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Curatore speciale del minore nel processo penale

autore: A. Cerboni Bajardi

Sommario: 1. Premessa. - 2. Norme che disciplinano la rappresentanza del minore nel processo penale. - 3. Termine per la presentazione della querela. - 4. Colloqui del curatore con il minore vittima del reato. - 5. Scelta del curatore in merito alle attività riservate al minore parte offesa del reato. - 6. Costituzione di parte civile da parte dello stesso curatore speciale nominato nei giudizi relativi alle azioni de potestate o di decadenza. - 7. Nomina da parte del curatore del minore di un difensore tecnico. - 8. Compenso del curatore speciale.



1. Premessa



Il tema del curatore speciale del minore nel processo penale è connesso con tutti i comportamenti penalmente rilevanti rispetto ai quali la parte offesa è un minorenne; appare quindi doveroso un iniziale e generale cenno alla posizione della vittima del reato ed alla sua evoluzione nel diritto penale. Come noto, la storia del diritto penale, a partire dal Codice Rocco, è basata sulla centralità del reo e dell’illecito costruito su una fattispecie, nell’ambito della quale il riferimento alla vittima è di secondaria rilevanza. L’affermazione ed applicazione dei fondamentali principi liberal-garantistici, se da una parte hanno portato ad individuare il processo come luogo presidiato da garanzie specifiche, attraverso le quali accertare la condotta dell’imputato e pervenire ad una decisione di un giudice terzo ed imparziale, dall’altra parte hanno giustificato, nei secoli, la collocazione della vittima in una posizione priva di ruolo significativo nell’ambito del processo penale1 . Dopo questo lungo processo di marginalizzazione della vittima è stato però intrapreso, in tempi recenti, un percorso di umanizzazione del diritto penale ed il processo penale è stato elevato a luogo di giustizia per tutti i protagonisti; numerosi sono stati i contributi della dottrina diretti a rivedere il ruolo della persona offesa, la cui posizione è fondamentale nella determinazione del bene giuridico e nella definizione dei fatti sottesi alla fattispecie penale2 . La valorizzazione del ruolo della vittima ha trovato ampio spazio nella legislazio ne europea che, a partire dal programma di Stoccolma3 , si è di recente concretizzata nella Direttiva 2012/29/UE4 con la quale sono stati indicati agli Stati membri standard minimi comuni di tutela e protezione; tale direttiva vincola infatti gli Stati a riconoscere alla parte offesa numerose prerogative in tutto l’arco del procedimento e nella fase dell’esecuzione penitenziaria, quali i diritti a ricevere dettagliate informazioni sul proprio caso, di accedere ai servizi di assistenza, di partecipare in modo significativo nel procedimento penale, di poter contare su un sistema di garanzie nel contesto della cd. giustizia riparativa. L’art. 24 della Direttiva in esame contiene specifiche raccomandazioni riguardanti la posizione del minore nel processo penale ed afferma che gli Stati membri dovrebbero prevedere le seguenti garanzie:

a) nell’ambito delle indagini penali, tutte le audizioni del minore vittima di reato dovrebbero essere oggetto di registrazione audiovisiva e tali registrazioni dovrebbero poi essere utilizzate come prova nei procedimenti penali;

b) nell’ambito delle indagini penali e del procedimento, le autorità competenti dovrebbero nominare un rappresentante speciale per i minori vittime di reato qualora, ai sensi della legge nazionale, i titolari della responsabilità genitoriale non siano autorizzati a rappresentare il minore vittima di reato in ragione del conflitto di interesse con quest’ultimo oppure il minore non sia accompagnato o sia separato dalla famiglia;

c) i minori, vittime di reati, qualora abbiano diritto ad un avvocato, dovrebbero godere del diritto alla consulenza e rappresentanza legale, in nome proprio, nell’ambito di procedimenti in cui sussiste, o potrebbe sussistere, un conflitto di interesse con i titolari della responsabilità genitoriale. La direttiva sopra richiamata è stata recepita nell’ordinamento italiano con il Decreto legislativo del 15 dicembre 2015 n. 212, entrato in vigore il 20 gennaio 20165 , che ha modificato alcuni articoli del codice di procedura penale (artt. 90, 134, 190-bis, 351, 362, 392, 398, 498 c.p.p.), ha inserito quattro nuovi articoli (artt. 90-bis, 90-ter, 90-quater e 143-bis c.p.p.) e due norme di attuazione (att. 107-ter e 108-ter disp. att.). Tra le novità maggiormente significative vi è l’introduzione dell’art. 90-quater c.p.p. che disciplina la “condizione di vulnerabilità”, alla quale conseguono maggiori tutele processuali. Al fine di stabilire la sussistenza di tale condizione si tengono in considerazione l’età, l’eventuale infermità o deficienza psichica della vittima nonché la presenza di una situazione di dipendenza psicologica, economica ed affettiva dell’autore del reato; inoltre occorre valutare la tipologia, le modalità e le circostanze del reato, cioè se sia stato commesso con violenza sulla persona o con odio razziale o se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di tratta di esseri umani ovvero se si caratterizzi per finalità di discriminazione. Posto che il minore vittima del reato si trova certamente nella condizione di vulnerabilità, così come descritta nell’art. 90-quater c.p.p., tale posizione comporta l’adozione delle particolari cautele introdotte in sede processuale, tra le quali vanno sinteticamente ricordate:

– quelle dirette a garantire tempestive informazioni alla parte offesa sullo stato del giudizio, quali l’avvenuta scarcerazione o evasione dell’autore del reato o la formulazione della richiesta di archiviazione da parte del Pubblico Ministero anche in assenza di specifica istanza in tal senso, nel caso di reati commessi con violenza alla persona;

– quelle finalizzate a fornire informazioni anche sulle strutture sanitarie presenti nel territorio, le case famiglia, i centri antiviolenza;

– quelle che affermano specifici diritti e facoltà della parte offesa nell’ambito del processo, quali il diritto di difesa e di assistenza linguistica nonché la possibilità di accedere al patrocinio a spese dello Stato;

– quelle che introducono regole peculiari sulla prova dichiarativa del soggetto vulnerabile, quali la necessaria presenza di un esperto in psicologia o psichiatria in fase investigativa, la limitazione della ripetibilità delle precedenti dichiarazioni rese sia dagli infra-sedicenni vittime di reati sessuali che da qualunque altra persona offesa in condizione di vulnerabilità, l’applicabilità dell’incidente probatorio in tutte le ipotesi in cui sia necessario assumere la testimonianza di un soggetto particolarmente vulnerabile a prescindere dall’urgenza. In tema di rappresentanza del minore nel processo penale, il legislatore italiano non ha ritenuto di introdurre, con il decreto legislativo n. 212/2015, una nuova disciplina, consideran do quella esistente adeguata e conforme alla raccomandazioni contenute nella Direttiva 2012/29/UE; l’unica novità da tenere presente è l’introduzione del comma 2-bis all’art. 90 c.p.p., con il quale si stabilisce che il giudice debba disporre perizia nel caso in cui vi sia incertezza sulla minore età della persona offesa e che la minore età si debba presumere, ai fini dell’applicazione delle disposizioni processuali, nel caso in cui, nonostante l’indagine tecnica, permangono comunque dubbi.



2. Norme che disciplinano la rappresentanza del minore nel processo penale



Venendo quindi ad esaminare le norme che disciplinano la rappresentanza del minore nel processo penale, vanno individuati gli articoli 121 c.p., 90 e 77 c.p.p. Da tali norme si evince, innanzitutto, il principio generale per cui, rispetto alle fattispecie penali nelle quali parte offesa è un minorenne, vale il principio in base al quale la rappresentanza dei minori spetta ai genitori, i quali di regola esercitano i diritti dei figli minori vittima di reati. Quando invece manchino le persone che hanno la rappresentanza legale del minore oppure venga rilevato un conflitto di interessi tra il minore ed entrambi i genitori, per cui gli atti o i comportamenti di questi ultimi appaiono orientati in modo disfunzionale rispetto alla tutela del superiore interesse del minore e non risulti opportuno che i genitori esercitino i poteri di rappresentanza (avendo un interesse contrapposto con quello dei figli), dovrà essere nominato un curatore speciale. Le norme non stabiliscono che il curatore speciale debba essere necessariamente un avvocato, anche se nella prassi normalmente tale funzione è attribuita ad avvocati; inoltre non vengono indicati i presupposti, ricorrendo i quali, si può ritenere esistente il conflitto di interessi. Sul punto sia la dottrina che la giurisprudenza hanno concordemente affermato che le situazioni di conflitto non possono ritenersi limitate ad aspetti patrimoniali, ma potranno certamente riguardare anche questioni di contenuto non patrimoniale, considerato il principio di cui all’art. 185 c.p., per cui il reato obbliga anche al risarcimento dei danni morali6 .



Art. 121 c.p. Diritto di querela esercitata da un curatore speciale



Tale articolo stabilisce che se la persona offesa ha meno di 14 anni e non vi è chi ha la rappresentanza ovvero chi esercita tale rappresentanza si trova con la persona offesa in conflitto di interessi, il diritto di querela è esercitato dal curatore speciale. Alla nomina del curatore provvede, ai sensi dell’art. 388 c.p.p., il giudice per le indagini preliminari del luogo in cui si trova la persona offesa, su richiesta del Pubblico Ministero. Va rilevato che, rispetto al testo dell’art. 120 c.p., si pone un problema interpretativo in quanto detta norma stabilisce che il minore, il quale abbia compiuto 14 anni, ha diritto di presentare personalmente querela e che il diritto possa essere altresì esercitato dai genitori in rappresentanza del figlio. Dalla lettura delle due disposizioni sembrerebbe doversi concludere che, nel caso in cui non sussista alcun conflitto di interessi, per i minori di 14 anni la querela possa essere esercitata solo dai genitori e per i minori che hanno già compiuto 14 anni il loro diritto sia concorrente con quello dei genitori, mentre, in caso di conflitto di interessi tra genitore e figli, si possa nominare il curatore solo quando il minore non ha ancora compiuto i 14 anni. Svolgendo però una lettura sistematica anche con l’art. 77 c.p.p., cui poi si farà cenno, si può concludere che la nomina di un curatore speciale per l’esercizio del diritto di querela, in caso di conflitto di interessi tra genitori e figli, è consentita per tutti i minori di 18 anni7 .



Art. 90 c.p.p. Diritti e facoltà della persona offesa dal reato



L’articolo in esame, al secondo comma, indica un’ulteriore ipotesi di nomina del curatore speciale, laddove stabilisce che la parte offesa minore esercita le facoltà ed i diritti ad essa attribuiti a mezzo dei soggetti indicati negli artt. 120 e 121 c.p. Le posizioni soggettive favorevoli che in via generale competono all’offeso e quindi al minore nella sua veste di parte offesa (sia nella fase del procedimento che in quella del processo), anche nel caso in cui non si costituisca parte civile, sono numerose, oltre al potere di presentare querela e si possono elencare in modo riepilogativo8 :

– facoltà di presentare memorie in ogni stato del procedimento ed anche, con esclusione del giudizio di cassazione, elementi di prova;

– facoltà di informarsi sulle iscrizioni contenute nel registro delle notizie di reato ex art. 335 c.p.p.;

– diritto di ricevere l’informazione di garanzia, ai sensi dell’art. 369 c.p.p., quando si debbano compiere atti a cui i difensori hanno diritto di assistere; – facoltà di richiedere al Pubblico Ministero di promuovere incidente probatorio (art. 394 c.p.p.); – diritto di ricevere l’informazione di garanzia, ai sensi dell’art. 369 c.p.p., quando si debbano compiere atti a cui i difensori hanno diritto di assistere;

– facoltà di richiedere al Pubblico Ministero di promuovere incidente probatorio (art. 394 c.p.p.);

– diritto di ricevere avviso di fissazione dell’incidente probatorio da chiunque sia stato richiesto (art. 398, 3° co. c.p.p.) e di parteciparvi;

– diritto di nominare un difensore che ne avrà l’assistenza, potrà presentare memorie e richieste scritte al Pubblico Ministero e svolgere attività investigativa ai sensi dell’art. 327-bis c.p.p.;

– diritto di essere avvisato e facoltà di nominare un consulente di parte, ai sensi dell’art. 360 c.p.p., nel caso in cui si debbano svolgere atti che non possono essere differiti;

– facoltà di chiedere al Pubblico Ministero di promuovere l’incidente probatorio secondo, quanto disposto dall’art. 94 c.p.p. nonché diritto di essere avvisato del compimento dell’incidente probatorio e di parteciparvi nominando un difensore o anche personalmente, nel caso in cui abbia ad oggetto l’esame di un testimone o di altra persona;

– facoltà di opporsi all’archiviazione della notizia di reato ex art. 410 c.p.p.;

– facoltà di presentare ricorso per cassazione, nel caso di mancato avviso alla parte offesa dell’udienza camerale fissata in seguito all’opposizione alla richiesta di archiviazione (art. 409 c.p.p.);

– facoltà di sollecitare il Pubblico Ministero a richiedere la revoca della sentenza di non luogo a procedere, ai sensi dell’art. 435 c.p.p.;

– facoltà di presentare ricorso per cassazione avverso la sentenza di non luogo a procedere pronunciata nell’udienza preliminare, della quale non abbia ricevuto avviso (art. 428 c.p.p.);

– diritto di ricevere la notifica del decreto che dispone il giudizio e dei decreti che fissano giudizio immediato, giudizio abbreviato e giudizio direttissimo;

– facoltà di chiedere che, nella fase dibattimentale, si proceda a porte chiuse per l’assunzione delle prove che possano pregiudicare la riservatezza;

– facoltà di presentare al Pubblico Ministero richiesta motivata di impugnazione (art. 572 c.p.p.). Indicati sinteticamente i diritti e le facoltà della parte offesa e quindi del minore parte offesa, occorre valutare come vada inteso il rinvio contenuto nell’art. 90, 2° co. c.p. agli articoli 120 e 121 c.p. Anche in questo caso si pone lo stesso problema interpretativo sopra indicato, per cui si potrebbe ritenere che solo i genitori e solo il curatore speciale già nominato al minore, che non ha ancora compiuto 14 anni, possano esercitare i diritti del minore stesso nella sua veste di parte offesa. In realtà, tenuto conto anche dell’art. 77 c.p.p., l’art. 90, 2° co. c.p.p. va inteso nel senso che sarà sempre possibile la nomina di un curatore speciale nel momento in cui, durante il processo, il minore si trovi in conflitto di interessi con i propri genitori. In tale ultimo caso tutte le posizioni soggettive sopra elencate spetteranno al curatore.



Art. 77 c.p.p.



Passando alla terza ipotesi in cui è prevista la nomina di un curatore speciale del minore e posto che l’azione civile può essere esercitata nel processo penale dalla persona alla quale il reato ha recato danno (art. 74 c.p.p.), l’art. 77 c.p.p. stabilisce che le persone prive del libero esercizio dei diritti non possono costituirsi parte civile se non sono rappresentate nelle forme prescritte per l’esercizio delle azioni civili. Per la costituzione di parte civile è quindi indispensabile la capacità processuale e tale capacità manca ai minori, i quali potranno costituirsi solo mediante rappresentanti, che di regola sono i genitori. Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o vi sono ragioni di urgenza ovvero vi è conflitto di interessi tra il danneggiato e chi lo rappresenta, il Pubblico Ministero può chiedere al Giudice per le indagini preliminari di nominare un curatore speciale (art. 77, 2° co. c.p.p.). Nei casi di assoluta urgenza è anche previsto che sia lo stesso Pubblico Ministero ad esercitare l’azione civile nell’interesse dell’incapace danneggiato dal reato finché subentri colui che al quale spetta la rappresentanza o l’assistenza dell’incapace (art. 77, 4° co. c.p.p.). Alla nomina provvede il Giudice per le indagini preliminari, come detto, o il Giudice che procede, assunte le opportune informazioni e sentite se possibile le persone interessate (art. 77, 3° co. c.p.p.).



Il curatore speciale nominato, quale rappresentante del minore, svolgerà la sua attività nella fase processuale, cioè quando il Pubblico Ministero avrà scelto di esercitare l’azione penale e verrà fissata l’udienza preliminare o l’udienza dibattimentale; nell’ambito di tali udienze e nel rispetto dei termini e delle forme di legge, il curatore si potrà costituire parte civile. In relazione alla disciplina esaminata possono essere individuati alcuni aspetti problematici o maggiormente significativi.



3. Termine che il curatore deve rispettare per la presentazione della querela



In relazione a tale primo aspetto, va richiamata l’espressa previsione normativa di cui all’art. 388, 1° co. c.p.p., con la quale si prevede che il termine per la presentazione della querela per il curatore decorre dalla data di comunicazione della nomina.



4. Colloqui del curatore con il minore vittima del reato



Interessante questione da approfondire riguarda la possibilità o meno per il curatore speciale di avere colloqui con il minore; a tale riguardo occorre comprendere se la norma deontologica di cui all’art. 56 Nuovo codice deontologico forense, che vieta all’avvocato di avere colloqui con il minore, si estenda anche alle ipotesi in cui l’avvocato si trovi a svolgere il ruolo di curatore speciale di minore. Dalla lettura della previsione risulta chiaro che il divieto non riguarda l’avvocato nel suo ruolo di curatore speciale, in quanto la descritta disciplina presuppone che il legale abbia ricevuto incarico, con procura ad litem, da uno dei due genitori e non abbia quindi alcun obbligo di rappresentanza nei confronti del minore9 . Si può quindi affermare che il colloquio con il minore è un’attività da compiere, non obbligatoria, ma certamente possibile ed opportuna, facendola preferibilmente precedere da preliminari approfondimenti, quali:

– assunzione di tutte le possibili informazioni sulla situazione del minore,

– esame degli atti del processo penale per il quale il curatore speciale è nominato e, se possibile, di eventuale giudizio pendente avanti il Tribunale per i Minorenni,

– svolgimento di colloqui con terzi in qualche modo a conoscenza della situazione del minore, privi del ruolo di testimoni nel processo penale, come ad esempio assistenti sociali se intervenuti nel nucleo familiare del minore. Per quanto riguarda le forme e modalità del colloquio del curatore speciale con il minore, non vi sono norme specifiche, per cui si ritiene che il curatore possa scegliere modalità diverse a seconda delle peculiarità del caso specifico e dell’età del minore, dal semplice colloquio in un contesto ludico, sino al colloquio più ampio adottando modalità ispirate comunque alla prudenza ed evitando possibilmente domande dirette rispetto al reato. Occorrerà in ogni caso tener presente che le scelte del curatore dovrebbero avere una certa coerenza rispetto alle iniziative processuali in corso o per le quali la nomina del curatore viene effettuata. Ad esempio, nel caso in cui nel processo penale fosse disposto l’ascolto del minore in sede di incidente probatorio da parte del Giudice, il curatore dovrebbe adottare la massima cautela, evitando colloqui che possano interferire con tale delicata attività processuale.



5. Scelta del curatore in merito alle attività riservate al minore parte offesa del reato

a) Scelta di non presentare querela



Altro quesito di un certo rilevo è se il curatore speciale abbia una sua autonomia di scelta o se dalla nomina da parte del Giudice per lo svolgimento di una certa attività, come appunto la presentazione della querela, ne discenda l’obbligo di compierla. Sul punto non risultano recenti pronunce da parte della giurisprudenza né diffuse indicazioni dottrinali, ma si può affermare che il curatore speciale non abbia il dovere di presentare querela e sia semplicemente titolare di una facoltà, come risulta dal tenore letterale dall’art. 121 c.p.10. Certamente la scelta di non presentare querela dovrebbe essere particolarmente motivata, tenendo conto del punto di vista del minore e comunque preferibilmente condivisa con il Pubblico Ministero e con eventuali altri professionisti incaricati (quali assistenti sociali o psicologi), in quanto ciò comporterebbe la esclusione, sin dall’origine del processo penale, di uno strumento diretto a manifestare al Pubblico Ministero la volontà di procedere contro chi ha commesso il fatto e dal quale dipende la perseguibilità di determinati fatti criminosi.



b) Eventuale scelta del curatore speciale di non svolgere le attività riservate al minore parte offesa del reato o di non costituirsi parte civile



In relazione a tale tema, si ritiene che il curatore speciale non possa in alcun modo sottrarsi rispetto alle attività rappresentate da semplici comunicazioni o notifiche; per quelle invece che richiedono una valutazione ed una scelta, le norme non precisano se il curatore abbia o meno l’obbligo di svolgerle, come già sopra esposto. Con riferimento alle attività che si collocano nella fase procedimentale, essendo connesse a facoltà, non può ritenersi ravvisabile l’obbligo per il curatore di esercitarle; si rileva peraltro che, nel caso in cui la decisione sia quella di non svolgere un certo adempimento o di non presentare una determinata richiesta, sarà doveroso per il curatore individuare ragioni specifiche, riferite al reale interesse del minore, esponendole anche al Pubblico Ministero o al Giudice. Per quanto riguarda la costituzione di parte civile nella fase dibattimentale, facendo riferimento anche alle norme civili sulla rappresentanza, si può concludere che la nomina non obblighi il curatore a costituirsi parte civile, ma gli attribuisca una semplice facoltà. Il curatore potrebbe in effetti ritenere che la costituzione di parte civile non rappresenti la vera tutela del minore o addirittura sia contraria all’interesse del minore.



6. Costituzione di parte civile da parte dello stesso curatore speciale nominato nei giudizi relativi alle azioni cd. de potestate o di decadenza



Altra questione da considerare è se possa costituirsi parte civile lo stesso curatore speciale nominato dal Tribunale per i Minorenni o dal Tribunale civile ordinario nell’ambito dei giudizi cd. de potestate oppure in quelli per la decadenza dalla responsabilità genitoriale. Sul punto va ricordata una recente pronuncia della Suprema Corte11, con la quale è stata ribadita la posizione già in precedenza espressa, per cui la nomina del curatore speciale, ai sensi dell’art. 336 c.c. e 78 c.p.p., non attribuisce a questi la rappresentanza generale del minore, ma solo la legittimazione processuale per i giudizi che sorgono in relazione all’atto o al procedimento per il quale sia stata disposta la nomina. L’incarico di curatore speciale in sede penale è quindi distinto ed autonomo rispetto a quello ricevuto in altri giudizi, seppure riguardanti lo stesso minore e la medesima vicenda.



7. Nomina da parte del curatore del minore di un difensore tecnico



Tale argomento riveste una certa importanza per noi avvocati in quanto nella prassi, come detto, accade frequentemente che il curatore scelto sia un avvocato, per cui si pone il problema se tale soggetto possa rivestire contemporaneamente le diverse funzioni di difensore della parte offesa o di procuratore speciale per la costituzione di parte civile e se quindi, in sostanza, il curatore speciale debba necessariamente nominare, quale difensore tecnico, altro avvocato oppure possa stare in giudizio senza il ministero di altro difensore. Sul punto si possono individuare due posizioni. La prima è stata espressa in pronunce giurisprudenziali, non troppo recenti12, che escludono la possibilità della costituzione di parte civile da parte del curatore speciale (avvocato) con procura rilasciata sé stesso ed evidenziano la necessità che, al contrario, il medesimo debba a sua volta nominare un difensore di fiducia al quale conferire procura; secondo tale orientamento giurisprudenziale occorre distinguere tra:

– legittimatio ad causam, da intendersi quale presupposto della costituzione di parte civile, consistendo nella titolarità del diritto sostanziale connesso al bene giuridico protetto dalla norma penale. La legittimatio ad causam è disciplinata dall’art. 74 c.p.p. in base al quale l’azione civile può essere esercitata dal soggetto al quale il reato ha recato un danno patrimoniale o morale (art. 185 c.p.) ovvero dai suoi successori universali nei confronti dell’imputato o del responsabile civile; – legittimatio ad processum o capacità processuale, cioè capacità di stare in giudizio, in mancanza della quale il ti tolare del diritto leso deve essere rappresentato o assistito nelle forme prescritte per l’azione civile. A tal riguardo gli articoli 76 e 77 c.p.p. prevedono che l’azione civile nel processo penale possa essere esercitata, mediante la costituzione di parte civile, da parte di chi ha il libero esercizio dei diritti; – rappresentanza processuale, in base alla quale la parte civile non può difendersi da sola, ma deve intervenire in giudizio con il ministero del difensore munito di procura speciale, ai sensi dell’art. 100 c.p.p., apposta in calce o a margine della dichiarazione di costituzione di parte civile. Coerenti con tali pronunce vanno segnalate altre che, sottolineando la necessità per cui le parti private debbano stare in giudizio con il ministero di un difensore che le rappresenti e le assista in virtù di specifica procura, escludono l’applicabilità dell’art. 86 c.p.c. nel sistema penale13: una volta esercitata l’azione civile nel processo penale, alla rappresentanza della persona offesa è applicabile solo la disciplina del codice di procedura penale14. La seconda posizione è stata sostenuta inizialmente da numerosi avvocati esperti del settore ed è stata approfondita in scritti ed articoli reperibili in particolare nella collana Persone e danno, Cendon15. Si basa sul principio per cui il curatore non diviene, in virtù della nomina, titolare dei diritti del minore né si identifica in questi a differenza del genitore o del tutore, che si immedesimano organicamente con il minore e ne esprimono la legittimatio ad causam; egli è rappresentante speciale e necessario per il solo tempo del processo, in quanto presente un conflitto di interessi tra rappresentato legale (minore) e rappresentante legale (genitore). Per quanto riguarda la nomina del difensore della parte civile, è stato evidenziato che, seppure l’art. 100 c.p.p. preveda tale nomina come necessaria, nessuna norma impone la presenza di due persone diverse che rappresentino il curatore speciale ed il suo difensore, ben potendo ipotizzarsi che il curatore speciale agisca anche quale difensore conferendo procura a sé stesso, laddove tale procura rispetti i requisiti formali indicati dagli artt. 100 e 122 c.p.p. In effetti, posto che l’imputato e le altre parti private sono portatori di interessi diversi e che a tale diversità corrisponde una notevole differenziazione della difesa tecnica, ne consegue che la costituzione di parte civile è disciplinata anche dalle norme previste per la costituzione delle parti nel processo civile e quindi anche dall’art. 86 c.p.c. che prevede la possibilità dell’autodifesa. Altro argomento a sostegno di tale posizione è quello per cui la procura speciale rappresenta un mandato la cui disciplina va individuata nelle regole generali e sostanziali di natura civilistica, per cui il rappresentante ben può agire anche nell’interesse proprio, come appunto il curatore speciale che eserciti personalmente la difesa perché abilitato. La descritta lettura delle norme in tema di costituzione di parte civile è stata confermata da recente sentenza della Corte di Cassazione16, con la quale è stato affermato che l’art. 86 c.p.c. si applica anche nel processo penale; in effetti l’art. 77 c.p.p. non deroga, ma anzi conferma l’applicabilità, all’azione civile esercitata nel processo penale, delle norme sulla rappresentanza ed assistenza dettate dal codice di procedura civile.



8. Compenso del curatore speciale



In merito a tale ultimo aspetto, va detto che non esiste una norma che prevede il compenso per il curatore speciale del minore nel caso in cui, dovendo svolgere un’attività per la quale non è richiesta l’obbligatoria difesa tecnica, non proceda alla nomina di un avvocato. Nell’ipotesi in cui il curatore debba invece svolgere un’attività o esprimere una scelta che richiedono l’assistenza di un difensore, potrà ricorrere all’istituto del patrocinio a spese dello Stato. Sulla base dell’art. 98 c.p.p. del d.P.R. n. 115/2002 è previsto, infatti, che la persona offesa dal reato e il danneggiato che intenda costituirsi parte civile possano chiedere al Giudice di essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato. Va peraltro osservato che, se dovesse applicarsi la interpretazione di chi ritiene che il curatore non possa nominare se stesso quale difensore della parte offesa o non possa costituirsi parte civile personalmente, si dovrebbe concludere che solo l’Avvocato nominato quale difensore della parte offesa o della parte civile potrebbe chiedere di essere ammesso al gratuito patrocinio, mentre il curatore si limiterebbe a svolgere un’attività volontaria e gratuita; laddove invece si dovesse accedere all’altra soluzione, confermata dalla più recente giurisprudenza, sarebbe lo stesso curatore che potrebbe, nella veste di legale, chiedere di essere ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato. È noto che il presupposto per l’ammissione a tale beneficio, oltre alla non manifesta infondatezza delle proprie ragioni, è il godimento di un reddito non superiore ad € 11.493,82. Diventa quindi di notevole importanza la verifica del reddito da prendere in considerazione, tanto più che il curatore, nel sottoscrivere la relativa istanza, dovrà rilasciare una dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste. È evidente la rilevante responsabilità del curatore nel momento in cui predispone la richiesta di patrocinio a spese dello Stato, alla luce del fatto che la eventuale falsa attestazione della sussistenza o del mantenimento delle condizioni di reddito integra gli estremi del reato previsto dall’art. 125 del testo unico delle spese di giustizia (d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115). L’art. 76 d.P.R. n. 115/2002 prevede che ai fini della determinazione dei limiti del reddito entro i quali è consentita l’ammissione al gratuito patrocinio, si devono sommare i redditi conseguiti da ogni componente la famiglia, compreso l’istante.

Chiaramente non va considerato il reddito personale del curatore speciale, il quale dovrà innanzitutto verificare se il minore ha un proprio reddito, assumendo informazioni dai genitori o dagli affidatari. Non si terranno inoltre in considerazione i redditi dei genitori, in quanto la nomina del curatore speciale presuppone un conflitto di interessi tra il minore ed i medesimi e l’art. 76, 4° co. Testo Unico stabilisce che si deve tener conto solo del reddito personale nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi. Occorre a questo punto chiedersi se, nel caso in cui il minore sia affidato ad altra famiglia o ad una struttura di accoglienza o anche ai nonni, si debbano considerare i redditi di questi ultimi. A tale proposito va sottolineato che il menzionato art. 76 pone la nozione di nucleo familiare ai fini fiscali e non anagrafici, per cui va verificato come si debba intendere tale concetto. Sul punto la prevalente giurisprudenza ha chiarito che non rileva la convivenza anagrafica, ma la stabile convivenza da cui deriva una situazione di assistenza continua; da ciò consegue che va considerato solo il reddito del nucleo familiare di fatto. Una normativa a cui fare riferimento per ricavare alcuni criteri diretti a determinare i componenti del nucleo familiare di fatto, cioè quello rilevante dal punto di vista fiscale, potrebbe essere il d.P.R. 5 dicembre 2013 n. 159 relativo al cosiddetto modello ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), che contiene anche la disciplina della condizione del minore in affidamento. L’art. 3 definisce il nucleo familiare ai fini fiscali ed afferma che “il figlio minore di anni 18 fa parte del nucleo familiare del genitore con il quale convive. Il minore che si trovi in affidamento preadottivo fa parte del nucleo familiare dell’affidatario, ancorché risulti nella famiglia anagrafica del genitore. Il minore in affidamento temporaneo ai sensi dell’articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, è considerato nucleo familiare a sé stante, fatta salva la facoltà del genitore affidatario di considerarlo parte del proprio nucleo familiare. Il minore in affidamento, collocato presso comunità, è considerato nucleo familiare a sé stante”. Sulla base di tali criteri si può ritenere che, nel caso di affidamento del minore ai nonni o ad altra famiglia, si dovrà tener conto del loro reddito, solo nel caso si tratti di affidamento preadottivo; se tale reddito supera i limiti di legge, il curatore non avrà la possibilità di presentare domanda di ammissione al gratuito patrocinio e dovrà rivolgersi, per i costi della difesa, agli affidatari o ai nonni del minore. Nel caso invece di affidamento temporaneo, non dovranno esser considerati i redditi della famiglia o dei nonni affidatari, per cui il curatore potrà presentare la domanda, precisando che il minore è considerato nucleo a sé stante; stessa soluzione si potrà seguire nel caso di minore collocato presso una comunità.

NOTE

1 F. del veCChio, Diritto penale contemporaneo 11 aprile 2016, La nuova fisionomia della vittima del reato dopo l’adeguamento dell’Italia alla direttiva 2012/29/UE.

2 A. PaGliaro, Tutela della vittima nel sistema penale delle garanzie, in Riv. it. dir. pen. proc., 2010, 1, 41 ss.; G. ConSo, Sintesi conclusiva: dalle vittime di reato alle vittime dei diritti violati, Atti del Convegno Lincei n. 175, Roma, 2001, 144.

3 Un’Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini 2010/c 115/01-G.U.U.E. C-115 del 4 maggio 2010.

4 Direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime del reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI.

5 Decreto legislativo 15 dicembre 2015 n. 212 attuazione della Direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 in Gazzetta Ufficiale del 5 gennaio 2016.

6 In dottrina si vedano G. doSi, L’avvocato del minore nei procedimenti civili e penali, Torino, 2005; e C.A. Moro, Manuale di diritto minorile, Bologna, 1998. In giurisprudenza si veda Cass. 12 febbraio 1970 in Giust. civ., 1971, III, 410.

7 Si veda sul punto G. doSi, L’avvocato del minore, cit., 435 ss.

8 Si veda sul punto G. ConSo, V. Grevi, M. BarGiS, Compendio di procedura

penale, Padova, 1993; e C.A. Moro, Manuale di diritto minorile, cit., 512.

9 Codice Deontologico Forense, Gazzetta Ufficiale n. 86 del 13 aprile 2018, in vigore dal 12 giugno 2018: “Art. 56. Ascolto del minore L’avvocato non può procedere all’ascolto di una persona minore di età senza il consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale, sempre che non sussista conflitto di interessi con gli stessi. 2. L’avvocato del genitore, nelle controversie in materia familiare o minorile, deve astenersi da ogni forma di colloquio e contatto con i figli minori sulle circostanze oggetto delle stesse. 3. L’avvocato difensore nel procedimento penale, per conferire con persona minore, assumere informazioni dalla stessa o richiederle dichiarazioni scritte, deve invitare formalmente gli esercenti la responsabilità genitoriale, con indicazione della facoltà di intervenire all’atto, fatto salvo l’obbligo della presenza dell’esperto nei casi previsti dalla legge e in ogni caso in cui il minore sia persona offesa dal reato. 4. La violazione dei doveri e divieti di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno”.

10 Si veda Cass. pen. 12 febbraio 1970 n. 327.

11 Cass. pen. sez. III 6 luglio 2017 n. 41608, Cass. sez. III n. 7889 del 28 marzo 2107, Cass. Sez. Unite n. 5073 del 16 ottobre 1985.

12 Si vedano sentenze Cass. pen. sez. III n. 35187 del 25 giugno 2009 e n. 2603 del 8 ottobre 2015.

13 Art. 86 c.p.c. Difesa personale: la parte o la persona che la rappresenta o assiste, quando ha la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, può stare in giudizio senza il ministero di altro difensore.

14 Cass. Sez. III n. 39078 del 9 aprile 2013, Tribunale di Milano sez. I del 19 dicembre 2005, ordinanza GUP Tribunale di Nola del 2 dicembre 2005.

15 C. evanGeliSTi FronZaroli, Quando il curatore speciale del minore vittima del reato è un avvocato: facoltà e poteri, in Persona e danno, 1 settembre 2006.

16 Cass. pen. sez. V n. 13819 del 31 gennaio 2018.