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Problematiche applicative della nuova fattispecie di cui all’art. 570-bis c.p

autore: L. Ferraresi

Sommario: 1. Ambito applicativo dell’art. 570-bis c.p. con riferimento ai coniugi. - 2. Tutela dei figli di genitori non coniugati. - 3. La legittimazione alla costituzione di parte civile. - 4. Sull’asserita impossibilità ad adempiere da parte dell’imputato. - 5. Sulla quantificazione del danno. - 6. Conclusioni.



1. Ambito applicativo dell’art. 570-bis c.p. con riferimento ai coniugi



La sentenza n. 667 del 2019, emessa dal Tribunale di Verona, sezione penale, appare di particolare interesse in quanto offre un’attenta disamina della nuova fattispecie di reato di cui all’art. 570-bis c.p., introdotto dal d.lgs. 1 marzo del 2018 n. 21 Infatti, in ossequio al principio della riserva di codice1 , il Legislatore delegato ha introdotto il nuovo art. 570-bis tra i delitti contro la famiglia, abrogando contestualmente l’art. 12-sexies della l. n. 898 del 1970 e l’art. 3 della l. n. 54 del 2006, nell’intento di operare una mera trasposizione delle norme penali previste dalla legislazione speciale all’interno del codice penale. Tuttavia la formulazione letterale dell’art. 570-bis pone oggettive perplessità interpretative in ordine all’effettiva coincidenza dell’ambito applicativo della nuova figura di reato rispetto a quello delle previgenti disposizioni2 . In relazione al citato art. 12-sexies non si pongono particolari problemi: l’art. 570-bis c.p. sanziona l’inadempimento al versamento del contributo al mantenimento stabilito in sede di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio. Più problematica, invece, appare l’interpretazione della nuova fattispecie con riferimento ai coniugi separati. La nuova figura delittuosa sembra far riferimento all’omissione di qualsiasi obbligo di natura patrimoniale comprendendo, quindi, nella tutela penale non solo il contributo erogato per i figli, ma anche quello relativo al coniuge separato. La nuova fattispecie, pertanto, amplia la portata applicativa rispetto alla previgente figura di cui all’art. 3 l. 54/2006 che, per consolidato orientamento giurisprudenziale3 , riguardava gli obblighi di natura economica nei confronti dei soli figli e non del coniuge. Ne deriva che non siamo più di fronte alla trasposizione di norme previste dalla legislazione speciale nel codice penale, bensì ad un ampliamento della tutela penale che, ora, include anche il coniuge separato.



2. Tutela dei figli di genitori non coniugati



Per comprendere i termini applicativi nel nuovo art. 570-bis c.p. con riferimento ai figli di genitori non coniugati, occorre premettere che, su questo specifico aspetto, già sotto la previgente disciplina vi erano state problematiche interpretative. Si registravano difatti due diversi orientamenti nella stessa Corte di Cassazione. Il primo4 , di maggior rigore, secondo cui il reato di omesso versamento dell’assegno periodico in favore dei figli previsto dall’art. 12-sexies l. 898 del 1970, richiamato dall’art. 3 della l. 54 del 2006, è configurabile solo nel caso di separazione dei genitori coniugati, ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, escludendo il caso di figli di genitori conviventi. A questi ultimi rimaneva solamente la tutela apprestata dalla diversa e più ristretta fattispecie di cui all’art. 570 c.p.5 . Il secondo orientamento6 , invece, operando un’interpretazione sistematica della disciplina sul tema delle unioni civili e della responsabilità genitoriale nei confronti dei figli di cui alla l. 20 maggio 2016 n. 76 e al d.lgs. 28 dicembre 2013 n. 154, ha ritenuto che l’art. 4 co. II debba essere inteso con riferimento a tutte le disposizioni previste dalla medesima l. 54 del 2006, comprendendo anche le disposizioni di diritto penale sostanziale. D’altra parte, come correttamente sottolineato dalla Suprema Corte, una soluzione differente comporterebbe una diversità di trattamento tra le diverse categorie di figli in quanto si finirebbe per accordare una più ampia tutela penale ai figli di genitori coniugati. La Corte di Cassazione ha, in sostanza, voluto valorizzare l’indirizzo normativo diretto ad equiparare, anche a livello di tutela penale, la posizione dei figli nati da genitori conviventi rispetto a quelli nati in costanza di matrimonio. Problematiche del tutto analoghe sono emerse anche con la nuova di cui all’art. 570-bis c.p. Difatti, da un lato l’abrogazione degli artt. 12-sexies l. 898/1970 e 3 l. 54/2006 (richiamato dall’art. 4 co. II7 ) e dall’altro il riferimento al solo “coniuge”, quale soggetto attivo del reato della fattispecie di cui all’art. 570-bis c.p., avevano inizialmente sollevato non poche perplessità circa la punibilità della condotta di violazione dell’obbligo di corresponsione dell’assegno nei confronti di figli nati fuori dal matrimonio. La problematica in questione è stata da subito rilevata dalla giurisprudenza tanto è vero che sono state pronunciate numerose ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale relative all’art. 570-bis c.p. nella parte in cui non prevede che la disciplina in esso prevista si applichi anche ai figli nati fuori dal matrimonio8 . La questione sollevata è stata tuttavia già risolta dalla stessa Corte di Cassazione nelle recentissime sentenze n. 55744 del 20189 e n. 56080 del 201810 In dette pronunce la Suprema Corte, ribadendo i ragionamenti logico-giuridici già sopra esposti con riferimento alla disciplina previgente, ha affermato che l’art. 4 l. n. 54 del 2006 (che, diversamente dall’art. 3, non è stato abrogato), “va interpretato nel senso della perdurante efficacia dell’estensione ‘ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati’ della disciplina sanzionatoria delle violazioni degli obblighi economici, essendo del tutto irrilevante sul piano sostanziale che la norma incriminatrice, prima contemplata dalla l. n. 54 del 2006, art. 3, sia stata successivamente trasfusa nell’art. 570-bis c.p.”11 e che “l’unica interpretazione sistematicamente coerente e costituzionalmente compatibile e orientata, è quella dell’applicazione dell’art. 570-bis cod. pen. – che si limita a spostare la previsione della sanzione penale all’interno del codice penale – anche alla violazione degli obblighi di natura economica che riguardano i figli nati fuori dal matrimonio”.



3. La legittimazione alla costituzione di parte civile



La sentenza n. 667, pronunciata dal Tribunale di Verona in data 1 marzo 2019, affronta altresì la particolare questione concernente il potere di costituirsi parte civile. Nel caso di specie è stata riconosciuta la legittimità alla costituzione di parte civile in proprio non solo al figlio, divenuto ormai maggiorenne, ma anche all’ex coniuge che, di fatto, ha dovuto sopperire con le proprie forze agli inadempimenti da parte dell’altro genitore che non ha corrisposto quanto previsto dagli obblighi di contribuzione in sede civile stabiliti in sede civile. Si è, dunque, riconosciuta la risarcibilità in via autonoma di un danno subito dal coniuge divorziato12, che è ulteriore e diversa da quella subita dal figlio destinatario dell’assegno di mantenimento. Il Tribunale, infatti, ha affermato che, nel caso di specie, le condotte dell’imputato “integrano un fatto illecito, fonte di responsabilità civile e di danni risarcibili in virtù del disposto degli artt. 185 c.p., 2043 e 2059 c.c.”, che ha comportato un danno non patrimoniale consistito nel danno morale soggettivo o “pretium doloris” per entrambe le persone offese. Il Tribunale ha altresì precisato, con specifico riferimento al danno cagionato al coniuge divorziato, che è indubbio il danno patrimoniale subito dallo stesso, consistente nella necessità sia di farsi carico anche della quota spettante all’imputato per il mantenimento del figlio minore sia di reperire altrove le somme occorrenti per il sostentamento di quest’ultimo. Sulla base di tali ragionamenti, si è ritenuta legittima la costituzione di parte civile del coniuge divorziato in proprio, parallelamente a quella del figlio divenuto maggiorenne, nel procedimento penale avente ad oggetto la mancata corresponsione delle somme stabilite per il mantenimento del figlio comune in sede di divorzio e, conseguentemente, ha condannato l’imputato al risarcimento dei danni nei confronti di entrambe le parti civili costituite, rimettendo le stesse al giudice civile per l’esatta liquidazione.



4. Sull’asserita impossibilità ad adempiere da parte dell’imputato



Preliminarmente, appare opportuno sottolineare una differenza fondamentale tra l’art. 570 co. 2 n. 2 c.p. e il nuovo 570-bis c.p. Mentre per l’integrazione del reato di cui all’art. 570 comma 2, n. 2, c.p. occorre che la condotta del genitore/ex coniuge faccia mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori o all’ex coniuge, anche omettendo di versare l’assegno di mantenimento13, l’elemento materiale del delitto di cui all’art. 570-bis c.p., invece, si realizza con il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno nella misura disposta dal giudice civile14.

Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto integrata proprio la condotta di cui all’art. 570-bis c.p. in quanto era provato che l’imputato, pur avendo corrisposto alcune somme, si fosse reso inadempiente rispetto a quanto era stato stabilito dal giudice civile. Tuttavia il Tribunale va oltre la mera constatazione dell’inadempimento degli obblighi economici. Nella propria motivazione il Tribunale infatti valorizza anche un aspetto ulteriore costituito dalla totale assenza di azioni, da parte dell’imputato, dirette ad ottenere la riduzione o la revoca dell’assegno di mantenimento, e, di conseguenza, anche dall’inesistenza di provvedimenti giudiziari di modifica delle condizioni patrimoniali di divorzio. Da tali elementi il giudicante ricava che il prevenuto non si trovava in “nell’incolpevole impossibilità di pagare” e che la sua condotta era, quindi, il frutto di una precisa scelta dello stesso che ha preferito impiegare le sue risorse finanziarie altrove. Tale iter logico rappresenta un punto di particolare interesse in quanto, pur essendo tali considerazioni inserite nella parte di sentenza dedicata alle motivazioni attinenti all’elemento oggettivo del reato, finisce inevitabilmente per rafforzare la sentenza anche in punto di valutazione della sussistenza dell’elemento soggettivo in capo all’imputato.



5. Sulla quantificazione del danno



Il provvedimento oggetto di esame risulta di particolare interesse per gli operatori del settore anche per un ulteriore profilo concernente la quantificazione del danno in favore delle persone offese costituite. Come specificato dal giudicante, nel caso di specie, il pregiudizio risarcibile non è dato dalla differenza tra quanto l’imputato doveva versare secondo il provvedimento civile sotteso e quanto effettivamente versato. L’unico pregiudizio risarcibile è unicamente quello diverso ed ulteriore (es. danno morale) rispetto alle somme oggetto del contributo di mantenimento per le quali le persone offese dispongono già di un titolo esecutivo giudiziale rappresentato, nel caso di specie, dalla sentenza di divorzio15.

Atteso quindi che il titolo esecutivo non può essere duplicato con altra sentenza di condanna per il medesimo petitum, il danno concretamente richiedibile dalle parti civili, in un caso come quello di cui si discute, è costituito esclusivamente dal pregiudizio, materiale e morale, derivante dall’inadempimento che è quindi diverso ed ulteriore rispetto all’inadempimento di per sé considerato.



6. Conclusioni



La sentenza in commento rappresenta sicuramente un buon punto di partenza per l’approfondimento di tematiche di sicura attualità a fronte del susseguirsi, sia in campo penale che civile, di modifiche normative spesso non coordinate con le disposizioni vigenti con la conseguenza che spesso gli operatori del diritto sono chiamati ad operare interpretazioni sistematiche e costituzionalmente orientate delle novelle legislative al fine di evitare situazioni di disparità che potrebbero generarsi fermandosi alla mera lettura del testo legislativo.

NOTE

1 Il principio della riserva di codice nella materia penale, di cui all’art. 1 co. 85 lett. q) l. 13 giugno 2017 n. 103, ha lo scopo di migliorare la conoscenza dei precetti e delle sanzioni e, conseguentemente, della effettività della funzione rieducativa della pena, da attuare mediante l’inserimento all’interno del codice di tutte le fattispecie criminose previste da disposizioni di legge già in vigore, che abbiano a diretto oggetto di tutela beni di rilievo costituzionale.

2 Le anomalie sulla trasposizione delle figure di reato di cui agli artt. 12-sexies l. 898 del 1970 e 3 l. 54 del 2006 erano stati da subito rilevati anche dalla Suprema Corte: cfr. relazione n. 32 del 2018 dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione.

3 Ex multis, Cass. pen. Sez. VI, Sent., 1 agosto 2014, n. 34181 e Cass. pen. Sez. VI, Sent., 7 ottobre 2014, n. 41832, in Banca Dati Pluris on Line.

4 Cass. pen. Sez. VI, Sent., 19 gennaio 2017, n. 2694, in Banca Dati Pluris on Line.

5 In ordine alla differente ampiezza di tutela garantita dall’art. 570 c.p. rispetto a quella dell’art. 12-sexies l. 898/1970 (oggi trasposto nel nuovo art. 570-bis c.p.) ci si riporta alla recentissima sentenza della Corte di cassazione penale, sez. VI, 23 gennaio 2019, n. 3267 secondo cui “Deve ribadirsi il principio, ormai pacificamente espresso da questa Corte, che il delitto previsto dalla l. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-sexies, si realizza attraverso il semplice inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno nella misura disposta dal giudice civile (Sez. VI, n. 44086 del 14 ottobre 2014, P, Rv. 260717; Sez. VI, n. 34270 del 31 maggio 2012, M., Rv. 253262). Contrariamente a quanto previsto per l’integrazione di detta fattispecie, il reato di cui all’art. 570 comma 2, n. 2, c.p., invece, viene posto in essere con la distinta condotta del genitore/ex coniuge che fa mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori o all’ex coniuge, anche omettendo di versare l’assegno di mantenimento (Sez. VI, n. 44629 del 17 ottobre 2013, B, Rv. 256905). Seppure, quindi, l’inadempimento dell’obbligo imposto dalla decisione del giudice civile può costituire condotta omissiva comune ad entrambe le ipotesi di reato, solo tale ultima fattispecie (art. 570 comma 2, n. 2, c.p.) richiede la privazione dei mezzi di sussistenza, evenienza prefigurabile quale conseguenza della condotta in capo all’agente ai fini della sussistenza del necessario elemento soggettivo”.

6 Così, ex multis, Cass. pen. Sez. VI, Sent., 19 maggio 2017, n. 25267: “L’obbligo di assistenza verso i figli, il dovere di mantenere i figli minori e maggiori non autosufficienti, tale da comportare il dovere dei genitori di ‘far fronte ad una molteplicità di esigenze’, opera non solo nei confronti dei ‘genitori in costanza di matrimonio’ e, per effetto dell’allora vigente art. 155 c.c., ma è applicabile ‘anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio’, nonchè a beneficio dei ‘figli di genitori non coniugati, in forza della stessa l. n. 54 del 2006, art. 4, comma 2’”, in Quotidiano Giuridico, 2017.

7 Poiché il comma II dell’art. 4 l. 54 del 2006, secondo cui “Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”, trovava nell’art. 3 della medesima legge la sanzione per il caso della violazione dell’obblighi economici nei confronti dei figli di genitori non coniugati, è evidente che l’abrogazione di tale disposizione aveva generato alcune difficoltà interpretative.

8 Ex multis: ordinanza del 9 ottobre 2018 Corte d’Appello di Milano, Sez. I;

ordinanza del 21 settembre 2018 Corte d’Appello di Trento, Sez. Penale; ordinanza del 26 aprile 2018 Tribunale di Nocera inferiore.

9 Corte di Cassazione, Sez. VI, 24 ottobre 2018 n. 55744.

10 Corte di Cassazione, Sez. VI, 13 dicembre 2018, n. 56080

11 Come sottolineato dalla Suprema Corte, Sez. VI, nella sentenza del 13

dicembre 2018, n. 56080, “In conclusione, deve ritenersi che l’art. 4, pur a seguito degli interventi che hanno avuto ad oggetto l’assetto originario della normativa introdotta dalla l. n. 54 del 2006, sia rimasto in vigore e, con specifico riguardo all’ambito penale, funga da clausola di estensione della responsabilità penale per l’omesso adempimento degli obblighi nascenti dall’affidamento condiviso anche nei confronti dei genitori di figli nati al di fuori del matrimonio. Il rinvio contenuto nell’art. 4 alla ‘presente legge’ deve essere, pertanto, inteso non già come un rinvio statico (recettizio) al dato formale e, quindi, all’art. 3 della stessa legge, effettivamente abrogato, bensì come un rinvio dinamico (non recettizio) al contenuto dell’art. 3, trasfuso nell’art. 570-bis c.p.”.

12 Sul punto cfr. Corte di Cassazione, III Sez. civile, nella sentenza n. 12614 del 18 giugno 2015, riguardante la domanda risarcitoria, esercitata in sede civile, proposta da una madre in relazione ai danni da lei stessa subiti e derivanti dall’inadempimento del mantenimento verso i figli minori perpetrato da persona condannata per il reato di cui all’art. 570 c.p., secondo cui “la commissione di un reato fa sorgere il diritto al risarcimento del danno da esso provocato non solo in capo alla vittima primaria, ma anche in capo ai suoi familiari, come già stabilito da questa corte (per tutti, Sez. U, Sentenza n. 9556 del 1 luglio 2002, Rv. 555495)”. Nello stesso senso anche Corte di Cassazione, VI Sez. Penale, 14 novembre 2017 n. 51913.

13 Ex multis, Corte di Cassazione, Sez. VI, 17 ottobre 2013 n. 44629.

14 Ex multis, Corte di Cassazione, Sez. VI, 14 ottobre 2014 n. 44086; Corte di Cassazione Sez. VI, 31 maggio 2012 n. 34270.

15 Ex multis, Corte di Cassazione, Sez. VI, 17 maggio 2012, n. 18988.



Bibliografia

Relazione n. 32/2018 Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di Cassazione, in www.penalecontemporaneo.it (consultato il 23 marzo 2019);

Corte di Cassazione, Sez. VI penale, 17 maggio 2012, n. 18988 Corte di Cassazione Sez. VI penale, 31 maggio 2012, n. 34270

Corte di Cassazione, Sez. VI penale, 17 ottobre 2013, n. 44629 Corte di Cassazione, Sez. VI penale, 19 giugno 2014, n. 34181 Corte di Cassazione, Sez. VI penale, 30 settembre 2014, n. 41832 Corte di Cassazione, Sez. III civile, 18 giugno 2015, n. 12614;

Corte di Cassazione, Sez. VI penale, del 19 gennaio 2017, n. 268968 Corte di Cassazione, Sez. VI penale, del 6 aprile 2017, n. 25267 Corte di Cassazione, Sez. VI penale, 14 novembre 2017, n. 51913 Tribunale di Nocera inferiore, ordinanza 26 aprile 2018

Corte d’Appello di Trento, Sez. penale, ordinanza 21 settembre 2018 Corte d’Appello di Milano, Sez. I, ordinanza 9 ottobre 2018

Corte di Cassazione, Sez. VI, 24 ottobre 2018, n. 55744

Corte di Cassazione, Sez. VI penale, 13 dicembre 2018, n. 56080 Corte di cassazione penale, sez. VI, 23 gennaio 2019, n. 3267