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Sulla legittimazione all’azione di rettifica degli atti dello stato civile (nota a Trib. Bari, decr. 21 maggio 2019),

autore: L. Costantino

Sommario: 1. Il caso. - 2. Motivi della decisione. - 3. Sulla legittimazione del pubblico ministero e dei “privati”. - 4. Sulla legittimazione del sindaco e del ministero dell’interno. - 5. Sulla declaratoria di estinzione. - 6. Ambito applicativo dell’azione ex art. 95 d.P.R. n. 396 del 2000 e rapporti con l’azione ex art. 67 l. n. 218 del 1995.



1. Il caso



La vicenda trae origine dalla domanda avanzata dal pubblico ministero, ai sensi dell’art. 95, comma 2, d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, avente ad oggetto la cancellazione dell’atto di nascita di un minore, nato nel Regno Unito, e trascritto presso i registri del comune di Bari come figlio di madre inglese e di altra genitrice italiana. Su istanza del giudice veniva integrato il contradditorio nei confronti dei soggetti titolari delle situazioni giuridiche coinvolte (le due genitrici) ed effettuata la litis denuntiatio nei confronti del sindaco del comune di Bari e del ministero dell’interno. Quest’ultimo, successivamente alla rinuncia del pubblico ministero alla propria istanza originaria, avanzava autonoma domanda di cancellazione dell’atto di nascita dai registri dello stato civile. Il tribunale, in conseguenza della sopravvenuta rinuncia agli atti del pubblico ministero, dichiarava l’estinzione del giudizio1.



2. Motivi della decisione



Le peculiarità del caso di specie2 offrono l’occasione per soffermarsi sull’individuazione dei soggetti legittimati all’azione di rettificazione3 . Finalità dell’azione è quella di eliminare una difformità tra la situazione di fatto, quale è o dovrebbe essere nella realtà secondo la previsione di legge, e quella risultante dai registri dello stato civile, a causa di un vizio comunque originatosi nel procedimento di formazione dei relativi atti, mentre restano estranee all’oggetto del giudizio le questioni relative all’accertamento dello status4 .

La soluzione accolta dal tribunale di Bari è nel senso di riconoscere la legittimazione all’azione ex art. 95, commi 1 e 2, d.P.R. n. 396 del 2000 esclusivamente in capo ai titolari delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte ed al pubblico ministero. Di contro, la legittimazione ad agire è esclusa sia in capo al ministero dell’interno che all’ufficiale di stato civile, restando ferma la legittimazione di entrambi ad intervenire nel processo. Dalla negata legittimazione ad agire dei soggetti sopra richiamati il tribunale fa discendere la declaratoria di estinzione del giudizio, in ragione della sopravvenuta rinuncia agli atti del pubblico ministero. In particolare, la rinuncia all’istanza di cancellazione dell’atto di nascita da parte del pubblico ministero – parte originaria – comporta l’estinzione del giudizio, non potendosi ritenere che “le ulteriori parti del giudizio – e, in particolare, il ministero dell’interno – possano pretendere in ogni caso la prosecuzione del giudizio”, dal momento che “il potere della parte intervenuta di far proseguire il giudizio nonostante la rinunzia della parte originaria è diretta conseguenza della sua legittimazione ad agire”5 .



3. Sulla legittimazione del pubblico ministero e dei “privati”



Non desta problemi la riconosciuta legittimazione ad agire del pubblico ministero, in quanto prevista espressamente dall’art. 95, comma 2, cit., a norma del quale “il procuratore della Repubblica può in ogni tempo promuovere il procedimento di cui al comma 1”6 . Giova precisare come tale potere di iniziativa costituisca un retaggio del sistema previgente, in cui gli uffici dello stato civile facevano capo al ministero della giustizia e l’art. 182 r.d. n. 1238 del 1939 attribuiva al pubblico ministero la vigilanza sul regolare svolgimento del servizio e sulla tenuta dei relativi registri7 . Quanto ai privati legittimati ad agire ex art. 95, comma 1, cit.8 , il decreto in epigrafe ne delinea il perimetro sulla base della tipologia di attività amministrativa esercitata dall’ufficiale di stato civile nella tenuta dei registri. In particolare, la posizione dei privati viene qualificata in termini di diritto soggettivo a fronte della “attività amministrativa vincolata nell’interesse individuale del soggetto privato” svolta dal sindaco. In tal modo, viene attribuita la legittimazione all’azione esclusivamente in capo ai titolari delle situazioni giuridiche soggettive connesse agli status, ovvero agli altri diritti che beneficiano del regime probatorio degli atti dello stato civile9.





4. Sulla legittimazione del sindaco e del ministero dell’interno



Presenta, invece, profili di novità la negata legittimazione ad agire del ministero dell’interno e del sindaco, non rinvenendosi precedenti negli esatti termini. Il decreto richiama a sostegno di tale posizione due sentenze di legittimità, tuttavia, la prima10 sembrerebbe, invece, riconoscere (implicitamente) la legittimazione del sindaco, pur negandone la qualifica di litisconsorte necessario, mentre la seconda11 è dettata in materia di matrimonio canonico, ove con riguardo alla impugnazione della trascrizione, trovano applicazione anche l’art. 16, l. n. 847 del 1929 e gli artt. 117, 119, 124 e 125 c.c. Ai soggetti sopra richiamati (ministero e sindaco) è riconosciuta, in ogni caso, la legittimazione ad intervenire nel procedimento e, pertanto, a prenderne parte. Ciò anche in conseguenza dell’esercizio dei poteri del tribunale, che, a norma dell’art. 96, comma 1, d.P.R. 396 del 2000, può assumere informazioni, acquisire documenti e disporre l’audizione dell’ufficiale dello stato civile12.



5. Sulla declaratoria di estinzione



La ricostruzione della legittimazione all’azione nei termini sopra richiamati limita in maniera sensibile i poteri processuali del ministero dell’interno e del sindaco, rispetto a quelli del pubblico ministero. Ciò è particolarmente evidente ove si consideri che, nella specie, la rinuncia agli atti del procedimento, da parte del pubblico ministero, non veniva accettata né dall’ufficiale di stato civile, né dal ministero dell’interno13, entrambi costituiti in giudizio14 e, tuttavia, la accettazione degli stessi non era ritenuta necessaria ai fini del perfezionamento della fattispecie estintiva. Peraltro, la legittimazione alla accettazione della rinuncia agli atti del procedimento – e pertanto la individuazione delle parti15 che hanno “interesse alla prosecuzione del giudizio”16 – involge questioni di particolare complessità con riguardo ai terzi intervenuti, la cui accettazione non sempre è necessaria ai fini della declaratoria di estinzione del giudizio17. I contorni di tale questione, del resto, risultano sfumati nella fattispecie (né il decreto li affronta apertamente) anche in considerazione del fatto che il procedimento di rettificazione segue la disciplina dei procedimenti in camera di consiglio, con ogni conseguenza in ordine alla (in)applicabilità della disciplina della estinzione del processo (di cognizione ordinario) per rinunzia agli atti18.



6. Ambito applicativo dell’azione ex art. 95 d.P.R. n. 396 del 2000 e rapporti con l’azione ex art. 67 l. n. 218 del 1995



Da ultimo, appare opportuno in questa sede dare conto di una recente pronuncia delle Sezioni Unite19, intervenuta fra l’altro20 sulla legittimazione all’azione di impugnazione del diniego relativo al riconoscimento dell’efficacia della sentenza straniera, in ragione dei punti di contatto con l’azione di rettificazione21. La ricostruzione del confine tra le due azioni – che sono, per costante giurisprudenza22, alternative, non pienamente sovrapponibili, stante la portata più limitata dell’azione ex art. 95 cit., e coltivabili in via autonoma – è utilizzata dalle citate Sezioni Unite proprio al fine di individuare i soggetti legittimati all’azione di riconoscimento. Per ciò che qui maggiormente rileva, la citata pronuncia ha negato legittimazione all’azione ex art. 67, l. 31 maggio 1995, n. 218, in capo al pubblico ministero, ferma restando la sua qualifica di parte necessaria del giudizio e di legittimato ad intervenire ex art. 70, comma 1, n. 3, c.p.c. In particolare, la Cassazione non ha ritenuto applicabile – in via analogica – la disciplina di cui all’art. 95 cit., ciò in quanto il potere di iniziativa ivi riconosciuto al pubblico ministero non può essere esteso oltre l’ambito in riferimento al quale è specificamente previsto, perché vi osta la natura stessa della controversia di cui all’art. 67 cit. intrinsecamente disomogenea rispetto a quelle che possono dar luogo al procedimento di rettificazione. Nella nozione di “interessati” al riconoscimento del provvedimento straniero avanti la Corte d’Appello ex art. 67 cit. devono, invece, essere ricompresi sia il sindaco, quale ufficiale di stato civile, sia il ministero dell’interno: il primo per essere direttamente coinvolto nell’attuazione del provvedimento straniero, mediante sua trascrizione nei registri23, il secondo in qualità di titolare della competenza in materia di tenuta dei registri dello stato civile e di garante della loro uniforme tenuta24. In conseguenza delle funzioni esercitate da predetti soggetti viene riconosciuta, rispettivamente, al sindaco la legittimazione a contraddire e al ministero dell’interno la legittimazione a intervenire e a impugnare la statuizione emessa all’esito del giudizio ex art. 67 cit.25. Il decreto in commento, invece, si sofferma sulla natura dell’attività amministrativa esercitata dal sindaco (e dal ministero dell’interno) nella tenuta dei registri ai soli dichiarati fini di delineare i contorni della situazione giuridica soggettiva dei privati legittimati ad agire ex art. 95, comma 1, d.P.R. n. 396 del 2000, non facendo discendere da tali poteri dirette conseguenze sulla loro legittimazione ad agire, pur riconoscendo, di fatto, sia in capo al sindaco che al ministero dell’interno la legittimazione ad intervenire nel procedimento di rettificazione.

NOTE

1 A quanto consta, il decreto in commento è stato oggetto di impugnazione da parte del ministero dell’interno ed il relativo procedimento non risulta definito.

2 Si fa riferimento alla rinuncia da parte del pubblico ministero alla domanda di cancellazione dell’atto di nascita del minore. Restano, invece, estranee alla cognizione del tribunale – che non perviene ad una pronuncia di merito – le pur rilevanti questioni relative alla trascrivibilità di un atto di nascita formato all’estero con doppia maternità, in particolare sul tema cfr. Cass., 30 settembre 2016, n. 19599, in Foro it., 2016, I, 3349, con nota di G. caSaburi. In dottrina, sulla genitorialità delle coppie omosessuali, v. fra i contributi più recenti, i. barone, Omogenitorialità maschile da surrogazione di maternità. Tra aperture giurisprudenziali e sistema costituzionale, in Fam. e dir., 2019, 5, 501; id., La trascrivibilità dell’atto di nascita formato all’estero da una coppia same sex tra legalità costituzionale e ordine pubblico internazionale, in Corr. giur., 2018, 10, 1208; g. caSaburi, Le alterne vicende delle nuove forme di genitorialità nella giurisprudenza più recente, in Foro it., 2019, I, 2003; id., Le nuove forme di genitorialità: alla ricerca di fondamenta normative differenziate (nota a Trib. Pisa 15 marzo 2018 e Trib. Milano 18 aprile 2017), ibid., 1810; A. diurni, Omogenitorialità: la giurisprudenza italiana si apre all’Europa e al mondo, in Giur. it., 2017, 11, 2368; in particolare, sull’accesso, da parte delle coppie omosessuali, alla genitorialità adottiva, v., fra gli altri, b. poLiSeno, La funzione sociale dell’adozione in casi particolari tra coppie di fatto e persone singole: un giusto incentivo per il legislatore, in http://www.questionegiustizia. it/rivista/pdf/QG_2019-2_11.pdf; e.a. eMiLiozzi, L’adozione da parte di partners di unioni civili, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2018, 2, 799; e. biLotti, Convivenze, unioni civili, genitorialità, adozioni, in Dir. fam. e pers., 2017, 3, 870.

3 Sulla legittimazione all’impugnazione del decreto emesso in esito al giudizio ex art. 95 cit., cfr., invece, App. Perugia, 22 agosto 2018, in Foro it., 2018, I, 3700, pronunciatasi sul gravame avverso Trib. Perugia, 26 marzo 2018, ibid, 1965, con nota di G. caSaburi, che ha riconosciuto la legittimazione ad impugnare del sindaco e del ministero dell’interno quale conseguenza della loro partecipazione al giudizio di primo grado. In particolare: (i) del sindaco per essere stato convenuto in giudizio dai ricorrenti (nonché in quanto destinatario dell’ordine di comunicazione del ricorso da parte del Tribunale); (ii) del ministero per essere intervenuto, avendo così rivestito entrambi il ruolo formale e sostanziale di parte del processo e non la mera veste di soggetti “sentiti”. A tali conclusioni la citata pronuncia perviene indipendentemente dalla effettiva titolarità del rapporto giuridico di diritto sostanziale sotteso e in applicazione del principio di ordine generale secondo cui con l’impugnazione non si esercita un’azione ma un potere processuale che, per sua natura, può spettare soltanto a chi abbia rivestito formalmente la posizione di parte nel giudizio conclusosi con la sentenza impugnata (v. anche, Cass., 31 maggio 2018, n. 14007, in Foro it., 2018, I,2735).

4 Vale la pena di precisare che, per costante giurisprudenza, restano escluse dall’ambito applicativo dell’azione di rettificazione le questioni inerenti allo status, sul rilievo che tali controversie devono essere necessariamente risolte nel contraddittorio delle parti in giudizio contenzioso, cfr., da ultimo, Cass., 11 novembre 2019, n. 29071, in Dir. e gius., 2019, che peraltro ha rimesso alle ha rimesso alle Sezioni Unite la questione: “se sia contrario all’ordine pubblico e quindi non trascrivibile nei registri dello stato civile italiano il provvedimento dell’autorità giudiziaria straniera, che abbia disposto l’adozione di un minore in favore di una coppia dello stesso sesso, ove nessuno degli adottanti risulti legato da vincoli genitoriali biologici con l’adottato”.

5 Sulle criticità connesse alla declaratoria di estinzione v. infra § 5.

6 In tale fattispecie viene attribuito al pubblico ministero – in via eccezionale

– un potere di iniziativa. Pertanto, non trova applicazione il principio di carattere generale secondo cui – trattandosi di controversia in materia di stato – il pubblico ministero interviene a pena di nullità ma non può esercitare l’azione né proporre impugnazione. In tal senso v. Cass., 27 giugno 2013, n. 16271, cortedicassazione.it, Cass., 2 ottobre 2009, n. 21094, in Foro it., Rep. 2010, voce Stato civile, n. 14.

7 Il d.P.R. n. 396 del 2000, regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’art. 2, 12° comma, l. 15 maggio 1997 n. 127, che ha sostituito il r.d. n. 1238 del 1939, recante l’ordinamento dello stato civile, mantiene, per ciò che rileva in questa sede, intatta la previgente disciplina in materia di azione di rettificazione degli atti dello stato civile e con essa il potere di iniziativa al pubblico ministero.

8 Ossia, ai sensi dell’art. 95, comma 1, cit. “chi intende promuovere la rettificazione di un atto dello stato civile o la ricostituzione di un atto distrutto o smarrito o la formazione di un atto omesso o la cancellazione di un atto indebitamente registrato, o intende opporsi a un rifiuto dell’ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione o di eseguire una trascrizione, una annotazione o altro adempimento”.

9 Del resto, la funzione del procedimento di rettificazione è strettamente collegata con quella pubblicitaria propria dei registri dello stato civile e con la natura meramente dichiarativa delle annotazioni ivi riportate, aventi l’efficacia probatoria privilegiata prevista dall’art. 451 c.c., ma non costitutive dello status al quale si riferiscono i fatti da esse risultanti.

10 Cass., 14 maggio 2018, n. 11696, in Foro it., 2018, I, 1965, con nota di G. caSaburi. L’Autore osserva come tale pronuncia da un lato riconosca (implicitamente) la legittimazione processuale del sindaco come ufficiale di governo, dall’altro ne delimiti e vincoli le attribuzioni in tema di stato civile.

11 Cass., 12 marzo 2018, n. 5894, in Foro it., 2018, I, 2083.

12 Giova precisare che in tale ipotesi l’ufficiale dello stato civile, qualora non in-

tervenga nel giudizio, assume la qualifica di mero soggetto “sentito” e non di parte. 13 Il ministero, successivamente alla rinuncia del pubblico ministero, avanzava una autonoma domanda di cancellazione dell’atto di nascita, con ciò manifestando il proprio interesse alla prosecuzione del procedimento. Non è dato evincere dal decreto, invece, se la rinuncia sia stata accettata dai titolari delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte – nei cui confronti il tribunale aveva ordinato l’integrazione del contraddittorio. Tuttavia, tale profilo non pare assumere rilievo per un duplice aspetto: a) a quanto consta tali soggetti non sembrerebbero costituiti (risulta costituita unicamente la Avvocatura per i diritti LGBT) e, pertanto, non sarebbe necessaria la loro accettazione (sulla non necessità della accettazione del contumace cfr. Cass., 3 aprile 1995, n. 3905, in Foro it., Rep. 1995, voce Intervento in causa e litisconsorzio, n. 35); b) in ogni caso non pare rinvenibile in capo agli stessi un “interesse alla prosecuzione” del giudizio di

cancellazione dell’atto di nascita.

14 Né v’è ragione di ritenere che il tribunale di Bari abbia qualificato la con-

dotta processuale del pubblico ministero come rinuncia all’azione (che non renderebbe necessaria l’accettazione delle parti costituite), avendo, peraltro, dichiarato l’estinzione del giudizio e non la cessata materia del contendere. Sulle differenti conseguenze sul piano applicativo fra rinuncia agli atti del giudizio e rinuncia all’azione, in giurisprudenza cfr. fra le più recenti Cass., 23 luglio 2019, n. 19845, in Giust. civ. mass., 2019.

15 L’art. 306 c.p.c. fa generico riferimento alle “parti costituite che potrebbero aver interesse alla prosecuzione del giudizio”. La indicazione del termine “parti” comporta il fatto che, nei processi soggettivamente complessi, debba valutarsi quando l’accettazione di tutti i soggetti sia necessaria ai fini dell’estinzione del processo e quando, invece, la mancata accettazione di taluno determini un’estinzione parziale. Se in caso di litisconsorzio necessario la rinuncia deve essere accettata da tutti i litisconsorti, lo stesso non è a dirsi nelle ipotesi di litisconsorzio facoltativo, nelle quali è possibile un’estinzione parziale del giudizio. Cfr., sull’estinzione parziale del processo civile, nel quale, a seguito dell’intervento volontario del terzo, ricorra un’ipotesi di litisconsorzio facoltativo Cass., 20 novembre 2009, n. 24546, in Foro it., 2010, I, 1838, con nota di A,D. de SantiS, dettata in tema di azione revocatoria ordinaria; v. anche, Cass., 2 aprile 1997, n. 2866, ibid., 1997, I, 2130, secondo cui, qualora si verifichi una causa estintiva relativamente al rapporto di garanzia impropria, l’estinzione del processo va dichiarata unicamente con riferimento a detto rapporto e non all’intero procedimento.

16 Per giurisprudenza costante tale interesse deve concretarsi nella possibilità di conseguire un risultato utile e giuridicamente apprezzabile che presuppone la proposizione di richieste il cui integrale accoglimento procurerebbe alla parte una utilità maggiore di quella che conseguirebbe all’estinzione del processo. In tal senso, non viene ravvisato un interesse ogni qualvolta la parte abbia avanzato mere domande in rito, mentre è viceversa necessaria l’accettazione quando la parte abbia a sua volta proposto domande riconvenzionali, o si sia comunque difesa nel merito (Cass., 21 giugno 2002, n. 9066, in Foro it., Rep. 2002, voce Procedimento civile, n. 340).

17 Con riguardo agli intervenuti si ritiene necessaria l’accettazione dell’interveniente principale, adesivo autonomo (che possono proseguire in giudizio) e coatto, nonché ovviamente di quella di tutti i litisconsorti necessari, cfr. V. andrioLi, Commento al codice di procedura civile, II, Napoli, 1956, 1008; S. Satta, Commentario al codice di procedura civile, II, Milano, 1960, 427. A proposito dell’interveniente adesivo dipendente, la cui legittimazione all’accettazione è generalmente esclusa, cfr. a. giuSSani, Le dichiarazioni di rinuncia nel giudizio di cognizione, Milano, 1999, 161; F. toMMaSeo, L’estromissione di una parte dal giudizio, Milano, 1975, 295. In giurisprudenza, cfr. Cass., 18 giugno 2014, n. 13915, in Foro it., 2014, I, 2052, con nota di g. caSaburi, relativa ad una ipotesi di litisconsorzio necessario; Cass., 4 luglio 1994, n. 6309, in Foro it., Rep. 1994, voce Intervento in causa e litisconsorzio, n. 16, secondo la quale in caso di rinuncia agli atti non è necessaria la accettazione dell’interveniente adesivo dipendente, non essendo configurabile un suo interesse alla prosecuzione del giudizio alla stregua della previsione dell’art. 306, comma 1, c.p.c., dal momento che egli non ha il potere di far proseguire il processo.

18 La disciplina dell’estinzione del processo per rinuncia agli atti è dettata con riferimento al processo di cognizione ordinaria, pertanto, non trova applicazione con riferimento ai procedimenti in camera di consiglio, nemmeno laddove questi ultimi siano previsti per la risoluzione di controversie su diritti soggettivi (ed abbiano perciò carattere contenzioso e non di volontaria giurisdizione, ipotesi peraltro non riferibile a quella di specie stante il carattere non contenzioso del procedimento di rettificazione v. Cass., 11 novembre 2019, n. 29071, cit.). Sulla inapplicabilità al rito camerale della disciplina del processo di cognizione ordinario, cfr. Cass., sez. un., 29 aprile 1997, n. 3670, in Foro it., 1997, I, 3531.

19 Cass., sez. un., 8 maggio 2019, n. 12193, in Foro it., 2019, I, 1951, con nota di G. caSaburi, in Fam. e Dir., 2019, 7, 667, con nota di M. dogLiotti, Le Sezioni Unite condannano i due padri e assolvono le due madri.

20 Cass., sez. un., 8 maggio 2019, n. 12193, cit., era stata investita da Cass., 22 febbraio 2018, n. 4382, in Foro it., 2018, I, 791 e in Fam. e dir., 2018, 10, 837, con nota di M. dogLiotti, sulle questioni attinenti: a) la legittimazione del sindaco, quale ufficiale di stato civile, e del ministro dell’interno ad essere parti del procedimento ex art. 67 l. n. 218 del 1995, per conseguire l’accertamento del riconoscimento dell’efficacia di un provvedimento giudiziario straniero; b) la legittimazione del pubblico ministero, almeno quando si verta in tema di ordine pubblico, a ricorrere in Cassazione avverso il relativo provvedimento; c) la sussistenza, al riguardo, della giurisdizione ordinaria; d) in ogni caso la conformità della richiamata statuizione con l’ordine pubblico. Per ciò che maggiormente rileva in questa sede, l’ordinanza si esprime nel senso della legittimazione (a partecipare al procedimento ex art. 67, l. n. 218 del 1995) del sindaco quale ufficiale di stato civile e del ministro dell’interno, a tutela dell’interesse dell’organizzazione pubblica all’uniforme tenuta dei registri dello stato civile delle persone, aprendo anche alla legittimazione del pubblico ministero.

21 Il rapporto intercorrente tra il procedimento ex art. 67 cit. e quello per la rettificazione degli atti di stato civile è particolarmente evidente nel caso in cui la richiesta di trascrizione trovi fondamento in una sentenza o in un provvedimento giurisdizionale straniero, del quale il richiedente intenda far valere l’efficacia nel nostro ordinamento. Osservano le Sezioni Unite come alla luce dell’entrata in vigore della l. n. 218 del 1995 (e in particolare del principio del riconoscimento automatico dei provvedimenti stranieri anche in materia di stato e capacità delle persone) non possa più affermarsi la prevalenza del procedimento di delibazione su quello di rettificazione, essendo consentito procedere direttamente alla trascrizione nei registri dello stato civile, previa verifica da parte dell’ufficiale di stato civile dei requisiti prescritti dalla legge. Tuttavia, qualora tale verifica abbia esito negativo e sorga una contestazione sul riconoscimento dello status accertato o costituito dal provvedimento straniero, si rende necessaria la procedura di riconoscimento, esulando dall’ambito applicativo dell’azione di rettificazione le controversie sullo status.

22 Ex multis, Cass., 31 maggio 2018, n. 14007, cit.

23 Osservano le Sezioni Unite come la richiesta di trascrizione, avanzata unitamente alla domanda ex art. 67, l. n. 218 del 1995 (qualora si controverta sullo status e pertanto al di fuori dell’ambito applicativo della azione di rettificazione) esiga l’instaurazione del contraddittorio nei confronti dell’ufficiale di stato civile, che rifiutandosi di trascrivere il provvedimento straniero ha dato origine alla controversia. A tale soggetto non può, infatti, negarsi la qualifica di “interessato”, nel senso previsto dall’art. 67 cit., essendo direttamente coinvolto nella attuazione del provvedimento straniero, mediante sua trascrizione nei registri dello stato civile.

24 Sul controverso rapporto di gerarchia tra ministero dell’interno e sindaco nella tenuta dei registri cfr. a. traVi, in Foro it., 2018, I, 2741.

25 Cfr. G. caSaburi, Le alterne vicende delle nuove forme di genitorialità nella giurisprudenza più recente, cit., secondo il quale quella delle sezioni unite era una “decisione pressoché obbligata” in quanto negare la legittimazione di sindaco e ministero (stante la esclusione di quella del pubblico ministero) avrebbe significato, del tutto assurdamente, escludere ogni contraddittorio in un ambito tanto sensibile e che incide su diritti fondamentali.