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La giurisdizione sul mantenimento e sull’affidamento del minore spetta al Tribunale della nazione in cui risiedeva abitualmente prima del mancato rientro (nota a Cass. Civ., Sez. Un., sent. 5 novembre 2019, n. 28329)

autore: F. Ferrandi

Sommario: 1. Premessa. - 2. Il caso di specie. - 3. Sulla ammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione. - 4. Il Regolamento CE 2201/2003 (Bruxelles II bis). - 5. Conclusioni.



1. Premessa



Con l’ordinanza resa in data 5 novembre 2019 le Sezioni Unite, chiamate a pronunciarsi sull’ammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione, avente ad oggetto esclusivamente la giurisdizione in ordine ai provvedimenti concernenti una figlia minorenne, hanno stabilito, sulla base di quanto disposto dal Regolamento CE 2201/2003 (Bruxelles II bis), che è di competenza del Tribunale del Paese in cui risiedeva abitualmente il minore, al momento del mancato rientro, la decisione sui provvedimenti che lo riguardano.



2. Il caso di specie



Successivamente all’entrata in crisi del matrimonio con il marito, avente doppia cittadinanza iraniana e svedese, la moglie, cittadina italiana, verso la fine di novembre 2016, decise, con il consenso dell’uomo, di portare in Italia la loro figlia appena nata presso la famiglia materna, al fine di trascorrere le festività natalizie. Trascorso tale periodo, però, la donna e la figlia non fecero ritorno in Spagna, luogo in cui abitavano stabilmente, così che il padre si vide costretto a presentare, ad inizio 2017, istanza presso il Ministero della Giustizia spagnolo chiedendo che fosse accertata la sottrazione internazionale di minore ad opera della moglie e disposto il rientro in Spagna della piccola. Allo stesso tempo, l’uomo, nel medesimo periodo, introdusse davanti al competente Tribunale spagnolo giudizio di divorzio nel quale si costituì la moglie, che a sua volta aveva instaurato, ad inizio dello stesso anno 2017, un giudizio per separazione giudiziale davanti al Tribunale di Lecce. Nel giudizio pendente di fronte al Tribunale pugliese l’uomo aveva dedotto la pendenza del procedimento per sottrazione internazionale della figlia minorenne ed eccepito, in via pregiudiziale, la carenza di giurisdizione del Tribunale italiano. Il Presidente del Tribunale di Lecce, con ordinanza dell’1 giugno 2017, disponeva in via provvisoria ed urgente, l’affidamento condiviso della minore ad entrambi i genitori, con collocazione prevalente presso la madre, mentre con il successivo decreto del 10 luglio 2017 il Tribunale per i minorenni di Lecce, chiamato a pronunciarsi sull’istanza di restituzione per sottrazione internazionale di minore, presentata dal padre al Ministero della Giustizia spagnolo e da questo trasmessa al Ministero della Giustizia italiano, decideva per il rientro in Spagna della piccola, accompagnata dalla madre, presso la dimora paterna. Rientro che però fu ottemperato dalla donna solo per pochi giorni, in quanto la stessa decise, senza il consenso del marito, di tornare nuovamente nel Belpaese con la minore. Nella causa relativa alla separazione coniugale davanti al Tribunale di Lecce, il marito ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi dell’art. 41 c.p.c., deducendo la competenza giurisdizionale dell’autorità giudiziaria spagnola in ordine ai provvedimenti concernenti la figlia minorenne, dal fatto che la giurisdizione sui provvedimenti relativi alla figlia competerebbe in realtà all’autorità giudiziaria spagnola, in ragione di quanto disposto dall’art. 10 del Regolamento CE 2201/2003 (Bruxelles II bis) e tenuto conto della circostanza per cui la minore risiedeva in Spagna fino a quando non venne unilateralmente trattenuta in Italia dalla madre nel gennaio 2017. A sua difesa, la moglie, nel controricorso a sostegno della sussistenza della giurisdizione italiana, da un lato, adduceva che fosse stato proprio il marito a chiederle di restare in Italia e introdurre un giudizio di separazione davanti al Tribunale di Lecce, e, dall’altro, che quando, nell’ottobre 2017, ella dette esecuzione al decreto del Tribunale per i minorenni di Lecce, riconducendo la figlia in Spagna, fu costretta a tornare con la piccola in Italia, dopo pochi giorni, in quanto il marito non l’aveva fatta rientrare in casa.

La Corte di Cassazione ha accolto il regolamento di giurisdizione promosso dal padre, dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice italiano in ordine all’adozione dei provvedimenti concernenti la minore, compresi quelli attinenti al relativo mantenimento e riconoscendo come momento rilevante ai fini della individuazione sulle domande relative alla responsabilità genitoriale, ai sensi di quanto disposto dall’art. 10 del Regolamento CE n. 2201/2003 (Bruxelles II bis), quello della residenza abituale del minore al momento della proposizione della domanda.



3. Sulla ammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione



Come ben noto, il regolamento di giurisdizione è lo strumento preventivo attraverso il quale è possibile ottenere in via immediata una decisione, definitiva e vincolante, sulla questione concernente i limiti della giurisdizione dell’autorità giudiziaria, mediante ricorso diretto alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, quale organo supremo in materia ai sensi dell’art. 374 c.p.c., prima che la causa sia decisa nel merito, ovvero fino a quando non sia intervenuta una qualunque decisione in sede di merito (ivi comprese eventuali pronunzie sulla giurisdizione o su altre questioni processuali). Scopo del regolamento è quello di evitare che il processo si svolga inutilmente davanti ad un giudice privo di giurisdizione, facendo pronunciare direttamente le Sezioni Unite della Cassazione, alle quali spetterebbe in sede di impugnativa ordinaria, comunque, l’ultima parola sulla sussistenza della giurisdizione, in modo definitivo e vincolante sulla questione. Tradizionalmente si riteneva che la proposizione di ricorso per regolamento di giurisdizione potesse essere preclusa solo dalla pronuncia di una sentenza di merito, intesa come la sentenza, ancorché non definitiva o parziale, con cui si decideva sui diritti sostanziali fatti valere in giudizio1 , a nulla rilevando, invece, le sentenze del giudice di merito concernenti esclusivamente questioni attinenti ai presupposti processuali, ivi inclusa la giurisdizione2 . Simile interpretazione è stata ormai superata alla luce dell’emendato dell’art. 367 c.p.c., nel quale è scomparsa l’automaticità della sospensione, ragion per cui l’effetto preclusivo sarebbe, dunque, prodotto dalla pronuncia di una qualsiasi decisione, ancorché solo limitata alla giurisdizione o ad altra questione processuale, resa nella causa pendente in sede di merito3 . Nel caso della sentenza oggi annotata, il regolamento preventivo di giurisdizione promosso dal padre aveva ad oggetto esclusivamente i provvedimenti concernenti la figlia minorenne ed è stato dichiarato ammissibile dalla Cassazione “senza che vi osti la circostanza che l’art. 37 c.p.c. menzioni il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei soli confronti della p.a. o dei giudici speciali”4 . Con tale scelta gli Ermellini hanno confermato, ancora una volta, l’orientamento secondo cui il regolamento preventivo di giurisdizione deve ritenersi ammissibile relativamente alle questioni sulla sussistenza o meno della giurisdizione italiana, senza che vi osti la circostanza che l’art. 37 c.p.c.5 , così come modificato dall’art. 73 della legge 31 maggio 1995, n. 218, di riforma del diritto internazionale privato, che ne ha abrogato il secondo comma, menzioni il difetto di giurisdizione del giudice ordinario nei soli confronti della p.a. o dei giudici speciali, giacché il rinvio recettizio operato dall’art. 41 c.p.c. all’art. 37 dello stesso codice per la determinazione del campo di applicazione del regolamento di giurisdizione deve intendersi ora riferito anche all’art. 11 della stessa legge n. 218/1995, che disciplina, appunto, la rilevabilità del difetto di giurisdizione del giudice italiano6 . Non solo, ma la Cassazione ha altresì ribadito la “funzione provvisoria ed interinale” dei provvedimenti emanati ex art. 708 c.p.c.7 , i quali essendo privi del carattere della decisorietà non integrano quella “decisione nel merito di primo grado” che non consente di proporre il regolamento preventivo di giurisdizione8 .



4. Il Regolamento CE 2201/2003 (Bruxelles II bis)



Una volta dichiarata l’ammissibilità del regolamento promosso, le Sezioni Unite si sono concentrate sulla questione di giurisdizione relativa ai provvedimenti riguardanti la minore, per la quale nel luglio 2017 il Tribunale dei Minorenni di Lecce aveva disposto il rientro in Spagna. Secondo la Cassazione, risulta documentalmente accertato non solo che la minore risiedeva abitualmente in Spagna fino a quando, nel novembre 2016, non fu portata in Italia dalla madre, ma che il mancato rientro nel territorio iberico, nel gennaio 2017, fu dovuto ad una decisione unilaterale della madre, in palese violazione dei diritti del padre, tale da integrare gli estremi della sottrazione internazionale di minore. Pertanto, essendo nel caso di specie la coppia genitoriale italo-svedese, la fonte normativa di riferimento è rappresentata dal Regolamento CE n. 2201/2003 del 27 novembre 20039 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale10. Le Sezioni Unite confermano, infatti, la correttezza delle argomentazioni del padre, affermando l’esistenza della giurisdizione spagnola proprio in applicazione del Regolamento CE 2201/2003, strumento quest’ultimo che istituisce un sistema completo di criteri di competenza giurisdizionale per le decisioni in materia di responsabilità genitoriale, in un’ottica protesa a ridurre i conflitti fra autorità giurisdizionali, estendendo il sistema di regole comuni in tema di competenza giurisdizionale a tutte le controversie relative alla responsabilità genitoriale, siano queste o no collegate a procedimenti matrimoniali. In particolare, la disposizione che qui interessa è l’art. 10 del Regolamento CE 2201/200311, concernente i cc.dd. “trasferimenti illeciti” di minorenni (più noti come sottrazioni internazionali), che prevede che l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento conservi la competenza fino a che il minore non abbia acquisito la residenza in un altro Stato membro e comunque per un anno dalla conoscenza del trasferimento da parte dell’altro genitore che avrebbe il diritto di chiedere il ripristino del diritto di visita o di rientro. Secondo il Regolamento è da ritenersi “illecito” il trasferimento effettuato “in violazione dei diritti di affidamento derivanti da una decisione, dalla legge o da un accordo vigente in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro”, precisando che “l’affidamento si considera esercitato congiuntamente da entrambi i genitori quando uno dei titolari della responsabilità genitoriale non può, conformemente ad una decisione o al diritto nazionale, decidere il luogo di residenza del minore senza il consenso dell’altro titolare della responsabilità genitoriale”12. Il principio, scolpito nell’art. 10 par. 1, conserva, dunque, la competenza giurisdizionale al giudice della residenza abituale del minore immediatamente prima del trasferimento illecito o del mancato rientro: la regola trova, però, un limite nel fatto che il minore abbia acquistato la residenza abituale in un altro Stato membro e, in tal caso, se il titolare del diritto di affidamento ha accettato il trasferimento o il mancato rientro, la competenza deve radicarsi nello Stato della nuova residenza abituale. Accanto a tale ipotesi, la lett. b) prevede, quale ulteriore causa di trasferimento della competenza, la permanenza del minore nell’altro Stato membro almeno per un anno da quando il titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava e il minore si è integrato nel nuovo ambiente. In tal caso, il trasferimento di competenza dipende da una delle seguenti condizioni: a) mancata domanda di ritorno, entro l’anno dalla conoscenza del luogo ove si trova il minore, all’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore è stato trasferito o dal quale non ha fatto rientro; b) ritiro della domanda precedentemente presentata; c) definizione, ai sensi dell’art. 11, par. 7, del procedimento proposto all’autorità giurisdizionale precedentemente competente in ragione della residenza abituale; d) emissione, da parte dell’autorità giurisdizionale competente prima della sottrazione del minore, di una decisione sull’affidamento che non preveda il ritorno del minore. Da notare come simile disposizione non consideri l’esistenza di decisioni emesse dallo Stato nel quale il minore è trattenuto, ma abbia preferito valorizzare la decisione dello Stato di residenza abituale del minore che non ne disponga il rientro o, alternativamente, non provveda sulla domanda di affidamento (lett. b, nn. 3 e 4). Inoltre, mentre la rilevanza attribuita al trasferimento della residenza abituale, a seguito dell’accettazione dell’affidatario, trova la propria giustificazione nella condotta di quest’ultimo e quindi demanda, in definitiva, all’affidatario e non all’autorità giurisdizionale ogni valutazione sull’opportunità del trasferimento, le ipotesi contemplate dalla lett. b) dell’art. 10, sembrano invece richiedere attenta ponderazione da parte del giudice, soprattutto quando si tratta di considerare se il minore si è integrato nel nuovo ambiente, ancorché il fatto del trasferimento venga comunque collegato o alla condotta del titolare del diritto d’affidamento (nn. 1 e 2, lett. b), o alla sorte del procedimento iniziato innanzi all’autorità giurisdizione dello Stato membro in cui il minore risiedeva immediatamente prima della sottrazione. Nel caso in esame, la natura illecita del trasferimento operato dalla madre deriva inequivocabilmente dal fatto che “la minore risiedeva abitualmente in Spagna fino a quando non fu portata in Italia dalla madre nel novembre 2016 e che il mancato rientro della minore in Spagna, nel gennaio 2017, fu deciso unilateralmente dalla madre così integrando la fattispecie della sottrazione internazionale di minore”13, non ricorrendo peraltro alcuna delle ipotesi per cui il Regolamento prevede il trasferimento della giurisdizione allo Stato membro in cui il minore abbia acquisito la residenza dopo il mancato rientro, in quanto non solo non è stata provata l’accettazione da parte del padre del mancato rientro della figlia in Spagna, ma alla data della instaurazione del giudizio di separazione di fronte al Tribunale pugliese la minore si trovava in Italia da meno di un anno14. Inoltre, con riferimento alla lett. b) dell’art. 10 del Regolamento, la Cassazione ha osservato come per la determinazione della competenza giurisdizionale in merito alla adozione dei provvedimenti riguardanti la minore nel giudizio di separazione personale dei coniugi instaurato dalla madre della piccola di fronte al Tribunale di Lecce, non possa essere tenuto in considerazione il periodo trascorso in Italia dalla minore dopo l’11 gennaio 2017, in virtù della disposizione generale della perpetuatio jurisdictionis di cui all’art. 5 c.p.c.15. Principio quest’ultimo ribadito anche dallo stesso Regolamento Bruxelles II bis, all’art. 8, comma 1, che prevede quale momento rilevante per individuare la giurisdizione competente a decidere le domande relative alla responsabilità genitoriale quella dei giudici dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente al momento della proposizione della domanda, salvo le deroghe espressamente previste dal medesimo Regolamento, tra cui, appunto, quella, dettata dal menzionato art. 10, relativa alla proroga della giurisdizione dello Stato dove il minore risiedeva prima della sottrazione internazionale16.



5. Conclusioni



Una pronuncia quella oggi annotata che, a modesto avviso di chi scrive, risulta interessante non solo perché pone un arresto fondamentale circa il tema dell’individuazione della giurisdizione sulle domande relative alla responsabilità genitoriale, ma anche perché ribadisce nuovamente come l’individuazione della autorità giudiziaria chiamata a decidere in ordine ai provvedimenti riguardanti un figlio minorenne, non sia collegata alla individuazione di quella munita di giurisdizione sulla domanda di separazione, dovendo i due giudizi correre separatamente, il tutto nell’interesse superiore e prevalente del minore, che porta a privilegiare, in ogni caso, il criterio di vicinanza.

NOTE

1 Cfr. Cass. civ. Sez. Unite, 4 agosto 1995, n. 8546; A. Carratta, C. Mandrioli, Diritto processuale civile. I. Nozioni introduttive e disposizioni generali, 2017, 247.

2 Cfr. Cass. civ. Sez. Unite, 1 agosto 1994, n. 7154; F. Bartolini, P. Savarro, Codice di procedura civile commentato, in La Tribuna, 1000.

3 Cfr. Cass. civ. Sez. Unite, 2 luglio 2007, n. 14952, in Mass. Giur. It., 2007.

4 Cfr. Cass. civ. Sez. Unite, ord. 5 novembre 2019, n. 28329, in http://www. dirittoegiustizia.it/

5 La norma ha lo scopo di far rispettare le previsioni dell’ordinamento sulla ripartizione delle funzioni giurisdizionali tra i vari ordini giudicanti sopravvissuti al riassetto disegnato nella carta costituzionale. Sulla tassatività, o meno, delle ipotesi sub art. 37, in relazione all’art. 41 c.p.c. cfr. G. Giacalone, Questione di giurisdizione del giudice italiano e regolamento preventivo. L’art. 37, comma 2, c.p.c. dopo la riforma di cui alla legge n. 218 del 1995: vigente, abrogato o resuscitato?, nota a C. 6/1999, in Giur. Comm., 1999, I, 659.

6 Cfr. Cass. civ. Sez. Unite ord., 24 marzo 2006, n. 6585, in Mass. Giur. It., 2006; Cass. civ. Sez. Unite, 7 marzo 2005, n. 4807, in Foro It., 2006, 3, 1, 866; Cass. civ. Sez. Unite, 21 maggio 2004, n. 9802, in Mass. Giur. It., 2004; Cass. civ. Sez. Unite, 11 giugno 2001, n. 7854, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2002, 152.

7 Sul punto, cfr. F.A. Moncalvo, L’udienza presidenziale nei procedimenti contenziosi di separazione personale dei coniugi e di divorzio, in Fam., Pers., Succ., 2009, 5,444; M.C. Gatto, Regime di stabilità dei provvedimenti interinali nei procedimenti di separazione, divorzio e minorili ex art. 317-bis c.c, in Fam., Pers., Succ., 2011, 12, 832.

8 Cass. civ. ord., 3 luglio 2014, n. 15186, in CED Cassazione 2014; Cass. civ. ord., 27 aprile 2006, n. 9688, in Mass. Giur. It., 2006.

9 Il Regolamento CE n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003, pubblicato in G.U. dell’Unione Europea in data 23 dicembre 2003, è un corpo normativo complesso ed articolato. Possiamo affermare, in sintesi, che, per quanto attiene alla responsabilità genitoriale, esso prevede: - regole uniformi di giurisdizione (artt. 8 ss.); - norme per evitare la litispendenza internazionale (art. 19);- il riconoscimento automatico delle decisioni pronunciate dai giudici degli Stati membri (artt. 21 ss.); - il titolo esecutivo europeo per le decisioni sul diritto di visita e per le decisioni che prevedono il ritorno del minore nella sua residenza abituale (artt. 40 ss.); - alcune regole tendenti a migliorare, all’interno dell’Unione europea, il funzionamento delle disposizioni sancite dalla Convenzione dell’Aja del 1980 sulla sottrazione dei minori;- l’ampliamento dei poteri delle Autorità Centrali, costituite in applicazione dei principi sanciti dalla menziona ta Convenzione dell’Aja del 1980. Per un approfondimento cfr. G. Biagioni, Il nuovo regolamento comunitario sulla giurisdizione e sull’efficacia delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità dei genitori. Commento a Reg. CE 2201/2003, in Riv. dir. int., 2004, 991; R. Conti, Il nuovo regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in Fam. e dir., 2004, 291; E.M. Magrone, La disciplina del diritto di visita nel regolamento (CE) n. 2201/2003, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2005, 339 e C. Rimini, La responsabilità genitoriale nel Regolamento CE n. 2201/2003, in Fam., pers. e succ., 2008, 542.

10 La Cassazione precisa infatti che: “il nuovo testo del Regolamento Bruxelles II bis, recato dal Regolamento UE 2019/1111 del Consiglio del 25 giugno 2019, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 2 luglio 2019, è infatti entrato in vigore il 22 luglio 2019 (dopo la Camera di consiglio in cui è stata deciso il presente regolamento di giurisdizione, ma prima del deposito di questa ordinanza) ma, ai sensi del suo art. 105, esso si applica (ad eccezione degli artt. 92, 93 e 103, non rilevanti in questo giudizio) dal 1 agosto 2022”, cfr. p. 3 della sentenza in commento.

11 L’art. 10 del Reg. CE 2201/2003, Competenza nei casi di sottrazione di minori, dispone che: “In caso di trasferimento illecito o mancato rientro del minore, l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro conserva la competenza giurisdizionale fino a che il minore non abbia acquisito la residenza in un altro Stato membro e: a) se ciascuna persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha acconsentito il trasferimento o mancato rientro; o b) se il minore ha soggiornato in quell’altro Stato membro almeno per un anno da quando la persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava e il minore si è integrato nel nuovo ambiente e se ricorre una qualsiasi delle seguenti condizioni: i) entro un anno da quando il titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava non è stata presentata alcuna domanda di ritorno del minore dinanzi alle autorità competenti dello Stato membro nel quale il minore è stato trasferito o dal quale non ha fatto rientro; ii) una domanda di ritorno presentata dal titolare del diritto di affidamento è stata ritirata e non è stata presentata una nuova domanda entro il termine di cui al punto i); iii) un procedimento dinanzi all’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro è stato definito a norma dell’articolo 11, paragrafo 7; iv) l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o del mancato ritorno ha emanato una decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore”.

12 Cfr. art. 2 del Reg. CE 2201/2003 n. 11, lett. b.

13 Cfr. Cass. civ. Sez. Unite, ord. 5 novembre 2019, n. 28329, in http://ilfamiliarista.it/

14 Cfr. Cass. civ. Sez. Unite, ord. 5 novembre 2019, n. 28329, nella parte in afferma che: “Non ricorre infatti, nella specie, alcuna delle ipotesi alle quali il suddetto art. 10, collega il trasferimento della giurisdizione dallo Stato membro in cui il minore risiedeva abitualmente subito prima del mancato rientro allo Stato membro in cui il minore abbia acquisito la residenza dopo tale mancato rientro. In particolare: non ricorre l’ipotesi di cui alla lett. a) – ‘ciascuna persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha accettato il trasferimento o mancato rientro’ – giacché non vi è alcuna evidenza che il padre della minore avesse accettato il mancato rientro della stessa in Spagna; le iniziative giudiziarie intraprese dal sig. F. nei confronti della moglie consentono, anzi, di presumere il contrario; non ricorre l’ipotesi di cui alla lett. b) – ‘il minore ha soggiornato in quell’altro Stato membro almeno per un anno da quando la persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava e il minore si è integrato nel nuovo ambiente e se ricorre una qualsiasi delle seguenti condizioni…’ – perché, alla data della instaurazione del giudizio di separazione davanti al tribunale di Lecce (11 gennaio 2017), F.C.L. si trovava in Italia da meno di un anno (per la precisione, da meno di due mesi, essendo stata portata a Lecce il 25 novembre 2016)”.

15 La norma, tesa a favorire una pronuncia di merito, codifica il principio della perpetuatio jurisdictionis: onde evitare che il convenuto (modificando lo stato di fatto) o il potere politico (intervenendo sulla giurisdizione) possano vanificare la garanzia del giudice naturale precostituito per legge (art. 25 Cost.), nonché per esigenze di certezza connaturate al processo, come mezzo di composizione delle liti, il legislatore considera irrilevanti i mutamenti intervenuti dopo la proposizione della domanda.

16 Cass. civ. Sez. Unite, 13 dicembre 2018, n. 32359, in CED Cassazione, 2018.