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Procedimenti in materia di diritto di famiglia e case management ai tempi del Coronavirus: brevi considerazioni sull’esperienza del Regno Unito

autore: E. Silvestri

Sommario: 1. Introduzione. - 2. Le decisioni in commento. - 3. Indicazioni e suggerimenti per la gestione dei procedimenti in materia di diritto di famiglia. - 4. Conclusioni.



1. Introduzione



Il lessico dell’emergenza epidemiologica determinata dalla diffusione del Coronavirus ci ha abituato ad espressioni come “contenimento del rischio pandemico”, “distanziamento sociale”, “lavoro agile”. Con specifico riferimento a ciò che riguarda l’amministrazione della giustizia, tutti gli “addetti ai lavori” hanno ormai acquisito una qualche necessitata familiarità con l’uso di piattaforme online per la gestione di processi da remoto, come pure con tutto quanto i diversi protocolli, adottati dai capi degli uffici in base alle disposizioni che si sono succedute nell’arco degli ultimi mesi, richiedono per l’attuazione del c.d. contraddittorio cartolare1 . Come sempre accade, l’esigenza di confrontarsi con situazioni nuove e del tutto impreviste determina le reazioni più diverse: dallo sconcerto di chi è legato alla propria routine professionale e fatica a liberarsi dagli schemi mentali cui è abituato, all’“ottimismo della volontà” di chi vuole invece che le cose funzionino, anche a costo di grandi sforzi nell’apprendere l’uso di uno strumentario informatico per lo più ignoto a coloro che, per ragioni anagrafiche, appartengono alla categoria degli “immigrati digitali”. Può forse essere di consolazione sapere che le difficoltà sperimentate dagli operatori del diritto italiani sono del tutto identiche a quelle che i loro colleghi devono affrontare in molti altri ordinamenti. E le difficoltà riguardano, in particolare, alcuni tipi di procedimenti: si tratta, soprattutto, dei procedimenti in materia di diritto di famiglia, nella gestione dei quali occorre ricercare un non facile equilibrio tra una pluralità di interessi in gioco, interessi che, in concreto, può essere arduo coniugare con le esigenze di salvaguardia della salute pubblica che, in questo periodo, impongono di evitare situazioni ad alto rischio di contagio. Una delle questioni maggiormente controverse in tema di procedimenti familiari è senza dubbio quella relativa alla celebrazione delle udienze mediante collegamento da remoto, in particolare nei casi in cui la normativa vigente prevede la comparizione personale delle parti, l’escussione di testi, l’audizione dei servizi sociali o di consulenti tecnici o, soprattutto, l’ascolto del minore. Oggetto di questo breve saggio è verificare come il problema è stato affrontato e risolto nel Regno Unito. Sul tema, infatti, sono intervenute due recenti decisioni della Court of Appeal, che hanno fornito una serie di criteri alla luce dei quali i giudici di primo grado (nella fattispecie, i giudici della Family Division della High Court) potranno valutare se disporre nel caso concreto la celebrazione di un’udienza a distanza, il rinvio della causa ad una futura udienza in presenza (da fissarsi se e quando le restrizioni conseguenti alla pandemia potranno essere alleggerite) o una trattazione ibrida, con alcune attività processuali svolte da remoto ed altre con la presenza fisica degli interessati dinanzi al giudice, nel rispetto del necessario distanziamento sociale. Sembra doveroso precisare che questo scritto non ha alcuna pretesa di scientificità, ma vuole semplicemente offrire qualche informazione su come in un altro ordinamento sono risolti problemi ben presenti a chi si occupa di diritto di famiglia: del resto, l’assoluta novità della situazione costringe a commenti estemporanei, spesso basati solo su notizie giornalistiche.



2. Le decisioni in commento



Come già accennato, le due sentenze prese in esame2 riguardano la questione della legittimità delle soluzioni adottate dal giudice di prime cure in casi relativi, in estrema sintesi, alla privazione della potestà genitoriale in capo a genitori i cui figli minori si trovavano già collocati presso famiglie affidata rie, nella prospettiva di un’eventuale adozione. Le fattispecie decise, in realtà, si presentavano molto complesse e diverse tra loro, ma erano accomunate dall’esigenza di assicurare che le modalità attraverso le quali si sarebbe proceduto alla trattazione di cause a conclusione delle quali il giudice avrebbe deciso il destino di bambini vissuti per la maggior parte della loro breve esistenza in nuclei familiari problematici rispondessero comunque ai requisiti propri di un “fair hearing”, rispettoso, in primo luogo, dell’interesse primario dei minori, ma anche dei diritti dei genitori, in considerazione della potenziale gravità della decisione da assumersi. La prima delle due sentenze3 è senza dubbio la più significativa per la puntigliosità con cui sono enunciati i criteri che devono guidare la scelta se consentire o meno che il procedimento si sviluppi attraverso udienze da remoto. Lo stesso giudice relatore sottolinea l’importante valore di precedente della decisione, che affronta un tema destinato a riproporsi almeno fino a quando l’allentamento delle misure di contenimento della pandemia non avranno consentito il ritorno alla normalità negli uffici giudiziari. Quelli che sono indicati come “punti cardinali” destinati ad orientare la soluzione da adottare nel caso concreto muovono dalla premessa che la scelta costituisce esercizio del case management che, com’è noto, rappresenta una delle strutture portanti della procedura civile inglese, quale è emersa dalle riforme introdotte nel 1998 attraverso le Civil Procedure Rules. Le Rules, concepite come un “new procedural code” dalla portata talvolta rivoluzionaria (almeno nella prospettiva classica degli ordinamenti di common law)4 perseguono quale obiettivo primario che ogni controversia sia trattata e decisa secondo giustizia: a questo fine, attribuiscono al giudice una serie di poteri che gli consentono di modellare il procedimento secondo le specifiche esigenze della singola controversia, ma nel rispetto del principio di proporzionalità, criterio-guida da applicare nel valutare come l’insieme delle garanzie che siamo soliti considerare ricomprese nel concetto di “giusto processo” possano declinarsi in relazione sia alle specificità del caso concreto, sia all’esigenza di destinare al processo le risorse pubbliche che appaiono necessarie e sufficienti, alla luce di elementi quali, ad esempio, il valore della causa, la complessità delle questioni coinvolte, le disponibilità finanziarie delle parti e altri ancora. Tra questi elementi, nei procedimenti in materia di famiglia, assume un’importanza essenziale l’interesse o, più propriamente – come si legge nel testo della decisione – il benessere del minore coinvolto nel giudizio. Sarà il giudice di primo grado, in ogni caso, a decidere se è opportuno rimodulare il procedimento disponendo udienze da remoto: la decisione è sua e solo sua, ed è una decisione pienamente discrezionale, rispetto alla quale anche le indicazioni provenienti da giudici superiori (comprese quelle contenute nella sentenza in esame) vanno considerate come semplici suggerimenti e non come linee-guida da seguire tassativamente. Questo, anche in considerazione della fluidità della situazione emergenziale, auspicabilmente suscettibile di migliorare, rendendo possibile un allentamento delle restrizioni che hanno portato alla chiusura, almeno parziale, dei tribunali. Solo una valutazione da compiersi caso per caso potrà sfociare nella decisione di autorizzare udienze da remoto. Elementi da considerare sono, in primo luogo, la sussistenza di ragioni di urgenza, che non consentono di posticipare la trattazione della causa; il fatto che le parti siano o non assistite da un difensore; la necessità di assumere o meno prove, in particolare prove testimoniali; infine, l’idoneità della questione ad essere decisa sulla base delle sole memorie scritte sottoposte alla corte. Particolare importanza riveste poi la valutazione del giudice in merito non solo e non tanto alla possibilità per le parti di disporre di una connessione Internet e di gestirla materialmente, quanto piuttosto alla loro idoneità a comprendere davvero il significato di quello che si svolge nel mondo virtuale: in sintesi, il giudice deve verificare che tutti coloro che partecipano al procedimento da remoto lo facciano “meaninfully”, ossia consapevolmente. Solo la piena consapevolezza di ciò che lo schermo proietta assicura che l’udienza da remoto sia “fair and just” per tutti i soggetti coinvolti5 , soprattutto quando la decisione di assumere è di particolare gravità, come nel caso di specie, in cui si trattava di stabilire se sussistevano i presupposti per dichiarare lo stato di adottabilità di due minori.



3. Indicazioni e suggerimenti per la gestione dei procedimenti in materia di diritto di famiglia

Tra i molti strumenti di soft law adottati per la gestione delle cause civili durante la pandemia, si segnala un lungo documento predisposto dal Presidente della Family Division, intitolato “The Remote Access Family Court”6 . Come si comprende dal titolo, il documento rappresenta una sorta di vademecum per un’efficiente e proficua gestione delle udienze da remoto nei procedimenti in materia di famiglia. Le indicazioni riguardano una pluralità di aspetti, spaziando dalle modalità tecniche a questioni squisitamente giuridiche, nell’intento di offrire ai giudici e agli avvocati una varietà di soluzioni che consentano loro di far fronte a situazioni del tutto nuove, nelle quali – sottolinea il documento – è comunque indispensabile assicurare che l’udienza, pur svolgendosi a distanza, si caratterizzi per un’effettiva partecipazione delle parti, “così da assicurare il leale svolgimento del processo, sotto il profilo sia sostanziale sia processuale, in pieno accordo con gli imperativi dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nonché con i principi della correttezza e della natural justice caratteristici del common law” (mia traduzione)7 . Numerosi sono i passaggi del documento in cui si sottolinea la necessità di evitare che lo svolgimento a distanza delle udienze arrechi pregiudizio alle garanzie che rendono un procedimento “fair and just”. Il lettore italiano può forse trovare un po’ sopra le righe che l’autore del documento consideri come aspetti del “giusto processo” anche la solennità ed il decoro delle udienze in presenza, elementi che, a suo giudizio, dovrebbero essere mantenuti, per quanto possibile, anche nella trattazione da remoto delle cause, in considerazione della delicatezza delle materie affrontate e della gravità dei provvedimenti che spesso il giudice è chiamato ad assumere. In realtà, chi abbia una conoscenza anche solo superficiale della cultura giuridica inglese sa bene che il prestigio e l’autorevolezza riconosciuti ai giudici inglesi passano anche attraverso il rispetto di forme che, viste dall’esterno, possono apparire come un tributo eccessivo alla tradizione se non, addirittura, come aspetti folkloristici.



4. Conclusioni



Non è possibile prevedere se le indicazioni contenute nel documento menzionato nel paragrafo precedente o i criteri-guida dettati nelle sentenze esaminate più sopra saranno effettivamente attuati e, soprattutto, se tutto ciò contribuirà davvero a consentire un andamento quasi normale dei procedimenti in materia di diritto di famiglia. Una osservazione sembra doverosa: la lettura sia del documento “The Remote Access Family Court”, sia delle sentenze della Court of Appeal fa comprendere che l’esigenza di stabilire i criteri da seguire nel decidere se e quando ricorrere alle udienze da remoto non è fine a se stessa, ma discende dalla volontà di assicurare che il diritto di accesso alla giustizia continui ad essere effettivo anche nell’emergenza, senza che l’impossibilità di condurre processi “dal vivo” lo renda meramente teorico e, soprattutto, senza che le udienze da remoto finiscano per essere un vuoto simulacro. E ciò dovrebbe far riflettere chi, anche da noi, immagina che nel futuro post-pandemia nulla tornerà ad essere come prima e anche la giustizia dovrà adattarsi a vivere solo in uno spazio virtuale.

NOTE

1 Si fa riferimento a quanto previsto dal ben noto art. 83, commi 6 e 7, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, con le modifiche apportate, da ultimo, dal d.l. 30 aprile 2020, n. 28.

2 Si tratta delle sentenze pronunciate, rispettivamente, nelle cause Re A (Children) (Remote Hearing: Care Placement Orders) e Re B (Children) (Remote Hearing: Interim Care Order), consultabili, la prima, all’indirizzo https://www.judiciary. uk/wp-content/uploads/2020/04/a-children-judgment-300420.pdf e la seconda all’indirizzo https://www.bailii.org/ew/cases/EWCA/Civ/2020/584.pdf. Entrambe le decisioni sono state pronunciate dalla Court of Appeal (Civil Division) il 30 aprile 2020.

3 Re A (Children) (Remote Hearing: Care Placement Orders).

4 La letteratura sulle Civil Procedure Rules e sui poteri di case management

attribuiti al giudice è sterminata: per un primo approccio, cfr., ad esempio, J. soraBJi, English Civil Justice after the Woolf and Jackson Reforms: A Critical Analysis, Cambridge University Press, 2014, part.135 ss. e 207 ss.; r. turner, The Civil procedure Rules 1998. An On-Going Revolution? Their Strengths and Shortcomings, in European Business Law Rev., vol. 25, 2014, 481 ss.; J. soraBJi, The Road to New Street Station: Fact, Fiction and the Overriding Objective, ivi, vol. 23, 2012, 77 ss.

5 Cfr. Re A (Children) (Remote Hearing: Care Placement Orders), cit., supra, nota 2, par. 12.

6 Il documento è disponibile all’indirizzo https://www.judiciary.uk/ wp-content/uploads/2020/04/The-Remote-Access-Family-Court-Version-4-Final-16.04.20.pdf

7 Cfr. The Remote Access Family Court, cit. supra, nota 6, par. 3.2.