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Le misure ex artt. 709-ter e 614-bis cpc, la loro funzione preventiva diretta a dissuadere comportamenti che ostacolano l’esercizio da parte del figlio del suo diritto alla vita privata e familiare (nota a Cass. Civ., ord. 6 marzo 2020, n. 6471)

autore: C. Fossati

Sommario: 1. Il quadro normativo e giurisprudenziale. - 2. Obiettivo: la protezione del diritto del minore. - 3. Cassazione: riconoscibile l’effettività della tutela dei diritti del fanciullo solo se corrispondenti agli interessi dei genitori.



1. Il quadro normativo e giurisprudenziale



Sono trascorsi quattordici anni dall’introduzione, con la legge 8 febbraio 2006 n. 54 “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli”1 , della norma di cui all’art. 709-ter c.p.c. dal titolo “Soluzione delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni”2 e undici anni dall’introduzione dell’art. 614-bis cpc3 , rubricata “Attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare” ad opera della legge 18 giugno 2009 n. 694 , poi integrata dalla legge 135/2015, norme entrambe controverse, la cui concreta applicazione è ancora oggi complicata e scarsa5 . L’esigenza posta alla base dell’introduzione delle due disposizioni è da ricondursi al fenomeno, invero frequente, della inosservanza dei provvedimenti giudiziari in materia di responsabilità genitoriale: affidamento dei figli, regime delle visite, provvedimenti a carattere economico; nonché alle peculiari difficoltà di esecuzione di obblighi di fare infungibile, quali in via prevalente gli obblighi che discendono dalle relazioni familiari. L’interpretazione in chiave sanzionatoria con funzione deterrente, anziché compensatoria, della norma di cui al 709-ter era stata da subito colta da una parte della giurisprudenza (Tribunale di Messina 5 aprile 20076 , Tribunale di Vallo della Lucania, 7 marzo 20077 ; Tribunale di Verona 11 febbraio 20098 ) e della dottrina che la riconduceva alle astreintes di diritto francese, facendo leva su alcune caratteristiche peculiari9 , quali: 1) l’istruttoria sommaria; 2) l’esclusione delle domande di risarcimento del danno ex art. 2043 cc dalle procedure di separazione e divorzio10; 3) la procedibilità d’ufficio; 4) l’analogia con altre sanzioni introdotte quali quella prevista dall’art. 337-quater co. 2 ultimo periodo cc e l’art. 96, comma 3 c.p.c. Altri invece avevano ricondotto i rimedi previsti dalla norma ad una funzione più tradizionalmente risarcitoria11. Si è posto altresì un problema di coordinamento fra l’ambito di applicazione del 709-ter e l’art. 333 cc, afferendo entrambe le norme a situazioni o atti che arrecano pregiudizio ai figli12. Più precisamente i rimedi indicati ai nn. 1 e 4 del comma 2 dell’art. 709-ter c.p.c. sarebbero da ricondurre ad una funzione prevalentemente sanzionatoria, quali strumenti di coercizione indiretta, mentre le ipotesi previste ai nn. 2 e 3 della stessa norma sarebbero ricollegate al sistema della responsabilità civile, seppure con alcune caratteristiche peculiari13. Quanto al rimedio introdotto con l’art. 614-bis cpc, si tratterebbe di una misura di coercizione indiretta volta ad ottenere l’esecuzione del provvedimento, la cui attuazione dipende esclusivamente dalla condotta dell’obbligato, con la previsione anticipata di una sanzione pecuniaria predeterminata dal giudice nel caso di violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento14. In entrambi i casi abbiamo a che fare con procedimenti incidentali, o incidenti di esecuzione, strumentali, l’uno, quello previsto dall’art. 709-ter c.p.c., misura tipica di diritto di famiglia, interviene successivamente all’inottemperanza, mentre il più recente art. 614-bis opera in vista di futuri inadempimenti, riducendo la necessità di ricorrere nuovamente all’autorità giudiziaria15. Con l’ulteriore particolarità di poter intervenire anche in relazione a provvedimenti passati in giudicato, essendo le inadempienze parificate quanto agli effetti a fatti e circostanze sopravvenute e consentendo quindi sia la modifica dei provvedimenti in vigore, sia l’emissione di provvedimenti in senso lato sanzionatori. Sulla contemporanea utilizzabilità di entrambe le disposizioni, nella duplice valenza sanzionatoria deterrente rivolta sia al passato, sia in proiezione futura16, si sono avute talune pronunce favorevoli: tra queste una sentenza del Tribunale di Roma, 27 giugno 201417, che riconosce la condanna, anche a fronte della mancata osservanza “degli appuntamenti che verranno fissati per la psicoterapia della minore o delle prescrizioni impartite dallo psicoterapeuta”, a carico del genitore inadempiente, al pagamento ai sensi dell’art. 614-bis c.p.c. della somma di euro 150 giornaliere per ogni singola violazione in favore dell’ex coniuge. Anche il Tribunale di Genova, 8 novembre 201818, ha applicato entrambe le previsioni normative in un caso di accertata, reiterata condotta ostruzionistica e non collaborativa di un genitore che aveva nel tempo: svalutato l’altra figura genitoriale, cancellato dai materiali scolastici i riferimenti materni, assunto decisioni unilaterali riguardanti la figlia incidenti sulla sua sfera medica, scolastica, religiosa, più volte chiesto inutilmente l’intervento delle Forze dell’Ordine in presenza della figlia.



2. Obiettivo: la protezione del diritto del minore



Recentemente sembra farsi strada una concezione che attribuisce a queste disposizioni una fondamentale funzione preventiva-punitiva19, attraverso la quale si realizza una tutela dichiarativa-determinativa dei diritti dei figli minori previsti dall’art. 315-bis c.c.20, a presidio di situazioni giuridiche soggettive riconducibili al diritto del minore alla propria vita privata e familiare, alla conservazione di rapporti con entrambi i genitori e ciascun ramo parentale, alla necessità di interventi solleciti, idonei a scongiurare le conseguenze che il trascorrere del tempo21 può determinare in una persona in rapida crescita ed evoluzione psicofisica, qual è appunto un fanciullo. L’ordinanza in commento si inserisce in questa linea ricostruttiva22, caratterizzandosi per la rapidità e lungimiranza dell’intervento, laddove non solo accoglie l’esigenza sanzionatoria-esecutiva segnalata dal genitore pretermesso, diretta a far cessare i comportamenti pregiudizievoli posti in essere nella specie dalla madre, ai sensi dell’art. 709-ter c.p.c., ma si dimostra capace di andare oltre, applicando d’ufficio23 le misure di coercizione indiretta di cui all’art. 614-bis c.p.c., nella funzione di protezione delle posizioni di soggetti fragili, verso le quali è chiamata a fornire risposte anche autonomamente la stessa autorità giudicante24. Sino ad oggi l’orientamento giurisprudenziale prevalente richiedeva, quale presupposto legittimante la misura prevista dal 709-ter, la sussistenza di gravi inadempienze, rimanendo in secondo piano l’ipotesi di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore o ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento. Nella fattispecie in esame, in pendenza di giudizio di separazione e nella vigenza del regime stabilito con Ordinanza presidenziale del 17 aprile 2019, il padre promuoveva, in data 2 settembre 2019, ricorso incidentale ex artt. 709 comma 4 e 709-ter c.p.c., al Giudice Istruttore, nella sua duplice funzione di giudice dell’esecuzione dei provvedimenti e di giudice della modifica in caso di sopravvenienze, lamentando di avere potuto incontrare il figlio, nel periodo successivo all’ordinanza presidenziale, solo sporadicamente e per un tempo corrispondente al 30% di quanto a lui spettante; chiedendo a tal fine l’emissione, anche d’ufficio25, dei provvedimenti sanzionatori contemplati dall’art. 709-ter c.p.c. e, in caso di persistente inadempimento, anche quelli de potestate già peraltro adombrati in sede di emissione dei provvedimenti provvisori presidenziali. Questi ultimi erano stati interpretati a proprio esclusivo vantaggio dalla madre, la quale aveva letto l’indicazione in essi contenuta dell’accompagnamento del figlio e della presenza materna alle visite dal padre, come condizione sine qua non dei rapporti fra il padre ed il figlio, anziché come elemento utile al solo fine di agevolarli. Nell’ambito dell’ordinanza presidenziale era infatti stabilito che le visite si svolgessero nella casa paterna e con la presenza della madre, che ivi doveva condurlo, eventualmente avvalendosi dei suoi genitori o parenti, “ove costei non intenda lasciare il figlio solo con il padre, fino al mese di aprile 2020 […] per dar modo al piccolo di adeguarsi gradualmente alla nuova condizione delle visite paterne”26. La tesi della madre tradiva una concezione decisamente superata dei ruoli genitoriali, laddove mostrava di voler ricondurre lo status di figlio in tenera età a bene appartenente alla sola genitrice27, mero oggetto, anziché soggetto titolare di diritti. Lo stesso giudice, nell’ordinanza qui in commento, osserva – come voce del sén fuggita – che siffatta concezione avrebbe avuto chanches di accoglimento, solo laddove fosse stata dimostrata l’incapacità del padre di provvedere alle esigenze del figlio. Ma che il figlio sia soggetto di diritti, in specie il diritto all’accesso ad entrambe le figure genitoriali, e non oggetto di rivendicazioni di terzi, siano essi pure i suoi genitori, è affermazione che non può essere messa in discussione, se realmente si intende porre al centro del dibattito l’interesse prioritario (rectius il diritto28) della persona di minore età. La stessa ordinanza presidenziale consentiva di leggere tra le righe, grazie all’esperienza maturata dal magistrato, sviluppi non positivi della relazione genitori-figlio, tanto da aver messo in guardia sin da allora la madre da condotte ostruzionistiche e facendo espressamente salvi eventuali provvedimenti di modifica del collocamento, se non dell’affidamento e sanzionatori, da adottare nell’interesse del piccolo29. Alla madre era, infatti, prescritto di agevolare in tutti i modi i contatti più frequenti fra il padre ed il minore, esercitando consapevolmente la responsabilità parentale ed orientandola, opportunamente, al perseguimento dell’interesse superiore del figlio. All’istanza di modifica del provvedimento presidenziale, nonché di emissione di provvedimenti sanzionatori formulata dal padre, replicava la madre respingendo in toto la ricostruzione dei fatti, in particolare negando ogni forma di inadempienza o violazione a proprio carico e attribuendo viceversa al ricorrente qualsiasi mancanza in relazione alle esigenze e necessità del figlio. La madre arrivava inoltre a sostenere che la sua personale presenza, almeno sino all’età di tre anni del piccolo, fosse fondamentale per la salvaguardia dell’interesse morale e materiale di quest’ultimo. Tuttavia la resistente – osserva il Tribunale – aveva ammesso in giudizio di essere impegnata ogni mattina per lavoro, riconoscendo il fatto che il figlio resta materialmente affidato ai nonni materni. Sulle contrapposte deduzioni il Giudice rilevava l’inadempimento della madre al noto criterio dell’accesso30, tanto più evidente dal momento che l’ordinanza presidenziale le imponeva di favorire in tutti i modi contatti più frequenti padre-figlio. Anche volendo ammettere che il figlio stesse dormendo all’ora stabilita per gli incontri, com’è normale a quell’età, ben avrebbe potuto la madre consentire al marito di tenere suo figlio in altri orari. Quindi il giudice, che pure in un primo tempo aveva salutato con favore la presenza della madre agli incontri con il padre, alla luce delle evenienze medio tempore palesatesi, si vede costretto a svalutare tale elemento, come motivo che fa venire meno la spontaneità alla relazione affettiva padre-figlio e come causa di ulteriori momenti di tensione. Frequentemente i magistrati, così come gli operatori del diritto di famiglia, si trovano a fare i conti con sabotaggi delle regole date, con trasgressioni delle norme, il continuo inadempimento o disconoscimento delle mediazioni anche faticosamente raggiunte fra le opposte esigenze, con conseguente cronicizzazione del conflitto ed esigenza di dover rimettere mano alle disposizioni date al fine di renderle più vincolanti e cogenti. Risponde a quest’ordine di esigenze la soluzione fornita attraverso l’adozione dei rimedi disposti dal giudice barese: un articolato sistema di interventi a scopo dissuasivo, sanzionatorio, prescrittivo31, al fine di creare una rete di protezione intorno al minore, atti a rendere più effettivo possibile il suo diritto di accesso alle figure parentali di riferimento. Il Tribunale applica anche quella particolare forma di risarcimento sanzionatorio prevista dal n. 2 del II comma dell’art. 709-ter c.p.c., condannando la madre al risarcimento del danno arrecato al figlio, avendo la stessa gravemente pregiudicato la relazione affettiva padre-figlio, in tal modo ledendo il diritto del minore alla bigenitorialità ed alla sua crescita equilibrata e serena32. L’Ordinanza, risolvendo alcuni problemi che erano stati sollevati in relazione ad alcuni precedenti, si pone altresì il problema di predeterminare un meccanismo che consenta l’accertamento della violazione e lo risolve individuando un soggetto terzo – nella specie i Servizi Sociali ovvero l’Arma dei Carabinieri – quali enti abilitati33 a “certificare” ogni singola violazione del diritto di visita paterno.



3. Cassazione: riconoscibile l’effettività della tutela dei diritti del fanciullo solo se corrispondenti agli interessi dei genitori



Recentissima pronuncia della Corte di Cassazione – 6471/2020 qui in commento – interviene parimenti sul tema della applicabilità della sanzione prevista dall’art. 614-bis c.p.c. al genitore che ometta di fare visita al figlio34. Secondo il giudice di legittimità non è coercibile il diritto di visita al minore ove il genitore non intenda esercitarlo; vale a dire questi non può essere sanzionato se non intende darvi esecuzione, rectius attuazione35. Il caso riguardava una paternità, definita “naturale”36, accertata all’esito di un giudizio ex art. 269 cc, laddove il padre dichiarato giudizialmente si rifiutava di far visita al figlio e la madre aveva promosso ricorso, si presume a nome del figlio, per far valere il diritto di costui all’accesso all’altra figura genitoriale. Per la Corte in ipotesi siffatte sarebbero preferibili non meglio precisati “percorsi condivisi di rielaborazione e miglioramento dei rapporti affettivi”, le cui coordinate tuttavia, nel panorama giudiziario, nonché socio-sanitario italiano sfuggono al lettore37. La Corte di Cassazione riconosce che le gravi violazioni al diritto di visita possono tradursi in motivi di risarcimento e sanzione, secondo il sistema dalla stessa definito “modulare e flessibile” di cui all’art. 709-ter c.p.c. Alla luce delle motivazioni delle pronunce qui annotate, sembra potersi rilevare come la violazione dal lato attivo delle regole che presiedono alla gestione delle visite genitori-figli sia tutelabile attraverso lo strumento della coercizione indiretta di cui all’art. 614-bis c.p.c.; diversamente per quanto attiene il versante passivo, la condotta omissiva del genitore che faccia mancare le sue visite al figlio non sarebbe tutelabile, secondo quest’ultimo arresto della Corte, attraverso il rimedio della sanzione pecuniaria prescritta per ogni violazione. Richiama la Corte l’ineludibile cornice del diritto convenzionale, dalla quale discende sì l’obbligo delle autorità di facilitare il riavvicinamento fra il genitore ed il figlio non convivente, ma ciò non fino al punto di ricorrere alla coercizione, il cui utilizzo – proseguono gli ermellini – non può che essere limitato in siffatta materia, dovendo necessariamente contemperare l’interesse superiore del minore con i diritti e le libertà delle persone. Ne deriva che il diritto-dovere di visita spettante al genitore verso il figlio corrisponderebbe ad un potere-funzione non sussumibile nella categoria degli obblighi sanzionabili, esso è perciò destinato a rimanere libero e discrezionale nel suo esercizio38. Ciò che non convince affatto della ricostruzione operata dalla Suprema Corte è l’affermazione secondo la quale la decisione del genitore di non frequentare il figlio, in quanto scelta non opinabile, risponderebbe ipso facto all’interesse superiore del minore ad una crescita equilibrata. Il che equivale a dire che se un genitore opina di non voler incontrare il figlio, tale atteggiamento corrisponde di per sé all’interesse superiore dello stesso a non avere rapporti con un genitore di tal fatta, per la sola considerazione ch’egli ha operato questa scelta, con un automatismo tuttavia che stride fortemente con la necessità di verificare in concreto quale sia l’effettivo interesse del minore, nonché la sua possibile, ed anzi necessaria, partecipazione ad un giudizio che lo riguarda in misura diremmo elevata alla sua massima potenza. Nulla si dice se sia stata indagata, e con quali strumenti processuali eventualmente, l’effettiva volontà del figlio che, a quanto pare, non trova cittadinanza nel giudizio, che pertanto resta confinato e coinvolge solo ed esclusivamente gli adulti. Ciò tuttavia comporta non riconoscere al soggetto di età minore una posizione giuridica tutelabile nel procedimento, con buona pace del suo diritto alla vita privata e familiare39, rispetto al quale tutto è rimesso alla mera volontarietà del genitore. Come è agevole prevedere, il genitore in questione non sarà disponibile ad avviare i pur auspicati percorsi condivisi rivolti alla mediazione ed al riavvicinamento delle posizioni, di talché l’interesse, ovvero il diritto del minore ad una famiglia, nei fatti è destinato a rimanere desolatamente senza attuazione da parte dell’ordinamento. La Corte apre alla prospettiva del ricorso ad altri possibili rimedi: dall’affidamento esclusivo, alla decadenza della responsabilità genitoriale, all’adozione di provvedimenti limitativi della responsabilità (artt. 330 e 333 c.c.), alla responsabilità penale per il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.).

Ma se il diritto di visita, nonché il diritto alla bigenitorialità del figlio minore è tutelato non solo da un punto di vista civilistico, bensì anche nel codice penale, tanto che il mancato esercizio da parte del genitore non collocatario, ovvero l’impedimento all’esercizio da parte del genitore (prevalentemente) collocatario, sono perseguibili ai sensi degli artt. 388 e 570, co. 1°, c.p., pare invero irragionevole non consentire il pieno dispiegarsi alla tutela civilistica data dal rimedio di cui al 614-bis c.p.c. In questa prospettiva il figlio, anziché titolare di diritti, peraltro incomprimibili da parte di entrambi i genitori40, viene ad essere inquadrato come mero destinatario passivo delle decisioni che lo riguardano per come assunte dai genitori, non ricevendo di fatto riconoscimento in giudizio né il suo diritto all’ascolto41, né il suo inquadramento come parte processuale autonoma, meritevole di tutela, distinta dai suoi genitori. Ancora una volta la clausola generale dell’interesse superiore del minore viene impiegata come limite all’operare delle regole di diritto comune, utilizzata come deroga ai principi generali e, quel ch’è peggio, in palese contrasto con il suo diritto ad essere partecipe delle decisioni che lo riguardano.

NOTE

1 Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 1° marzo 2006.

2 Il quale recita: “Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all’esercizio della potestà genitoriale o delle modalità dell’affidamento è competente il giudice del procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all’articolo 710 è competente il tribunale del luogo di residenza del minore. A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente: 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende. I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari”.

3 Il quale recita: “Con il provvedimento di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle controversie di lavoro subordinato pubblico e privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’articolo 409. Il giudice determina l’ammontare della somma di cui al primo comma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile”.

4 Dal titolo: “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19 giugno 2009.

5 Tra le ragioni della ritrosia della giurisprudenza ad applicare siffatte misure è stata giustamente segnalata l’eccessiva discrezionalità assegnata dal legislatore al giudice, nonché l’assenza di tipicità delle misure da un minimo ad un massimo. Inoltre potrebbe rivelarsi molto più efficace lo strumento della modifica della regola di collocamento prevalente, che pure lo stesso 709-ter prevede, anch’esso tuttavia scarsamente utilizzato. Sul punto C. CeCChella, Diritto e processo nelle controversie familiari e minorili, Bologna, 2018, 244-245.

6 Trib. Messina, 5 aprile 2007. Giur. Merito, 2008, 6, 1584, con nota di dell’utri. L’art. 709-ter c.p.c., nei punti nn. 2 e 3, prevede un tipo di risarcimento dei danni che rientra nell’ambito dei “punitive damages”, aventi natura sanzionatoria. Il giudice istruttore può emanare tutti i provvedimenti previsti da tale disposizione, compresi quelli sanzionatori. Il risarcimento del danno previsto dai punti 2 e 3 dell’art. 709-ter c.p.c. costituisce una forma di “punitive damages” ovvero di sanzione privata, non riconducibile al paradigma degli artt. 2043 e 2059 c.c. Non è ostativa l’osservazione che il nostro sistema giuridico non conosce la categoria dei danni punitivi, perché la legge n. 54/2006 in tema di affidamento recepisce largamente l’esperienza anglosassone e nordamericana e di conseguenza ben può introdurre un “quid novum”, segnatamente quella condanna al risarcimento del danno che non è diretta a compensare ma a punire, al fine di dissuadere (“to deter”) chi ha commesso l’atto illecito dal commetterne altri. Si tratta di un sistema di poteri di coercizione, volti a rendere il provvedimento di affidamento attuale e in ultima analisi a realizzare l’interesse del minore a conservare un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori.

7 Pluris, WoltersKluwer.

8 Pluris, WoltersKluwer.

9 Sul punto f. lONGO, Il sistema sanzionatorio nel diritto di famiglia, Milano,

2018, 214.

10 Quantomeno secondo una giurisprudenza prevalente: in questo senso si pongono, ad esempio, le pronunce di Cassazione 22 marzo 1993 n. 3367, in Giust. civ. Mass., 1993, 535 e Cass. 6 aprile 1993 n. 4108, in Giust. civ. Mass., 1993, 624, nonché Tribunale di Varese 4 gennaio 2012, in Dejure.it e Tribunale di Bari 18 dicembre 2007, in Il merito, 2008, 35.

11 Tra questi: App. Firenze, 29 agosto 2007 secondo la quale il genitore che impedisca la frequentazione tra il figlio minore e l’altro genitore va condannato al risarcimento del solo danno non patrimoniale, individuato in re ipsa e quantificato in via equitativa, in Pluris. Ugualmente Trib. Pavia, 23 ottobre 2009 secondo cui l’art. 709-ter c.p.c. configura una ipotesi di responsabilità ordinaria ex art. 2043 c.c. con risarcimento del danno non patrimoniale arrecato dal genitore al minore, in Famiglia e Diritto, 2010, 2, 149, nota di arCeri. Ugualmente Trib. Salerno, 22 dicembre 2009, secondo cui il provvedimento di condanna di uno dei genitori a risarcire i danni all’altro – ex art. 709-ter c.p.c. – ha natura risarcitoria in senso proprio, in Famiglia e Diritto, 2010, 10, 924, nota di VullO. In dottrina, ex pluris: f. tOMMaseO, Le nuove norme sull’affidamento condiviso: b) profili processuali, in Fam. Dir., 2006, 401; G. fiNOCChiarO, Misure efficaci contro gli inadempimenti, in Guida al Dir., 2007, 2, 62; M. paladiNi, Responsabilità civile nella famiglia: verso i danni punitivi?, in Resp. Civ. Prev., 2007, 2011.

12 Sul punto v. a. fasaNO, s. MatONe, I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, 326.

13 Per un’ampia disamina si segnala la pregevole monografia di r. dONzelli, I provvedimenti nell’interesse dei figli minori ex art. 709-ter c.p.c., Torino, 2018, 134 ss. 14 R. MusCiO, Esecuzione dei provvedimenti sulla responsabilità genitoriale: l’art. 709-ter e la nuova formulazione dell’art. 614-bis c.p.c., in IlFamiliarista, 30

settembre 2015.

15 Accurata l’analisi delle due norme in CeCChella, op. cit., 240-257.



16 a. rONCO, L’art. 614-bis c.p.c. e le controversie in materia di famiglia, in Giurisprudenza Italiana, III, 2014.

17 Dejure.it.

18 Tribunale di Genova, decreto 8 novembre 2018, Rel. M. Pugliese, in Osser-

vatoriofamiglia.it https://urly.it/34rh4: “Accertata la reiterata condotta ostruzionistica e non collaborativa posta in essere dal genitore, viene irrogata la sanzione ex art. 709ter c.p.c. dell’ammonizione al padre affinché si astenga dal tenere condotte svalutative della figura materna e dal cancellare dal diario e dal materiale scolastico della figlia i riferimenti materni, nonché la sanzione ex art. 614-bis c.p.c. del pagamento di euro 50,00 per ogni violazione o inosservanza, e precisamente: ogni volta ch’egli depenni il nome materno; ogni volta ch’egli assuma unilateralmente scelte riguardanti la figlia relative alla sua sfera medica, scolastica e religiosa in assenza di previo accordo con la madre e con i Servizi Sociali; ogni volta ch’egli rifiuti di affidare a incaricati delle madre la figlia; ogni volta ch’egli richieda l’ultroneo intervento delle Forze dell’Ordine alla presenza della figlia minore”.

19 Non meno educativa e pedagogica.

20 Espressione che rende al meglio l’obiettivo teleologico di queste

disposizioni, tratta da dONzelli, op. cit., 252.

21 Sul valore del fattore tempo si è più volte espressa la Corte EDU, nei noti casi: Lombardo/Italia 29 gennaio 2013; Zhou/Italia 21 gennaio 2014; Improta/ Italia 4 maggio 2017. Recente pronunciamento della Cassazione, 8 aprile 2019, n. 9764, in osservatoriofamiglia.it, https://urly.it/34xc richiama la necessità di una rapida attuazione: “Gli obblighi positivi da adottarsi dalle autorità per garantire l’effettività della vita privata o familiare nei termini di cui all’art. 8 della Convenzione Edu, non si limitano al controllo che il bambino possa incontrare il proprio genitore o avere contatti con lui, ma includono l’insieme delle misure preparatorie che, non automatiche e stereotipate, permettono di raggiungere questo risultato, nella preliminare esigenza che le misure deputate a riavvicinare il genitore al figlio rispondano a rapida attuazione, perché il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui”.

22 Sostenuta in dottrina tra gli altri da: G. CasaBuri, I nuovi istituti di diritto di famiglia, in Giur. Mer., 2006, suppl. 3, 61; G. de MarzO, L’affidamento condiviso, in Foro it., 2006, 95; a. GraziOsi, Profili processuali della l. 54 del 2006, in Dir. Fam. Pers., 2006, 1884.

23 La norma in realtà prevede espressamente che il giudice si pronunci “su istanza di parte”, ma giustamente si è osservato – dONzelli, op. cit. –, come “sembrerebbe del tutto contraddittorio ammettere che il giudice possa irrogare d’ufficio le sanzioni di cui ai nn. 1, 2 e 4 dell’art. 709-ter c.p.c. e non la misura coercitiva prevista dall’art. 614-bis c.p.c.: rimedi tutti che rispondono ad un’esigenza di effettiva tutela dell’interesse del minore, rispetto alla quale la legge deroga ai principi della domanda e corrispondenza tra chiesto e pronunciato, stante il disposto dell’art. 337-ter comma 2, primo e quarto periodo”.

24 Sulla adottabilità d’ufficio dei provvedimenti a tutela della prole v. l’art. 337-ter c.c.; in giurisprudenza: Tribunale di Roma, 10 giugno 2011: “Qualora per lunghi anni, fin dall’inizio della separazione personale dei coniugi/genitori, uno di essi si sia totalmente sempre astenuto dal versare qualsiasi contributo economico per il mantenimento della prole, con la quale non ha mai, per sua esclusiva incuria, avuto contatti personali di sorta, al genitore sì gravemente inadempiente può il giudice applicare, anche d’ufficio, le misure punitive e coercitive previste dall’art. 709-ter c.p.c.”, in Dir. Famiglia, 2012, 1, 298; in dottrina.

25 V. anche Trib. Milano 7 gennaio 2018, in IlFamiliarista.it, 30 luglio 2018 con nota di e. rOssi. Nei confronti del genitore che ponga in essere ostacoli alla frequentazione del figlio con l’altro genitore, può essere disposto l’ammonimento ex officio sulla base di quanto disposto dall’art. 709-ter c.p.c. con l’invito a cessare ogni condotta pregiudizievole alla frequentazione con l’altro genitore, nonché può prevedersi – ex art. 614-bis c.p.c. – la condanna a corrispondere una somma di denaro per ogni comportamento ostativo specificamente individuato dal Tribunale.

26 Nel contempo però l’Ordinanza presidenziale dava “atto che il presente regolamento degli incontri è puramente indicativo e che la madre collocataria prevalente dovrà favorire in tutti i modi i contatti più frequenti tra il padre ed il minore, esercitando consapevolmente la responsabilità parentale ed orientandola esclusivamente al perseguimento del suo superiore interesse, ed altrettanto dovrà fare il padre, le cui capacità accuditive non sono attualmente in discussione, e che nell’espletare il suo ruolo potrà giovarsi dell’ausilio dei suoi genitori”.

27 Una concezione che trova purtroppo eco anche nei provvedimenti giudiziari e va sotto il nome di “maternal preference”, cfr. osservatoriofamiglia. it: Maternal preference criterio tuttora valido per il collocamento di bambini piccoli. Corte d’Appello di Napoli, 27 luglio 2019 https://urly.it/34w28.

28 “Appartenente alla categoria dei diritti fondamentali della persona ex art. 2 Cost.”, cfr. dONzelli, op. cit., 155.

29 L’Ordinanza del Presidente prevedeva infatti: “Dispone che in caso di inottemperanza della madre a quanto innanzi stabilito, il (... padre), che ha già lamentato la condotta ostruzionistica della madre, che ostacolerebbe i suoi incontro con il minore, dovrà rivolgersi ai Servizi Sociali territoriali che predisporranno un calendario di incontri teso a favorire la ripresa del rapporto affettivo tra il padre ed il minore, fatti salvi eventuali provvedimenti di modifica del collocamento, se non dell’affidamento, e sanzionatori da adottare nell’interesse del piccolo”.

26 Nel contempo però l’Ordinanza presidenziale dava “atto che il presente regolamento degli incontri è puramente indicativo e che la madre collocataria prevalente dovrà favorire in tutti i modi i contatti più frequenti tra il padre ed il minore, esercitando consapevolmente la responsabilità parentale ed orientandola esclusivamente al perseguimento del suo superiore interesse, ed altrettanto dovrà fare il padre, le cui capacità accuditive non sono attualmente in discussione, e che nell’espletare il suo ruolo potrà giovarsi dell’ausilio dei suoi genitori”.

27 Una concezione che trova purtroppo eco anche nei provvedimenti giudiziari e va sotto il nome di “maternal preference”, cfr. osservatoriofamiglia. it: Maternal preference criterio tuttora valido per il collocamento di bambini piccoli. Corte d’Appello di Napoli, 27 luglio 2019 https://urly.it/34w28.

28 “Appartenente alla categoria dei diritti fondamentali della persona ex art. 2 Cost.”, cfr. dONzelli, op. cit., 155.

29 L’Ordinanza del Presidente prevedeva infatti: “Dispone che in caso di inottemperanza della madre a quanto innanzi stabilito, il (... padre), che ha già lamentato la condotta ostruzionistica della madre, che ostacolerebbe i suoi incontro con il minore, dovrà rivolgersi ai Servizi Sociali territoriali che predisporranno un calendario di incontri teso a favorire la ripresa del rapporto affettivo tra il padre ed il minore, fatti salvi eventuali provvedimenti di modifica del collocamento, se non dell’affidamento, e sanzionatori da adottare nell’interesse del piccolo”.

33 Si sarebbe potuto individuare forse più opportunamente il Giudice Tutelare, nella sua funzione, invero molto poco applicata, di vigilanza attiva attribuitagli dall’art. 337 cc.: “Il giudice tutelare deve vigilare sull’osservanza delle condizioni che il tribunale abbia stabilite per l’esercizio della responsabilità genitoriale e per l’amministrazione dei beni”.

34 Invero scarse le pronunce della Suprema Corte sull’art. 709-ter c.p.c.: una prima del 22 ottobre 2010 n. 21718, dichiara inammissibile il ricorso per cassazione avverso l’ammonimento inflitto al genitore che si sia reso responsabile di inadempienze; in Foro it., 2011, 10, I, 2821, nota di de MarzO; una seconda del 8 agosto 2013 n. 18977, in Diritto di Famiglia e delle Persone, 2014, 1, 137, sostiene che il provvedimento che abbia irrogato una sanzione pecuniaria o condannato al risarcimento dei danni il genitore inadempiente abbia il carattere della decisorietà e sia pertanto ricorribile in cassazione; una terza del 5 febbraio 2015 n. 3810, in Giur. it., 2015, 2589, conferma l’inammissibilità del ricorso per cassazione avverso la misura dell’ammonimento, mentre la riconosce in relazione alla sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

35 CeCChella, op. cit., cap. 5; §5.1 La differenziazione nell’attuazione delle tutele. Una questione terminologica.

36 Nonostante a mente dell’art. 315 cc: “Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”.

37 r. lOssO, a. paCkCiarz, Psicanalisi familiare e giustizia. L’approccio interdisciplinare, in Interazioni. Clinica e ricerca psicoanalitica su individuo-coppia-famiglia. Interactions. Psychoanalytic clinical work and research on individual-couple-family, 2012, 2, 13. “La fine del processo di lutto intersoggettivo implica si giunga allo scioglimento del legame coniugale, ma, contemporaneamente, altri legami devono ricostituirsi, soprattutto in presenza di figli, per giungere ad una nuova forma di legame. Abbiamo denominato questo lavoro trasformazione del legame, il quale ha una certa relazione con quello che la giustizia chiede come riattivazione di legami. Lo sviluppo di questo processo implica – tra l’altro – un disinvestimento libidico del partner come oggetto di desiderio, con la conseguente possibilità di far nascere nuovi legami erotici e, allo stesso tempo, il re-investimento dell’altro come oggetto della coppia genitoriale”.

38 Ma se ai sensi dell’art. 30 Cost.: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”, e ai sensi dell’art. 315bis c.c. il figlio “ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni”, nonché: “di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti” e ancora per converso ex art. 147 cc i genitori hanno “l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315-bis”, come può la funzione genitoriale essere rimessa alla libera scelta discrezionale del singolo?

39 Art. 8 CEDU: “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”.

40 d. piazzONi, Il problema del diritto di visita e di frequentazione all’epoca del Covid-19, in Familia, 2020, 3.

41 Riconosciuto da numerose norme nel nostro ordinamento: art. 12 Convenzione di New York del 20 novembre 1989; artt. 3 e 6 Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996; art. 315-bis c.c.; art. 336-bis c.c.; art. 38 disp. att. cc; art. 337-octies c.c.; art. 4, co. 8, l. 898/70.