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L’adozione da parte di persone singole (Nota a Tribunale per i Minorenni di Venezia, 8 giugno 2018),

autore: V. Cianciolo

Sommario: 1. L’adozione da parte del single. - 2. Il caso all’esame del Tribunale per i minorenni di Venezia. - 3. La giurisprudenza. - 4. Quali prospettive per il futuro? - 5. Conclusioni.



Si ringrazia il Prof. Bruno Barel per la segnalazione del provvedimento



1. L’adozione da parte del single L’art. 6 della legge 184 indica i requisiti necessari per adottare un minore. Il primo di essi si identifica nell’esistenza di una coppia matrimoniale e nella stabilità della stessa. L’adozione legittimante, di cui alla legge 184 e successive modifiche, è pertanto consentita in Italia solo ad una coppia. Il nostro Paese ha ratificato, con la legge 22 maggio 1974, n. 357, la Convenzione europea in materia di adozione dei minori, firmata a Strasburgo il 24 aprile 19671 e, quindi, ha riconosciuto la possibilità di adozione da parte di persone singole, che la stessa contemplava. La giurisprudenza, tuttavia, ha ritenuto che la Convenzione non abbia introdotto direttamente nel nostro ordinamento tale possibilità, ma abbia unicamente rivolto un invito in tal senso agli Stati aderenti. Lo Stato italiano avrebbe accolto tale invito ammettendo l’adozione da parte dei single unicamente in situazioni particolari, disciplinate dall’art. 44 della relativa legge che consente un’adozione semi-piena. Alla stregua della disciplina vigente, l’adozione legittimante da parte di una persona singola è configurabile solo nel caso in cui uno dei coniugi muoia o divenga incapace (art. 25, 4° co., l. 184/83) ovvero intervenga separazione fra i coniugi affidatari (art. 25, 5° co., l. 184/83) nel corso di affidamento preadottivo: in tali casi, l’adozione può essere disposta anche nei confronti di uno solo dei coniugi, ma solo in quanto ciò serva a realizzare l’interesse del minore (in caso di separazione fra i coniugi affidatari e di successiva domanda di adozione, il tribunale, nell’esercizio del suo dovere di vigilanza, deve riconsiderare l’idoneità del richiedente (come single) e, ove non la ravvisi, rigettare, nell’interesse del minore, la richiesta ex art. 25, 5° co., revocando l’affidamento e adottando i provvedimenti temporanei art. 23, 6°co. Si tratta di ipotesi circoscritte e non generalizzabili. Al single è consentita la c.d. adozione mite prevista dall’art. 44 lett. d) della l. 184/83, ossia, quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo. In tal caso, non è previsto alcun limite massimo di differenza di età, ma il minore adottato non viene equiparato ad un figlio legittimo della coppia adottante (come avviene, invece nei casi di adozione ordinaria ex artt. 6 e ss. l. 184/1983) in quanto persiste nell’adottato il rapporto di filiazione con la famiglia di origine la quale, però, non ha più la potestà genitoriale sul minore. Questa parziale “apertura” dell’ordinamento italiano a legislazioni molto diverse, si giustifica con il fatto che, nella specie, si tratta di un’adozione che lascia sussistere il legame con la famiglia d’origine, e che crea un legame, aggiuntivo e non sostitutivo del rapporto con la famiglia d’origine2 . Nel caso invece, dell’adozione piena, si deve necessariamente applicare il diritto italiano, che tuttavia, preclude questa forma da adozione ad una persona single, se non nei casi limitati previsti dalla l. n. 184/1983, ossia: – in caso di morte, incapacità o separazione sopravvenuta da parte di uno dei coniugi nella fase di affidamento preadottivo (art. 25, l. 4 maggio 1983, n. 184); – in caso di vincolo di parentela o altro rapporto stabile del minore orfano di entrambi i genitori, a condizione che il rapporto stabile preesista alla morte dei genitori (art. 44, lett. a), l. 4 maggio 1983, n. 184); – ed infine, in caso di impossibilità dell’affidamento preadottivo a causa dell’età o di handicap fisico o psichico (art. 44, lett. c), l. 4 maggio 1983, n. 184). Sebbene i giudici di merito abbiano manifestato, all’indomani dell’emanazione della nuova legge, una certa titubanza nel riconoscere efficacia ad un provvedimento di adozione dichiarato nei confronti di una donna non coniugata ed abbiano cercato una soluzione, rivolgendosi alle ipotesi ex art. 44 lett. c) della legge 184/19833 , la Suprema Corte segue una linea pressoché univoca nel negare efficacia al provvedimento straniero indirizzato ad un adottante single4 . Tra gli strumenti internazionali, la Conv. Strasburgo 24 aprile 1967, (art. 6) e la Conv. L’Aja 29 maggio 1993 riconoscono invece, la possibilità di adottare anche alla persona single5 . Quest’ultima Convenzione, nel riconoscere i diritti del minore e nell’affermare che le adozioni devono essere compiute nel “suo superiore interesse”, ha inteso realizzare un sistema di cooperazione tra gli Stati, teso ad impedire che i bambini possano essere oggetto di mercato e possano essere sottratti o venduti ed è volto ad assicurare il reciproco riconoscimento delle adozioni realizzate secondo i principi concordemente affermati. Seguendo l’elaborazione giurisprudenziale maturata in Italia dopo la Convenzione di Strasburgo del 24/4/19676 , la legge 31 dicembre 1998, n. 476 continua a discostarsi dal principio, riconosciuto anche dalla Convenzione dell’Aja del 1993, secondo cui l’adozione può essere compiuta da un singolo. L’applicazione di esso, per l’ordinamento nazionale, è stata ritenuta meramente facoltativa. In conseguenza di ciò, l’art. 29-bis della legge stabilisce che la dichiarazione di disponibilità ad accogliere un minore può essere presentata solo dalle persone residenti in Italia, che si trovino nelle condizioni prescritte dall’art. 6, vale a dire siano una coppia di coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto.



2. Il caso all’esame del Tribunale per i minorenni di Venezia



Un problema oggetto di dibattito riguarda la questione se debbano considerarsi contrarie all’ordine pubblico le disposizioni della legge straniera che consentono l’adozione in ipotesi non ammesse dall’ordinamento italiano, quali, ad esempio, una differenza di età tra adottante ed adottato difforme da quella prevista dal nostro ordinamento, l’adozione da parte dei singoli e da parte delle coppie conviventi. Queste ipotesi rilevano sia con riferimento all’applicabilità del diritto straniero richiamato, sia con riferimento al riconoscimento di provvedimenti stranieri. Il Provvedimento del Tribunale per i minorenni di Venezia sopra riportato, riconosce efficace in Italia una sentenza di adozione emessa in Kenya, su istanza di una cittadina italiana là residente, nei riguardi di un minore. Il Giudice italiano conferma gli effetti e la qualità di “adozione piena” attribuiti nell’ordinamento di provenienza e ne dispone la trascrizione nei registri dello stato civile, sebbene l’adottante sia una “persona singola”, status non contemplato dalla legge italiana ai fini della adozione piena, secondo quanto prevede l’art 6 della l. 4 maggio 1983, n. 184. Quale il percorso motivazionale seguito dal Tribunale veneziano? Nell’ordinamento italiano la materia dell’adozione internazionale è regolata dagli artt. da 29 a 43 della legge 4 maggio 1983, n. 184 come modificata dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476, in attuazione della Convenzione dell’Aja del 29 maggio 1993 in materia di adozione internazionale, che prevedono situazioni distinte per le adozioni estere pronunciate da paesi che hanno aderito alla Convenzione e da paesi che non vi hanno aderito, né hanno stipulato accordi bilaterali (come il Kenya)7 ; in particolare, con riferimento ad adozioni pronunciate in Stati non aderenti, l’art. 36, 4°comma della legge 4 maggio 1993, n. 184 (nel testo sostituito ad opera dell’art. 3 della legge 31 dicembre 1998, n. 476) prevede che l’adozione pronunciata all’estero su istanza di cittadini italiani che dimostrino, al momento della pronuncia, di aver soggiornato continuativamente nel Paese straniero e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia con provvedimento del Tribunale per i minorenni, purché conforme ai principi della Convenzione. Dalla formulazione dell’art. 36, co. 4 che fa una generica indicazione ai “cittadini italiani” e non parla più di “coniugi”, potrebbe evincersi una ipotesi di adozione che presenti come requisiti oggettivi, per l’adottante, unicamente quelli relativi al soggiorno ed alla residenza nel Paese straniero dell’autorità che ha pronunciato il provvedimento, rimettendo alla normativa di tale paese straniero, la considerazione degli altri requisiti. In tale prospettiva, l’adozione pronunciata dall’autorità di uno Stato che riconosca la legittimazione ad adottare anche ai singoli nei confronti di un cittadino italiano che possa provare il biennio di soggiorno e la residenza nello Stato straniero in questione, dovrebbe essere riconosciuta nell’ordinamento italiano con provvedimento del tribunale per i minori. Il provvedimento veneziano richiama la sentenza della Corte di Cassazione n. 3572 del 14 febbraio 2011 che ha ritenuto che la norma citata non abbia introdotto alcuna deroga al principio generale enunciato nell’art. 35, 3° co. della legge n. 184 del 1983, secondo il quale la trascrizione nei registri dello stato civile italiano dell’adozione di un minore pronunciata all’estero con effetti legittimanti, non può avere mai luogo ove “contraria ai principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori”, tra i quali, secondo la Corte, vi è quello secondo cui l’adozione legittimante è consentita solo “a coniugi uniti in matrimonio”, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 184 del 1983, “fermo restando che il legislatore nazionale, coerentemente con il disposto dell’art. 6 della Convenzione europea in materia di adozione di minori, firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967 e ratificata dall’Italia con la legge 22 maggio 1974, n. 357, ben potrebbe provvedere, nel concorso di particolari circostanze, ad un ampliamento dell’ambito di ammissibilità dell’adozione legittimante di minore da parte di una singola persona”. Non vi è alcuna violazione dell’ordine pubblico internazionale.

Non vi è alcuna violazione dei principi regolativi del diritto di famiglia e dei minori e del superiore interesse del minore, secondo quanto dispone l’art. 24 della Convenzione dell’Aja e l’art. 35, co. 4, l. adoz. D’altro canto, quale sarebbe la ragione per cui un bambino che secondo la sua legge non ha più una famiglia di origine ed è figlio legittimo dell’adottante, in Italia non dovrebbe poter ottenere il riconoscimento del suo status, ma solo un’adozione “minore” che non gli attribuisce lo stato legittimo e non lo inserisce a pieno titolo nella famiglia dell’adottante. L’interesse del bambino infatti chiaramente ci dice che per lui sarebbe preferibile l’adozione piena: non c’è nessuna famiglia di origine da salvaguardare. L’adottante è la sua sola famiglia. Quale potrebbe essere dunque, il “principio regolativo del diritto di famiglia e dei minori”: quello per cui l’adozione è riconosciuta solo a favore di una coppia di coniugi o quello per cui il bambino ha diritto alla piena tutela delle sue relazioni familiari?



3. La giurisprudenza



Dopo il caso Di Lazzaro degli anni ’90, la nostra giurisprudenza ha escluso che potesse essere pronunciata in Italia l’adozione legittimante a favore di una persona singola8 . L’adozione di un minore da parte di un “single” pronunziata all’estero non può essere riconosciuta con effetti pieni, anziché con quella dell’adozione particolare ex art. 44, l. n. 184/1983, secondo il principio in base al quale l’adozione piena è consentita solo a coniugi uniti in matrimonio, nell’interesse del minore stesso9 . Il primo segnale è venuto dalla Consulta che con un’ordinanza del 200510 è giunta ad affermare l’ammissibilità dell’adozione internazionale negli stessi casi in cui è ammessa l’adozione nazionale (quindi tanto nell’ipotesi di adozione da parte di una coppia quanto nell’ipotesi di adozione nei casi particolari da parte di un single). La fattispecie sulla quale la Consulta veniva chiamata a pronunziarsi riguardava una donna italiana non coniugata che chiedeva l’adozione di una bambina di nazionalità bielorussa in stato di abbandono nel suo paese di origine, bisognosa di cure mediche tempestive, con la quale aveva instaurato nel tempo un rapporto consolidato di convivenza ed affetto. Nella fattispecie il Giudice delle leggi giungeva a tale conclusione osservando che: “dalla normativa vigente non è evincibile il divieto del rilascio del certificato di idoneità all’adozione di stranieri in casi particolari, con la conseguenza che tale rilascio deve ritenersi consentito ogni qualvolta sussistano le condizioni di cui all’art. 44; che tale idoneità è finalizzata ai casi particolari di adozione – secondo l’ordinamento italiano – descritti dall’art. 44 e che, in fase di dichiarazione di efficacia del provvedimento straniero di adozione, deve essere compiuta la valutazione dei presupposti dell’adozione in casi particolari, come regolati dal titolo IV, capo I, della legge n. 184 del 1983; che questa interpretazione, costituzionalmente corretta, riconduce ad unità il sistema, consentendo di ritenere ammissibile l’adozione internazionale negli stessi casi in cui è ammessa l’adozione nazionale legittimante o in casi particolari; che, pertanto, la questione è manifestamente infondata, in quanto è erronea l’interpretazione del sistema normativo sulla cui base essa è stata sollevata (v. sentenza n. 301 del 2000; ordinanze n. 388 del 2002; n. 369 del 2000)”11. Una sentenza della Corte di Cassazione del 200612 nel rigettare la richiesta di una cittadina italiana di origini rumene di ottenere il riconoscimento della sentenza di adozione emessa da un tribunale rumeno, ha peraltro sollecitato il legislatore a rivedere la normativa italiana sull’adozione nel senso di provvedere “nel concorso di particolari circostanze, tipizzate dalla legge o rimesse di volta in volta al prudente apprezzamento del giudice”, a un ampliamento dell’ambito di ammissibilità dell’adozione di minore da parte di una persona singola, anche qualificandola con gli effetti dell’adozione legittimante, “ove tale soluzione sia giudicata più conveniente all’interesse del minore”. Ma se Atene piange, Sparta non ride. La Corte europea dei diritti dell’uomo nel 2007, si è pronunciata in merito all’adozione da parte dei single, condannando il Lussemburgo per violazione degli artt. 8 e 14 CEDU. Nel caso di specie la signora Wagner13 aveva ottenuto in Perù l’adozione piena di una bambina di tre anni. Rientrata in Lussemburgo chiede il riconoscimento dell’adozione peruviana. I giudici respingono la domanda di adozione piena e concedono l’adozione semplice poiché essendo l’adottante di nazionalità lussemburghese e sulla base delle norme interne di conflitto, si deve applicare la legge del Lussemburgo che vieta l’adozione piena da parte del singolo. Anche il ricorso alla Corte costituzionale non ha successo. La Corte di Strasburgo ha affermato che in tal modo sia stata commessa una violazione dell’art. 8 della CEDU che garantisce il rispetto della vita familiare. Secondo la Corte, tra adottante e adottato con l’adozione peruviana, si è costituito un legame familiare protetto dall’art. 8 e dunque, lo status legalmente costituito all’estero e corrispondente a una vita familiare di fatto esistente non può essere ragionevolmente misconosciuto dallo Stato nazionale dell’adottante poiché costituirebbe un’interferenza ingiustificata nella vita familiare, alla luce del “best interest child”. Il margine di discrezionalità degli stati è infatti ridotto quando si è raggiunto un ampio consenso tra gli Stati del Consiglio d’Europa; ed è un dato di fatto che nella maggior parte dei 46 Stati, con poche eccezioni tra cui l’Italia, l’adozione da parte di persona singola è ammessa14. La Corte, per quanto non possa sostituirsi nel giudizio alle competenti autorità dello Stato, ritiene tuttavia che il rifiuto di riconoscimento non tenga conto della effettiva realtà sociale, che sia irragionevole il mancato riconoscimento di uno status legalmente costituito all’estero e il rapporto familiare di fatto esistente tra la madre e il figlio. D’altra parte, i rapporti con la famiglia d’origine sono stati cancellati dalla pronuncia di adozione e se questi non vengono ricostituiti con la nuova famiglia, il minore si trova sprovvisto di tutela, che non è rimediata dalla disponibilità di un’adozione semplice. Questo determina anche una ingiustificata discriminazione ai sensi dell’art. 14 CEDU. Ed è questo poi, il ragionamento di fondo adottato dal Tribunale per i minorenni di Venezia che qui si commenta. Nella specie, il Lussemburgo aveva riconosciuto un provvedimento straniero di adozione a favore di un single, negando però ogni effetto di adozione piena: in questo modo, erano stati interrotti i legami familiari già esistenti tra adottando e adottante15. Solo recentemente la giurisprudenza si sta timidamente aprendo verso un formale riconoscimento delle adozioni legittimanti nei riguardi dei singles. Il Tribunale per i Minorenni di Genova ha stabilito lo stesso principio sposato dal provvedimento veneziano in commento: “A norma dell’art. 36, comma 4, l. 4 maggio 1983, n. 184, l’adozione internazionale pronunciata in favore di una persona singola (single) di cittadinanza italiana dalla competente autorità giurisdizionale di un Paese straniero ove questa ha risieduto e soggiornato continuativamente per almeno due anni non è in contrasto con i principi della Convenzione dell’Aja del 29 maggio 1993 in materia di adozione internazionale, e può quindi essere riconosciuta ‘ad ogni effetto’ in Italia come adozione piena (c.d. adozione legittimante). L’art. 35, comma 3, l. n. 184/1983, nel prevedere che la trascrizione nei registri dello stato civile dell’adozione pronunciata all’estero non può essere disposta se contraria ai principi fondamentali che regolano nello Stato italiano il diritto di famiglia e dei minori, deve essere interpretato tenendosi conto del principio della continuità transnazionale degli status familiari e dell’assoluta preminenza dell’interesse del minore”16. Sebbene la giurisprudenza, solo negli ultimi anni si sia spinta verso una soluzione più liberista e più aderente al principio del best interest child, così come consacrato nelle Convenzioni e come accade anche in altri Paesi europei, rimane il fatto che l’ampliamento dell’ambito di ammissibilità dell’adozione di minore da parte del single è un’operazione di esclusiva spettanza del legislatore, ove tale soluzione sia giudicata più conveniente nell’interesse del minore, e non può essere effettuata dal giudice17.



4. Quali prospettive per il futuro?



In data 7 maggio 2008, in occasione della 118a sessione del comitato dei ministri del consiglio d’Europa, è stata adottata la convenzione in materia di adozione di bambini che costituisce frutto dell’aggiornamento della Convenzione del 1967, e che estende esplicitamente la possibilità di adottare anche ai single e alle coppie eterosessuali non coniugate. Tra le modifiche introdotte è prevista altresì l’apertura dell’adozione alle coppie dello stesso sesso, che siano registrate o semplicemente conviventi; anche su questo però la Convenzione non sarà prescrittiva, ragion per cui per le coppie di fatto e omosessuali si tratta di una “raccomandazione” che lascia i singoli Stati liberi di decidere sulla sua applicazione o meno. L’obiettivo della revisione del testo precedente è, con tutta evidenza, quello di cercare di armonizzare le leggi nazionali degli stati membri, dando delle regole minime per l’adozione: per questo motivo gli standard previsti dalla nuova Convenzione vanno oltre quelli del 1967 e vogliono andare incontro alle nuove esigenze culturali e sociali in armonia con la giurisprudenza della Corte Europea per i diritti umani. Questi i punti più innovativi in materia di adozione, in attesa della definizione delle linee guida:

– l’età dei genitori adottivi è abbassata a 30 anni;

– è sempre richiesto il consenso all’adozione del minore da parte del padre (nella versione precedente questo consenso era richiesto solo da parte del padre sposato, quindi solo per figli nati all’interno di un matrimonio);

– è necessario il consenso del minore, se questi è in grado di esprimerlo: il minore ha il diritto di essere ascoltato nel processo che decide del suo status legale e i suoi desideri devono essere presi in considerazione;

– mentre la convenzione del 1967 limita l’adozione alle coppie eterosessuali sposate, obiettivo della revisione della Convenzione è quello di consentire l’adozione ai single e alle coppie eterosessuali non sposate ma registrate presso un registro delle unioni civili, là dove questa istituzione è riconosciuta dalle leggi nazionali;

– consentire agli Stati che lo desiderano di estendere le adozioni alle coppie dello stesso sesso sposate o registrate, così come alle coppie omosessuali che vivono insieme in una convivenza stabile;

– infine la Convenzione sottolinea il diritto del minore adottato a conoscere le proprie origini: questo diritto però va accordato con il diritto dei genitori biologici di rimanere anonimi. La Convenzione, aperta alla firma in data 27 novembre 2008, impone obbligatoriamente agli Stati membri di conformare le proprie legislazioni a quanto in essa stabilito. Per la sua entrata in vigore sono necessarie tre ratifiche. Ad oggi risultano essere depositate solo diciotto firme18 e sono intervenute tre ratifiche che hanno consentito l’entrata in vigore della Convenzione il 1 settembre 2011. Quale la grande novità della Convenzione? La prima, nel solco della vigente disciplina convenzionale, è che si preveda che la legge di ogni Stato parte contraente, possa prevedere che l’adozione sia permessa:

1) a coppie eterosessuali (coniugate o solo “registrate” presso un registro delle unioni civili là dove l’istituto sia previsto dalla legislazione statale);

2) a singoli. La seconda è che si consente agli Stati che lo desiderano, di estendere le adozioni alle coppie dello stesso sesso (sposate o registrate), così come alle coppie omosessuali che vivono insieme in una convivenza stabile. Ebbene, se è vero che è su questa norma che si misura la profondità della “revisione” dei principi in materia rispetto a quelli cui s’ispira la ancora vigente convenzione del 1967, altrettanto vero è però, che la nuova norma convenzionale resta pur sempre priva di diretta applicabilità. Dinanzi all’insorgere di una pluralità di modelli familiari che si affermano nella realtà sociale, occorre che anche il nostro Paese ne prenda atto, cosa che pare non aver fatto non essendo fra i firmatari della Convenzione, così come evidenzia il vicesegretario del Consiglio d’Europa, che è stata altrettanto esplicita sull’obbligatorietà, per gli Stati firmatari di recepire tale indicazione: “Quello dei single è un diritto pieno e gli Stati saranno obbligati a modificare la loro legge. Bisogna tener conto dei cambiamenti che si sono verificati all’interno della società”19.



5. Conclusioni



L’art. 21, Conv. New York prevede che nell’adozione si debba assicurare “il miglior interesse” del minore. E, per la verità, il richiamo a tale disposizione risulta particolarmente opportuno in considerazione del fatto che la Corte costituzionale in una sentenza del 199420 ha precisato che i princìpi costituzionali di cui agli artt. 3, 29 e 30 non ostano a una modifica legislativa che, conformemente all’opzione ammessa dall’art. 6, par. 1, Conv. Strasburgo 24 aprile 1967, accordi “nel concorso di speciali circostanze” l’adozione a una persona singola, a condizione che tale soluzione adottiva risulti, in concreto, quella “più conveniente all’interesse del minore”. Superata dunque la censura d’incostituzionalità di qualunque norma interna conforme all’art. 6, par. 1, Conv. Strasburgo 24 aprile 1967, rimane da dire che questa è una norma la quale autorizza il legislatore, se lo riterrà adeguato, ad estendere l’ambito di ammissibilità dell’adozione di un minore da parte di un solo adottante, rivedendo la disciplina dell’adozione nel senso di consentire, anche a persone non coniugate o separate, l’adozione quando ricorrano “circostanze favorevoli e risulti al tribunale la particolare idoneità del richiedente all’educazione e all’istruzione del minore nel suo peculiare interesse”. Di certo, però, se la modifica legislativa dovesse prevedere soluzioni di adozione che, in concreto, risultino più convenienti all’interesse del minore, sembra preferibile affidarsi piuttosto che a ipotesi legislative “rigidamente predeterminate” a una soluzione legislativa che possa privilegiare caso per caso il “prudente apprezzamento del giudice”. Dunque, benché le Corti indichino entrambe le soluzioni, il riferimento alla valutazione “in concreto”, secondo l’interesse del minore, della soluzione che si prospetta, rende per l’appunto preferibile una modifica legislativa che lasci al giudice un “ampio margine di valutazione”. È quanto potrebbe valere a scongiurare il rischio di scelte che propendono per l’interesse dell’adulto più che per quello del bambino.

NOTE

1 La Convenzione, sin dal 1967, prevedeva l’adozione da parte di single. Con la modifica approvata il 7 maggio 2008, essa ha esteso la possibilità di adozione alle coppie non matrimoniali, legate da forme di registrazione riconosciute dalla legge.

2 P. MenGozzi, La riforma del diritto internazionale privato italiano: la legge 31 maggio 1995, n. 218, Napoli, 2000, 180.

3 Così Trib. Trieste 9 luglio 1984, in Giust. civ., I, 897 ss.

4 Cass. n. 9444/1991, in Foro it., I, 1992.

5 La l. 31 dicembre 1998, n. 476, pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 8 del

12 gennaio 1999 deriva dall’unificazione di cinque progetti di legge e rendendo esecutiva in Italia la Convenzione stipulata all’Aja del 29 maggio 1993, modifica le norme previste dalla legge 184/83 per le adozioni internazionali.

6 La giurisprudenza nazionale infatti, ha specificato che, dall’art. 6, Conv. Strasburgo 24 aprile 1967 non può farsi discendere per via interpretativa un riconoscimento generalizzato dell’adozione da parte del single nell’ordinamento italiano. La predetta norma non ha infatti natura auto-applicativa, ma si limita a prevedere la possibilità, per la legislazione di ogni Stato, di considerare ammissibile l’adozione da parte della persona singola, senza vincolare il legislatore nazionale in tal senso. Corte Cost., ord. 29 luglio 2005, n. 347: “Dalla normativa vigente non è evincibile il divieto del rilascio del certificato di idoneità all’adozione di stranieri in casi particolari, con la conseguenza che tale rilascio deve ritenersi consentito ogni qualvolta sussistano le condizioni di cui all’articolo 44 della legge n. 184 del 1983 così come modificato dalla legge n. 476 del 1998”; A. Perugia, 7 maggio 1996: “L’art. 6 della Convenzione di Strasburgo non può ritenersi norma auto-applicativa, in quanto esso si limita a consentire che la legislazione interna di ogni Stato aderente possa considerare ammissibile l’adozione da parte della persona singola, rimettendosi quindi alla discrezionalità di ogni legislatore nazionale”, in Rass. giur. umbra, 1996, 430; Trib. min. Firenze, 4 febbraio 1995: “Anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 convenzione europea di Strasburgo 24 aprile 1967, ratificata con l. 22 maggio 1974 n. 357, non è consentito al ‘single’ eccezion fatta per le ipotesi di cui agli art. 25 e 44 legge n. 184 del 1983, chiedere l’adozione di un minore, così come, del resto, affermato da C. cost. n. 183 del 16 maggio 1994: l’art. 6 della convenzione cit. non si pone in contrasto con l’art. 6 della cit. legge n. 184 del 1983 per il fatto che la convenzione prevede la possibilità che la normativa interna di ciascun Stato aderente abbia a prevedere l’adozione anche da parte di persona singola, mentre la normativa italiana vieta tale adozione fuori dei casi eccezionali di cui agli art. 25 e 44 legge n. 184 cit.; la norma di cui all’art. 6 convenzione si limita, infatti, a consentire che la legislazione interna di ciascun Stato aderente possa considerare ammissibile l’adozione da parte del ‘single’, rimettendosi in tal modo alla mera discrezionalità di ogni legislatore nazionale. L’ammissibilità in via di principio del “single” all’adozione legittimante, oltre ad accendere non infondati dubbi di legittimità costituzionale, vanificherebbe quanto previsto dall’attuale normativa in tema di limiti e differenze di età, snaturando profondamente l’istituto ‘de quo’”, in Dir. famiglia, 1995, 673; Trib. min. Perugia, 9 dicembre 1995: “L’art. 6 della Convenzione di Strasburgo non può ritenersi norma auto-applicativa, in quanto esso si limita a consentire che la legislazione interna di ogni Stato aderente possa considerare ammissibile l’adozione da parte della persona singola, rimettendosi quindi alla discrezionalità di ogni legislatore nazionale”, in Rass. giur. umbra, 1996, 42.

7 Alla Convenzione stipulata all’Aia il 29 maggio 1993 hanno aderito: Costa Rica, Messico, Romania, Brasile, Colombia, Uruguay, Israele, Olanda, Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Finlandia, Burkina Faso, Equador, Sri Lanka, Perù, Cipro, Svizzera, Spagna, Francia, Lussemburgo, Polonia, Filippine, Italia, Norvegia, Irlanda, Svezia, Salvador, Venezuela, Danimarca, Germania e Bielorussia.

8 V. Corte cost. n. 183/1994 che ha escluso che l’art. 6 della Convenzione di Strasburgo sull’adozione dei minori del 1967 sia norma auto-applicativa. E v. Cass. civ. 21 luglio 1995, n. 7950, in Giur. it., 1997, I, 1, 697.

9 Cass. civ. Sez. I, 14 febbraio 2011, n. 3572: “L’adozione di un minore da parte di un ‘single’ pronunziata all’estero non può essere riconosciuta con effetti legittimanti, anziché con quella dell’adozione particolare ex art. 44, legge n. 184/1983, secondo il principio ‘conformatore’ in base al quale l’adozione legittimante è consentita solo a coniugi uniti in matrimonio, nell’interesse del minore stesso”, in Fam. pers. succ. on line, 2011.

10 Corte Cost. ordinanza 29 luglio 2005, n. 347, in www.cortecostituzionale.it.

11 Segue il principio adottato dalla Consulta, un provvedimento del 2006 della Corte d’Appello di Roma: “Il provvedimento straniero di adozione a favore di persona singola avente la cittadinanza italiana, deve invece essere dichiarato efficace in Italia quando ricorrono in concreto le condizioni che avrebbero consentito di pronunciare l’adozione in casi particolari” (App. Roma, 12 gennaio 2006).

12 Cass. civ., Sez. I, 18 marzo 2006, n. 6078.

13 Wagner c. Lussemburgo, 28 giugno 2007.

14 In Francia è consentita l’adozione da parte di single. L’ordinamento fran-

cese, infatti, ammette la c.d. adoption individuelle che, soddisfatti particolari requisiti di età (30 anni la soglia richiesta dopo l’intervento legislativo del 1976 [art. 343-1 al. 1]; limite che, tuttavia, viene meno nella particolare ipotesi di adozione di figlio di un congiunto [art. 343-2]), è riconosciuta indistintamente ‘aux personnes seules, hommes ou femmes’ e produce i medesimi effetti dell’adozione par doux èpous. In caso di adozione proposta dal singolo, si instaura un rapporto unicamente fra adottato ed adottante. L’art. 343-1 al. 2 afferma che l’adottante può anche essere coniugato e non separato: in tal caso, la legge richiede il consenso dell’altro coniuge, sottolineando, tuttavia, che tale consenso non lo rende co-adoptant, né estende ad esso gli effetti dell’adozione che rimane pienamente ‘individuale’ per il coniuge che l’ha proposta (“Bien que réalisée per une personne mariée, l’adoption plénière demeure individuelle”).

15 Corte eur., Sez. I, 28 giugno 2007, n. 76240: “Viola l’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo quello Stato che non concedendo l’exequatur ad un provvedimento di adozione piena pronunciato all’estero, ma riconoscendo tale adozione come adozione non legittimante, interrompe i legami familiari di fatto già esistenti tra adottato e adottante. Ciò anche nel caso in cui l’adozione sia stata pronunciata a favore di un soggetto non coniugato”, in Fam. pers. succ., 2007, 11, 956.

16 Tribunale per i Minorenni di Genova, 8 settembre 2017 in Fam. dir., 2018, 2, 149, nota di F. peSCe.

17 Cass. civ., Sez. I, 18 marzo 2006, n. 6078.

18 L’Italia non è tra i firmatari. L’elenco dei firmatari è disponibile al seguente indirizzo: https://www.coe.int/it/web/conventions/full-list/-/conventions/treaty/202/signatures?p_auth=V6VIsFOD.

19 Maud De Boer Buqicchio, www.coe.it.

20 C. Cost., 16 maggio 1994, n. 183.