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La verifica psicosociale sulla competenza genitoriale (nota a Cass. Civ., Sez. I, ord. 17 maggio 2019, n. 13409)

autore: M. Labriola

Sommario: 1. L’ordinanza della Corte di Cassazione. - 2. Lo stato di abbandono e l’allontanamento. - 3. L’intervento del servizio territoriale. - 4. L’ascolto degli affidatari.



1. L’ordinanza della Corte di Cassazione



Il percorso tracciato con questa ordinanza dalla Corte di Cassazione, in un certo senso, anticipa quanto sarebbe stato, nei mesi successivi, oggetto di elaborata riflessione, non solo da parte dei giuristi ma anche in sede mediatica. Il nostro ordinamento contempla, per la tutela dei minori, una serie attività svolte da agenzie presenti sul territorio – che in questo particolare momento sono sotto i riflettori – deputate alla verifica delle possibili disfunzioni patologiche dei compiti genitoriali1 . Il caso portato all’attenzione dei giudici di legittimità nasce da una segnalazione, da parte dei Carabinieri e del Servizio Sociale di un Comune sardo, al Procuratore della Repubblica del Tribunale per i Minorenni di Cagliari. Il fascicolo, apertosi per la violazione dei doveri genitoriali ai sensi dell’art. 330 c.c., conteneva l’indicazione di un forte disagio di due bambini figli di genitori la cui accesa conflittualità creava un potenziale ed irreversibile pregiudizio. Nei fatti di causa si legge che il Tribunale minorile spendeva, per l’attività istruttoria, circa sei anni, per giungere alla declaratoria della decadenza della responsabilità per entrambi i genitori. Sembra, dalla lettura dello svolgimento del processo del giudizio ablativo della responsabilità genitoriale, che in tale fase fosse stato nominato un curatore speciale per i minori. Quindi, quanto meno sotto il profilo del corretto svolgimento processuale con riferimento ad un contraddittorio pieno tra le parti in causa, i minori non rimanevano privi di tutela2 . Emerge, poi, come il Tm cagliaritano avesse nominato un tutore provvisorio3 nella persona dell’assessore ai Servizi Sociali, in attesa di affrontare la successiva fase adottiva, dopo aver chiuso il primo procedimento ex art. 330 c.c. che aveva rimosso la rappresentanza e la responsabilità genitoriale. Il provvedimento, relativo allo stato di adottabilità – in cui la presenza di un curatore speciale ad processum si rende necessaria a pena di nullità4 – dichiarava i due minori adottabili e confermava la decadenza dalla responsabilità nei confronti del padre e della madre. Quest’ultima pronuncia intravedeva, nella gradualità dell’allontanamento dei bambini dalla famiglia di origine, una forma di cautela psicologica. Il Tribunale per i Minorenni provvedeva, quindi, all’affidamento etero-familiare, con l’incarico ai Servizi Sociali di sostegno ai minori. Un piccolo cenno va riservato ad una recente sentenza della Suprema Corte che esclude la necessaria presenza del curatore speciale in alcuni procedimenti relativi alle azioni de potestate5 . In fase di gravame, la Corte d’Appello, adita dai genitori, revocava lo stato di adottabilità disposto nei confronti della figlia sedicenne e confermava quello per il secondogenito. Il curatore speciale ricorreva in Cassazione rilevando come la Corte d’Appello avesse differenziato ingiustificatamente le tutele, decidendo di non perequare le scelte esistenziali dei due fratelli, l’uno con il rientro nella famiglia d’origine, l’altro con la previsione di un futuro adottivo. Col secondo motivo, il curatore sottolineava che “l’esistenza di un rapporto affettivo, radicato, con la famiglia di origine del minore e la pericolosità della sua interruzione non avrebbe escluso lo stato di abbandono”. Nelle conclusioni, il reclamante principale insisteva perché si provvedesse all’adozione di entrambi i figli. Con appello incidentale i genitori contestavano la correttezza dell’iter argomentativo del giudice del reclamo, che aveva confermato la dichiarazione di adozione del figlio più piccolo, anche alla luce di quanto emergeva dalle risultanze istruttorie. L’analisi della decisione della S.C., che si pronunciava sulla declaratoria di nullità della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Cagliari in diversa composizione, induce ad una attenta valutazione sulla giurisdizione minorile nel suo portato complessivo.



2. Lo stato di abbandono e l’allontanamento



Un’analisi corretta dei presupposti che conducono alla dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è il fulcro da cui dovrebbe partire la giurisprudenza minorile per garantire il rispetto dei principî sanciti sia dalla legislazione interna sia da quella sovranazionale. La Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, dott.ssa Filomena Albano, nel luglio 2019 ha segnalato, ai sensi degli artt. 3 e 4 della l. 112/20116 , ai titolari delle agenzie nazionali che si occupano a vario titolo degli interventi sui minori, a seguito delle osservazioni conclusive del Comitato ONU indirizzate all’Italia nel febbraio 2019, la necessità di adottare immediate misure atte a garantire la migliore tutela all’infanzia ed alla adolescenza7 . Da tempo si è diffuso l’allarme sulla effettiva necessità di un allontanamento del minore dal nucleo d’origine. Di fatto, le veloci modifiche sociali ed una costante accelerazione del ritmo di vita che si sono registrate nell’esistenza delle famiglie hanno comportato un cambio sostanziale nei ruoli genitoriali. Lo stressante lavoro fuori casa dei genitori, l’assenza di welfare sia familiare sia sociale, la deprivazione economica e quella culturale, hanno inciso profondamente ed hanno messo in evidenza il pericolo del crescente disagio di bambini e adolescenti8 . È pur vero che in alcune famiglie c.d. “multiproblematiche”, è presente il rischio di una interruzione o un condizionamento del processo di sviluppo del minore che, se severo, richiede interventi per la sua maggior protezione9 . La definizione di nucleo “multiproblematico” spesso dipende dal fatto che i componenti di una famiglia siano già da tempo a contatto col servizio territoriale – dalle tossicodipendenze, ai servizi psichiatrici, alle richieste di aiuti economici – e che, quindi, l’allontanamento dei figli sia frutto di una macchina giudiziaria preventivamente attivata come strumento di salvaguardia del minore10. Per i motivi su esposti, l’indagine sulla condizione di abbandono del minore presenta, in questo momento, maggiori complessità rispetto al passato, essendo divenuta necessaria una lettura più esperta delle relazioni familiari. Il presupposto di una situazione di irreversibile pregiudizio si può sintetizzare nella impossibilità di protezione del minore in forme compatibili con il mantenimento dello stesso nel suo normale ambiente di vita. Il giudice minorile interviene quando rileva – nella fase dell’accertamento – che i comportamenti dei genitori danneggiano i figli. La peculiare previsione legislativa11, con autentica lungimiranza per l’epoca, introduceva contenuti normativi di portata significativa per il minore, esordendo, nell’art. 1, col diritto del minore a crescere nella propria famiglia. Alcuni autori hanno parlato, tuttavia, di doppio registro nei tribunali dello Stato tra teoria-prassi12. Per giungere alla declaratoria di adottabilità del bambino13, il tribunale ha bisogno di accertare la situazione di abbandono, il cui requisito è quello del minore rimasto privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, “purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio”. Inoltre, non di poco momento è l’ulteriore ricognizione del giudice che non può esimersi dal considerare quanto siano stati opportuni e adeguati gli interventi messi in atto dal sistema di welfare sul territorio, in ragione di quella fondamentale funzione di socio-assistenziale prevista per legge. La crepa disfunzionale che ha determinato la dichiarazione di abbandono, secondo l’ordinanza in commento, si è creata nel non aver rispettato, da parte dei soggetti tenuti a farlo, le linee dettate dalla legislazione interna ed anche da quella europea14. La giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha sollecitato spesso l’Italia a prestare maggiore attenzione al percorso giudiziario di un bambino allontanato15. L’esame del giudice attinge, principalmente, dalle indagini sociali svolte dai servizi territoriali, talvolta, dalle consulenze tecniche d’ufficio. Gli operatori sociali intervengono prima del giudizio e durante lo stesso sono investiti dell’esecuzione del provvedimento. Nella ordinanza della Suprema Corte emerge come sia stata inadeguata l’attività dei Servizi Sociali e sia stata superficiale la lettura delle conclusioni della relazione peritale. Tali presupposti hanno portato la Corte d’Appello a scegliere di interrompere il cordone ombelicale con i genitori naturali. Quest’ultima decisione ha subito lo stigma del Procuratore Generale che conclude nel senso che “i legami affettivi dei minori nei confronti dei genitori sono radicati nel tempo e significativi per quanto disfunzionali. Per cui al momento una loro cessazione sarebbe lesiva per il loro benessere psicologico”; “non è possibile ipotizzare per i minori una soluzione familiare che contempli una loro separazione”. Come già rilevato, la giurisprudenza è divenuta maggiormente attenta, col tempo, sulle verifiche delle condizioni di abbandono del minore, ma, cosa ancor più rilevante, inizia a tracciare una via più conforme all’interpretazione della legge, nel senso del recupero di quelle indicazioni di sostegno alla genitorialità che evitino la disgregazione familiare ed il pregiudizio dei suoi componenti più fragili16. In tal senso, la S.C. ha imposto un approfondito controllo del nucleo ai fini del recupero delle competenze genitoriali in termini più adeguati rispetto alle esigenze e alle necessità del minore17, oltre ad aver previsto una necessaria integrazione di attività istruttoria, anche in sede di gravame, al fine di contestualizzare il quadro del pregiudizio del minore e le dinamiche genitoriali a seguito di eventuali interventi di sostegno psicologici18. È importante procedere alla corretta lettura dei meccanismi parentali disfunzionali19. L’apriori per le analisi approfondite della vita dei minori è il corretto svolgimento delle attività dei servizi territoriali.



3. L’intervento del servizio territoriale



Elemento imprescindibile è quello di rendere i servizi sociali più adeguati e più preparati, atteso che l’uso delle relazioni socio-assistenziali e psico-sociali è uno dei paradigmi su cui si basa la decisione del tribunale per la valutazione del disagio e l’irreversibilità di un futuro allontanamento. D’altronde, non potendosi annoverare il servizio territoriale come parte proces suale né il lavoro svolto è definibile quale consulenza tecnica d’ufficio, la perfettibilità di una relazione non può essere soggetta ad impugnazione o ad eccezione di nullità, né potrebbe essere contraddetta da una eventuale consulenza di parte. In ciò sta, sicuramente, il limite del sistema attuale. Nondimeno, la modifica dell’art. 111 Costituzione, integrando principî di garanzia di un giusto processo, anche in sede minorile, ha consentito l’ingresso necessario del difensore dei genitori e quello del minore20, che possono operare un controllo sull’istruttoria del tribunale per i minorenni. La fonte principale che richiama quella fondamentale funzione dello Stato nella assistenza e sostegno alle famiglie è la carta costituzionale che prevede misure economiche ed altre provvidenze21. Nei casi complessi il giudice minorile deve prevedere l’invio del nucleo familiare al Servizio Sociale (Comune), al Consultorio Familiare (ASL), Servizio di Igiene Mentale o ai c.d. Spazi Neutri e Gruppi di Parola22. La presa in carico, però, presenta degli aspetti di delicatezza, nel momento in cui gli operatori sociali tenderanno ad intervenire in maniera più prescrittiva, in questi casi un componente della famiglia si potrà sentire tradito e si spezzerà la fidelizzazione necessaria al percorso23. In diverse città italiane i servizi territoriali ed i tribunali per i minorenni hanno deciso di sottoscrivere dei protocolli d’intesa collaborando, in rete, per la presa in carico del minore e della famiglia in difficoltà, talvolta sono sottoscrittrici anche alcune associazioni forensi24. La particolarità tutta italiana sta nella possibilità che siano i servizi a segnalare le situazioni di disagio al Pubblico Ministero Minorile che a sua volta assegnerà, prima di chiedere l’apertura di un fascicolo al Tribunale per i minorenni, un mandato “esplorativo” agli stessi operatori. Si riscontra, nella prassi, il generico ed aspecifico incarico; spesso ai servizi territoriali si chiede una relazione sul nucleo familiare allargato senza che sia precisata la tipologia di disagio su cui indagare. Una relazione che non sia in grado di esaminare il contesto di vita di un bambino, che non indaghi sulle dinamiche relazionali, con una verifica attenta anche nei contesti sociali del minore – scuola, parenti, eventuali medici – è senz’altro da ritenersi monca. Il servizio sociale non deve valutare ma registrare e fornire al giudice gli strumenti di intervento possibili. Nel caso in commento, portato all’attenzione della S.C., è mancata la prova della assenza o presenza di un legame affettivo significativo tra i componenti di questa famiglia ovvero la possibilità di ricomporlo, oltre ad un controllo sulla necessità o meno di dividere i fratelli. L’adozione tra fratrie rappresenta, senza dubbio, un valore aggiunto per i bambini, ma anche per le famiglie adottive, ma ci si arrende di fronte alla denuncia, da parte dei genitori adottivi, di inefficace assistenza da parte degli operatori sociali e di solitudine sofferta ad adozione avvenuta. Il minore adottato, che rinegozia la propria identità nella nuova famiglia, sarà facilitato in questo compito dalla presenza di un fratello o di una sorella, con cui mantiene un legame identitario col passato. Il compito dei servizi territoriali non è esente da azioni di responsabilità. È possibile rinvenire una giurisprudenza di condanna dell’operato dei servizi territoriali, nel caso di allontanamento del minore dalla famiglia di origine per sospetto immotivato di abuso ed affidamento dello stesso al Comune. Si ravvisa la responsabilità del Comune per il comportamento negligente dei servizi e degli operatori sociali, con il conseguente diritto dei genitori al risarcimento per danno biologico25.



4. L’ascolto degli affidatari



In ultimo, l’ordinanza della Cassazione lamenta la mancata applicazione dell’art. 5 co. 1 l. 184/1983, così come modificato dalla l. 173/201526, che prevede, a pena di nullità, l’audizione degli affidatari. Questo disposto normativo è talvolta disatteso dai tribunali, tanto più se si debba ragionare in termini di sinergia e di collaborazione nel superiore interesse del minore. La novella normativa si è resa necessaria atteso il frequente pregiudizio subito dai minori e dalle famiglie durante i cd. affidamenti sine die. Sulla non correttezza degli affidamenti di lungo periodo, la prassi ha evidenziato come l’affidamento etero-familiare, talvolta, perda nel corso del suo svolgimento il carattere di “soluzione provvisoria e temporanea” che la legge invece gli attribuisce. Il periodo massimo di affidamento previsto per legge è pari a due anni, prorogabile da parte del tribunale per i minorenni laddove se ne riscontri l’esigenza27. Per la valorizzazione del rapporto di affidamento, si è previsto di garantire una corsia preferenziale nell’adozione alle famiglie già affidatarie del minore. La disattenzione sulla questione degli affidamenti ha fatto condannare l’Italia a risarcire una coppia di coniugi che, dopo essersi presi cura per diciannove mesi di un minore attraverso l’istituto dell’affidamento, si era vista scavalcata da un’altra famiglia in sede di adozione28. L’art. 4 co. 5 l. 184/83, aggiunto dalla riforma, prevede che quando il minore ritorna presso la famiglia d’origine, se dato in affidamento ad altra famiglia o adottato da altra famiglia, vada tutelata, se rispondente all’interesse del minore, la continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante l’affidamento. Si palesa, quindi, evidente la ratio del disposto dell’art. 2 della l. 173/2015, che introduce un’ipotesi di nullità, precedentemente non contemplata, nel caso in cui la famiglia affidataria o collocataria non venga consultata nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale, di affidamento e di adottabilità del minore affidato29. È importante sottolineare come gli affidatari non possano essere considerati parti processuali, devono solo essere ascoltati ed hanno diritto di presentare memoria scritte, non essendo prevista una difesa tecnica. La famiglia degli affidatari rappresenta un supporto all’affettività e alla crescita del minore di cui è tenuta a prendersi cura, di conseguenza gli ascolti sia dell’affidato sia dell’affidatario sono la garanzia per una visione completa e contestuale della vita del minore.

NOTE

1 “L’Osservatorio Nazionale sul Diritto di Famiglia intende prendere posizione sulla notizia, evidenziata dai quotidiani nazionali, in relazione alla vicenda che vede coinvolti dei bambini, parrebbe ingiustamente allontananti dalle famiglie di origine per essere oggetto di una vera e propria ‘vendita’, che si è consumata nella città di Reggio Emilia. Premesso che le notizie risultano dai giornali nazionali e l’inchiesta è ancora in corso e che sin tanto che non vi sarà una condanna vale la presunzione di innocenza degli imputati, la vicenda consente una più ampia riflessione Quello che è emerso dai media nazionali, ma che necessita di ulteriore approfondimento, è che questi bambini, tolti senza reali motivi dalle famiglie, venivano alloggiati in comunità o presso famiglie affidatarie, sulla base di relazioni degli assistenti sociali, non corrispondenti a realtà e risultanti da manipolazioni. La prima riflessione prende le mosse dalla necessità di riorganizzare la macchina del welfare territoriale ed il suo rapporto con la giustizia minorile. Siamo convinti che segmentare gli interventi tra: soggetti che segnalano una situazione di disagio familiare e minorile, pubblici ministeri minorili, Tribunale per i Minorenni, servizi sociali (comunali), servizi consultoriali (AUSL Regione), consulenti tecnici d’ufficio ed infinestrutturediaccoglienzadelterzosettore(casefamiglieecomunità),abbia,alungo andare, creato una situazione in cui è impossibile controllare come vengono gestite e risolte le difficoltà dei singoli minori. Non è stato sufficiente, evidentemente, lo stigma che la CEDU ha manifestato con la nota sentenza Scozzari e Giunta Vs Italia, del lontano luglio 2000, per indurre i Tribunali per i Minorenni ad operare un controllo più serrato sulle attività dei servizi. In particolar modo è importante chiarire come una delega al servizio sociale non possa essere ampia e generica: l’impulso del p.m. e del Tribunale per i Minorenni deve mirare ad intervenire sulla specificità del caso sottoposto al suo esame. Il non fornire mai gli elementi precisi di indagine, il delegare la valutazione sul nucleo familiare ed il minore, l’aspettarsi delle relazioni non dettate da terzietà e neutralità ma che sostituiscano, addirittura, la decisione del giudice, comportano una disfunzione che può esitare nelle estreme conseguenze che ritroviamo nel caso Angeli & Demoni. Va ribadita l’importanza di definire con chiarezza e la trasparenza le finalità da perseguire nei singoli casi minorili, i tempi di intervento, le modalità: che vanno in ogni caso concordate con la magistratura. È necessario che i diversi servizi (comunali, AUSL, CSM, P.G)costruiscanoedimplementinoillavorodirete,indispensabileallalorostessacorretta operatività, atteso che il lavoro fatto in equipe è fondamentale per il controllo dell’attività di ciascuna agenzia sul caso specifico. È necessario sottolineare l’importanza del ruolo e della presenza dell’avvocato che, attraverso la garanzia del contraddittorio, si ponga e sia percepito come fondamentale interlocutore sia del tribunale sia dei servizi territoriali: il giurista interpreta i diritti dei soggetti fragili e se ne fa portavoce. La nostra associazione ribadisce infine, ancora una volta, la necessità di vedere nominato un difensore del minore, in quanto è illegittimo un provvedimento di allontanamento di un bambino senza che a quest’ultimo venga concessa la possibilità di una rappresentanza processuale. La nostra associazione ribadisce infine il carattere indifferibile di una riforma generale del processo minorile e familiare con cui vengano ridisegnati i ruoli dei protagonisti della giustizia minorile, onde evitare le gravissime storture che sono state indicate dai media nazionali”, C. CeCChella, www.osservatoriofamiglia.it.

2 Cass. civ., sez. I, 12 novembre 2018, n. 29001: “Nel giudizio sulla responsabilità genitoriale occorre garantire il contradditorio anche nei confronti del figlio minore. Nel giudizio sulla responsabilità genitoriale i genitori e il minore è necessario che il contraddittorio sia assicurato anche nei confronti del minore che, vantando interessi contrapposti ai genitori, deve essere rappresentato da un curatore speciale che ne curi gli interessi”, http://www.dirittoegiustizia.it, consultazione del 24 luglio 2019. Vedi anche Cass. civ., sez. I, 30 novembre 2017 6 marzo 2018, n. 5256, http://www. rivistafamilia.it, consultazione del 24 luglio 2019.

3 La tutela è uno strumento surrogatorio per l’esercizio della responsabilità genitoriale, mancante od impedita, e si realizza attraverso l’attività di una persona, il tutore, che esercita funzioni di rappresentanza legale, amministrazione e cura della persona.

4 Cass. civ., 6 marzo 2018, n. 5256/2018, nota di M. laBriola, http://www. rivistafamilia.it, consultato il 24 luglio 2019.

5 Corte Cass., n. 9100/2019: “Tanto il Tribunale per i Minorenni, su ricorso ex art. 330 e 333 c.c. proveniente dal p.m., quanto la Corte d’Appello, su reclamo dei genitori, dichiaravano questi ultimi decaduti dalla responsabilità genitoriale sui due figli minori, nominando tutore provvisorio il Servizio Sociale affidatario dei minori, disponendo il collocamento della prole presso idonea famiglia. Avverso il provvedimento ablativo della responsabilità genitoriale, i due genitori ricorrevano in Cassazione eccependo la nullità del procedimento di primo grado stante la violazione dell’art. 336 ultimo comma c.c. che impone l’assistenza tecnica a favore dei genitori e dei minori. In particolare, davanti al Tribunale per i Minorenni né i genitori né il minore erano assistiti da un difensore; mentre avanti la Corte d’Appello, in sede di reclamo, solo i genitori si erano costituiti a mezzo di un difensore, ma nessuno era intervenuto per i minori. Provvedimento ablativo della responsabilità genitoriale. In via preliminare, la Suprema Corte ammette il ricorso in Cassazione avverso il provvedimento ablativo della responsabilità genitoriale avendo tale decreto forza di giudicato rebus sic stantibus. I Giudici di legittimità, per quel che riguarda il procedimento di primo grado, rilevano che in quell’epoca i genitori avevano anche la rappresentanza dei minori, non essendo segnalato o accertato un conflitto di interessi con la conseguenza che l’assenza di difesa tecnica per tutto il nucleo familiare rientra in una scelta dei genitori di non partecipare formalmente al giudizio mediante la costituzione a mezzo di difensore. Circa il secondo grado, invece, i genitori erano assistiti da un difensore e al minore, in assenza di conflitto di interessi, era stato nominato un tutore. La garanzia del Pubblico Ministero. La Corte di Cassazione chiarisce che la partecipazione del p.m. nel procedimento ha assolto al compito di garantire il superiore interesse della prole e, pertanto, non sussiste alcuna violazione al diritto di difesa. La differenza con la normativa sull’adozione. Se l’art. 10, comma 2, legge n. 184/1983 prevede espressamente un invito ai genitori e ai parenti entro il quarto grado di nominare un difensore, con l’informativa che in mancanza si procederà alla nomina di un difensore d’ufficio, l’art. 336 c.c. in tema di provvedimenti de potestate non contempla alcuna di tali previsioni con l’effetto che la difesa tecnica, in queste seconde ipotesi, è solo eventuale e rimessa alla libera scelta delle parti, senza alcuna imposizione della difesa d’ufficio”, www.dirittoegiuìstizia.it.

6 Istituzione dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza.

7 Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, Protocollo Generale, n.

0001765/2019 del 29 luglio 2019, https://www.garanteinfanzia.org.

8 “Non è forse probabile che tutte queste trasformazioni sociali abbiano pesantemente a che fare con quel tipo di malessere dei figli, che si esprime attraverso l’accelerazione dei loro comportamenti e la difficoltà a rispondere alle richieste performative? Una specie di intolleranza nei confronti di quella rete di coercizioni e regole continuamente poste e negate, moltiplicate ed inutili che fanno semplicemente da sfondo alla vita normale dei figli di oggi?”; S. BenZoni, Figli fragili, Bari-Roma, 2017, 18.

9 Centro Nazionale di Documentazione ed Analisi sull’Infanzia e l’Adolescenza (1997), in particolare V.3, V.7: “Bisogna identificare diversi modelli di ‘programmi strutturati’ per intervenire sulle e nelle famiglie ‘problematiche’, rinforzandone le ‘abilità sociali’: interventi strategici sull’unità familiare, mediazione familiare, programmi di orientamento nella vita di coppia, programmi sulla comunicazione coniugale, programmi sulla depressione, programmi sulla struttura familiare”.

10 M. BouChard (a cura di), Quando un bambino viene allontanato. Diritti del bambino, diritti degli altri, Milano, 2007.

11 L. 4 maggio 1983 n. 184, così modificata dalla l. 149/2001, Diritto del minore ad una famiglia.

12 e. ToMaSelli, Giustizia e ingiustizia minorile. Tra profonde certezze e ragionevoli dubbi, Milano, 2015, 32; vedi anche Cass. civ. sez. I, 23 aprile 2019, n. 11171, Giustizia Civile Massimario, 2019.

13 Art. 8 l. 184/1983, così modificata alla l. 149/2001, Diritto del minore ad una famiglia.

14 Cass., sez. I, civ., ord., 17 maggio 2019, n. 13409: “L’art. 8 Cedu pone a carico dello Stato delle obbligazioni di carattere positivo, relative al rispetto effettivo della vita familiare stabilendo, secondo un ordine valoriale e logico di accertamento da osservarsi dai giudici nazionali che, nel caso in cui l’esistenza di un legame familiare sia stata accertata, deve condurre il primo a determinarsi in linea di massima in modo da permettere a questo legame di svilupparsi (Cedu 13 ottobre 2015, ric. n. 52557/14, S.H. c/Italia), provvedendo altresì a tutelare, nel più ampio contesto familiare, il vincolo tra fratelli, principio da salvaguardare per il peso da attribuirsi nella vita del minore al rapporto con i fratelli (sentenza Cedu Pontes/Portogallo, ricorso n. 19554/09, 10 aprile 2012; arg. ex Cass. 24 marzo 1998 n. 3106 sul requisito della differenza di età tra adottandi e genitori ed il carattere recessivo dello stesso rispetto al principio affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 148 del 1992 dichiarativa della illegittimità costituzionale della l. n. 184 del 1983, art. 6, nella parte in cui non consentiva l’adozione di uno o più fratelli in stato di adottabilità quando, per il più giovane di essi, l’età di uno degli adottanti superava di oltre quarant’anni l’età dell’adottando se, dalla separazione, fosse derivato un danno grave per il minore all’esito del venir meno della comunanza di vita e di educazione)”, Diritto & Giustizia 2019, 20 maggio.

15 Scozzari e Giunta vs Italia, Sent., 13 luglio 2000, Ricorso n. 39221/98 et 41963/98, http://www.dirittiuomo.it/sentenza-13-luglio-2000, consultazione del 20 giugno 2018.

16 Art. 1 co. 3 l. 184/1983, così modificata dalla l. 149/2001, Diritto del minore ad una famiglia: “Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze, sostengono, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l’abbandono e di consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia. Essi promuovono altresì iniziative di formazione dell’opinione pubblica sull’affidamento e l’adozione e di sostegno all’attività delle comunità di tipo familiare, organizzano corsi di preparazione ed aggiornamento professionale degli operatori sociali nonché incontri di formazione e preparazione per le famiglie e le persone che intendono avere in affidamento o in adozione minori. I medesimi enti possono stipulare convenzioni con enti o associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie per la realizzazione delle attività di cui al presente comma”.

17 Cass. civ. sez. I, 26 giugno 2019, n. 17107, Diritto & Giustizia, 118, 2019, 8 con nota a. di lallo, vedi anche Cass. civ. sez. I, 8 febbraio 2019, n. 3873, Diritto & Giustizia, 2019, 11 febbraio, Cass. civ. sez. I, 22 agosto 2018, n. 20954: “La dichiarazione di adottabilità di un minore costituisce misura eccezionale, che può essere disposta solo nel superiore interesse del minore stesso, che versi in stato di abbandono, in quanto i genitori biologici non sono in grado di prestargli, in via non transitoria, le cure necessarie (la Suprema corte ha pertanto cassato la sentenza di merito che aveva pronunciato l’adottabilità di un minore alla stregua di considerazioni ritenute vaghe e generiche, e con riferimento a criticità riscontrabili, in tutto o in parte, in molte coppie genitoriali, senza però integrare lo stato di abbandono; tanto, oltretutto, alla stregua di accertamenti non più attuali e senza aver tenuto effettivamente conto della mancata assistenza prestata alla madre dalle strutture pubbliche per aiutarla nel recupero della genitorialità)”, in Foro it., 2019, 3, I, 889 con nota di G. CaSaBuri.

18 Cass. civ. sez. I, 23 gennaio 2019, n. 1887: “La valutazione della situazione di abbandono, quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilità, deve fondare il suo convincimento effettuando un riscontro attuale e concreto, basato su indagini ed approfondimenti riferiti alla situazione presente e non passata, tenendo conto dell’attuale positiva volontà di recupero del rapporto genitoriale da parte dei genitori. Trattandosi inoltre di un procedimento che riguarda i minori, il Giudice è sempre tenuto a procedere all’audizione degli stessi, ove abbiano compiuto 12 anni, anche se in giudizio di appello, o, se capaci di discernimento, anche di età inferiore. La loro audizione costituisce, infatti, una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del loro diritto fondamentale ad essere informati e ad esprimere le loro opinioni nei procedimenti che li riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del loro interesse; per dette ragioni, la loro audizione deve essere estesa all’intero giudizio di adottabilità, quindi anche al gravame, e non solo alla disciplina del primo grado”, in Diritto & Giustizia, 2019, 24 gennaio, con nota di P. Paleari.

19 Cass., sez. I civ., ord., 17 luglio 2019, n. 19154: “È irrilevante la mera espressione di volontà dei genitori di accudire il minore in seno alla famiglia di origine, rispetto all’interesse del minore stesso, in assenza di concreti riscontri in merito alla concreta attitudine della famiglia biologica ad assicurare allo stesso il miglior apporto alla formazione ed allo sviluppo della sua personalità”.

20 L. 149/2001, Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante ‘Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori’, nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile.

21 Cost.it, art. 3, art. 31 (adempimento dei compiti familiari e tutela della maternità, infanzia e adolescenza), art. 32 (il diritto alla salute come diritto fondamentale).

22 D.P.R. 616/1977, Norme sull’ordinamento regionale e sulla organizzazione della pubblica amministrazione; l. 833/1978, Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale; l. 142/1990, Ordinamento delle autonomie locali; l. 184/1983, così modificata dalla l. 149/2001; l. 328/2000, Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali; l. 285/1997, Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza; Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, rat. Italia il 27 maggio 1991, l. n. 176, artt. 2 e 9.

23 G. de MarCo, Il significato dell’intervento dei servizi e della giustizia per la protezione dei minori, in Minori e Giustizia, 1, 2005, Milano, 10: “Secondo Lamberto Sacchetti, il processo civile minorile apre coattivamente la porta di casa all’assistenza. Il processo è la forma per attuare l’intervento dei servizi, precedentemente rifiutato, è lo strumento autoritativo con cui si impone ai genitori un pati, un sopportare che altre figure esterne alla famiglia (il pubblico) entrino nel privato e gestiscano quella fetta di potestà parentale asportata dal tribunale nell’interesse del minore. Con la decisione del tribunale per i minorenni, il cerchio si chiude: servizi tribunale per i minorenni famiglia servizi”.

24 Protocollo in materia di incarichi ai Servizi Sociali presso il Tribunale di Civile di Rimini, http://www.avvocati.rimini.it, consultato 29 luglio 2019; Protocollo in materia di interventi di accompagnamento a famiglie con figli minorenni coinvolte in vicende separative giudiziali, Ferrara, http://www.cronacacomune.it/media/ uploads/allegati/44/protocollo_servizi_sociali_tribunale_asl_ordine_avvocati, consultato 29 luglio 2019; Linee guida del Tribunale di Livorno relative ai rapporti tra il tribunale e i servizi socio sanitari zona distretto area livornese, http://questionegiustizia.it/doc/linee_guida_tribunale_livorno.pdf, consultato 29 luglio 2019.

25 Cass civ., Sez. III, 16 ottobre 2015, n. 20928, www.personaedanno.it, con nota di v. MaZZoTTa.

26 Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare.

27 Nella relazione che accompagna il progetto di legge originario presentato al Senato (AS. 1209) si cita il Rapporto dell’Istituto degli Innocenti del dicembre 2012 su affidamenti familiari e collocamenti in comunità, elaborato per conto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da cui risulta che i bambini e gli adolescenti in affidamento familiare da oltre due anni, cioè oltre il termine ordinario previsto dalla legge, costituiscono la maggioranza degli accolti, ovvero circa il 60% del totale: erano il 62,2% nel 1999, il 57,5% nel 2007, e il 56% nel 2008. Lo stesso Rapporto riferisce che i bambini in affido da oltre 4 anni sono ben il 31,7% del totale (al 31 dicembre 2012).

28 C. EDU, Sent., 27 aprile 2010 n. 16318/07; sez. II, Moretti e Benedetti c. Italia; “La mancanza di motivazione della decisione del Tribunale dei minori di respingere la domanda di adozione presentata dai ricorrenti nonché il ritardo nell’esame della stessa, avvenuto solo successivamente alla dichiarazione di adottabilità del minore ed alla scelta della famiglia adottiva, viola il diritto al rispetto della vita familiare, garantito dall’art. 8 CEDU”, www.camera.it, consultato il 29 luglio 2019.

29 Sulla nullità del provvedimento se nel corso del giudizio non sono stati ascoltati gli affidatari si veda Cass., sez. I civile, sent. 15 novembre 2017, n. 27137: “Il p.m. generale deduce, con l’unico motivo di ricorso la nullità della sentenza d’appello per violazione dell’art. 5 co. 1. l. 184/83 come modificata dalla l. 173/2015, in quanto la Corte d’Appello non ha assolto all’obbligo di convocazione degli affidatari del minore, come impone la norma. [...] La corte avrebbe dovuto procedere alla convocazione degli affidatari preadottivi, essendo stata in primo grado ascoltata, peraltro, una diversa coppia di affidatari, ovvero gli affidatari provvisori individuati consensualmente dalla coppia dei genitori unitamente ai servizi sociali. [...]. Tale norma ha natura processuale e, in mancanza di una disciplina di diritto transitorio, trova immediata applicazione nei giudizi in corso [...]. Di recente questa Corte, con la sentenza n. 14167 del 7 giugno 2017 ha chiarito che la ratio della novella risiede, da un lato, nel riconoscimento del ruolo degli affidatari nello sviluppo psico-fisico del minore, specie quando si sia stabilita una relazione affettiva di media o lunga durata; dall’altro, nell’esigenza di conservare figure significative e caratterizzanti fasi decisive dello sviluppo psico-fisico del minore. Invero il ruolo degli affidatari consiste nella costruzione del contesto relazionale del minore, spesso primario, e nella conseguente conoscenza della sua indole e dei suoi comportamenti, bisogni e criticità, secondo una valutazione fondata sull’esperienza relazionale. (omissis)”, http://www.rivistafamilia.it, consultazione del 29 luglio 2019; Cass., civ., sez. I, 9 ottobre 2017, n. 23574: “Nel procedimento per la dichiarazione di adottabilità, la previsione dell’obbligatoria audizione dell’affidatario o della famiglia collocataria del minore, come introdotta, a mezzo dell’art. 2 della l. n. 173 del 2015, nell’art. 5, comma 1, della l. n. 184 del 1984, trova applicazione in tutti i giudizi pendenti al momento della sua entrata in vigore ancorché in grado di appello, trattandosi di norma di natura processuale e in difetto di una diversa disciplina transitoria contenuta nella detta legge”, www.osservatoriofamiglia.it, consultazione del 29 luglio 2019: Trib. Milano, sez. IX, 26 novembre 2015 (est. G. Buffone): “La finalità della l. n. 173/2015 è quella di preservare ‘il diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare’ sancendo, in tal direzione, anche una sorta di preferenza nel caso di procedimento adottivo, in favore delle famiglie che hanno instaurato con il fanciullo un ‘legame significativo affettivo’: solo ove sussista tale legame opera il novellato art. 5 l. n. 184/1983, mentre in caso di affidamento all’ente – quando il tribunale quindi applica una limitazione della responsabilità genitoriale ma non instaura un legame affettivo tra l’ente e il minore – il Tribunale non è tenuto alla convocazione dell’affidatario o del collocatario”, http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/16678. pdf.L’art.3aggiungeilcomma1-bisalcomma1dell’articolo25dellalegge4maggio 1983, n. 184, prevedendo l’applicazione della procedura per la dichiarazione di adottabilità anche all’ipotesi di prolungato periodo di affidamento del minore. “Il tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di adottabilità, decorso un anno dall’affidamento, sentiti i coniugi adottanti, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, il pubblico ministero, il tutore e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno, verifica che ricorrano tutte le condizioni previste dal presente capo e, senza altra formalità di procedura, provvede sull’adozione con sentenza in camera di consiglio, decidendo di fare luogo o di non fare luogo all’adozione. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all’adozione nei confronti della coppia prescelta (1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nell’ipotesi di prolungato periodo di affidamento ai sensi dell’articolo 4, comma 5-bis)”.