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L’adozione dei bambini arcobaleno e l’ordine pubblico internazionale. Tanto tuonò che piovve! (nota a Cass. Civ., Sez. Un., 8 maggio 2019 n. 12193)

autore: V. Cianciolo

Sommario: 1. I problemi sottesi alle tecniche di procreazione assistita. - 2. Quale approccio con la gestazione per altri? - 3. La gestazione per altri. - 4. “Baby C.” Il primo caso al mondo di maternità surrogata. - 5. I primi casi in Italia. - 6. Il primo caso italiano in tema di trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero. - 7. La l. 31 maggio 1995, n. 218 e il riconoscimento automatico delle sentenze straniere. - 8. Il primo caso italiano in tema di trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero. - 9. Trascrizione di un atto di nascita ottenuto all’estero attraverso la gestazione per altri e adozione piena. La Francia dice sì. - 10. Mancata trascrizione degli atti di nascita esteri: violazione dell’art. 8 Conv. eur. dir. uomo? Il parere reso dalla Grande Chambre, 10 aprile 2019. - 11. La tenuta del concetto di ordine pubblico internazionale e la trascrizione degli atti di nascita formati all’estero. - 12. Il riconoscimento dello status di figlio acquisito all’estero a seguito di GPA. - 13. Il caso sottoposto alle Sezioni Unite. - 14. La soluzione prospettata



Mi è sempre sembrato che ogni concepimento sia immacolato, che in questo dogma riguardante la Madonna si esprima l’idea universale della maternità. Boris Leonidovic Pasternak, Diario del dottor Zivago



1. I problemi sottesi alle tecniche di procreazione assistita



Nietzsche diceva che tutto nella donna è un enigma e tutto nella donna ha una soluzione. Che si chiama gravidanza. Se la maternità è un dato visibile, è anche vero che l’uomo ha impiegato un certo tempo a rendersi conto che anche lui aveva una parte nella generazione. La “paternità” resta tangenziale, un dato esclusivo. Essere padre suggerisce il fornire gli spermatozoi che fecondano l’uovo. Essere madre implica una presenza continua, protratta per almeno nove mesi, e poi per anni. Alla maternità si giunge prima attraverso un rito di passaggio di grande intensità fisica e psichica – gravidanza e parto – e in seguito, con l’apprendimento delle cure necessarie al bambino, che non si conoscono per istinto. E dunque, la circostanza che le funzioni tradizionalmente svolte da una sola donna possano essere adempiute da soggetti diversi, la madre genetica che mette a disposizione l’ovocita e la madre gestante che accoglie l’embrione, scalfisce una certezza che parte dalla notte dei tempi. Quello della derivazione materna. Il concepimento è diventato una pratica trasversale che va al di là dei sessi, dei generi e delle età: non è una provocazione sebbene il significato sia molto forte, ma stiamo entrando in un’era in cui a dettare legge non è la natura, ma la scienza. E così, la donna non è più il solo essere concepito per concepire. Nel libro Storia naturale del concepimento1 la genetista inglese Aarathi Prasad prefigura il futuro della riproduzione in cui le donne potranno riprodursi senza portare l’embrione in grembo per nove mesi e soprattutto, senza dover ricorrere agli spermatozoi maschili per la fecondazione. L’utero artificiale esterno, a cui una ricercatrice del Centro di medicina riproduttiva della Cornell University di New York, sta lavorando da oltre 10 anni e la creazione di ovuli e spermatozoi artificiali, che potrebbero anche liberarci dalle pesanti eredità genetiche causa di diverse malattie. Sono solo alcune soluzioni, ovviamente, riservate soltanto a chi sarà interessato (e a chi potrà permetterselo), afferma la Prasad, perplessa dinanzi all’incredulità dell’opinione pubblica di fronte ai progressi scientifici a cui stiamo assistendo: “È divertente quando sento le persone che definiscono ‘naturali’ certe cose e altre no. Ma naturali in che senso e rispetto a cosa? Noi esseri umani pensiamo di essere al culmine della nostra evoluzione. Ma la verità è un’altra: siamo ancora in fase di adattamento”. Il punto è quale adattamento, se la natura non è più custode dei limiti biologici. I concetti tradizionalmente unitari di maternità e paternità hanno subito una declino: oggi si possono avere una madre e/o un padre “giuridici”, se fra i due e il figlio sia sorto uno iuris vinculum; “biologici”, se lei ha partorito il figlio ovvero lui ha fecondato la madre a seguito di un rapporto sessuale; “genetici”, se è stato l’ovulo di lei ad essere fecondato o il seme di lui a fecondare; “sociali”, qualora lei o lui abbia o eserciti di fatto la responsabilità genitoriale sul figlio. Il tema è particolarmente delicato, perché le tecniche di riproduzione medicalmente assistita hanno posto alcuni interrogativi su cui l’essere umano non si era mai trovato a riflettere e per i quali, dunque, difetta di strumenti. Inizia ad essere forte il convincimento che il parto finisca per perdere la sua funzione rivelatrice rappresentando l’evento terminale di una complessa sequenza. È vero che la coscienza morale e sociale non può permettere la commercializzazione di una funzione così elevata e delicata come la maternità, comportando ciò una gravissima lesione della dignità della persona amata, ma tale affermazione può essere messa in dubbio quando il consenso all’utilizzazione dell’utero sia determinato, da ragioni di solidarietà e concesso per spirito di liberalità. I quesiti che coinvolgono il tema della maternità surrogata possono in linea di massima essere circoscritti a queste domande: l’accordo che ha ad oggetto la gestazione per altri, lede in sé la dignità e la libertà della madre gestante e più in generale della donna? È percorribile un ragionamento all’interno del quale vi possa essere una distinzione tra accordo oneroso ed accordo gratuito e, all’interno dell’accordo oneroso, può distinguersi tra situazioni di sfruttamento della condizione economica della madre gestante e situazioni in cui questo aspetto non si riscontra? Di fronte ai nuovi modi del procreare attraverso la PMA, è scaturito un effetto moltiplicativo delle figure genitoriali dinanzi ai quali l’ordinamento vigente inizia a dare segnali d’instabilità e d’incertezza e la gestazione per altri ne è la riprova. Se fino a qualche anno fa, gli ordinamenti erano contrari in modo compatto alla surrogazione di maternità, oggi la spinta a rimuovere tale divieto è più determinata, specialmente perché si coniuga con la “rivendicazione” del diritto al matrimonio omosessuale. Ridisegnando i confini della nuova maternità, si riscrive un capitolo importante del diritto di famiglia. Le questioni che pone la maternità surrogata sono aperti e difficilmente risolvibili, visto che sono in gioco interessi e valori contraddittori: da un lato, il dramma di chi non riesce o non può avere figli, dall’altro il rischio della strumentalizzazione del corpo delle donne e la tutela del “best interest child”.



2. Quale approccio con la gestazione per altri?



Il divieto di maternità surrogata vige in diversi Paesi Europei fra i quali, Francia, Italia, Spagna e Germania. Il veto opera solo relativamente alla conclusione dell’accordo all’interno dei paesi in questione, ma non regola il profilo, di decisiva importanza, relativo alla legittimità degli status genitoriali e filiali formati all’estero – in paesi dove questa tecnica procreativa è consentita e regolata positivamente – all’interno di paesi ove è proibita, come in Italia. In altri Paesi, come l’Ucraina, l’India e il Regno Unito viene invece, disciplinato in modo preciso il contenuto dell’accordo negoziale, in forza del quale viene eseguito l’intervento, con conseguenziale formazione dell’atto di nascita, in favore della madre committente. L’approccio “altruistico” o “etico” è proposto come una strada per superare i problemi etici sollevati da entrambi gli approcci, quello di sfruttamento e quello commerciale. Le madri surrogate dovrebbero non essere pagate e in alcuni casi neppure rimborsate (lo stesso metodo adottato per la donazione dell’ovulo in Italia), non dovrebbero essere in uno stato di necessità economica e dovrebbero essere tutelate nei loro diritti. All’interno dell’approccio etico, qualcuno propone un’ulteriore restrizione, ovvero di limitare il ricorso alla surrogazione soltanto entro i confini nazionali. Questa della surrogazione altruistica era, per esempio, la proposta della commissione De Sutter al Consiglio d’Europa, non approvata dalla maggioranza del Consiglio nel marzo 2016, favorevole invece a un divieto totale della maternità surrogata, in quanto in contrasto con i diritti dell’uomo e la dignità delle donne. Dopo la bocciatura da parte della maggioranza del Consiglio d’Europa della proposta di vietare la surrogazione commerciale e di regolare la c.d. “surrogazione altruistica”, Petra De Sutter ha riconosciuto l’impasse: “Mentre credo che vi sia una grande maggioranza favorevole a proibire la surrogazione per profitto, non credo più che una tale maggioranza esista sull’opportunità o meno di adottare disposizioni che consentano la surrogazione altruistica, né sull’iniziativa di incoraggiare gli Stati che consentono la surrogazione per profitto ad adottare disposizioni per regolare standard minimi al fine di proteggere da abusi sia le madri surrogate che i bambini nati dalla surrogazione”. La Commissione presieduta dalla De Sutter ha nuovamente avanzato la proposta, spostando l’attenzione dalla “surrogacy” alla tutela dei diritti dei bambini nati secondo accordi di surrogazione, argomentando che “la mancanza di uno strumento legale multilaterale sulla genitorialità nella maternità surrogata faceva crescere i rischi di abuso dei diritti dei bambini. Prima che la Conferenza di diritto privato internazionale dell’Aja (HCCH) e successivamente il Consiglio d’Europa adottassero le loro convenzioni sull’adozione, la situazione relativa alle adozioni internazionali era altrettanto sregolata della surrogazione internazionale oggi e le conseguenze sul piano della genitorialità legale erano simili. Credo perciò che l’Assemblea dovrebbe incoraggiare sia gli Stati membri del Consiglio di Europa che il Comitato dei ministri a collaborare con la Conferenza dell’Aja”. Il Consiglio di Europa, a grande maggioranza, ha respinto anche questa proposta, sentita come un’indiretta legittimazione della maternità surrogata. Ogni paese, quindi, disciplina diversamente la materia: rimane il fatto – ed è questo il punto più delicato – che anche lo status giuridico e l’appartenenza genitoriale dei bambini nati da GPA sono instabili e devono essere fatti rispettare attraverso le decisioni delle Corti nazionali ed internazionali, caso per caso, anche se fondate sulla Convenzione internazionale dei diritti dell’uomo e sul diritto dei bambini ad una loro identità e ad uno status legale e familiare.



3. La gestazione per altri



Il progresso medico-scientifico ha consentito nuovi metodi di procreazione attraverso il ricorso a soggetti estranei all’ambito familiare2 . Accanto alla fecondazione eterologa, l’altra tipologia di partecipazione di un soggetto estraneo alla procreazione, è data dalla maternità surrogata, comunemente definita surrogazione gestazionale che identifica la procedura in cui vengono impiantati nell’utero della madre surrogata uno o due embrioni, fecondati con lo spermatozoo del padre committente (o di un donatore, se il padre è sterile) e con gli ovociti della madre committente (o di una donatrice). In questo caso, quindi, la madre surrogata presta solo il proprio utero (ed è perciò, detta madre gestazionale), ma non mette a disposizione i propri ovociti. La maternità surrogata può esplicarsi in tre forme:

1) Surrogazione di utero, detta anche “utero in affitto” (si tratta di fecondazione artificiale omologa), in cui gli embrioni, fecondati con gli spermatozoi del padre committente e gli ovociti della madre committente (che è quindi, anche madre genetica/biologica), vengono impiantati nell’utero della madre surrogata, che porterà avanti la gestazione3 .

2) Surrogazione di ovocita e di utero (si tratta di fecondazione artificiale eterologa) in cui gli embrioni, fecondati con gli spermatozoi del padre committente e gli ovociti della madre surrogata, vengono impiantati nell’utero della madre surrogata stessa, la quale è nel contempo sia madre genetica/biologica che madre gestante. È di tutta evidenza che, se non esistesse un contratto a monte, il figlio sarebbe a tutti gli effetti figlio della madre surrogata.

3) Surrogazione gestazionale (si tratta di fecondazione artificiale eterologa) in cui l’ovocita viene donato da una donatrice, diversa dalla madre surrogata. In questo caso si parla di una “maternità trina”: la madre genetica/biologica (la donatrice di ovulo), la madre gestante e la madre committente. In alcuni Stati (ad esempio, Grecia, Irlanda, Regno Unito, Ucraina, Repubblica Ceca, India e Canada) è legale il rapporto giuridico sinallagmatico che si instaura da un lato, tra la madre e il padre committenti (ovvero i genitori che commissionano la generazione di un figlio sul quale eserciteranno tutte le prerogative genitoriali) e, dall’altro, la madre surrogata che, per ragioni di solidarietà (come avviene in Inghilterra) o in cambio di denaro, è disposta a farsi impiantare gli embrioni, a portare avanti la gestazione e a partorire quel bambino sul quale ha già rinunciato ad ogni diritto. In Italia questa pratica non è legale in quanto espressamente vietata dall’art. 12 co. 6 della legge 19 febbraio 2004 n. 40 che punisce con misure draconiane chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità4 . Tale prescrizione non è stata travolta dalla declaratoria d’illegittimità costituzionale parziale dell’analogo divieto di fecondazione eterologa, di cui all’art. 4, co. 3, della l. n. 40 del 2004, pronunciata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 162 del 2014, nella quale viene espressamente chiarito come la disposizione di cui all’art. 12, co. 6, della medesima legge non sia “in nessun modo e in nessun punto incisa dalla presente pronuncia, conservando quindi perdurante validità ed efficacia”5 . Con l’entrata in vigore della l. n. 40 del 2004 si palesa, quindi, chiaramente la nullità di qualsiasi accordo di surrogazione di maternità per contrarietà a norme imperative.



4. “Baby C.”.



Il primo caso al mondo di maternità surrogata Il caso “Baby C.” nel Regno Unito è stato il primo caso nel mondo di maternità surrogata, sottoposto al vaglio dei tribunali. Una coppia di coniugi nord-americana era stata indirizzata da un’agenzia, che cura negli USA questo tipo di pratiche, presso la filiale inglese la quale aveva trovato una donna disposta a farsi inseminare. Dopo il parto, però, quest’ultima si rifiutò di consegnare la bambina per il legame profondo che si era instaurato durante la gravidanza. Il conflitto tra madre genetica e madre sociale sfociò nel primo caso giudiziario. Il giudice Lately dell’High Court of Justice Family Division, al momento della nascita, permise alla coppia committente di tornare negli Stati Uniti d’America con la bambina con l’unica condizione che rimaneva alle Corti inglesi il potere di guardianship6 . Poi è stata la volta di una bambina nata nello Stato del New Jersey e che ha dato origine al caso “Baby M.”, sottoposto all’attenzione della Corte Superiore del New Jersey. Nella fattispecie, la madre committente era una donna che, a causa di una sclerosi multipla diagnosticatale, pur potendo concepire, non poteva portare a termine una gravidanza e quindi, partorire se non con gravissime conseguenze per se stessa e per il figlio. Consapevole di tutto ciò, la coppia desiderosa di avere un figlio, dopo aver invano tentato la strada dell’adozione, si era rivolta ad un centro di New York, specializzato proprio nella cura della sterilità, che le aveva prospettato come unica possibilità quella di ricorrere ad una madre surrogata, che sarebbe stata inseminata artificialmente con il seme del marito in base ad uno specifico programma. Dopo otto mesi di accurate ricerche, il centro di cura della sterilità di New York scelse, per le sue caratteristiche genetiche e per la sua ottima anamnesi, la donna destinata a portare avanti quella gravidanza e quel parto. Coniugata e madre di due bambini, la madre surrogata scelta aveva già in precedenza aderito al programma di quel centro di cura della sterilità, offrendosi come madre surrogata per un’altra coppia ed impegnandosi per iscritto, secondo il formulario predisposto dallo stesso centro, a portare a termine la gravidanza ed a consegnare il nascituro subito dopo il parto. Successivamente, tra il futuro padre biologico della bambina e la madre surrogata con suo marito, fu concluso un vero e proprio contratto, redatto per iscritto, apportando semplici modifiche al formulario predisposto dal centro di cura della sterilità. In forza di tale accordo raggiunto, la madre surrogata si impegnava, una volta fecondata artificialmente con il seme del marito della coppia sterile, in primo luogo a condurre a termine la gravidanza ed a consegnare il nascituro, subito dopo il parto, rinunziando formalmente ai propri diritti di genitrice con l’accettazione che sul certificato di nascita apparisse il nome del padre biologico. Il padre biologico, invece, si impegnava a versarle la somma di diecimila dollari ed a coprire tutte le spese mediche e di ricovero. Particolare rilievo assumeva una clausola dell’accordo che impediva alla madre surrogata di abortire senza il consenso del padre biologico, sebbene si prevedesse anche la disponibilità di entrambi per l’interruzione della gravidanza nel caso di accertate deformazioni o anomalie congenite e genetiche del feto. Dopo ben nove tentativi d’inseminazione rimasti senza esito, la madre surrogata concepì. Avvenuta la nascita della bambina, la madre surrogata manifestò ai coniugi committenti le sue difficoltà a distaccarsi dalla stessa e successivamente, si rifiutava definitivamente di consegnarla minacciando la sua intenzione di portarla con sé in un altro stato nel caso in cui la coppia sterile si fosse rivolta alla Corte. Cosa che la coppia fece, ottenendo un ordine in base al quale la bambina le veniva affidata temporaneamente. La madre surrogata si rifiutò di ottemperare all’ordinanza della Corte: dapprima, nascose la bambina, poi fuggì con il marito e la bambina presso un indirizzo sconosciuto. A causa del ricovero in ospedale della madre surrogata, la coppia in fuga fu rintracciata e la bambina fu presa sotto la protezione delle autorità della Florida che ne affidarono temporaneamente la custodia al padre biologico, ottemperando all’ordinanza della Corte del New Jersey. Dal momento che la madre surrogata non intendeva in alcun modo cedere i propri diritti sulla bambina, il padre biologico agì in giudizio per chiedere l’esecuzione in forma specifica del contratto di maternità surrogata di cui asseriva la validità e la liceità e la Corte decretò che il precedente ordine di affidamento temporaneo della bambina emesso a favore del padre biologico, diventasse definitivo, attribuendo formalmente a quest’ultimo la paternità di Baby M.; per la madre surrogata, invece, venne ordinata la decadenza dai diritti e dalle potestà di genitrice e la negazione del diritto di visita nei confronti di Baby M.7 .



6. I primi casi in Italia



Già nella seconda metà degli anni ’50, iniziava a considerarsi come “indilazionabile” la regolamentazione della materia, almeno con riferimento allo status del figlio nato con l’applicazione di siffatte tecniche8 . Tanta urgenza scaturiva soprattutto dalla asserita impossibilità di sfuggire, in mancanza di una normativa ad hoc, all’equiparazione tra figli nati da fecondazione artificiale eterologa e figli adulterini. Il Tribunale di Roma nel 19569 affrontò il caso di un marito, che dopo aver prestato assenso all’inseminazione eterologa della moglie, aveva chiesto il disconoscimento della paternità. I giudici di Roma ritennero ammissibile l’azione. In sintesi: a. rilevarono come la normativa allora vigente, basata sul presupposto che la filiazione non fosse scindibile dall’unione sessuale tra i coniugi, non avesse minimamente preso in considerazione le possibilità offerte dalla PMA e che, stabilita l’inapplicabilità della disciplina codicistica, bisognava quindi ricorrere ai principi in materia di filiazione b. ritennero operante il principio del fondamento biologico e della tutela della famiglia legittima a nulla valendo l’eventuale consenso dei coniugi, stante l’indisponibilità degli status familiari. Pertanto, ne conseguiva, l’ammissibilità del disconoscimento. Tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60, una parte della dottrina propose di rinvenire nel sistema regole adeguate alle nuove tipologie di nascita10. Alcuni saggi in argomento sottolineavano come la determinazione della paternità dei bambini nati in seguito a fecondazione assistita e, in particolare, ad inseminazione eterologa, dovesse fondarsi sul consenso prestato (dall’uomo) all’esecuzione della pratica procreativa. Seguendo tale regola, il marito, consenziente all’inseminazione eterologa, non avrebbe potuto venire contra factum proprium, non avrebbe potuto, cioè, opporsi alle conseguenze di un fatto voluto, dando rilievo, nell’esercizio dell’azione di disconoscimento di paternità, alla mancanza del normale presupposto della derivazione biologica. Il legislatore, però, non rimase inerte e, fin dalla III legislatura (1958-1963), all’indomani, dunque, delle prime sentenze in argomento, affrontò il tema con la presentazione del testo: Divieto della inseminazione artificiale e sua disciplina giuridica11; nell’arco di poco più di dieci anni seguirono altre iniziative12, accomunabili alla prima quanto a fini perseguiti, mezzi utilizzati e lacune. Si ostacolava, infatti, l’inseminazione eterologa con la previsione della sanzione penale, mentre rimaneva senza risposta il problema che più impegnava i tribunali italiani e cioè quello dello status del figlio nato, eventualmente anche in un altro Stato, con l’applicazione di tale tecnica. La giurisprudenza italiana, comunque, si è trovata ad affrontare il tema già prima dell’introduzione della l. n. 40/2004: nel 1989 è il Tribunale di Monza13 che affronta la questione della maternità surrogata. Il caso riguardava una coppia di italiani, i coniugi Valassina, che dopo esser venuti a conoscenza della pratica surrogativa diffusa in altri paesi, avevano prospettato e concluso un accordo con la signora Bedjaoui, algerina pattuendo un pagamento di 15 milioni al momento della consegna del minore, e con la contestuale rinuncia ad ogni diritto parentale nei confronti del nato. Nel corso della gestazione, tuttavia, gli accordi tra le parti degeneravano, in quanto la madre surrogata ostentava delle richieste di integrazione del corrispettivo che venivano accontentate14. Alla nascita della bambina, la donna declinava di adempiere all’obbligo di consegnare la bambina, che tra le altre cose teneva in condizioni di abbandono affettivo, malnutrizione e scarsa igiene personale, come ricatto, per ottenere un ulteriore aumento del pagamento. I coniugi adivano il giudice civile affinché venisse loro riconosciuto il rapporto di filiazione tra la piccola, chiamata Jessica, ed il padre naturale, al fine di ottenere l’affidamento previa corresponsione dell’importo pattuito alla madre surrogata e con contestuale dichiarazione dell’estinzione di ogni diritto personale di quest’ultima nei confronti della figlia. Il Tribunale di Monza affermava che la domanda non era fondata a causa della nullità del contratto posto in essere, in quanto il riconoscimento della meritevolezza degli interessi perseguiti dalla coppia committente e della madre surrogata veniva vanificato dai mezzi e dai modi impiegati, argomentando che, se anche la funzione economico-sociale del contratto potrebbe essere lecita sotto l’aspetto finalistico ove non fosse previsto un corrispettivo, dal momento che in questo caso il negozio sarebbe diretto a realizzare uno degli scopi naturali della famiglia quale è la procreazione. Ad ogni modo, il contratto in questione dovrebbe considerarsi nullo in virtù del combinato disposto degli artt. 1418, co. 2 e 1346 c.c. per mancanza nell’oggetto dei prescritti requisiti di possibilità e di liceità.



7. La l. 31 maggio 1995, n. 218 e il riconoscimento automatico delle sentenze straniere



La l. 31 maggio 1995, n. 218, “Riforma del diritto internazionale privato italiano”, con l’art. 64 ha introdotto il principio per il quale le sentenze straniere hanno in Italia riconoscimento automatico, e quindi valgono nel nostro ordinamento senza alcun preventivo controllo, e comunque intervento, ad opera del giudice italiano15. La lett. g) rappresenta probabilmente, assieme alla lett. a), uno dei punti cruciali, anche sul piano pratico, dell’art. 64: il riconoscimento è infatti, escluso qualora la sentenza straniera contenga disposizioni tali da produrre effetti contrari all’ordine pubblico. Va chiarito subito che si tratta dell’ordine pubblico c.d. “internazionale” e cioè, quello che attiene alla salvaguardia dei principi essenziali del nostro ordinamento. Però, rimane il problema di dare contenuto concreto a tale concetto. Per venire a casi più attinenti al diritto di famiglia e delle persone, è stata esclusa16 l’incompatibilità con l’ordine pubblico in una sentenza statunitense che aveva pronunciato il divorzio non preceduto da un periodo di separazione: ciò in quanto l’essenziale è che il giudice straniero avesse accertato il venir meno della comunione di vita ed affetti tra i coniugi; lo stesso è successo17 nel caso di una sentenza straniera di divorzio “per colpa di entrambi i coniugi”; nonché18 per una sentenza che aveva pronunciato lo scioglimento del matrimonio con procedure e per ragioni non identiche a quelle contemplate dalla legge italiana. In tema di adozione, sia pure con riferimento a sentenza anteriore all’entrata in vigore della l. n. 218/1995, è stata esclusa19 la contrarietà all’ordine pubblico di una adozione pronunciata in favore di una parte adottante costituita da un’unica persona fisica.



8. Il primo caso italiano in tema di trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero



In questo complicato quadro, vengono in rilievo, poi, gli interessi del figlio generato a seguito delle predette tecniche, i quali possono confliggere con quelli delle persone che hanno realizzato la fattispecie procreativa. Negli Stati ove la maternità surrogata è autorizzata, dopo la nascita del bambino e in conformità alla legislazione del luogo in cui avviene il parto, il certificato di nascita attribuisce lo status di padre e lo status di madre del neonato ai genitori committenti che assumono, pertanto, il ruolo di “genitori sociali” del bambino, indipendentemente dal legame biologico sussistente con quest’ultimo. La decisione della Corte d’Appello di Bari del febbraio 200920 consente di iniziare a guardare più da vicino il problema oggetto del presente lavoro. In quell’occasione, la Corte barese venne chiamata a pronunciarsi sulla domanda di trascrizione nei registri dello Stato civile italiano dei c.d. parental orders emessi dall’Autorità giudiziaria britannica. Nel caso di specie un cittadino inglese, coniugato con una cittadina italiana, desideroso di avere figli geneticamente suoi, aveva deciso di ricorrere alla surrogazione eterologa di maternità, stante l’impossibilità della moglie di procreare. La normativa britannica consente il ricorso a tale tecnica e così i coniugi concludevano accordi che portavano alla nascita dalla stessa donna, di due bambini che subito dopo la nascita, venivano consegnati ai coniugi in modo che potessero essere portati in Italia quali figli naturali del padre. La madre committente adiva quindi, la Croydon Family Proceedings Court chiedendo la dichiarazione di maternità, come previsto dallo Human Fertilisation and Embriology Act del 1990, ed ottenendo, rispettivamente nel 1998 e nel 2001, due parental orders. I problemi sorgono al momento della separazione dei coniugi poiché i minori risultano in Gran Bretagna ed in Italia figli di madri diverse: in Gran Bretagna, essendo divenuti definitivi i parental orders, è madre a tutti gli effetti la committente, mentre in Italia è considerata tale la surrogata, non avendo i genitori mai richiesto nel nostro paese la trascrizione dei provvedimenti stranieri. Al fine quindi, di conferire con certezza ai minori lo status di figli della committente, quest’ultima chiedeva la trascrizione – e dunque, il riconoscimento (automatico) degli effetti – dei provvedimenti resi dall’autorità britannica, ai sensi della l. 31 maggio 1995, n. 218 (“Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”), al Comune di Bari, che tuttavia negava la trascrizione di tali decisioni per diverse ragioni. In primo luogo, ad avviso del Comune, “nell’ordinamento giuridico italiano non è prevista l’attribuzione della maternità a seguito di un accordo di “surrogazione eterologa di maternità”, né è disciplinata alcuna fattispecie analoga”; inoltre, non risultava soddisfatto il requisito del passaggio in giudicato del provvedimento straniero nel luogo in cui è stato pronunciato, previsto dall’art. 64, lett. d), l. n. 218/9521. Avendo il Comune di Bari mantenuto tale posizione anche a seguito della prova del passaggio in giudicato in Gran Bretagna dei provvedimenti stranieri, la committente proponeva ricorso alla Corte d’appello di Bari ai fini dell’accertamento della sussistenza in capo alle decisioni rese in Gran Bretagna, e attributive della maternità alla sola committente, dei requisiti previsti dalla l. n. 218/95. È del tutto evidente come nel caso di specie, non si trattasse semplicemente di un adempimento anagrafico, bensì, di un’attività di trascrizione, volta a dare pubblicità alla maternità di una cittadina italiana. Il primo rilievo consiste nel fatto che, mentre l’ufficiale di stato civile aveva svolto la propria attività con riferimento alla sussistenza dei requisiti di cui all’art. 64, la parte attrice, seguendo un orientamento consolidato in giurisprudenza, aveva fatto invece riferimento all’art. 65. Se infatti, l’art. 64 rappresenta un meccanismo di riconoscimento di ordine generale, riservato in sé alle sole sentenze, valido per tutti i tipi di controversie – comprese quelle in tema di rapporti di famiglia – e presuppone il concorso di tutti i requisiti indicati in detta norma dalle lettere da a) a g), l’art. 65 l. n. 218/95 predispone, secondo l’opinione prevalente22, un meccanismo complementare più agile di riconoscimento, esteso ad ogni genere di decisione (“provvedimenti” nel linguaggio della norma) che abbia forma di sentenza, ordinanza, decreto, atto amministrativo, resa nella materia della capacità della persona, dei rapporti di famiglia o dei diritti della personalità. In tal caso, le preclusioni al riconoscimento sono ridotte alle sole ipotesi che il provvedimento non provenga dall’ordinamento competente o non esplichi effetti nel medesimo, che vi sia contrasto con l’ordine pubblico e che non siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa. Se quindi, il Comune di Bari aveva negato la trascrizione per motivi di ordine pubblico (“nell’ordinamento italiano non è prevista l’attribuzione della maternità a seguito di un “accordo eterologo di maternità”, né è disciplinata alcuna fattispecie analoga”) e per assenza del requisito relativo al passaggio in giudicato dei provvedimenti stessi, di cui alla lett. d) dell’art. 64, la Corte d’appello ha fatto riferimento indifferentemente agli artt. 64 e 65, limitando peraltro, l’esame della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento, al solo limite dell’ordine pubblico internazionale e ritenendo conformi a tale principio, i provvedimenti inglesi con i quali la maternità di due minori è stata attribuita alla madre legale e non a quella biologica. La decisione barese così ampiamente motivata, ha affermato essere non contrari all’ordine pubblico (internazionale) i provvedimenti inglesi con i quali la maternità di due minori è stata attribuita alla madre legale e non a quella biologica, a seguito di un accordo di maternità surrogata.



9. Trascrizione di un atto di nascita ottenuto all’estero attraverso la gestazione per altri e adozione piena.



La Francia dice si Sebbene la maggior parte degli Stati europei attualmente non ammetta la pratica della maternità surrogata, in diversi Paesi dell’Unione – compresi quelli che non ammettono detta pratica nel proprio ordinamento giuridico – è stata riconosciuta la possibilità, per la coppia committente, di ottenere il riconoscimento del legame di filiazione con il figlio nato all’estero mediante GPA, attraverso un procedimento di exequatur del provvedimento emanato nello Stato straniero o la semplice trascrizione dell’atto di nascita ivi redatto23. Con la sentenza n. 824 del 5 luglio 2017, in Francia la Cour de Cassation ha riconosciuto, seppur parzialmente, la trascrizione di un atto di nascita ottenuto all’estero attraverso la GPA, stabilendo che i bambini nati attraverso tale procedura all’estero, possono avere due genitori francesi legalmente riconosciuti e non il solo padre biologico, come nel caso sottoposto all’esame degli Ermellini francesi: dunque, il genitore sociale potrà vedere riconosciuto il legame di filiazione attraverso la c.d. adozione semplice. L’adozione piena interrompe la linea di filiazione fra la madre portante e il bambino in quanto produce gli stessi effetti di una filiazione biologica e quindi, sostituisce l’atto di nascita. Questi in sintesi i punti chiave stabiliti dalla cassazione francese:

a. La legge del 17 maggio 2013 che ha aperto al matrimonio fra le coppie dello stesso sesso, ha dato il permesso, attraverso l’adozione, di stabilire un legame di filiazione fra il bambino e due persone dello stesso sesso, senza alcuna limitazione sulle modalità della procreazione.

b. La sentenza del 3 luglio 2015 ha stabilito che il ricorso a una gestazione per altri all’estero, non costituisce un ostacolo alla trascrizione della filiazione paterna. Gli Ermellini francesi non hanno accolto le domande riguardanti la trascrizione presso lo stato civile di una gestazione per altri effettuata all’estero senza passare attraverso la procedura di adozione. Secondo il diritto francese, madre del bambino, è la donna che porta a termine la gestazione, mentre l’atto di nascita straniero – che non menzionerebbe la madre portante, ma soltanto i due genitori francesi – è considerato una fictio juris e come tale, non potrebbe essere trascritto24.

Ma il supremo interesse del fanciullo sembra essere un limite ormai invalicabile da parte dello Stato, al quale – nella valutazione di ordine pubblico rispetto a questioni che coinvolgono i minori – residua un margine di apprezzamento davvero molto ridotto. Infatti, anche in presenza di accordi di maternità surrogata invalidi, la tutela del minorenne impone comunque, agli organi pubblici di allocare la responsabilità genitoriale ai soggetti che – a prescindere dal contributo biologico che hanno apportato alla nascita del bambino – hanno in ogni caso e nel concreto acconsentito al ricorso ad una tecnica di PMA vietata come è, appunto, in Francia e in Italia25. L’interesse superiore del minore richiede che sia trascritto sui registri di stato civile francese l’atto di nascita regolarmente formatosi all’esterno e alla luce di tale principio, la Cassazione non ha condiviso la scelta del Tribunale di Nantes che aveva negato la trascrizione disponendo la trascrizione parziale con riguardo unicamente al padre e non alla madre. Questa scelta, secondo la Suprema Corte non è una compromissione sproporzionata all’indicato diritto garantito dalla CEDU perché il minore continua a vivere in famiglia e l’unico limite è che non ha un certificato di nascita francese.



10. Mancata trascrizione degli atti di nascita esteri: violazione dell’art. 8 Conv. eur. dir. uomo? Il parere reso dalla Grande Chambre, 10 aprile 2019



“Rifiutando di trascrivere nei registri dello stato civile il certificato di nascita di un bambino nato all’estero con una GPA, in quanto designante come ‘madre legale’ la ‘madre intenzionale’, mentre la trascrizione dell’atto ha ammesso come ‘padre intenzionale’, il padre biologico del bambino, lo Stato Parte supera il margine di discrezionalità di cui dispone a norma dell’articolo 8 della Convenzione per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali? A tale riguardo, è necessario distinguere tra se il bambino è concepito oppure non concepito con gameti della ‘madre intenzionale’? In caso di risposta positiva a una delle due domande precedenti, la possibilità per la madre intenzionale di adottare il figlio del congiunto, che costituisce di instaurare un rapporto di filiazione nei suoi confronti, soddisfa i requisiti dell’articolo 8 della Convenzione?”. Questi sono i due quesiti posti dalla Corte di Cassazione francese alla CEDU. Quesiti che hanno trovato risposta il 10 aprile 2019, nel primo parere espresso dalla Grande Chambre ex Protocollo 1626 e destinato ad avere effetti dirompenti in tutti gli ordinamenti degli Stati parti della Conv. eur. dir. uomo – Italia inclusa – che vietano la gestazione per altri e si trovano spesso di fronte ad atti di nascita stranieri indicanti i committenti come genitori.

La mancata trascrizione degli atti di nascita esteri configura sicuramente un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata e familiare, tanto più se coinvolge minori d’età. Resta però da verificare se tale ingerenza possa giustificarsi alla luce dell’appena ricordato par. 2 dell’art. 8 Conv. eur. dir. uomo. Nel valutare la legittimità della mancata trascrizione di atti di nascita esteri che imputano la maternità alla committente, la CEDU torna a confrontarsi con l’invocabilità del limite dell’ordine pubblico (internazionale) in sede di riconoscimento ed esecuzione di sentenze straniere in materia familiare (senza peraltro, affrontare questo profilo direttamente), ribadendo il principio di continuità degli status legittimamente acquisiti all’estero. La Corte nel ricordare come sia fondamentale focalizzarsi sul supremo interesse del minore, prescindendo da ogni altra circostanza, sottolinea come la mancanza di riconoscimento di una relazione di filiazione tra il bambino nato da maternità surrogata praticata all’estero e la madre intenzionale, abbia delle conseguenze negative su diversi aspetti. Da un punto di vista generale, come la Corte ha espresso nelle sentenze Mennesson e Labassee, l’assenza di riconoscimento nel diritto nazionale del legame tra il bambino e la madre intenzionale comporta delle incertezze nell’identità del bambino all’interno della società nella quale vive27. C’è il rischio che non possa avere accesso alla nazionalità della madre nelle condizioni garantite dalla filiazione, questo può complicare la sua permanenza nel territorio del paese di residenza della madre intenzionale – anche se questo rischio non esiste nel caso di specie, posto che il padre intenzionale è anche il padre biologico ed ha nazionalità francese28 – i suoi diritti di successori nei confronti di quella persona possono essere diminuiti, come pure, possono affievolirsi i suoi diritti al mantenimento della sua relazione con la madre intenzionale in caso di separazione dai genitori o morte del padre, come pure non è protetto contro il rifiuto o la rinuncia della madre intenzionale di prendersene cura. La giurisprudenza della CEDU dal suo canto, ha sempre riconosciuto un legame familiare tra i genitori sociali ed i figli nati da GPA a condizione che vi fosse patrimonio genetico di almeno uno dei due e/o una lunga convivenza29. Il best interest child non deve peraltro, necessariamente realizzarsi attraverso la trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero che indichi la madre intenzionale come madre sociale, sostiene la Grande Chambre. Il rispetto del minore alla sua vita privata può passare anche attraverso l’adozione che crea un legame di filiazione fra la madre intenzionale e il bambino: una procedura di adozione può rispondere a questa esigenza quando le sue condizioni sono adattate e le sue modalità consentono una decisione rapida, in modo da evitare che il bambino si trovi in uno stato di incertezza legale per molto tempo. Va da sé che queste condizioni devono includere, alla luce delle circostanze del caso, una valutazione da parte del giudice per il miglior interesse del bambino. Alla luce delle considerazioni svolte, la Corte all’unanimità ha affermato quanto segue: “1. il diritto al rispetto della vita privata ai sensi dell’art. 8 della Convenzione richiede che il diritto interno offra una possibilità di riconoscimento del legame di filiazione tra il bambino e la madre intenzionale designata nell’atto di nascita legalmente formato all’estero come madre legale; 2. Il diritto al rispetto della vita privata del minore ai sensi dell’art. 8 della Convenzione, non richiede che questo riconoscimento passi attraversi la trascrizione sui registri dello stato civile dell’atto di nascita formato all’estero: può attuarsi attraverso la strada dell’adozione del bambino da parte della madre intenzionale, a patto che i modi previsti dal diritto interno garantiscano l’effettività e la celerità della procedura nell’interesse superiore del minore”.



11. La tenuta del concetto di ordine pubblico internazionale e la trascrizione degli atti di nascita formati all’estero



Un decreto del Tribunale di Napoli del 201130 affronta ben prima della nota sentenza 19599 del 201631 e della sentenza 24001 del 2011, il profilo dell’ordine pubblico internazionale e la sua tenuta al cospetto della trascrizione degli atti di nascita formati all’estero. Il caso riguardava la richiesta di trascrizione ai sensi degli artt. 95 e 96 del d.P.R. n. 396/2000, da parte di un cittadino italiano (munito anche di cittadinanza americana), dei certificati di nascita di due minori, unitamente al decreto della Corte distrettuale di Boulder (Colorado), rifiutata dal Comune di Barano d’Ischia per contrarietà all’ordine pubblico. Il Tribunale aggira il problema affermando il concetto ampio di ordine pubblico, definito nel decreto “ordine pubblico ideale”, secondo il quale lo stesso va considerato nel quadro dei principi generali posti dalla comunità costruita sull’Unione europea, ma anche da quella più vasta dei Paesi aderenti alla Convenzione europea del 1950: “pertanto, l’accettazione o il rifiuto della norma straniera, rectius dei suoi effetti, avverrà sulla scorta di una valutazione di compatibilità con i valori costituzionali e con quelli condivisi con la comunità internazionale, e non già con singole norme imperative”. Per quel che riguarda la violazione della legge n. 40/2004, il provvedimento partenopeo ne da una lettura costituzionalmente orientata, alla luce della quale, poiché, “nel nostro ordinamento, il principio guida è quello della responsabilità procreativa finalizzato a proteggere il valore della tutela della prole, principio che è assicurato sia dalla procreazione naturale che da quella medicalmente assistita ove sorretta dal consenso del padre sociale”, si conclude che “l’ingresso della norma straniera, ovvero dei suoi effetti, non mette in crisi uno dei principi cardine dell’ordinamento ben potendo coesistere ed armonizzarsi il divieto di ricorrere a tecniche di feconda zione eterologa in Italia con il riconoscimento del rapporto di filiazione tra il padre sociale ed il nato a seguito di fecondazione eterologa negli Stati Uniti, anche perché questo e solo questo è l’effetto prodotto e non certo la legittimazione tout court della fecondazione eterologa”32. L’ordine pubblico internazionale è da intendersi come “complesso dei principi fondamentali caratterizzanti l’ordinamento interno in un determinato periodo storico, ma ispirati ad esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo comuni ai diversi ordinamenti e collocati a un livello sovraordinato rispetto alla legislazione ordinaria”. È questa la definizione data dell’“ordine pubblico internazionale” dalla famosa e discussa sentenza pronunciata dagli Ermellini nel settembre 2016, richiamata dalla successiva giurisprudenza sia di legittimità che di merito33, e che precisa inoltre, che “un contrasto con l’ordine pubblico non è ravvisabile per il solo fatto che la norma straniera sia difforme contenutisticamente da una o più disposizioni del diritto nazionale, perché il parametro di riferimento non è costituito (o non è costituito più) dalle norme con le quali il legislatore ordinario eserciti (o abbia esercitato) la propria discrezionalità in una determinata materia, ma dai principi fondamentali dell’ordinamento”. Il secondo principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte afferma il diritto del minore alla continuità transfrontaliera del proprio status, come formatosi nell’ordinamento di origine: l’interprete deve valutare il preminente interesse (best interest) del minore, che deve dirimere tutte le decisioni che lo riguardano. il minore ha un diritto fondamentale all’identità personale, che include la filiazione e la cittadinanza34, rispetto al quale gli Stati contraenti della CEDU godono di un margine di apprezzamento ristretto. Secondo la Cassazione, dunque, il giudice italiano deve analizzare la contrarietà all’ordine pubblico internazionale dell’atto estero, alla luce dei principi della nostra Costituzione, ma pure, tra l’altro, alla Dichiarazione ONU dei Diritti dell’Uomo, alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, ai Trattati Fondativi e alla Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea e, con particolare riferimento alla posizione del minore e al suo interesse, alla Dichiarazione ONU dei diritti del Fanciullo, alla Convenzione ONU dei Diritti del Fanciullo, alla Convenzione Europea di Strasburgo sui diritti processuali del minore35.



12. Il riconoscimento dello status di figlio acquisito all’estero a seguito di GPA



Il favor per il riconoscimento della filiazione fissata all’estero è frutto dell’aspirazione a livello internazionale ed europeo al consenso generalizzato del principio del mantenimento della stabilità delle situazioni personali, presente – con riferimento agli status personali in genere – nella legislazione italiana e dell’Unione europea. La continuità degli status è strumentale alla circolazione delle persone ed a tal fine, è funzionale il metodo automatico di riconoscimento delle sentenze o dei provvedimenti adottati all’estero che possono acquisire efficacia ex art. 65 e art. 66 legge n. 218/1995 se presentati direttamente all’ufficiale di stato civile, ai fini della registrazione. Il riconoscimento della filiazione consente una stabilità e continuità allo statuto individuale del minore: se così non fosse, non si spiegherebbe il rilievo attribuito alla condizione del fanciullo nel Patto delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici del 1966, che prevede l’obbligo di registrazione e di assicurare una cittadinanza al bambino (art. 24 par. 2 e 3), nella convenzione di New York del 1989 (specialmente par. 7 e 8), che pone l’accento sul diritto del minore a possedere una propria identità – anche sotto il profilo delle relazioni familiari – e una nazionalità, e nella Convenzione EDU, nell’interpretazione data dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo all’art. 8 par. 1, sul diritto al rispetto della vita privata e familiare, richiamata anche nella Carta dei diritti e doveri fondamentali dell’Unione europea (cfr. il preambolo, quinto cpv.)36.



13. Il caso sottoposto alle Sezioni Unite



Con ordinanza interlocutoria la Prima Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione richiedeva l’intervento delle Sezioni Unite affinché chiarisse la nozione di “ordine pubblico”, al fine di considerare la tenuta del concetto con la trascrizione, nei registri dello stato civile, di un provvedimento formato all’estero avente ad oggetto l’accertamento della genitorialità del secondo padre di due minori ed il conseguente ordine di emendamento dell’atto di nascita degli stessi con l’aggiunta del nome di questo come loro genitore e secondo padre. Nel caso in esame una coppia formata da due uomini, era ricorsa alla procreazione medicalmente assistita nell’Ontario, dove la GPA è consentita anche le coppie same sex. A seguito della nascita di due gemelli, con un primo provvedimento giudiziale, in forza della legge dello stato di nascita, era stato riconosciuto che la gestante, madre biologica dei minori, non fosse genitore degli stessi e che solo uno dei due componenti della coppia fosse padre e quindi, unico genitore dei minori. Sulla base di tale primo provvedimento giudiziale si procedeva così alla formazione degli atti di nascita dei minori che venivano successivamente trascritti nei registri dello stato civile del Comune di Trento. Successivamente, con un secondo provvedimento giudiziale estero, si riconosceva come genitore anche l’altro partner. I ricorrenti chiedevano così, la trascrizione nei registri dello stato civile del comune di Trento del secondo provvedimento giudiziale menzionato, con il quale si accertava la genitorialità del secondo componente della coppia e si ordinava che gli atti di nascita dei minori fossero emendati con l’aggiunta del nome di questi quale genitore e secondo padre degli stessi37. L’Ufficiale dello stato civile respingeva tuttavia, la richiesta di trascrizione del provvedimento, asserendone la contrarietà all’ordine pubblico posto che in base alla normativa vigente nell’ordinamento giuridico italiano, i genitori debbano essere necessariamente di sesso diverso. A fronte del rifiuto dell’Ufficiale dello stato civile, la coppia proponeva ricorso innanzi alla Corte d’Appello competente ai sensi dell’art. 702-bis c.p.c. e dell’art. 67 della l. 31 maggio 1995, n. 218 (“Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato”) in tema di riconoscimento ed esecuzione di provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione38. La Corte d’Appello adita, individuato l’unico interesse pubblico rilevante nel caso di specie in quello volto ad evitare che possano trovare ingresso nel nostro ordinamento giuridico provvedimenti contrari all’ordine pubblico in materia di stato delle persone, procedeva a verificare la possibilità di rendere efficace nel nostro ordinamento il provvedimento formato all’estero che riconosce la genitorialità tra un secondo padre e due minori e per effetto del quale i due minori hanno già acquisito all’estero, legittimamente, lo status di figli oltre che del primo padre, del quale era stata già riconosciuta la genitorialità, anche del secondo padre. Posto che l’unico controllo da operare fosse quello relativo alla compatibilità del provvedimento straniero con l’ordine pubblico interno, la Corte territoriale procedeva a chiarirne la nozione, riprendendo la definizione offerta dalla Corte di cassazione nella sent. n. 19599 del 2016 ed individuava nell’esigenza di tutela dei diritti fondamentali – ed in particolare, in quello dell’interesse superiore del minore, declinato nel suo diritto all’identità familiare e quindi, nel diritto di conservare lo status di figlio anche del secondo padre – la ragione giustificatrice dell’ingresso nel nostro ordinamento del provvedimento straniero oggetto del giudizio. In buona sostanza, nessun impedimento al riconoscimento anche in assenza di un legame genetico fra i due minori ed il secondo padre. L’ordinanza viene impugnata in cassazione, tanto in punto di rito quanto di merito, sia dal procuratore generale presso la Corte d’appello di Trento, sia, con ricorso incidentale, dal Ministero degli interni e dal Sindaco.



14. La soluzione prospettata



La domanda proposta nel giudizio dinanzi agli Ermellini ha ad oggetto il riconoscimento dell’efficacia di un provvedimento emesso all’estero, che ha attribuito ai minori lo status di figli di uno dei due istanti, con il quale essi non hanno alcun rapporto biologico. I due bambini, infatti, sono stati generati mediante gameti forniti dall’altro, già dichiarato loro genitore con un precedente provvedimento regolarmente trascritto in Italia e con la cooperazione di due donne, una delle quali ha donato gli ovociti, mentre l’altra, in virtù di un accordo validamente stipulato ai sensi della legge straniera, ha portato avanti la gravidanza, rinunciando preventivamente a qualsiasi diritto nei confronti dei minori. La definizione della nozione di “ordine pubblico” è rilevante al fine di dare ingresso nel nostro ordinamento giuridico, a sentenze e provvedimenti stranieri ai sensi e per gli effetti dell’art. 65 della l. 31 maggio 1995, n. 218, norma questa che statuisce il riconoscimento automatico nell’ordinamento nazionale delle sentenze straniere in materia di capacità delle persone, di rapporti di famiglia e di diritti della personalità, purché dallo stesso non derivino effetti contrari all’ordine pubblico (c.d. clausola o eccezione di ordine pubblico). Tradizionalmente, l’ordine pubblico ha la funzione primaria di tutelare la conformità interna dell’ordinamento giuridico, inibendo l’ingresso nell’ordinamento di quei provvedimenti stranieri “suscettibili di produrre effetti inaccettabili, ossia effetti non compatibili con i principi etici, economici, politici e sociali che condizionano e caratterizzano il modo d’essere (degli istituti) del nostro ordinamento giuridico”39. Le Sezioni Unite con riferimento al concetto di ordine pubblico internazionale, precisano come debba considerarsi superata quella ristretta concezione che voleva quale parametro di compatibilità non solo i valori espressi nella Costituzione, ma anche quei principi che informano l’ordinamento in un dato momento storico ed espressi in norme inderogabili, quali la necessaria differenza di sesso per contrarre matrimonio o per diventare genitori. Si tratta, ad avviso della Corte, di un concetto di ordine pubblico obsoleto, ancorato ad una concetto di difesa, chiuso all’ingresso di norme ritenute contrastanti con la normativa interna, al contrario di quanto avviene oggi dove il concetto di “ordine pubblico internazionale” ha un ruolo di valutazione della tollerabilità dei valori tutelati dalle norme fondamentali con quelli riconosciuti a livello internazionale di cui si invoca la diffusione e l’armonizzazione. In altri termini, per ordine pubblico internazionale devono intendersi tutti quei valori condivisi dalla comunità internazionale che rispondono all’esigenza di carattere universale di tutela dei diritti fondamentali. Detto questo, la Corte puntualizza che il richiamo all’ordine pubblico internazionale, così come oggi inteso, non può essere tale da escludere ogni riferimento alla normativa vigente e, nel caso di specie, all’esplicito divieto della maternità surrogata. Con una precisazione doverosa. La questione oggetto della sentenza n. 19599 del 2016 (richiamata dall’ordinanza impugnata) riguardava una fattispecie ricondotta, dalla stessa Corte, ad una ipotesi, per quanto singolare, di fecondazione eterologa, nell’ambito della quale il nato presentava un legame “biologico” con due donne. È la stessa Corte ad affermarne in modo perentorio la diversità rispetto al caso della maternità surrogata: “è questa una fattispecie diversa e non assimilabile ad una surrogazione di maternità”, enunciando poi il principio di diritto secondo cui “in tema di PMA, la fattispecie nella quale una donna doni l’ovulo alla propria partner (con la quale, nella specie, è coniugata in Spagna) la quale partorisca, utilizzando un gamete maschile donato da un terzo ignoto, non costituisce un’ipotesi di maternità surrogata o di surrogazione di maternità, ma un’ipotesi di genitorialità realizzata all’interno della coppia, assimilabile alla fecondazione eterologa, dalla quale si distingue per essere il feto legato biologicamente ad entrambe le donne registrate come madri in Spagna (per averlo l’una partorito e per avere l’altra trasmesso il patrimonio genetico)”40. La diversità fra fecondazione eterologa (consentita sebbene a determinate condizioni) e maternità surrogata (vietata) ha permesso in quel caso agli Ermellini di affermare la riconoscibilità in Italia dell’atto di nascita straniero dal quale risulti che il bambino è figlio di due madri (l’una che l’ha partorito e l’altra che ha fornito l’ovulo), inibendo l’attivazione dell’eccezione di ordine pubblico. Punto centrale della decisione, dunque, è la riconduzione certa della fattispecie in esame all’ipotesi di maternità surrogata ed alla estraneità genetica dei figli con quello che viene denominato “padre intenzionale”. Ed infatti, le Sezioni Unite ritengono più pertinente al caso prospettato, il richiamo alla sentenza 24001 del 201441, là dove non solo si è dichiarata la contrarietà all’ordine pubblico della pratica della maternità surrogata, in quanto non solo penalmente sanzionata, ma soprattutto lesiva della dignità della donna e in chiaro contrasto con l’istituto dell’adozione il cui compito e scopo è proprio quello di consentire la genitorialità di chi non abbia legami biologici con il figlio, precisando che l’ordine pubblico internazionale “è il limite che l’ordinamento nazionale pone all’ingresso di norme e provvedimenti stranieri, a protezione della sua coerenza interna; dunque non può ridursi ai soli valori condivisi dalla comunità internazionale, ma comprende anche principi e valori esclusivamente propri, purché fondamentali e (perciò) irrinunciabili”. Gli Ermellini aggiungono, poi, che, con tutta evidenza, “nella individuazione di tali principi, l’ordinamento nazionale va considerato nella sua completezza, ossia includendovi principi, regole ed obblighi di origine internazionale o sovranazionale”. Non si può negare che la nozione di ordine pubblico internazionale attinga ai valori ed ai principi che permeano anche la legislazione ordinaria, perché questi sono l’espressione della struttura etica dello Stato: affermare il contrario significherebbe smentire la funzione di difesa di quella uniformità e coesione interna dell’ordinamento giuridico cui lo stesso concetto di ordine pubblico risponde. Spinge poi a prediligere per la natura di ordine pubblico del divieto di surrogazione di maternità, la stessa sentenza della Corte cost. n. 162 del 2014 che nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, co. 3°, della l. 40 del 2004 nella parte in cui vieta il ricorso alla fecondazione eterologa, ha precisato che la decisione non incide in alcun modo sul divieto di maternità surrogata. Per quel che riguarda la tutela dei minori, la Corte eur. dir. uomo, nelle citate sentenze gemelle Menesson e Labassee del giugno 2014, ha affermato che rientra nella discrezionalità degli Stati decidere non soltanto se autorizzare o meno questa tecnica di procreazione, ma anche se riconoscere o meno il rapporto di filiazione fra i bambini così concepiti all’estero ed i “genitori d’intenzione”. A questo riguardo, non possono non ricordarsi le numerose sentenze della Corte europea dei diritti umani che hanno accertato l’esistenza in capo al bambino, ai sensi dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti umani42, di un diritto “di importanza primordiale” all’identità personale a prescindere dalle modalità di procreazione43. Pur sottolineando la contrarietà all’ordine pubblico della maternità surrogata, gli Ermellini non escludono l’opportunità di conferire rilievo al rapporto genitoriale, mediante il ricorso ad altri strumenti giuridici, quali l’adozione in casi particolari, prevista dalla l. n. 184 del 1983, art. 44, co. 1, lett. d). In questo senso, si recupera quanto affermato dalla giurisprudenza44 nonché dalla nota sentenza della Corte Cost. 162/2014 che “la scelta di [qualunque] coppia di diventare genitori e di formare una famiglia che abbia anche dei figli costituisce espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi, libertà che […] è riconducibile agli artt. 2, 3 e 31Cost., poiché concerne la sfera privata e familiare”45. Alla luce di quanto detto, le Sezioni Unite affermano: “Anche nella giurisprudenza della Corte EDU, la sussistenza di un legame genetico o biologico con il minore rappresenta dunque il limite oltre il quale è rimessa alla discrezionalità del legislatore statale l’individuazione degli strumenti più adeguati per conferire rilievo giuridico al rapporto genitoriale, compatibilmente con gli altri interessi coinvolti nella vicenda, e fermo restando l’obbligo di assicurare una tutela comparabile a quella ordinariamente ricollegabile allo status filiationis: esigenza, questa, che nell’ordinamento interno può ritenersi soddisfatta anche dal già menzionato istituto dell’adozione in casi particolari, per effetto delle disposizioni della l. n. 184 del 1983. Anche nella giurisprudenza della Corte EDU, la sussistenza di un legame genetico o biologico con il minore rappresenta dunque il limite oltre il quale è rimessa alla discrezionalità del legislatore statale l’individuazione degli strumenti più adeguati per conferire rilievo giuridico al rapporto genitoriale, compatibilmente con gli altri interessi coinvolti nella vicenda, e fermo restando l’obbligo di assicurare una tutela comparabile a quella ordinariamente ricollegabile allo status fifiationis: esigenza, questa, che nell’ordinamento interno può ritenersi soddisfatta anche dal già menzionato istituto dell’adozione in casi particolari, per effetto delle disposizioni della l. n. 184 del 1983, che parificano la posizione del figlio adottivo allo stato di figlio nato dal matrimonio”. Sorge un dubbio dietro la scelta degli Ermellini: nella normalità dei casi, l’adozione si immette in una evento generativo già costruito e consolidato ed interviene di necessità in un momento successivo all’attuazione della vicenda procreativa realizzata da una coppia diversa da quella formata dagli o dall’adottante. Cosa diversa dalla procreazione tramite GPA che conosce a monte una scelta genitoriale della coppia di genitori intenzionali del bambino/a (che si vuole successivamente adottato da uno di essi), senza alcuna interruzione temporale e affettiva. Si ha, quindi, una differimento temporale tra la nascita del bambino e l’acquisto del legame parentale adottivo. Ne consegue che il minore consegue il suo diritto alla bi-genitorialità attraverso un procedimento graduale e incerto nell’avvio e nei risultati. La sentenza però, nell’enunciare il principio di diritto, apre la strada alla sola adozione mite: “Il riconoscimento dell’efficacia del provvedimento giurisdizionale straniero con cui sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero mediante il ricorso alla maternità surrogata ed il genitore d’intenzione munito della cittadinanza italiana trova ostacolo nel divieto della surrogazione di maternità previsto dalla l. n. 40 del 2004, art. 12, comma 6, qualificabile come principio di ordine pubblico, in quanto posto a tutela di valori fondamentali, quali la dignità umana della gestante e l’istituto dell’adozione; la tutela di tali valori, non irragionevolmente ritenuti prevalenti sull’interesse del minore, nell’ambito di un bilanciamento effettuato direttamente dal legislatore, al quale il giudice non può sostituire la propria valutazione, non esclude peraltro la possibilità di conferire rilievo al rapporto genitoriale, mediante il ricorso ad altri strumenti giuridici, quali l’adozione in casi particolari, prevista dalla l. n. 184 del 1983, art. 44, comma 1, lett. d)”. È evidente che sulla scia delle indicazioni dettate dal parere della Grande Chambre del 10 aprile 2019 – e di cui certamente gli estensori hanno avuto modo di prendere atto – si recupera la questione dell’adozione del figlio del partner, stralciato dalla legge Cirinnà, che darebbe rilevanza tanto ai valori costituzionali della dignità umana quanto all’interesse del minore a creare e a mantenere un rapporto giuridico con chi, nei fatti, è suo genitore. È certo però, che attraverso l’adozione mite si offre al minore una tutela meno piena di quella che spetterebbe: il riferimento è alla circostanza che, in forza dell’art. 55 l. adoz. e del relativo rinvio all’art. 300 c. c., l’adozione in casi particolari “non induce alcun rapporto civile tra l’adottante e la famiglia dell’adottato, né tra l’adottato e i parenti dell’adottante”. Qui la Corte avrebbe potuto riferirsi alla dottrina che giustamente ritiene l’art. 55 l. adoz. implicitamente abrogato dalla riforma della filiazione del 2012 e in particolare, dal principio dell’unicità di status46. Si deve dunque, ricorrere ad un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme ed in particolare, all’art. 74 c.c. L’opinione dominante, sul presupposto che l’adozione ordinaria dei minori ex art. 27 l. adoz. instaura già il vincolo di parentela, ascrive al riconoscimento della parentela “ai figli adottivi”, enunciato nella prima parte dell’art. 74 c.c., la volontà del legislatore di estendere l’ambito di efficacia della norma proprio ai minori adottati nei casi particolari elencati dall’art. 44 l. adoz., altrimenti il riferimento ad essi rimarrebbe privo di effettività47. L’esclusione del legame parentale relativamente ai minori adottati nei casi particolari contrasterebbe altrimenti, con lo stesso principio dell’unicità dello stato di figlio proclamato nel nuovo testo dell’art. 315 c.c., assurto a principio di ordine pubblico48 e cardine della Novella 219/2012, che ha eliminato dal codice civile la distinzione tra i figli legittimi, naturali e adottivi (art. 1, 11° co.), attribuendo al legislatore delegato il compito di cancellarla nella restante legislazione. Ma sul punto le Sezioni Unite non hanno fornito indicazioni chiare all’interprete. Rimangono dunque, insolute alcune questioni in relazione alla tenuta costituzionale degli status attinenti la filiazione. Il quadro che si presenta sul punto è disomogeneo e la sua coerenza sistematica deve essere prudentemente esplorata sotto il versante della giustificazione costituzionale delle disparità di trattamento che possono emergere oltre che delle situazioni che possono rimanere prive di tutela, come ad esempio, nel caso della monogenitorialità sopravvenuta quando sia superstite il genitore intenzionale.

NOTE

1 A. praSaD, Storia naturale del concepimento, Torino, 2015.

2 P. reSCiGno, Le ‘‘nuove’’ famiglie, in Minori giust., 2007, 71 ss.; G. ferranDo,

Libertà, responsabilità e procreazione, Padova, 1999, 156 ss.

3 I. Corti, La maternità surrogata per sostituzione, Milano, 2000, 1, precisa

che con l’espressione “utero in affitto” (o locazione d’utero) si fa riferimento solo ai casi in cui la madre surrogata, dietro corrispettivo, riceva materiale genetico fornito dai committenti o da terzi soggetti donatori. M. SeSta, Norme imperative, ordine pubblico e buon costume: sono leciti gli accordi di surrogazione?, in Nuova giur. civ. comm., 2000, II, 293 ss., secondo il quale “gli accordi di maternità surrogata sono finalizzati all’assunzione dell’obbligo di portare a termine la gravidanza per conto di una coppia sterile; la madre surrogata può essere fecondata con il seme del marito oppure può ricevere l’impianto di un embrione già concepito in vitro. Nel primo caso, si parla di maternità surrogata o di madre in affitto; nel secondo, di maternità portante o affitto di ventre”.

4 Per un commento alla l. 19 febbraio 2004 n. 40 v. R. villani, L. 19 febbraio 2004, n. 40, in A. zaCCaria, Commentario breve al diritto di famiglia, 2008, 1828 ss.; U. Salanitro, Commentario Gabrielli. Della famiglia, a cura di L. baleStra, IV, Torino, 2010. Sul contrasto della legge con l’art. 8 CEDU per la disciplina della diagnosi pre-impianto si v. peraltro Corte EDU, 28 agosto 2012, Costa/Pavan c. Italia, ric. n. 54279/10.

5 Corte Costituzionale, 9 aprile 10 giugno 2014, n. 162, in Riv. crit. dir. priv., 2014,III,469ss.V.tiGano,Ladichiarazionediillegittimitàcostituzionaledeldivieto di fecondazione eterologa: i nuovi confini del diritto a procreare in un contesto di perdurante garantismo per i futuri interessi del nascituro, in Diritto penale contemporaneo, www.penalecontemporaneo.it (13 giugno 2014); A. Morrone, Ubi scientia ibi iura, in Consulta Online, www.giurcost.org; A. ruGGeri, La Consulta apre alla eterologa ma chiude, dopo averlo preannunziato, al “dialogo” con la Corte Edu, in Forum di Quaderni costituzionali, www.forumcostituzionale.it (14 giugno 2014).

6 Nella sentenza, pubblicata in Family Law, 1985, 191, si legge che tale decisione trova il suo fondamento esclusivamente nell’interesse della bambina. L’High Court of Justice, infatti, non ha considerato affatto la vicenda relativa all’accordo di gestazione. L’opinione pubblica, allora, insorse e si divise tra coloro che condivisero la posizione assunta dall’High Court of Justice e coloro che vollero sostenere le ragioni della madre surrogata.

7 Per un commento delle tre argomentazioni su cui la Corte Superiore del New Jersey ha fondato la sua decisione G. ponzanelli, Il Caso Baby M., la “surrogate mother” e il diritto italiano in Foro it., 1988, IV, 97.

8 Gli unici precedenti giurisprudenziali relativi ai problemi connessi all’impiego delle tecniche riproduttive artificiali risalgono agli anni ’50, e si riferiscono specificamente all’inseminazione artificiale eterologa relazionata al reato di adulterio: Trib. Roma, 19 aprile 1956, in Foro it., 1956, I, 1212; cfr. pure, Pret. Padova, 7 novembre 1958, in Giur. it., 1959, II, 84-96 con nota di L. Conti, Eteroinseminazione e adulterio; Trib. Padova, 15 febbraio 1959, in Foro it., 1959, II, c. 81 ss. Trib. Padova, 16 febbraio 1959, in Foro it., 1959, 81.

9 Trib. Roma, 19 aprile 1956, cit.

10 A. trabuCChi, Fecondazione artificiale e legittimità dei figli, in Giur. it., 1957, 1,II,c.218ss.L’a.haesaminatolaquestionesiaconriferimentoall’applicazione di tecniche di PMA omologhe che eterologhe. A sollevare maggiori perplessità era, naturalmente, l’utilizzazione di tecniche eterologhe.

11 Iniziativa parlamentare degli On. Gonella e Manco, Atto C. 585 del 25 novembre 1958, in http://legislature.camera.it. Tale proposta era costituita da un solo articolo, che disponeva: “La donna che permette su di sé, con seme parzialmente o totalmente non del marito, pratiche inseminative è punita con la reclusione fino ad un anno. Con la stessa pena è punito il marito che vi abbia consentito, nonché il terzo donatore di seme e chiunque su donna coniugata consenziente compie atti idonei alla inseminazione artificiale”.

12 Nel 1959, segue la proposta di legge C. 1017, “Illiceità della inseminazione artificiale”; nel 1969, ritorna sui problemi della PMA il disegno di legge S. 754, 2 luglio 1969, della senatrice Falcucci. Tale disegno di legge relativo alla riforma del diritto di famiglia prevedeva l’equiparazione tra uomo e donna nel reato di adulterio e, nell’articolo 159, configurava come nuova fattispecie criminosa l’inseminazione “eterologa”, in quanto contraria all’ordine pubblico.

13 Trib. Monza, 27 ottobre 1989, in Giur. it., 1990, 5 con nota di G. palMieri, Maternità “surrogata”: la prima pronuncia italiana.

14 Maglio M.G., Spunti in tema di procreazione artificiale, in GM, 1990, 240.

15 I provvedimenti stranieri nelle materie considerate dall’art. 65 sono anch’essi oggetto di riconoscimento automatico nel nostro Paese, purché però adempiano a quattro condizioni: che siano stati pronunciati dalla autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalla stessa l. n. 218/1995; che, ancorché pronunciati dalla autorità di un altro Stato, producano effetti nello Stato di cui sopra; che siano stati, nell’ordinamento a quo, rispettati i diritti della difesa; e infine, che essi non siano contrari all’ordine pubblico.

16 Cass. civ., Sez. I, 25 luglio 2006, n. 16978: La sentenza straniera di divorzio è contraria all’ordine pubblico italiano e, quindi, non è riconoscibile in Italia solo quando sia lesiva dei principi fondamentali ed irrinunciabili dell’ordinamento italiano, in Fam. e dir., 2007, 12, 1106 nota di R. Martino.

17 Cass. civ., Sez. I, 25 luglio 1997, n. 6975, in Mass. Giur. it., 1997.

18 Cass. civ., Sez. I, 28 maggio 2004, n. 10378 in Mass. Giur. it., 2004.

19 Cass. civ., Sez. I, 5 ottobre 1992, n. 10923: “Nel vigore della disciplina

transitoria dell’art. 76 l. 184/83 non è di ostacolo alla delibazione di un provvedimento straniero di adozione il fatto che l’adozione sia stata pronunciata a favore di parte adottante costituita da una persona singola, giacché tale ipotesi non costituisce violazione del limite dell’ordine pubblico ai sensi dell’art. 797, n. 7, c.p.c.”, in Foro it., 1993, I, 2638.

20 App. Bari 25 febbraio 2009, in Fam. e dir., 2010, 251, nota M.C. De toMMaSi.

21 Tale iter segue la soluzione fatta propria dal Ministero della Giustizia per quanto riguarda gli adempimenti di stato civile con circolare 7 gennaio 1997, prot. 1/50/FG/29, secondo la quale l’ufficiale di stato civile dovrebbe procedere direttamente alla trascrizione, iscrizione o annotazione dei provvedimenti ad esso presentati quando ritiene che sussistano i requisiti previsti per il loro riconoscimento. In caso contrario, l’ufficiale di stato civile, acquisito il parere allora del pubblico ministero e ora del Prefetto, ai sensi dell’art. 9 c. 2 del nuovo ordinamento dello stato civile (d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396), rigetta la richiesta, con conseguente facoltà per gli interessati di ricorrere, ai sensi dell’art. 67 l. n. 218/95, alla Corte d’appello.

22 Cfr. per tutti in dottrina: G. Conetti, S. tonolo, F. viSMara, Commento alla riforma del diritto internazionale privato italiano, 2a ed., Torino, 2009, 234.

23 La Cour de Cassation, con la sent. n. 219 del 3 luglio 2015, aveva già chiarito, successivamente alle note sentenze Labassee v. France e Mennesson v. France, quale dovesse essere lo status dei figli di cittadini francesi nati attraverso il ricorso alla gestazione per altri all’estero. Prima di tale pronuncia, non era possibile ottenere né la registrazione del certificato di nascita formato all’estero né la cittadinanza: in passato, la stessa Cassazione aveva escluso ogni effetto alle convenzioni di maternità surrogata perché contrarie all’ordine pubblico in ragione del principio dell’indisponibilità della persona. Ma le norme devono essere interpretate alla luce dell’art. 8 della Convenzione EDU, che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare: la Cour de Cassation, facendo propri i principi delineati dalla Corte di Strasburgo ha affermato che non possa essere negata al padre committente francese, la trascrizione dell’atto di nascita di un bambino nato all’estero tramite surrogazione, in conformità alle norme di quel Paese. Ciò purché non vi sia motivo di ritenere che in tale atto siano contenute dichiarazioni false, irregolari o comunque non corrispondenti alla realtà.

24 “Qu’ayant constaté que Mme X... n’avait pas accouché des enfants, la cour d’appel en a exactement déduit que les actes de naissance étrangers n’étaient pas conformes à la réalité en ce qu’ils la désignaient comme mère, de sorte qu’ils ne pouvaient, s’agissant de cette désignation, être transcrits sur les registres de l’état civil français”. “Au regard du droit au respect de la vie privée et familiale des enfants garanti par l’article 8 de la Convention européenne des droits de l’homme, la Cour de cassation rappelle que: la prohibition de la GPA par la loi française poursuit un but légitime de protection des enfants et des mères porteuses; “Qu’ayant constaté que Mme X... n’avait pas accouché des enfants, la cour d’appel en a exactement déduit que les actes de naissance étrangers n’étaient pas conformes à la réalité en ce qu’ils la désignaient comme mère, de sorte qu’ils ne pouvaient, s’agissant de cette désignation, être transcrits sur les registres de l’état civil français”.

25 “Au regard du droit au respect de la vie privée et familiale des enfants garanti par l’article 8 de la Convention européenne des droits de l’homme, la Cour de cassation rappelle que: b. la prohibition de la GPA par la loi française poursuit un but légitime de protection des enfants et des mères porteuses”.

26 “Parere consultivo sul riconoscimento nel diritto nazionale di una relazione di filiazione tra un bambino nato in maternità surrogata praticata all’estero e la madre dell’intenzione” (P16-2018-001).

27 In applicazione del best interest child, con riferimento a casi di surrogazione di maternità, la Corte di Strasburgo, nel valutare il rifiuto di trascrizione degli atti di nascita nei registri dello stato civile francese, ha affermato che il rispetto del migliore interesse dei minori deve guidare ogni decisione che li riguarda (sentenze del 26 giugno 2014, rese nei casi Mennesson contro Francia e Labassee contro Francia, ricorsi n. 65192 del 2011 e n. 65941 del 2011).

28 Sarebbe applicabile l’art. 18 code civil ai sensi del quale “est français l’enfant dont l’un des parents au moins est français”.

29 Cfr. Wagner e J.M.W.L. c. Lussemburgo e Foulon e Bouvet c. Francia. Già nel 2007 (sent. 28 giugno 2007, ric. 76240/01, Wagner e J.M.W.L. c. Lussemburgo), la Corte era giunta, in sostanza, a imporre allo Stato (Lussemburgo) il rispetto di status validamente acquisiti all’estero (nella fattispecie si trattava dell’adozione legittimante ottenuta in Perù da una cittadina lussemburghese), prescindendo dalla valutazione internazional-privatistica dello Stato stesso (la legge lussemburghese, applicabile in qualità di lex patriae dell’adottante, vietava l’adozione da parte di persone singole).

30 Trib. Napoli, decr. 11 luglio 2011, in Foro it., 2012, 3349.

31 Cass. civ., 30 settembre 2016 n. 19599, in Giur. it., 2017, 2075, nota di C. foSSà.

32 S. tonolo, Trascrivibilità degli atti di nascita derivanti da maternità surrogata tra ordine pubblico e superiore interesse del minore, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2014, 81; B. naSCiMbene, Riconoscimento di sentenza straniera e “ordine pubblico europeo”, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2002, 65.

33 App. Milano 28 dicembre 2016, in Nuova giur. civ., 2017, 657, nota di G. CarDaCi; App. Bari 25 febbraio 2009, in Fam. e dir., 2010, 251, nota di M.C. De toMMaSi; Trib. Napoli, 1° luglio 2011, in Foro it., 2012, 3349.

34 Cfr. Corte EDU, Labassee, cit., §§ 75-80 e Mennessons, cit., §§ 96-101, nonché 27 gennaio 2015, ric. n. 25358, Paradiso e Campanelli c. Italia, § 71 ss., in Foro it., 2015, IV, 117, nota di G. CaSaburi, che definiscono tale diritto “d’importanza primordiale”.

35 Questo filone interpretativo è stato seguito dalla giurisprudenza successiva che ha ripetutamente ribadito: “Alla luce del preminente interesse del minore, deve essere riconosciuta l’efficacia giuridica, in Italia, di una sentenza canadese che attribuisce la seconda paternità al coniuge del padre di un bambino nato all’estero con il ricorso alla tecnica della maternità surrogata e, di conseguenza, deve essere integrato l’atto di nascita del minore mediante indicazione di entrambi i genitori legali, non sussistendo contrasto con l’ordine pubblico internazionale italiano”, Corte d’App. Venezia, ord. 16 luglio 2018, in Quotidiano Giuridico, 2018.

36 Carta dei diritti e dei doveri fondamentali dell’Unione europea, art. 24: “In tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente”.

37 L’art. 28, comma 2, lett. e) del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 di revisione e semplificazione dell’ordinamento dello stato civile prevede, difatti, che vengano trascritti nel relativo registro le sentenze e i provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione in materia di nascita.

38 In presenza del rifiuto di trascrizione o iscrizione nei pubblici registri di un provvedimento straniero, l’ordinamento consente l’opzione tra il procedimento camerale previsto dall’art. 95 dell’ordinamento dello stato civile vigente ovvero il giudizio di riconoscimento prescritto dall’art. 67 della legge di riforma del diritto internazionale privato. Il giudicato formatosi in quest’ultima sede farà stato con riferimento a tutti gli effetti del provvedimento straniero riconosciuto, indipendentemente dall’occasio della contestazione, che integra l’interesse ad agire.

39 Sulle funzioni e sulla natura della clausola di ordine pubblico cfr. F. MoSConi, C. CaMpiGlio, Diritto internazionale privato e processuale, vol. I, Parte Generale e Obbligazioni, VIII ed., Torino, 2017, 256 ss.

40 Cass. civ., Sez. I, 30 settembre 2016, n. 19599 (par. 10.2).

41 Cass. civ., Sez. I, 11 novembre 2014, n. 24001: “Il divieto di surrogazione

della maternità comminato dall’art. 12, comma 6, l. 19 febbraio 2004, n. 40 esprime un principio di ordine pubblico internazionale, in quanto fondamentale ed irrinunciabile per l’ordinamento italiano, per la ragione che esso è assistito da sanzione penale, protegge la dignità costituzionalmente tutelata della gestante e salvaguarda l’istituto dell’adozione, al quale soltanto l’ordinamento affida – attraverso una disciplina governata da regole poste a tutela di tutti gli interessati, in primo luogo dei minori – la realizzazione di progetti di genitorialità privi di legami biologici con il nato. Pertanto, l’atto di nascita formato all’estero, che indichi come genitori del bambino procreato attraverso tale tecnica la donna e l’uomo che vi abbiano fatto ricorso (peraltro, senza alcun legame genetico con il nato) è privo di effetti in Italia perché contrario all’ordine pubblico, con la conseguenza che il minore presente sul territorio italiano deve ritenersi in stato di abbandono e deve esserne dichiarato lo stato di adottabilità”, in Nuova giur. civ., 2015, 3, 235 nota di C. benanti.

42 L’articolo, come è noto, stabilisce che ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare: pertanto, non può esservi ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto, a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.

43 Sent. 26 giugno 2014, ric. n. 65192/11 e 65941/11, Mennesson c. Francia, §§ 96-101, e Labassee c. Francia, §§ 75-80, in Foro it., 2014, IV, 561, nota Casaburi, nonché sent. 27 gennaio 2015 e 24 gennaio 2017, ric. n. 25358, Paradiso e Campanelli c. Italia.

44 Trib. Minorenni Bologna, 6 luglio 2017: “L’adozione in casi particolari, di cui all’art. 44, 1° comma, lett. d), l. n. 184/83, può essere disposta anche in favore del partner dello stesso sesso del genitore biologico del minore, con il quale quest’ultimo abbia instaurato un rapporto genitoriale di fatto, in quanto tale statuizione: 1) non presuppone una situazione di abbandono dell’adottando, ma solo l’impossibilità, anche di diritto, dell’affidamento preadottivo, sempre che al riguardo sussista in concreto l’interesse dell’adottando; 2) è consentita anche in forza della c.d. clausola di salvaguardia di cui all’art. 1, 20° comma, l. n. 76/16 (nella specie, il genitore biologico e quello adottivo avevano costituito all’estero un’unione civile tra persone dello stesso sesso ed il minore era nato, nell’ambito di un progetto di genitorialità condivisa, da pratiche di procreazione medicalmente assistita realizzate all’estero)”, in Foro it., 2017, 9, 1, 2852; Trib. Minorenni Roma, 29 ottobre 2015: “Se risponde al superiore interesse del minore e garantisce la copertura giuridica di un vincolo di natura genitoriale già esistente da anni, l’adozione ‘in casi particolari’ ex art. 44, comma 1 lett. d), l. n. 184 del 1983 può essere disposta a favore del convivente omosessuale del genitore dell’adottando”, in Banca Dati Pluris on Line.

45 Cfr. Corte cost. n. 162/2014, § 6, cit.

46 V.M. GattuSo, Adozione coparentale e familiari dell’adottante, in G. buffone, M. GattuSo, M. Winkler, Unione civile e convivenza, Milano, 2017, Unione civile e convivenza, 318-320.

47 M. DoSSetti, La parentela, in M. DoSSetti, M. Moretti, C. Moretti, La riforma della filiazione: aspetti personali, successori e processuali: l. 10 dicembre 2012, n. 219, Bologna, 2013, 20; G. ferranDo, La nuova legge sula filiazione. Profili sostanziali, in CorG, 2013, 525 ss.; L. lenti, La sedicente riforma della filiazione, in NGC, 2013, II, 202 ss.; P. Morozzo Della roCCa, Il nuovo stato di figlio e le adozioni in casi particolari, in FD, 2013, 838.

48 M. bianCa, La riforma della filiazione: alcune note di lume, in GC, 2013, 439.