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La scrittura efficace degli atti di causa

autore: B. Barattelli

Sommario: 1. Primo: farsi capire. - 2. La redazione degli atti di causa. - 3. Suggerimenti per scrivere chiaro. - 4. Liberaci dal burocratese. - 5. Sfruttare al meglio le potenzialità della lingua. - 6. Come narrare: la sequenza dei fatti, il tempo della narrazione. - 7. Un atto non è un romanzo. - 8. Come descrivere. - 9. Il punto di vista e la scelta della “voce narrante”. - 10. Esporre fatti, non formulare giudizi.



1. Primo: farsi capire1



Tanto più nell’era del processo civile telematico, facilitare la comprensione degli atti sul piano della lingua, della struttura e degli aspetti grafici è un’esigenza sentita e largamente condivisa che si fonda essenzialmente su questi presupposti:

– se un testo è chiaro si fa meno fatica a seguire e a capire;

– la chiarezza incentiva il cittadino ad aver fiducia nella legge;

– la comprensibilità facilita l’osservanza della legge (in claris non fit interpretatio);

– l’univocità della scrittura evita contenziosi e conflittualità;

– nel caso di perizie tecniche, la redazione in un linguaggio accessibile anche ai non addetti ai lavori rende consapevoli le parti e facilita la decisione del giudice;

– adottare un italiano senza inutili complicazioni è una forma di accoglienza e riguardo nei confronti dei cittadini meno dotati di strumenti linguistici e culturali nonché dei “nuovi italiani”.



2. La redazione degli atti di causa



La struttura e il contenuto dell’atto giuridico sono dettati dall’art. 163 del c.p.c., ma a prescindere dai dati formali i principi da tenere sempre ben presenti sono questi due: sul piano generale, rem tene, verba sequentur; sul piano giuridico, da mihi factum, dabo tibi ius. Ne consegue quindi la necessità di una esposizione dei fatti sintetica ma completa e di considerazioni sulla norma da applicare sintetiche e precise. Il giudice apprezza tutto quanto gli “alleggerisce” la lettura degli atti, specie con il PCT, e gli facilita la lettura selettiva: efficace scansione del testo, concisione, organizzazione funzionale degli allegati. Per raggiungere il risultato, possono tornare utili le domande dello “scrittore leale” di George Orwell (La politica e la lingua inglese, 1946):

1. Che cosa sto cercando di dire?

2. Con quali parole lo esprimerò?

3. Quale immagine o modo di dire lo renderà più chiaro?

4. Questa immagine è abbastanza fresca da avere un qualche effetto?

5. Potrei dirlo più brevemente?

6. Ho scritto qualcosa di brutto e non necessario? Dopo essersi fatti guidare dalle domande di Orwell, una lista di controllo delle cose da evitare deve prevedere almeno queste voci:

– errori di sintassi, grammatica, ortografia;

– errori di diritto; – scelta di caratteri di difficile lettura;

– forme di evidenziazione (grassetto, sottolineature, corsivo) troppo ripetute e ridondanti (mai usarne due insieme, come grassetto e sottolineato), che si autovanificano;

– uso del paragrafo confuso sul piano grafico o concettuale;

– mancanza di numerazione ordinata (pagine, allegati);

– riferimenti approssimativi ai documenti, che ne rendono la consultazione faticosa e rendono più probabili confusione e sviste;

– inutili trattati dottrinali e giurisprudenziali: citare poche sentenze, indicate scrupolosamente, resistendo alla tentazione purtroppo diffusa di riempire la pagina per dare con la quantità l’impressione della qualità dei riferimenti. Per il legale che si mette all’opera per scrivere gli atti, può essere utile un colloquio preliminare con la controparte per eliminare dall’atto le parti su cui si è già d’accordo. Importante inoltre è non scrivere l’atto per compiacere il proprio cliente e ottenerne l’approvazione: meglio che questi appronti una serie di appunti con le informazioni e gli aspetti a suo avviso più rilevanti e che lasci poi al legale il compito di metterli nella forma adeguata. Va poi da sé che è essenziale rendersi conto di cosa si dice, di cosa si chiede e dei presupposti fattuali da cui si parte, oltre a rendersi conto degli effetti delle proprie richieste anche in prospettiva: mettere le idee su carta (o meglio su schermo) e poi prendersi un po’ di tempo per lasciarle decantare prima di rileggerle faciliterà la visione più distaccata e obiettiva indispensabile per il lavoro di revisione. In definitiva, chiarezza e sintesi sono l’obiettivo da perseguire attraverso un lavoro di attenta pianificazione, stesura e rilettura; se per approntare un atto conciso ci vorrà più tempo rispetto alla stesura di un testo prolisso, non bisogna stupirsene: è famosa la frase con cui Blaise Pascal si scusava per la lunghezza di una sua lettera dicendo che non aveva avuto il tempo per scriverne una più breve.



3. Suggerimenti per scrivere chiaro



Per la semplificazione del linguaggio giuridico e istituzionale sono stati elaborati negli ultimi anni molti strumenti e sono state avviate numerose proficue collaborazioni tra linguisti e giuristi2 . Sulla scorta della riflessione che ne è scaturita, le raccomandazioni essenziali possono essere così schematizzate: quanto a struttura dei testi

– ripartizione del contenuto in blocchi indipendenti (paragrafi, sottoparagrafi),

– ricorso frequente a elenchi e liste,

– accurata scansione del testo attraverso la punteggiatura,

– legami logici efficacemente evidenziati attraverso i connettivi,

– organizzazione funzionale degli allegati (in una cartella, con nome preciso: doc. 1, lettera di Tizio a Caio, 13 giugno 2011); quanto ad accorgimenti grafici

– evitare la pagina troppo piena, – scelta oculata del testo sbandierato o giustificato,

– carattere almeno corpo 12, con interlinea e margini adeguati,

– caratteri agevolmente leggibili anche sullo schermo,

– niente mescolanza di caratteri,

– uso molto parco di MAIUSCOLO, corsivo, grassetto e sottolineatura. A proposito di caratteri, va tenuta presente la diversa funzionalità di quelli con e senza “grazie” (gli allungamenti alle estremità delle lettere che le rendono più eleganti e, appunto, aggraziate): non si tratta solo di una questione estetica; quelli “graziati” o “serif” (come Times New Roman, Garamond, Bodoni) rendono meglio nella stampa, quelli “bastone” o “sans serif” (come Verdana, Arial, Calibri) nei testi letti su sfondo luminoso. I caratteri informali che simulano la scrittura a mano o Comic sans MS nei testi ufficiali vanno invece, ovviamente, sempre evitati.



4. Liberaci dal burocratese



Nella redazione dei testi giuridici bisogna cercare di tener lontane le degenerazioni del linguaggio burocratico, quello che Italo Calvino definisce antilingua3 perché complica la comunicazione invece di favorirla, come la lingua dovrebbe invece fare. Ecco alcuni elementari consigli da tenere sempre presenti:

– preferire le strutture sintattiche semplici a quelle più elaborate;

– chiudere la frase con il punto fermo dopo aver espresso un concetto compiuto;

– preferire i verbi alla forma attiva, ricorrendo alla forma passiva solo quando non si conosce l’autore dell’azione o se chi ha subito l’azione è più importante di chi l’ha compiuta (forma attiva: il sig. Rossi ha tamponato la Mercedes della sig.ra Bianchi = l’autore del tamponamento è il sig. Rossi; forma passiva: la Mercedes della sig.ra Bianchi è stata tamponata ieri sera = si constata che l’auto è stata tamponata ma non si sa chi è stato; la Mercedes della sig. ra Bianchi è stata tamponata dal sig. Rossi = si mette in evidenza che l’auto della sig.ra Bianchi è una Mercedes, l’autore del tamponamento viene menzionato ma non è l’informazione più rilevante);

– preferire il verbo semplice anziché la perifrasi (prendere una decisione → decidere, avere l’opportunità di → potere);

– privilegiare i verbi rispetto ai sostantivi (appare imprescindibile il rinnovamento e la modernizzazione → rinnovare e modernizzare). Il celebre architetto Mies van der Rohe, convinto seguace del minimalismo, teorizzava che alla complessità fosse preferibile l’essenzialità, il “meno”, perché da ciò discendeva il “più”, il risultato migliore: quest’idea era stata da lui felicemente sintetizzata con la formula Less is more. Il precetto è valido anche per la scrittura: è bene quindi evitare i dettagli e le informazioni di contesto non strettamente necessarie; utile risulta anche eliminare tutte le ripetizioni (delle parole e soprattutto dei concetti) e le espressioni che diluiscono inutilmente il testo: sembra che, appare che, si potrebbe affermare e simili; fondamentale è inoltre fare attenzione alle ridondanze: risultato finale, progetti futuri, di forma quadrata = quadrato, di colore rosso = rosso, il settore della finanza = la finanza; per lo stesso motivo è bene togliere gli avverbi inutili: realmente, estremamente, veramente, generalmente. Tenuto conto dell’ufficialità della sede, è evidentemente da evitare la punteggiatura “espressiva” come punto esclamativo, puntini sospensivi, virgolette ed è da stare rigorosamente alla larga dalle espressioni colorite (Tizio si rivela subito per un autentico marpione) e dai luoghi comuni (il sig. Mac Hill corrisponde alla moglie un assegno irrisorio: ma non c’è da meravigliarsi, gli scozzesi sono notoriamente tirati). L’etica professionale dovrebbe di per sé essere sufficiente a scongiurare gli apprezzamenti di bassa lega (il sig. Taccagni corrisponde alla moglie un assegno irrisorio: ma è comprensibile, tenuto conto di quanto gli costa la sua nuova compagna).



5. Sfruttare al meglio le potenzialità della lingua



Fin qui abbiamo parlato degli accorgimenti che possono giovare a snellire la lingua degli atti di causa. Ma una maggiore consapevolezza delle potenzialità della lingua, sia per come presentare una questione che per esprimere in modo più o meno valutativo il proprio pensiero, può anche contribuire a rafforzare l’efficacia dell’atto giuridico. Vediamo qui di seguito come la scelta ponderata della modalità espressiva riesca a produrre effetti sensibilmente diversi.



6. Come narrare: la sequenza dei fatti, il tempo della narrazione



La sequenza lineare è sempre quella preferibile per chiarezza, magari accompagnandola con una buona scansione grafica per punti:

1. Il sig. D’Amore e la sig.ra Amoroso si sono conosciuti quando frequentavano il liceo e, dopo un lungo fidanzamento, si sono sposati il 30 giugno 1996.

2. Il 30 giugno 1997 è nato il figlio Paolo e il 12 ottobre 2004 è nata la figlia Francesca.

3. Nel settembre 2010 la sig.ra Amoroso ha scoperto che il marito aveva una relazione con un’altra donna.

4. Richiesto di spiegazioni, il sig. D’Amore ha detto alla moglie che non intendeva rinunciare alla relazione ma che era disposto a rimanere a casa con lei e i figli per garantire ai bambini di crescere serenamente.

5. La sig.ra Amoroso ha deciso però di non accettare la situazione e, alla fine del mese, ha presentato ricorso per separazione giudiziale. Le due proposte di riscrittura qui sotto mostrano bene come, alterando la successione lineare dei fatti secondo modalità più “letterarie”, la comprensione diventi più complicata:

Variante 1: Non è certo facile la scelta di separarsi fatta dalla sig.ra Amoroso alla fine di settembre 2010. I due coniugi si erano conosciuti sui banchi di scuola ed erano stati fidanzati a lungo. Dopo il matrimonio con il sig. D’Amore, il 30 giugno 1996, c’era stata la nascita di due figli: il primo nel 1997, la seconda nel 2004. Nel settembre 2010 la sig.ra Amoroso ha scoperto che il marito aveva una relazione, e sebbene lui si fosse detto disposto a rimanere con lei e i figli, la signora ha ritenuto di non poter accettare la situazione e nel corso dello stesso mese ha deciso di presentare ricorso per separazione giudiziale.

Variante 2: Il 30 giugno del 1996 il sig. D’Amore e la sig.ra Amoroso si sono sposati, dopo essersi conosciuti al liceo ed essere stati a lungo fidanzati. Nel settembre 2010 la sig.ra Amoroso ha deciso di presentare ricorso per separazione giudiziale. Tra questi due estremi temporali, molti avvenimenti: la nascita di due figli, nel 1997 e 2004, e la scoperta di una relazione extraconiugale del sig. D’Amore. Il sig. D’Amore ha proposto alla moglie una soluzione di compromesso come il continuare a vivere insieme mantenendo però la sua relazione in parallelo: ma la sig.ra Amoroso, come si è anticipato qui sopra, non ha ritenuto di poter accettare tale proposta.

Per quanto riguarda la scelta del tempo verbale per la narrazione, si tenga presente che il presente storico conferisce vivacità e immediatezza; l’imperfetto narrativo sottolinea che i vari avvenimenti, almeno in parte, si sovrappongono e intersecano; il passato prossimo o remoto sottolinea l’aspetto compiuto delle azioni e le colloca decisamente nel passato.



7. Un atto non è un romanzo



Il caso per fortuna è assai raro, ma una narrazione condotta con pretese letterarie e condita di luoghi comuni patetici risulta del tutto inadeguata negli atti di causa: La difficile scelta di separarsi fatta dalla sig.ra Amoroso giunge alla fine di un percorso di coppia quanto mai accidentato. Lei e il sig. D’Amore, poi divenuto suo marito, si erano conosciuti sui banchi di scuola e dopo un lungo fidanzamento avevano coronato il loro sogno d’amore il 30 giugno 1996. La loro vita coniugale era stata allietata dalla nascita di due figli: il primo, Paolo, arrivato nel 1997 proprio nel primo anniversario di matrimonio; la seconda, Francesca, arrivata nel 2004. Qualche anno dopo, però, un vero e proprio fulmine a ciel sereno: la signora scopre che il marito ha un’altra donna ecc.



8. Come descrivere



Con le scelte sintattiche e lessicali opportune, si può (con la dovuta discrezione, si intende) descrivere una persona in modo assai diverso per quel che riguarda un giudizio, più o meno esplicito. Qui di seguito, partendo dal ritratto di don Abbondio che “non era nato con un cuor di leone” (Promessi sposi, cap. I), magnifica icona della non-volontà, proponiamo due versioni che mirano a far sembrare il curato più o meno indeciso rispetto a quanto faccia Manzoni nell’originale.



(testo di partenza, sono stati sottolineati gli elementi che orientano la descrizione) Il nostro Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s’era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d’essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro. Aveva quindi, assai di buon grado, ubbidito ai parenti, che lo vollero prete. Per dir la verità, non aveva gran fatto pensato agli obblighi e ai nobili fini del ministero al quale si dedicava: procacciarsi di che vivere con qualche agio, e mettersi in una classe riverita e forte, gli eran sembrate due ragioni più che sufficienti per una tale scelta4 .



Variante 1: don Abbondio compie una scelta con determinazione e consapevolezza Abbondio aveva dovuto prendere atto di come, nel mondo in cui viveva, chi come lui non aveva né nobiltà, patrimonio né coraggio fosse troppo debole per resistere alla forza degli altri. Aveva così deciso di diventare sacerdote, senza tuttavia considerare realmente obblighi e finalità di questo ruolo: la sua scelta era stata guidata semplicemente da ragioni di opportunità, e cioè fare una vita abbastanza comoda ed entrare a far parte di una classe sociale rispettata e forte.

Variante 2: don Abbondio di fatto non sceglie ma segue l’unica strada possibile Abbondio veniva da una famiglia modesta e con limitate possibilità economiche, inoltre di fondo era un codardo: nel mondo in cui viveva non aveva quindi avuto altra scelta, per sopravvivere alla prepotenza altrui, che abbracciare la carriera ecclesiastica. La sua scelta era stata fatta però senza convinzione né consapevolezza ma solo in base a motivi puramente opportunistici, come procurarsi qualche comodità ed essere rispettato e difeso grazie all’abito che portava. L’esempio appena visto ci mostra come sia relativamente facile cambiare di segno una descrizione. Il legale farà sperabilmente appello alla deontologia professionale, ma non è infrequente trovarsi di fronte a narrazioni come quelle che seguono:

Esempio 1: (il legale della sig.ra Innocenti:) Il comportamento del signor Crudeli nei confronti della moglie sig.ra Innocenti è sempre stato punitivo e mortificante e con gli anni si è aggravato sempre più, fino a diventare insopportabile e inaccettabile. La cosa inquietante nel comportamento del signor Crudeli è il fatto che le sue reazioni aggressive nei confronti della moglie sono totalmente spropositate rispetto all’azione che ne costituisce la causa. Si tratta sempre di qualche piccolo inconveniente casalingo, di cui egli addebita la responsabilità alla moglie: deterioramento di cibi in frigorifero, luci dimenticate accese. Ma ciò provoca in lui uno stato di agitazione ed aggressività che lo porta a reazioni incontrollate. (il legale del sig. Crudeli:) L’atteggiamento della sig.ra Innocenti, improntato alla più totale noncuranza e irresponsabilità nella gestione della casa, ha spesso portato allo spreco delle risorse economiche familiari e ciò ha condotto il sig. Crudeli a un tale livello di esasperazione da non poter riuscire talvolta a controllarsi per l’evidente mancanza di rispetto nei suoi confronti che la moglie, con il suo modo di fare, dimostrava.

Esempio 2: (il legale del sig. Libertini:) “Ai piccoli Laura e Giovanni la domenica mattina piace moltissimo raggiungere il papà e la sua “fidanzata” nel lettone, ancora in pigiama, e giocare con loro a farsi le coccole” (il legale di controparte:) “La domenica mattina il Libertini ha la riprovevole abitudine di intrattenersi nel letto matrimoniale con la sua concubina e i figli minori Laura e Giovanni: questi sono quindi esposti al rischio di vedere i due in atteggiamenti equivoci e in abbigliamento disdicevole”

Esempio 3: (il legale di controparte:) Il sig. Bruti è un uomo prepotente e autoritario che formula le sue affermazioni in modo arrogante e perentorio, senza lasciare spazio a qualsivoglia replica. (il legale del sig. Bruti:) Il sig. Bruti è una persona che appare immediatamente come dotata di un carattere risoluto, fortemente volitivo, abituata a esprimere le sue posizioni con estrema convinzione.



9. Il punto di vista e la scelta della “voce narrante”



Non c’è bisogno di precisare che è del tutto inaccettabile impostare la narrazione dal punto di vista della parte in causa, del tipo “mi sono sposato con Maria il 24 giugno 2012 ma dopo qualche anno il nostro matrimonio ha cominciato a deteriorarsi”: è di rigore la terza persona (“Il sig. Mario Rossi e la signora Maria Bianchi si sono sposati il 24 giugno 2012 ma dopo qualche anno il loro matrimonio ha cominciato a deteriorarsi”). La scelta della persona può invece essere utile per sottolineare o attenuare un’affermazione. Ad esempio, il concetto “Il comportamento di Tizio è scorretto” si può formulare come segue: – 1 persona singolare (da evitare!): Ritengo scorretto il comportamento di Tizio → mette eccessivamente in rilievo chi esprime il giudizio;

– noi inclusivo: Possiamo ritenere scorretto il comportamento di Tizio → il giudizio si dà per condiviso da più persone e questo gli fa acquistare forza;

– impersonale: Si può ritenere scorretto il comportamento di Tizio → non si vuole indicare con chiarezza chi esprime il giudizio;

– passivo: Il comportamento di Tizio può essere ritenuto scorretto → ciò che viene sottolineato non è il giudizio ma il comportamento.



10. Esporre fatti, non formulare giudizi



Per concludere, una precisazione (ma l’etica dell’avvocato la rende di certo superflua) sull’importanza di esporre i fatti in maniera piana e neutrale anziché formulare giudizi, che dovrebbero essere lasciati in toto al magistrato. Basteranno questi due esempi: No: La scorrettezza del legale di controparte appare evidente dalla lettera del 1°aprile 2016 in cui intima al dott. Consolati, psicologo dell’età evolutiva che i coniugi di comune accordo avevano incaricato di seguire il loro figlio, di sospendere i colloqui con il bambino. Sì: Il legale di controparte il 1°aprile 2016 scrive al dott. Consolati, psicologo dell’età evolutiva che i coniugi di comune accordo avevano incaricato di seguire il loro figlio, chiedendogli di sospendere i colloqui con il bambino. Insomma: nel bene e nel male, quando si scrive la forma si traduce spesso in sostanza.

NOTE

1 Sulla redazione degli atti di causa si è tenuto, nell’ottobre-novembre 2016, il seminario La scrittura giuridica nel processo di famiglia organizzato dalla sezione di Verona dell’Osservatorio Nazionale sul Diritto di famiglia e condotto da chi scrive insieme al dottor Ernesto D’Amico, Presidente della Prima Sezione Civile del Tribunale di Verona: alla collaborazione con lui, che vorrei qui ringraziare di cuore per la disponibilità a condividere in questa sede i materiali elaborati insieme, e al vivace e costruttivo dibattito con gli avvocati che hanno partecipato al seminario si devono molte delle idee esposte in questo articolo.

2 Sulla semplificazione del linguaggio sono riferimenti essenziali, da cui ricavare ulteriore bibliografia, Codice di stile delle comunicazioni scritte ad uso delle amministrazioni pubbliche. Proposta e materiali di studio, Roma, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per la Funzione Pubblica, 1993; M.E. PieMonTeSe, Capire e farsi capire, Napoli, 1996; A. FioriTTo (a cura di), Manuale di stile. Strumenti per semplificare il linguaggio delle amministrazioni pubbliche, Bologna, 1997; M.A. CorTelaZZo, F. PelleGrino, Guida alla scrittura istituzionale, Roma-Bari, 2003; F. FranCeSChini, S. GiGli (a cura di), Manuale di scrittura amministrativa, Roma,

2003; T. raSo, La scrittura burocratica, Roma, 2005; S. luBello, Il linguaggio burocratico, Roma, 2014; il contributo Lingua degli avvocati: la sostanza della tecnica, la retorica nella forma, pubblicato il 25 settembre 2017 su www.treccani.it/magazine/ lingua_italiana/articoli/scritto_e_parlato/avvocati.html (ultima consultazione per questo e i siti indicati più avanti: 15 agosto 2019). Il sito www.maldura.unipd.it/ buro/, a cura della Cattedra di Linguistica italiana dell’Università di Padova (prof. M.A. Cortelazzo), è dedicato alla semplificazione del linguaggio amministrativo e fornisce vari materiali teorici e pratici, bibliografia e link di approfondimento; è prezioso anche perché mette a disposizione in formato pdf alcuni materiali oggi non più reperibili in rete. Altri riferimenti utili sulla scrittura sono L. Carrada, Lavoro dunque scrivo, Bologna, 2012 e G. CaroFiGlio, La manomissione delle parole, Milano, 2013 e Con parole precise. Breviario di scrittura civile, Roma-Bari, 2015. Tra le iniziative per la formazione linguistica dei giuristi si segnala il corso Professioni legali e scrittura del diritto organizzato presso l’Accademia della Crusca grazie alla sinergia tra università, Scuola Superiore della Magistratura e numerosi altri, giunto nel 2019 alla sesta edizione. Al linguaggio giuridico l’Università di Pavia dedica il Progetto Strategico Tematico d’Ateneo La lingua del diritto, molto ampio e articolato, che sul sito lalinguadeldiritto.unipv.it offre materiali, notizie su attività e una bibliografia ragionata ampia e aggiornata. Indicazioni pratiche sulla stesura degli atti giuridici in G. PaSCuZZi, Giuristi si diventa, Bologna, 2008, 2a ed. 2013, nel cap. La redazione del testo alle pp. 143-162; D. Cerri, Efficienza e comprensibilità come obiettivi deontologici nel linguaggio del civilista, in A. Mariani Marini, F. BaMBi (a cura di), Lingua e Diritto. Scritto e parlato nelle professioni legali. Atti del convegno organizzato dall’Accademia della Crusca e dalla Scuola Superiore dell’Avvocatura (Firenze, 9 marzo 2012), Pisa, 2012, 69-78 (poi rielaborato in Il linguaggio dell’avvocato civilista. Efficacia e comprensibilità tra tecnica e deontologia, www.academia.edu/6173276/ Linguaggio_x_ACAEDU; id., La scrittura degli atti processuali e il Protocollo d’intesa C.N.F./Cassazione sulla redazione dei ricorsi, www.questionegiustizia.it/articolo/ la-scrittura-degli-atti-processuali-e-il-protocollo-d-intesa-c_n_f_cassazione-sulla-redazione-dei-ricorsi_05-02-2016.php); C. CeCChella, M. Paladini (a cura di), Come scrivere atti e pareri. Civile, serie “Professione avvocato”, Il Sole 24 Ore, 2013.

3 Nel celebre passo in cui la deposizione resa da un teste in modo semplice e colloquiale viene trasformata dal brigadiere che la verbalizza in un testo illeggibile: è apparso come articolo di giornale con il titolo Per ora sommersi dall’antilingua, in Il Giorno, 3 febbraio 1965; si legge ora in I. Calvino, Una pietra sopra, Torino, 1980.

4 Si cita dall’edizione a cura di L. CareTTi, I promessi sposi, Torino, 1972, 2 voll.; vol. 2.