che mette al centro il minore, inserito all’interno di una cornice più ampia, il suo sistema famiglia, e che, allo stesso tempo, richiede l’impegno di tutto il gruppo famiglia. Quest’ultima sperimenta, quindi, la possibilità di continuare ad essere tale, nonostante il momento di cambiamento e transizione.



2. Modello teorico di riferimento



La pratica clinica e di ricerca dei Gruppi di parola è stata introdotta in Italia dal gruppo di Marzotto et al. a partire dal 2005, nell’ambito del lavoro di accompagnamento dei minori durante le separazioni e i divorzi dei genitori. Le matrici teorico-cliniche di derivazione sono i “Groupe Confidences” del Canada e i “Groupe de Parole” della Francia, ai quali il gruppo italiano ha apportato degli elementi di originalità e innovazione, fortemente influenzati dal riferimento al modello teorico relazionale-simbolico. Questa cornice concettuale, come è stato detto, enfatizza il valore simbolico delle relazioni e pone il suo vertice di osservazione sul minore che è comunque collocato all’interno del più ampio sistema famiglia. In questa ottica, la famiglia è un’unitas multiplex, che coinvolge ed integra tutti i suoi membri (Scabini, Cigoli, 2012; Cigoli, 2012); ogni membro, allo stesso tempo, svolge una funzione specifica ed è parte del tutto. La separazione viene concettualizzata come un momento di transizione innescata dall’evento critico della rottura del legame di coppia (Fusar Poli, Molgora, 2015) che porterà ad una riorganizzazione delle relazioni familiari e, quindi, dell’intero sistema. La possibilità di arrivare ad un nuovo riassetto del tutto dipende dalla capacità della coppia di continuare a coltivare e rinegoziare la relazione genitoriale, nonostante la rottura dell’asse relazionale coniugale. Infatti, secondo Cigoli e Scabini (2004), la transizione del divorzio può ritenersi conclusa quando la coppia è riuscita a separare la funzione coniugale dalla funzione genitoriale. La separazione, quindi, è un momento di transizione molto complesso che comporta la trasformazione dei legami e la riorganizzazione del sistema; è un processo di cambiamento che genera sofferenza per la rottura del vecchio equilibrio, ma che può avere aspetti generativi positivi in quanto mobilita nuove risorse per il raggiungimento del nuovo riassetto. In particolare, nella metodologia italiana dei Gruppi di parola, gli elementi di novità si sono concretamente tradotti nell’importanza data al lavoro sul minore come membro centrale del sistema famiglia, nella costruzione dell’alleanza con il genitore e, più in generale, nell’enfasi data al lavoro sulle relazioni.



3. Caratteristiche cliniche e metodologia



Il dispositivo Gruppi di parola è composto da tre gruppi: quello dei bambini, quello dei genitori e quello dei conduttori. A livello strutturale, tali gruppi sono organizzati in modo triangolare con il gruppo dei bambini al vertice, “in analogia con la teoria dei legami del modello relazionale-simbolico e alla triangolarità delle relazioni generative e quindi connaturata al legame familiare” (Scabini e Cigoli, 2010). Tale struttura di riferimento teorico determina la loro dinamica e il loro funzionamento a livello metodologico. Nella pratica, i Gruppi di parola consistono in quattro incontri di gruppo, che si svolgono con la frequenza di una volta a settimana e hanno una durata di due ore. I minori che compongono il gruppo hanno caratteristiche di omogeneità per fascia di età e/o per condizione da elaborare (separazione/divorzio dei genitori, affido, lutti, ecc.). Il gruppo ha uno o due conduttori, professionisti che hanno conseguito la formazione specifica e riconosciuta sul metodo dei Gruppi di parola2 . L’impostazione del lavoro è di tipo confidenziale e non formale: ai piccoli partecipanti viene esplicitato che i contenuti degli incontri rimarranno all’interno del gruppo e non verranno riferiti agli adulti. Questa regola favorisce il clima positivo, l’abbassamento delle difese e contribuisce a creare la funzione rassicurante del gruppo (situazione molto diversa da setting individuali in cui l’adulto ascolta il minore che, spesso, teme di esprimere i propri vissuti per le conseguenze emotive e concrete che questi potranno avere su se stesso e la sua famiglia). Il setting ha delle precise connotazioni temporali e spaziali, le cui caratteristiche hanno specifici rimandi alla cornice teorica di riferimento. Ogni incontro è scandito da una routine ben definita: l’accoglienza, in cui i minori si salutano, si siedono in cerchio insieme ai conduttori, condividono le regole, emozioni e vissuti sul tema da elaborare; la merenda, momento che aiuta le socializzazioni e le condivisioni libere dei propri stati d’animo tra pari; e la chiusura, in cui si fa la sintesi dell’incontro e si anticipano i contenuti del successivo. Le routine consentono di dare prevedibilità agli incontri e di promuovere la funzione rassicurante ed accogliente. In generale, l’impostazione circolare e non formale del setting facilita l’espressione delle proprie emozioni in un clima scevro da giudizi. Lo spazio è suddiviso in due ambienti distinti: uno arredato in modo confortevole e accogliente, ad esempio con cuscini e tappetini, per i rituali di inizio e fine incontro; un secondo ambiente più strutturato dedicato al lavoro laboratoriale, che rimanda alla mobilitazione di creatività e nuove risorse. I contenuti degli incontri riguardano argomenti vari come il conflitto e i litigi, le emozioni sperimentate durante la fase di transizione come la tristezza e la rabbia, il cambiamento delle abitudini quotidiane. Le modalità con cui tali contenuti vengono proposti sono altrettanto eterogenee e possono prevedere l’alternanza di momenti di lavoro individuale e collettivo (ad esempio disegno, scrittura, giochi di ruolo, ecc.); la scelta del tipo di attività da svolgere rimanda continuamente ai valori simbolici dei temi che vengono, di volta in volta, trattati. I contenuti presentati durante tutto il percorso sono centrati sull’obiettivo finale di scrivere una lettera collettiva che i minori rivolgeranno ai genitori e che viene presentata nel quarto ed ultimo appuntamento. Questo incontro rimanda ad una molteplicità di significati: è il momento in cui i figli prendono la parola e verbalizzano le emozioni che hanno elaborato durante il breve percorso davanti ai genitori; è il momento in cui gli adulti si fermano e ascoltano le emozioni dei loro figli (e, probabilmente, in cui ascoltano anche le proprie); è il momento in cui si sperimenta l’esperienza concreta che i genitori possono essere separati come coppia ma uniti nella funzione genitoriale. E, ancora, anche l’organizzazione spaziale tra i gruppi rimanda a significati simbolici: i bambini sono solitamente seduti a terra su cuscini, mentre gli adulti sono seduti intorno a loro sulle sedie, rimarcando la differenza generazionale e gerarchica ma, anche, l’incontro tra le generazioni. Inoltre, come si è accennato in precedenza, il modello italiano dei Gruppi di parola si distingue per la valorizzazione dell’alleanza con i genitori che viene potenziata anche attraverso altri due momenti. Un incontro preliminare con il gruppo dei genitori dei bambini che parteciperanno al percorso, con l’obiettivo concreto di creare un momento informativo e di confronto e, soprattutto, con l’obiettivo simbolico di costruire l’alleanza con loro e tra loro (infatti, ritrovarsi per la partecipazione del proprio figlio al percorso spinge anche la coppia più conflittuale verso una maggiore collaborazione per sostenere il lavoro del bambino). Infine, è previsto un incontro successivo al percorso tra il/i conduttore/i e ciascuna coppia genitoriale per una restituzione complessiva (solitamente alla presenza del figlio), durante la quale vengono evidenziate risorse ed eventuali criticità rilevate. Quest’ultimo momento è anche un’occasione utile per indirizzare le famiglie verso approfondimenti psicoterapeutici qualora emergano elementi che richiedono una maggiore attenzione clinica. Inoltre, va sottolineato che il dispositivo dei Gruppi parola sfrutta la potenza dei processi di gruppo, sia all’interno di ciascun gruppo che tra i gruppi, promuovendo alleanze tra questi. In particolare, il lavoro collettivo promuove la condivisione e il contenimento dei vissuti, la normalizzazione delle emozioni e delle esperienze, facilitati dal rispecchiamento tra pari che sono accomunati da una condizione comune. Quanto alle alleanze, i Gruppi di parola fanno leva e consolidano il legame tra genitori e figli proprio nel momento stesso in cui un altro legame, quello di coppia, si sta rompendo evidenziando, così, il potere trasformativo e generativo delle relazioni. Il gruppo dei conduttori agisce da facilitatore di questi complessi processi spingendo tutto il sistema verso un nuovo e più funzionale equilibrio.



4. Conclusioni



Le molteplici caratteristiche dei Gruppi di parola rappresentano, al tempo stesso, le potenzialità di questa pratica clinica. Essi costituiscono uno spazio fisico e simbolico dove possono emergere vissuti che non riescono ad emergere altrove, ma che potrebbero emergere in futuro sottoforma di disturbi. I contesti di applicazione sono altrettanto eterogenei: oltre alle diverse fasce dell’età evolutiva a cui si possono rivolgere, alle diverse condizioni da poter elaborare, essi possono essere svolti in una molteplicità di contesti, privati e pubblici (ad esempio Servizi Sociali e Consultori Familiari). I Gruppi di parola, in definitiva, pur rivolgendosi al minore, sono un intervento che coinvolge l’intera famiglia e che consente di sbloccare risorse emotive, comunicative e relazionali più funzionali per il raggiungimento di un nuovo benessere.

NOTE

1 L’espressione “Gruppi di parola” fa riferimento ad un dispositivo teorico-clinico ben preciso, coperto da copyright, i cui titolari sono il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla famiglia e il Servizio di Psicologia clinica per la coppia e la famiglia dell’Università Cattolica di Milano. 2 Si precisa, per i non addetti ai lavori, e in termini estremamente semplificativi, che le fasi che compongono il processo di elaborazione (riconoscimento dell’emozione, verbalizzazione dell’emozione, attribuzione del senso, ecc.) stimolano, a livello neurobiologico, l’interscambio di informazioni tra circuiti subcorticali e sovracorticali, promuovendo quindi un meccanismo più funzionale a livello cerebrale e una migliore modulazione emotiva (Ledoux, 1989; 1996).