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Il curatore speciale nei procedimenti de potestate

autore: M. G. Castauro

Sommario: 1. Premessa. - 2. I procedimenti de potestate in generale. - 3. I procedimenti di decadenza dalla responsabilità genitoriale ex art. 330 c.c. - 4. I procedimenti di limitazione della responsabilità genitoriale ex art. 333 c.c. - 5. L’art. 336 c.c. ed il rito camerale. - 6. Le modifiche introdotte dalla l. 149/01 all’art. 336 c.c. - 7. Dubbi interpretativi dell’introduzione dell’art. 336 co. 4 c.c. - 8. Ipotesi di nomina del curatore speciale nei procedimenti ex artt. 330 e 333 c.c. - 9. Verso un mutamento della Giurisprudenza. - 10. La modifica dell’art. 38 disp. att. c.c. ex l. 219/02.



1. Premessa



Nel numero 3/19 della rivista si è avuto modo di illustrare le novità sostanziali introdotte dalla l. 149/01, che novellando la l. 184/83 ha introdotto modifiche procedurali con l’obiettivo di consentire che il procedimento minorile rispondesse ai canoni del “giusto processo”. Si è precisato che in ragione dei principi affermati nella nostra Carta Costituzionale, nonché nelle Convenzioni sovranazionali, era immanente il principio per il quale i processi civili minorili (sia quelli sulla potestà come quelli di accertamento dello stato di adottabilità) coinvolgono “diritti fondamentali della persona”, portando quindi una nuova visione del minore, non più soggetto da proteggere ma titolare di diritti ed in grado di azionarli. Conseguenza di ciò è che il minore sia divenuto parte in senso processuale, ovvero soggetto al quale assicurare l’esercizio dei diritti per i quali è richiesta la tutela giurisdizionale. Ed ecco quindi la necessità che, in mancanza dei suoi rappresentanti legali ovvero in ipotesi di conflitto di interessi, sia prevista una figura, per l’appunto il curatore speciale del minore, in grado di munirlo di un difensore. Le modifiche introdotte dalla l. 149/01 e dirette alle realizzazione del “giusto processo”, non hanno inerito solo il procedimento di adottabilità, tanto è vero che il legislatore è intervenuto anche sull’art. 336 c.c., che disciplina il rito dei procedimenti de potestate, introducendo il IV co. che prevede l’assistenza tecnica in detti procedimenti non solo per i genitori ma anche per il minore. E nuovamente, come già illustrato per i procedimenti di adottabilità, si pone il problema di chi debba provvedere alla nomina dell’avvocato del minore in ipotesi di conflitto di interessi tra questi ed i suoi rappresentati legali.



2. I procedimenti de potestate in generale



Il codice civile non definisce la responsabilità genitoriale, limitandosi l’art. 316 c.c., come modificato dal d.lgs. 154/13, a riferire che essa è esercitata di comune accordo dai genitori tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. L’articolo prosegue precisando cosa avvenga in caso di contrasto tra i genitori, l’art. 317 c.c. si occupa dell’impossibilità di uno dei genitori dell’esercitare la responsabilità genitoriale e gli articoli successivi delineano i poteri connessi all’esercizio della stessa. Gli artt. 330 e 333 del c.c. si occupano invece dell’ablazione della responsabilità genitoriale il primo e della sua limitazione, in caso di condotte pregiudizievoli tali da non dar luogo a decadenza, il secondo. Così come gli articoli del codice civile non forniscono una nozione di responsabilità genitoriale, essi non precisano nemmeno quali siano le condotte che possono dare luogo a decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale. È stato quindi compito della Giurisprudenza individuare i confini tra le due condotte. Le Corti, di merito e di legittimità, hanno poi ripetutamente precisato, che detti provvedimenti sono preordinati alla esigenza prioritaria della tutela dei figli e non costituiscono sanzione a comportamenti inadempienti dei genitori1 .



3. I procedimenti di decadenza dalla responsabilità genitoriale ex art. 330 c.c.



L’art. 330 c.c. afferma al primo comma che il giudice può pronunciare la decadenza dalla responsabilità genitoriale quando il genitore viola o trascuri i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio. Per l’emanazione dei provvedimenti previsti dalla norma non basta l’abuso dei poteri o la violazione dei doveri inerenti la responsabilità, ma occorre altresì che si sia causato al minore un grave pregiudizio e per pregiudizio deve intendersi ogni danno, patrimoniale e non, arrecato al figlio purché attuale. Non avendo il provvedimento di decadenza carattere sanzionatorio nei confronti del genitore, prescinde da un’eventuale sua colpa o comunque da un comportamento cosciente e volontario. La norma non precisa quali siano i comportamenti che possano dare luogo a decadenza ed è stata dunque la giurisprudenza a riempire di contenuti il suo testo. È stato in tal modo dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale il genitore di minore adolescente che lo aveva indottrinato ai disvalori criminali facendolo assistere ad attività delinquenziali, esponendolo all’uso delle armi e rendendolo edotto degli scopi criminosi della “ndrangheta”, organizzazione criminosa di cui il padre faceva parte2 . Di tutt’altra ipotesi la fattispecie in cui il Tribunale per i Minorenni3 ha dichiarato decaduta dalla responsabilità genitoriale la madre che aveva espresso parere negativo all’adozione speciale della figlia minore da parte degli affidatari. Il T.M. ha affermato che la decadenza non aveva fini sanzionatori, ma l’obiettivo di consentire a coloro che di fatto si occupavano della minore sin dalla nascita, di adottare le decisioni a lei relative.



4. I procedimenti di limitazione della responsabilità genitoriale ex art. 333 c.c.



L’art. 333 c.c. prevede che quando la condotta del genitore non sia tale da dar luogo alla pronuncia di decadenza, ma sia comunque pregiudizievole per il figlio, il Giudice possa adottare i provvedimenti più convenienti potendo disporre anche l’allontanamento del minore dalla residenza ovvero l’allontanamento del genitore. Quindi in ipotesi di comportamenti del genitore o dei genitori che abbiano causato un pregiudizio non grave, la responsabilità genitoriale può essere compressa ovvero limitata. Anche la norma oggetto d’esame non precisa quali siano le condotte gravi, ma non tali da dar luogo a decadenza e nuovamente, il giudice minorile ha dovuto riempire di contenuti il testo normativo. Peraltro la norma non prevede nemmeno quali misure il giudice minorile possa adottare a tutela del minore e quindi la scelta sarà rimessa alla sua discrezionalità in ragione della fattispecie sottoposta al suo esame. Si riportano di seguito alcune ipotesi illustrative della fattispecie: - è stato dichiarato l’affievolimento della responsabilità genitoriale in capo alla madre relativamente alla somministrazione di dosi vaccinali in presenza di contrasto tra i genitori4 ; - è stato ritenuto non costituire violazione dei doveri genitoriali la scelta di una dieta vegana per il figlio se seguita secondo le indicazioni degli specialisti in modo da non arrecare danno al minore5 ; - è stato poi limitato della responsabilità genitoriale il genitore che costantemente violava il diritto di visita dell’altro genitore tanto da eliderne la figura6 . Dunque, anche in questo caso, i comportamenti oggetto di vaglio da parte del giudice minorile possono essere i più vari.



5. L’art. 336 c.c. ed il rito camerale



Norma di chiusura procedurale in tema di responsabilità genitoriale è, come anticipato, l’art. 336 c.c. che precisa le modalità con le quali debbano assumersi i provvedimenti relativi alla decadenza ovvero alla limitazione della responsabilità genitoriale. Anche detta norma, così come la legge adozione, è stata profondamente modificata dalla legge 149/01. Difatti con l’introduzione del co. 4 all’art. 336 c.c., anche per i procedimenti de potestate si è prevista la difesa tecnica. Questa novità, così come le novità introdotte nel procedimento di adottabilità, ha creato dubbi interpretativi originati nuovamente dall’inaspettata entrata in vigore della legge. Se per quanto inerisce il procedimento di adottabilità le proroghe erano giustificate dalla necessità di completare l’iter legislativo sulla difesa d’ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti minorili, nell’ambito dei procedimenti che ci occupano, si era auspicato una revisione del procedimento ex art. 336 c.c. Detta norma difatti prevede il “rito camerale” che da gran parte della Dottrina è ritenuto non rispondere ai canoni del “giusto processo”. I procedimenti caratterizzati da detto rito, difatti: - si avviano con ricorso, per il quale non è specificato quali debbano essere gli elementi necessari; - nell’interesse dei minori vi è un ampio potere d’ufficio del Giudice; - non vi sono fasi rigidamente scadenziate da termini decadenziali o preclusioni; - i provvedimenti hanno la forma di decreti reclamabili, modificabili o revocabili; - sono immediatamente esecutivi salvo non sia disposto diversamente. In ragione della loro caratteristica di modificabilità e non definitività, per lungo tempo si è ritenuto poi che i provvedimenti emessi in secondo grado nell’ambito di detti procedimenti non fossero ricorribili in Cassazione. Detto orientamento è stato di recente abbandonato7 ma, prevalente per lungo tempo, ha privato di fatto gli interessati di un grado di giudizio e ciò pur a fronte di provvedimenti che andavano ad incidere in maniera penetrante nella vita privata dei soggetti coinvolti.



6. Le modifiche introdotte dalla l. 149/01 all’art. 336 c.c. Tornando alla novità introdotta dalla l. 149/01, il testo dell’art. 336 c.c. co. 4, in tema di nomina del difensore appare differente rispetto a quanto previsto nell’art. 8 e nell’art. 10 legge adozione. Difatti la prima norma citata, si limita a prevedere l’assistenza del difensore, mentre l’art. 8 e l’art. 10 l. 184/83 prevedono, l’obbligo di difesa, “fin dall’inizio” del procedimento e la necessità per il giudice di procedere alla nomina di un difensore d’ufficio ai genitori ed ai parenti entro il quarto grado. Dal dettato normativo e dalla diversa formulazione degli articoli, pur introdotti con la medesima legge, parrebbe quindi ricavarsi che mentre nei procedimenti di adottabilità la nomina dell’avvocato per le parti (tra le quali rientra il minore) sia obbligatoria, nei procedimenti de potestate sia facoltativa. Obbligatoria o facoltativa che sia la nomina, si pone nuovamente il problema della rappresentanza del minore. Quest’ultimo è parte sostanziale nei procedimenti che ci occupano, deve poter esercitare le prerogative processuali ed i diritti della parte, ma essendo privo della capacità di agire può farlo solo tramite i propri rappresentanti legali, quindi i genitori. Questi ultimi però sono parte del procedimento che ha ad oggetto il pregiudizio o meno della loro condotta e quindi sono in conflitto di interessi con il minore stesso. Ecco dunque che anche in questi casi si pone la necessità di nomina del curatore speciale del minore, il quale come già illustrato per le procedure di adottabilità, esercita, in caso di incompatibilità dei legali rappresentanti del minore (genitori o tutore) il potere di nomina del legale che dovrà costituirsi nel procedimento. Se poi il curatore speciale sarà un avvocato potrà assumere direttamente la difesa del minore, parallelamente a quanto avviene nei procedimenti di adottabilità. Anche nei procedimenti de potestate, l’eventuale nomina del curatore speciale avviene d’ufficio ovvero su richiesta del p.m., con il decreto che avvia il procedimento ex art. 330 ovvero ex art. 333 c.c. ed Egli presta la propria attività sino al passaggio in giudicato della relativa decisione.



7. Dubbi interpretativi dell’introduzione dell’art. 336 co. 4 c.c.



Se quanto sopra riferito appare un’interpretazione piana della norma, vi è da evidenziare che anche l’applicazione pratica dell’art. 336 co. 4, introdotto dalla legge 149/01, ha sollevato non pochi dubbi interpretativi. Il principale dubbio ha inerito, l’obbligatorietà della nomina del curatore speciale. Come anticipato nel precedente paragrafo, la diversa terminologia utilizzata per l’art 8 e 10 l. 184/83 e per l’art. 336 co. 4, ha portato gli interpreti a ritenere che in questo ultimo caso la nomina del legale non fosse obbligatoria. A sostegno della tesi, si è rilevato come l’introduzione della difesa d’ufficio in ambito civile fosse un’assoluta novità, non soggetta pertanto ad interpretazione estensiva. Si è quindi affermato che l’art. 336 co 4 si sia limitato ad introdurre la previsione della difesa tecnica, cioè la necessità che, qualora le parti intendano “stare in giudizio” nei procedimenti de potestate, possano farlo solo con l’assistenza del difensore. Nuovamente con la previsione della difesa tecnica la legge ha riconosciuto al minore la qualità di parte. Nell’ambito dei procedimenti ex art. 333 e 330 c.c., pur se potrebbe ritenersi che il conflitto con i genitori sia, anche in detta ipotesi, in re ipsa, non sempre viene effettuata la nomina del curatore speciale. I Tribunali per i Minorenni difatti ravvisano il conflitto di interessi tra genitori e minore solo nell’ipotesi di condotte, sottoposte al loro esame, molto gravi. Ne deriva che nella maggior parte dei casi, il minore sarà privo di difesa tecnica.



8. Ipotesi di nomina del curatore speciale nei procedimenti ex art. 330 e 333 c.c.



Come si è più volte evidenziato la nomina del curatore speciale si rende necessaria allorquando sia ravvisabile un conflitto di interessi dei genitori con il minore, ai sensi di quanto disposto dall’art. 78 c.p.c. Si è altresì precisato che i Tribunali per i Minorenni, in ipotesi di procedimenti ex art. 330 o 333 c.c., non sempre procedono alla nomina di curatore speciale, ritenendo che essa debba avvenire solo qualora il conflitto si manifesti in concreto. Se questa ipotesi non viene ravvisata, i genitori, in capo ai quali vi è la responsabilità genitoriale, ben potranno rappresentare il figlio e garantirgli assistenza legale. La tesi adottata dalla prevalenza dei Tribunali dei Minorenni riconosce ai genitori un ampio potere di rappresentanza dei figli ed introduce ampia discrezionalità in capo agli stessi Tribunali. Questi ultimi difatti, valuteranno se nel caso specifico, il comportamento dei genitori e la gravità del pregiudizio recato al figlio, siano tali da dar luogo in concreto ad un conflitto di interessi. L’interpretazione appena descritta non può che lasciare perplessi ove si consideri che in altre ipotesi, ove all’opposto il conflitto potrebbe non esservi, viene prevista la nomina obbligatoria del curatore speciale. Si pensi alle controversie di tipo patrimoniale che possono inerire il minore. Ebbene in queste fattispecie la Suprema Corte di Cassazione si è espressa per l’ineludibile nomina del curatore speciale ravvisando la necessità di rimuovere il conflitto a titolo precauzionale, precisando che la verifica dell’esistenza del conflitto vada effettuata ex ante, secondo l’oggettiva consistenza della materia. Si fatica a comprendere perché si ravvisi l’opportunità di rimuovere il conflitto nella materia patrimoniale e non nella materia di cui si occupano gli art. 330 e 333 c.c. ove i comportamenti dei genitori sono al vaglio del Tribunale per i Minorenni, poiché ritenuti pregiudizievoli per il minore. L’unica spiegazione che si può dare è di carattere pratico: si vuole evitare una dannosa contrapposizione genitori-figli e riservare solo ai casi più gravi la possibilità di rappresentanza autonoma. Molto spesso difatti i procedimenti oggetto d’esame si chiudono con un’archiviazione e sarebbe pertanto deleterio accentuare gli aspetti conflittuali. Vi è poi altro aspetto che si teme non sia di second’ordine nelle valutazioni dei Tribunali per i Minorenni: si tratta dell’aspetto economico che consegue alla nomina. Il difensore del minore andrà difatti retribuito attraverso l’istituto del gratuito patrocinio e la nomina solo nei casi più gravi costituisce un risparmio di spesa per le casse dell’erario.



9. Verso un mutamento della giurisprudenza



Se l’orientamento giurisprudenziale prevalente sino ad oggi ha portato, come evidenziato nel precedente paragrafo, alla nomina del curatore speciale nei procedimenti de potestate solo nelle ipotesi “più gravi”, in cui si riteneva che il conflitto del minore con i genitori si manifestasse in concreto, due recentissimi provvedimenti della Suprema Corte fanno ipotizzare un mutamento di orientamento. La sentenza n. 5256 del 6 marzo 2018 e l’Ordinanza Interlocutoria del 14 marzo 2018 si pongono difatti in chiara rottura con la Giurisprudenza precedente. La sentenza n. 5256/18 trae origine dal ricorso straordinario in Cassazione proposto da due genitori, nei confronti dei quali il Tribunale per i Minorenni di Bologna aveva dichiarato la decadenza dalla responsabilità genitoriale ed il cui reclamo era stata respinto dalla Corte d’Appello della stessa città. I genitori deducevano la violazione dell’art. 336 c.c., u.c. e la conseguente nullità dell’intero procedimento, a seguito della mancata nomina di un difensore del minore o quantomeno di un curatore speciale per la sua rappresentanza legale e processuale. La Suprema Corte ha accolto il ricorso e ritenendo che il Giudice di primo grado abbia ignorato la qualità di parte del procedimento del minore, ha rinviato al Tribunale per i Minorenni di Bologna, in diversa composizione, per l’integrazione del contraddittorio nei confronti di quest’ultimo. Nella parte motiva, la Suprema Corte, ricorda che la sentenza interpretativa di rigetto n. 1/2002 della Corte Costituzionale e la Convenzione sui Diritti del Fanciullo, consentono di affermare che il minore è parte necessaria del procedimento, con la conseguenza che la mancata integrazione del contraddittorio nei suoi confronti comporterà la nullità del procedimento. Gli Ermellini proseguono precisando che nei giudizi de potestate la posizione del figlio risulta sempre contrapposta a quella di entrambi i genitori, anche quando il provvedimento venga chiesto nei confronti di uno solo di essi, non potendo stabilirsi ex ante la coincidenza e l’omogeneità dell’interesse del minore con quello dell’altro genitore. Ma il vero mutamento di orientamento si rinviene nell’affermazione secondo la quale il conflitto di interessi tra chi è incapace di stare in giudizio personalmente ed il suo rappresentante legale, si manifesta ogni qualvolta l’incompatibilità delle loro rispettive posizioni è anche solo potenziale, a prescindere dall’effettività. La Suprema Corte dunque nella fattispecie oggetto del suo esame, afferma che, poiché la richiesta di decadenza dalla responsabilità genitoriale sorgeva dal p.m. ed era diretta nei confronti di entrambi i genitori, la rappresentanza del minore, necessariamente doveva essere affidata ad un curatore speciale. Si passa quindi dall’affermazione della necessità di nomina del curatore speciale nei procedimenti che ci occupano solo nell’ipotesi in cui il conflitto si manifesti in concreto, a quella per cui la nomina deve avvenire ogni qualvolta il conflitto sia potenziale. Il secondo recente provvedimento di cui si è accennato è l’ordinanza interlocutoria della I sezione della Corte Suprema di Cassazione, datata 14 marzo 2018. A seguito di un ricorso promosso da genitori dichiarati decaduti dalla responsabilità genitoriale dal Tribunale per i Minorenni di Bologna e che lamentavano la nullità del procedimento per la mancata nomina di un difensore ai minori in primo grado e per il mancato intervento in sede di reclamo di un tutore provvisorio ovvero di un difensore, la Corte di Cassazione si interroga sul significato di “concreto conflitto di interessi”. Ritenendo dunque necessario un preliminare studio, esteso anche alla dottrina, al fine di approfondire la posizione del minore, i profili della partecipazione indispensabile di tutte le parti alle fasi di merito del procedimento, le modalità di accesso e la forma della difesa tecnica, nonché la perimetrazione del “concreto profilo di conflitto di interessi” per non incorrere nel rischio che quest’ultimo sia accertato ex post, la Suprema Corte ha disposto l’acquisizione di una relazione a cura dell’Ufficio Massimario e del Ruolo, rinviando a nuovo ruolo la causa. Tuttavia, in questo caso, il mutamento di giurisprudenza poi non si è compiuto ove si consideri che, fissata nuova udienza camerale, la Corte di Cassazione si è pronunciata con la sentenza n. 9100 del 2 aprile 2019, rigettando il ricorso. Degna di nota l’affermazione secondo la quale in primo grado i genitori avessero anche la rappresentanza dei minori, non essendo stato segnalato o accertato un conflitto di interessi in concreto, ragione per cui la mancanza di difensore tecnico era una libera scelta dei genitori. La Suprema Corte ha altresì precisato che nei procedimenti de potestate, la difesa tecnica è solo eventuale e rimessa alla libera scelta delle parti, senza alcuna imposizione di difesa d’ufficio. Sulla scia di quanto disposto con la sentenza n. 5256 del 6 marzo 2018, all’opposto, la Suprema Corte, con la Sentenza n. 29001 del 12 novembre 2018, nel ribadire il principio secondo il quale è ravvisabile conflitto di interessi tra chi è incapace di stare in giudizio personalmente ed il suo rappresentante legale, con conseguente necessità della nomina di un curatore speciale, ogni volta che l’incompatibilità tra le rispettive posizioni è anche solo potenziale, a prescindere dalla sua effettività, constatata la mancata nomina di un curatore speciale da parte del Tribunale per i Minorenni di Catania in un procedimento in cui ciascun genitore chiedeva la limitazione della responsabilità nei confronti dell’altro, ha cassato il decreto rinviando al Tribunale dei Minori, in diversa composizione, perché provvedesse ad integrare il contraddittorio. Ed ancora con l’Ordinanza 28 gennaio - 13 marzo 2019 n. 7196, ha affermato che i giudizi de potestate vedono la posizione del figlio contrapposta potenzialmente a quella di entrambi i genitori con conseguente necessità di nomina di un curatore speciale ed ha quindi dichiarato nullo il procedimento svoltosi, rinviando al Tribunale per i Minorenni di Bari, in diversa composizione, perché provvedesse ad integrare il contraddittorio nei confronti del minore. Pur a fronte di non univocità di orientamento e nell’auspicato intervento del legislatore, si registra nell’ultimo periodo una maggiore attenzione dei Tribunali per i Minorenni al possibile conflitto di interessi tra minore e genitori che ne hanno la rappresentanza, con un incremento di casi in cui si procede alla nomina del curatore speciale nei procedimenti ex art. 330 c.c. e 333 c.c. Sulle conseguenze della omessa nomina, appare interessante un recentissimo decreto della Corte d’Appello di Brescia, sezione minori8 , la quale nel pronunciarsi sull’eccezione di nullità del procedimento ex art. 333 c.c., promosso avanti il Tribunale per i Minorenni della stessa città, per omessa nomina del curatore speciale del minore si è trovata a decidere su due contrapposte soluzioni al vizio. Difatti mentre il genitore ricorrente, nel sostenere la nullità, chiedeva che il procedimento venisse rimesso avanti il Giudice di prima istanza, il p.g. concordava sulla nullità del procedimento ma sosteneva che il rinvio del giudizio al giudice di primo grado sarebbe stato contrario alle esigenze di speditezza, affermando dunque che il Giudice d’Appello avrebbe dovuto procedere ai sensi dell’art. 354 co. 4 c.p.c. e quindi alla rinnovazione degli atti che risultavano viziati a causa del loro compimento in assenza di costituzione, a mezzo del difensore, del rappresentante legale o del curatore speciale del minore. Chiedeva quindi che la nomina del curatore speciale venisse effettuata in sede di appello. La Corte d’Appello, con il decreto citato, ha evidenziato dapprima come alla nomina del curatore speciale del minore si debba procedere in tutte le ipotesi in cui si profili un allontanamento del minore dalla famiglia di origine (come era nel caso di specie ove il Tribunale per i Minorenni aveva disposto l’affido etero familiare del minore) e tale allontanamento sia contrastato dai genitori, poiché in tale ipotesi si verte in conflitto di interessi con necessità di nomina di un curatore speciale che nominerà un difensore al minore. Quanto alle conseguenze della dichiarazione di nullità, la Corte d’Appello ha affermato di non condividere la soluzione prospettata dal p.g., ritenendo che nel caso di specie si vertesse nell’ipotesi di cui all’art. 354 co. I c.p.c. ovvero nel caso in cui nel giudizio di primo grado doveva essere integrato il contraddittorio. È stata quindi disposta la remissione degli atti al primo giudice perché estendesse il contraddittorio anche al minore e prendesse, poi, la decisione definitiva9 .



10. La modifica dell’art. 38 disp. att. c.c. ex l. 219/2012



La l. 219/2012 ha modificato l’art. 38 disp. att. c.c. prevedendo una diversa ripartizione della competenza tra Tribunale ordinario e Tribunale per i Minorenni. Si è in particolare previsto che, mentre i provvedimenti da assumersi ex art. 330 c.c. sono di competenza del Tribunale per i Minorenni, per i provvedimenti ex art. 333, qualora tra le stesse parti penda un giudizio di separazione o divorzio ovvero ai sensi dell’art. 316 c.c., sia esclusa la competenza del Tribunale per i Minorenni a favore del giudice ordinario. La norma ha creato non pochi dubbi interpretativi al momento della sua entrata in vigore, dubbi suppliti molto spesso dalla sottoscrizione di protocolli tra il T.M. ed il T.O. Oggi l’orientamento giurisprudenziale pare consolidato nel ritenere che la vis actrattiva in favore del Tribunale Ordinario prevista dall’art. 38 disp. att. c.c., come modificato dalla l. 219/2012, operi con i procedimenti ex art. 333 e 330 c.c., osservando che spesso risulta difficile distinguere in concreto, una domanda di affidamento pura e semplice da una fondata su comportamenti pregiudizievoli o su grave abusi del genitore. L’attrazione ovviamente opererà a condizione che il procedimento avanti il T.O. sia già pendente, escludendo l’ipotesi in cui il procedimento avanti il T.M. sia stato instaurato anteriormente. Poiché alla luce delle novità introdotte i provvedimenti ex art. 333 e 330, in pendenza di un giudizio “separativo” sono di competenza del T.O., lecito dubitare che anche nell’ambito di detti giudizi, qualora si discuta della responsabilità genitoriale, si presenti la necessità di procedere alla nomina di un curatore speciale del minore. E nuovamente si deve registrare un diverso orientamento giurisprudenziale. Difatti, la Suprema Corte ha da un lato sostenuto, pur precisando che anche nei giudizi “separativi” il minore ha la qualità di parte, che la sua partecipazione nei procedimenti che ineriscono il conflitto coniugale sia garantita attraverso “l’ascolto”, evidenziando come l’art. 336 c.c. si riferisca solo ai procedimenti limitativi ovvero ablativi della responsabilità genitoriale e non ai procedimenti relativi all’affido10, e dall’altro lato, con alcune recenti pronunce, non ha escluso a priori la possibilità di nomina del curatore speciale11. In queste ultime decisioni la Suprema Corte ha affermato che, dalla previsione di cui all’art 78 c.c. e dalla normativa convenzionale, si desume che la scelta del legislatore è stata quella di individuare ipotesi in cui il conflitto di interessi è ipotizzabile in astratto (giudizi di adottabilità e di responsabilità genitoriale) mentre in tutte le altre concrete ipotesi di conflitto di interessi potenziale, sarà il giudice di merito a dover verificare in concreto la situazione di incompatibilità tra gli interessi del rappresentante e quelli del minore rappresentato. La Suprema Corte, precisa altresì che nel giudizio di separazione, nel quale vengono assunti provvedimenti che concernono il minore, non si ha automaticamente, in presenza di conflittualità tra le parti, un conflitto di interessi tra genitori e figli. Il conflitto potrà determinarsi in concreto in relazione ai comportamenti processuali delle parti che tendono ad impedire al Giudice un’adeguata valutazione dell’interesse del minore. In questi casi, afferma la Suprema Corte, si dovrà procedere alla nomina del curatore. Sulla scia di questo orientamento, alcuni Tribunali12, quindi, in procedimenti di separazione personale di coniugi altamente conflittuali, procedono alla nomina del curatore speciale del minore ritenendo necessario “individuare un soggetto terzo che possa essere garante dell’interesse e della posizione sostanziale e processuale della minore, considerata nell’attualità l’assoluta incapacità dei due genitori di comunicare in modo costruttivo e positivo nell’interesse della figlia”. Nelle loro pronunce, i Giudici di primo grado, precisano che la nomina prescinde da un’istanza di parte ed è un potere riconosciuto all’organo giudicante, nel suo prudente apprezzamento e previa adeguata valutazione del caso concreto, aggiungendo che il giudizio è rimesso, in via esclusiva al giudice del merito e non sindacabile quindi in sede di legittimità13.

NOTE

1 Cass. civ. sez. I, 7 giugno 2017, n. 14145 in Guida al Diritto, 2017, 33, 66.

2 Trib. per i Minorenni di Reggio Calabria, 17 maggio 2016, in Foro It., 2016, 11, I, 3653, nota di G. casaBuri.

3 Trib. per i Minorenni di Brescia, decreto n. 2023/15, confermato dalla Cor- te d’Appello di Brescia, sezione Minorenni, decreto n. 243/15, non edita.

4 Corte d’Appello di Napoli, 30 agosto 2017, in ilfamiliarista.it, 16 novembre 2017 nota di L. dell’osta.

5 Trib. per i Minorenni di Cagliari, 9 giugno 2017, in Foro it., 2017, 10, I, 3202.

6 Trib. Catania, sez. I, 30 dicembre 2014, in ilfamiliarista.it, 2015, 16 giugno.

7 Cass. civ. sez. I, 7 giugno 2017, n. 14145, in Guida al diritto, 2017, 33, 66.

8 Decreto 81/20 dell’8 aprile 2020, non edito.

9 Nello stesso senso Cass. sez. I, 13 marzo 19, n. 7196, in Diritto & Giustizia,

2019, 14, 3.

10 Cass. civ., sez. I, 31 marzo 2014, n. 7478, in Foro it., 2014, 5, I, 1471; nello stesso senso Corte App. Aquila, 21 gennaio 2020, n. 98, Redazione Giuf- frè, 2020.

11 Cass. civ., sez. I, 11 maggio 2018 n. 11554, in Giustizia Civile Massimario, 2018; Cass. civ. sez. I, 24 maggio 2018, n. 12957 in Giuffrè.

12 Decreto del Tribunale di Milano 11 luglio 2017, non edito; Tribunale di Torino, 21 dicembre 2018, in Giuffrè; Tribunale di Milano, sez. IX, 25 febbraio 2019, in Giuffrè.

13 Cass. civ., sez. I, 11 maggio 2018 n. 11554, in Giustizia Civile, Massimario, 2018.