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La riforma del processo canonico in materia di nullità matrimoniale

autore: S. Miraldi

Sommario: 1. Premessa. - 2. La competenza. - 3. La figura del Vescovo Diocesano nella riforma. - 4. Il Tribunale. - 5. Presupposti della causa. - 6. L’istruttoria. - 7. L’abolizione della doppia sentenza conforme. - 8. L’appello e la nova causae propositio. - 9. Il processo brevior. - 10. Le nuove regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale. - 11. Conclusioni.



1. Premessa



La riforma del processo canonico promossa dal Romano Pontefice con il Motu proprio (da qui M.p.) Mitis iudex Dominus Iesus del 15 agosto 2015, promulgato contestualmente alle Regole procedurali per le cause di nullità matrimoniale, ha creato contrastanti opinioni. Alcuni hanno accolto con entusiasmo la riforma definita “epocale”, mentre altri ne hanno criticato modalità redazionali e contenuto (ritenuto a tratti fumoso ed incerto, quando non contrastante) perché, a loro avviso, volta a “degiuridicizzare” il processo canonico, rendendolo poco più di una procedura amministrativa. Tali le reazioni degli operatori del diritto, “espressione qualificata della comunità” per le competenze e gli uffici che ricoprono1 . I fedeli paiono aver apprezzato delle norme volte a rafforzare e semplificare il diritto di accedere ai Tribunali ecclesiastici per accertare la propria situazione matrimoniale, anche grazie ad una insistente campagna stampa, che però a volte ne ha male interpretato scopi e attuazione. Numerose ed importanti sono state le innovazioni, anche se il M.p. non modifica né la dottrina della Chiesa sul matrimonio né introduce nuove motivazioni per le cause di nullità; esso ha natura processuale, pur contenendo riferimenti morali e di sostegno ai cristiani in difficoltà. Nonostante le grida di chi teme un “divorzio cattolico”, il M.p. conferma nel suo prologo l’indissolubilità del matrimonio e evidenzia soprattutto il timore che la distanza materiale e morale dei Tribunali possa allontanare i fedeli dalla Chiesa.



2. La competenza



Per facilitare l’introduzione delle cause, il M.p. ha indicato una serie di fori concorrenti e paritari (can. 1672)2 : la competenza territoriale spetta al Tribunale del luogo di celebrazione delle nozze, ovvero del luogo in cui una od entrambe le parti abbiano domicilio o quasi domicilio od ancora quello in cui si debbano raccogliere la maggior parte delle prove. Tale pluralità ha creato delle preoccupazioni: potendo l’attore scegliere il foro del suo luogo di domicilio o quasi domicilio (ove risiede da almeno tre mesi), risulta necessariamente compresso il foro del convenuto e conseguentemente il suo diritto di difesa. Sebbene la norma voglia andare incontro a chi intende chiedere l’accertamento della nullità, in questo modo, come giustamente rileva il Prof. J. Llobell3 , si rischia di perdere quella presenza e concreta possibilità di difesa del convenuto che garantisce e protegge il favor veritatis4 . Un tempo il Vicario giudiziale della parte convenuta doveva prestare il suo consenso al foro alternativo dopo aver sentito la medesima parte; oggi non vi è un criterio preferenziale, mentre la partecipazione del convenuto dovrebbe essere facilitata, ex art. 7§ 2 delle Regole Procedurali, da una non meglio precisata collaborazione tra Tribunali. Il timore è che l’attore scelga il Tribunale che, a suo avviso, possa rendere la causa più semplice5 ; inoltre questa diminuzione del diritto di difesa della controparte potrebbe, con il tempo, creare problemi alla delibabilità delle sentenze di nullità del matrimonio nello Stato Italiano6 .



3. La figura del Vescovo Diocesano nella riforma



L’ampia potestà concessa al Vescovo Diocesano nel can. 1673 ha causato inizialmente forte perplessità7 , tanto da aver portato in alcuni casi ad un fermo nelle attività dei Tribunali, incerti sulla propria legittimità. Il Vescovo Diocesano è giudice di primo grado per le cause di nullità del matrimonio8 e può esercitare la potestà giudiziale personalmente o per delega; in sostanza egli deve costituire per la sua Diocesi il Tribunale diocesano per le cause di nullità del matrimonio, salva la facoltà di rivolgersi ad un altro viciniore Tribunale diocesano od interdiocesano. In realtà il Vescovo è sempre stato il Giudice naturale per i suoi fedeli, ma tale potestà aveva valenza quasi simbolica e non era, in sostanza, mai adoperata9 .

Appare chiara la forte preferenza per la costituzione dei Tribunali diocesani, dato il vero e proprio dovere del Vescovo alla loro costituzione; la Prof.ssa Boni fa notare che l’esistenza di un Tribunale interdiocesano, anche dalla redazione del canone, risulterebbe secondaria e residuale10. Il M.p. non chiariva però come le Diocesi avrebbero potuto trovare i fondi per creare ciascuna un proprio Tribunale, in un momento di crisi economica e delle vocazioni. Detto questo, si deve però rilevare che non è previsto alcun controllo sul Vescovo che decida di unirsi ad un Tribunale interdiocesano11: ed infatti, forse ripensando a Giuseppe Tomasi di Lampedusa ed al suo “tutto cambia affinché nulla cambi”, quasi tutti i Vescovi italiani hanno deciso di delegare i già esistenti Tribunali Ecclesiastici Regionali (ora interdiocesani)12, la cui preparazione e serietà garantiscono un corretto svolgimento13 del processo. Appare presumibile che la disposizione per cui un Vescovo può rivolgersi ad un Tribunale “viciniore”, debba essere applicata nei paesi ove i Tribunali sino pochi e distanti.



4. Il Tribunale



Nel canone 1673 §3 si prevede che le cause siano decise da un Tribunale collegiale composto da tre membri (due possono essere laici, non in funzione di Presidente)14. Infine, al § 4 si prevede che, in caso di carenza di Giudici, il Vescovo possa affidare la causa ad un unico Giudice Chierico; tale decisione è rimessa esclusivamente al Vescovo Moderatore, senza alcun controllo della Conferenza Episcopale. Certamente vi potrebbero essere delle problematiche legate alla decisione assunta da un Giudice unico, aumentate dalla mancanza di misure di controllo e dall’abolizione della sentenza doppia conforme, specialmente perché il Vescovo può affiancare al Giudice Unico degli “assessori di vita specchiata, esperti in scienze giuridiche o umane”. Come sottolineato dalla Prof.ssa Boni, da tale disposizione pare emergere una scarsa considerazione per le competenze giuridiche e canonisti, che rimangono indispensabili in quello che rimane – nonostante le modifiche – un processo giudiziario. Grazie a queste agevolazioni, però, le cause di nullità dovrebbero divenire più accessibili, specialmente ove non vi siano canonisti da nominare quali Giudici15; la stessa ratio soggiace all’ampliamento del numero dei laici che possono essere presenti in un Collegio, data la difficoltà oggettivamente esistente di trovare personale qualificato.



5. Presupposti della causa



Una modifica assai contestata, per le sue possibili conseguenze, è portata dal can. 167516: “Il Giudice, prima di accettare la causa, deve avere la certezza che il matrimonio sia irreparabilmente fallito, in modo che sia impossibile ristabilire la convivenza coniugale”. Nella nuova dizione sparisce il tentativo necessario di conciliazione o sanazione del matrimonio da parte del Giudice che, a mio avviso (e qui seguo quanto riferito da Mons. Llobell), è un dovere ineliminabile, ma che in questa novella legislativa non esiste più. In sostanza, si è invertita la prospettiva ed il senso dalla norma: può sembrare quasi che il legislatore veda ora la nullità come un “rimedio” al naufragio definitivo di un coniugio17 ovvero che l’insuccesso provochi la nullità, mentre invece dovrebbe essere l’opposto18. Ci si può domandare poi se il fallimento irreparabile debba essere dimostrato con il deposito di un provvedimento di separazione o di divorzio od ancora se i cristiani che hanno proseguito la convivenza nel dubbio sulla validità del proprio matrimonio19 non possano introdurre la causa di nullità; appare comunque che una disposizione di stato civile non possa e non debba essere requisito indispensabile per introdurre la causa.



6. L’istruttoria



Mentre precedentemente le dichiarazioni delle parti non avevano valore di prova piena oggi, ex can. 1678, lo hanno a condizione che vi siano eventuali (non necessarie) testimonianze sulla credibilità delle parti e non vi siano elementi a confutazione. Alcuni canonisti (Boni, LLobell) hanno espresso dubbi su tale forza probatoria, forse nel timore di collusioni e di un sostanziale trionfo della visione personale (desidero la nullità, quindi posso riferire una realtà alterata per ottenerla) sulla ricerca della verità fattuale. Personalmente ritengo opportuna tale valenza probatoria se vi è almeno un teste degno di fede, perché spesso le questioni intime e personali di una simulazione del consenso matrimoniale non sono state diffuse, ed il credente convinto della nullità del proprio matrimonio, privo di testimoni perché magari di carattere riservato20, doveva rinunciare ad instaurare una causa di nullità, sentendo per di più il peso di essere considerato “inaffidabile”. In ogni caso la norma precisa che la confessione giudiziale e le dichiarazioni delle parti debbono essere confermati da indizi ed ammennicoli, a tutela della verità.

Nello stesso canone si prevede che la deposizione di un singolo teste (in particolare se teste qualificato ovvero se le circostanze lo suggeriscono) può fare pienamente fede; questa disposizione appare corretta, alla luce delle sopra esposte considerazioni. Magari, simili casi dovrebbero acuire l’attenzione da parte dell’istruttore nel processo breve, perché la sommarietà delle informazioni potrebbe rendere facile per le parti tentare di ricostruire una storia difforme dal vero. Anche nel § 4 del canone 1678 si riscontra una novità: in precedenza, se in istruttoria emergeva un dubbio assai probabile di inconsumazione del matrimonio, il Tribunale con il consenso delle due parti poteva trasmettere gli atti alla Sede Apostolica, sospendendo la causa di nullità per l’accertamento del matrimonio rato e non consumato. Oggi il consenso delle parti (che vengono semplicemente “sentite”) non è più necessario, e una procedura per sua natura eccezionale (il ricorso alla Sede Apostolica) diviene una procedura azionabile ex officio dal Giudice21.



7. L’abolizione della doppia sentenza conforme



Il canone 1679 riporta l’innovazione forse più auspicata da molti operatori del diritto canonico. Nella precedente stesura codiciale22, il giudizio dichiarativo di nullità del matrimonio veniva trasmesso ex officio ad un Giudice di secondo grado, che emetteva, sussistendone i requisiti, un provvedimento di conferma. In concreto, tranne il caso di impugnazione interposta da una parte o dal Difensore del Vincolo, ben poche erano le riforme della decisione in appello, mentre il fedele vedeva passare altri lunghi mesi di attesa per conoscere la sua effettiva situazione personale. Per la Prof.ssa Boni la coscienza di un esame (pur sommario) del Tribunale di appello manteneva alta l’attenzione dei Tribunali di primo grado, oltre ad essere uno stimolo per la omogeneità della giurisprudenza; rimane però anche oggi fermo il diritto di appello per le parti ed il Difensore del Vincolo, con sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata. Vi può essere un rischio nel caso di processo brevior, perché il giudizio è riservato ad un Vescovo che potrebbe non avere le necessarie conoscenze giuridiche, al pari dell’istruttore. Tutto sommato, però, salvo il diritto di appello delle parti e del Difensore del Vincolo23, i vantaggi di tale disposizione superano di gran lunga i rischi; inoltre l’abolizione della doppia conforme garantisce una decisione esecutiva tempestiva, ex can. 1453.



8. L’appello e la nova causae propositio



Il canone 1680 prevede l’appello ad un Tribunale Collegiale su impulso delle parti24. Nel § 2, si prevede espressamente che, ricevute le osservazioni delle parti e del Difensore del Vincolo, il Tribunale può confermare con decreto la sentenza di prima istanza, se l’appello appare “manifestamente dilatorio”25. Non credo che detta decisione possa essere arbitraria, in quanto la norma di riferimento è restrittiva e comunque il decreto è emesso e specificatamente motivato da un collegio, che esamina la decisione di primo grado alla luce delle osservazioni delle parti, rispettando le esigenze dei fedeli e l’economia processuale. Il canone 1681 precisa che in caso di sentenza “esecutiva” (ricordiamo che le sentenze sullo stato delle persone non passano mai in giudicato), dietro presentazione di nuove e gravi prove ed argomenti si può introdurre una nuova proposizione della causa (can. 1644) dinanzi al Tribunale di terzo grado. Nel Restritto ex audientia del 7 dicembre 1915 il Pontefice ha precisato che è esclusa la nuova proposizione se una delle parti si è già risposata, salvo che consti una “manifesta ingiustizia della decisione”; in questo modo, si tende a salvaguardare la buona fede e la buona fama dei cristiani che si sono risposati, convinti della legittimità della loro scelta.



9. Il processo brevior



Il can. 1683 introduce il nuovo processo “brevior”: il Vescovo Diocesano giudicherà la nullità con un processo più breve se la domanda è congiunta e se ricorrono circostanze di fatti e persone che non richiedano una istruzione più accurata, rendendo manifesta la nullità. La prova di queste nullità (frutto anche della mentalità moderna, forse più propensa alla simulazione), per la ratio legis, dovrebbe essere veloce ed agile; la competenza è riservata al solo Vescovo Diocesano, massimo garante dell’unità e della fede cattolica, proprio per mantenere saldo il principio dell’indissolubilità del matrimonio. Le prove saranno raccolte per il Vescovo da un istruttore, un “uditore” dotato di prudentia e doctrina (can. 1482§ 2) che può non avere, sostanzialmente, conoscenze giuridiche; data la delicatezza della fase istruttoria, specialmente in un processo nel quale possono sorgere delle questioni strettamente processuali, tale figura genericamente qualificata pare aprire la strada ad alcune difficoltà, specialmente se anche lo stesso Vescovo sia privo di conoscenze giuridiche26. Il can. 1687 richiede, anche nel processo brevior, che il Vescovo raggiunga la certezza morale della nullità del matrimonio, ovvero che “resti del tutto escluso qualsiasi dubbio prudente positivo di errore”27 in base alle prove assunte e tale certezza dovrà essere motivata nella sentenza. Tale richiamo dovrebbe quindi garantire che non vi sarà mai un “divorzio cattolico”, data la sicurezza della sussistenza delle cause di nullità ex tunc che verranno esplicate in una sentenza dalla natura dichiarativa e non costitutiva. Il can. 1688 autorizza il processo brevior anche in caso di processo documentale28.



10. Le nuove regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale



Il Pontefice ha poi emanato delle Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale; già la loro natura giuridica ha creato una certa confusione, essendo collocate nella pubblicazione dopo la firma del Pontefice. Comunque alle stesse viene generalmente riconosciuta la dignità di legge29 o di decreto generale esecutivo30. L’art. 2 delle Regole prevede un’indagine pregiudiziale o pastorale nelle strutture parrocchiali o diocesane a favore dei fedeli “divorziati o separati”, che potrà aiutare a raccogliere elementi utili per il processo di nullità. Di nuovo appaiono esclusi da tale ausilio i coniugi che continuano la convivenza, pur infelice, in attesa di sapere se il loro matrimonio sia valido o meno. L’indagine viene svolta da persone ritenute idonee dall’Ordinario del luogo, anche se prive di competenze giuridico-canoniche. Come giustamente da alcuni sottolineato31, in questo modo vengono dati compiti con forte pregnanza giuridica a soggetti non esperti di diritto, con prove raccolte senza la riservatezza e le garanzie proprie del processo. Dagli artt. 3 e 4, purtroppo, la figura dell’Avvocato non emerge come un valido aiuto nella ricerca della verità, laddove la tutela ed assistenza del cliente da parte di un legale qualificato è sempre stata garanzia di correttezza, etica e imparzialità32. Per contro, vengono dati ampi spazi ai parroci e agli addetti ai corsi prematrimoniali con il rischio di far cercare elementi di nullità a chi, nel processicolo matrimoniale, aveva ritenuto gli sposi idonei al passo coniugale. Inoltre, la loro partecipazione all’investigatio li escluderebbe dal ruolo di testimoni (peraltro qualificati, quindi dotati di particolare importanza). Le regole procedurali suggeriscono poi una generica cooperazione fra Tribunali e invitano i Vescovi a formare personale per i costituendi Tribunali, facendo sì che chiunque possa partecipare ai processi “con il minimo dispendio”. Tale disposizione (art. 8) sottende di nuovo il Tribunale Diocesano quale opzione primaria, senza specificare la natura e le modalità della richiesta cooperazione. Proprio la gratuità delle cause, che tanto spazio ha avuto nella stampa nostrana, crea delle perplessità pratiche: le Conferenze Episcopali sono invitate dal M.p. a garantire la gratuità dei processi “salvi i giusti compensi degli operatori dei Tribunali”. Non era chiaro a cosa si riferisse la gratuità: al minimo contributo spese richiesto dai Tribunali? Agli Avvocati, che dovrebbero prestare la loro opera gratuitamente (circostanza in passato portata all’esame addirittura della CEDU) dopo anni di studio e che già hanno tariffe ridotte? Per Mons. Llobell, la gratuità doveva riflettersi nell’eliminazione delle spese di Tribunale33, rimanendo libera la possibilità di scegliere un avvocato di fiducia, che dovrà essere pagato per la propria alta professionalità e per il lavoro prestato, così da mantenersi dignitosamente34. La genericità di queste disposizioni, che necessitavano di chiarimenti, ha portato la Conferenza Episcopale Italiana a pronunciarsi sul regime amministrativo dei Tribunali. L’idea di gratuità, dovendosi scontrare con la realtà, si è attenuata. Innanzitutto le Diocesi sono il soggetto giuridico di riferimento per i Tribunali diocesani od interdiocesani, le Regioni Ecclesiastiche per i Tribunali interdiocesani a cui aderiscono tutte le Diocesi della Regione. Il regolamento di ciascun Tribunale verrà emanato dal Vescovo competente. La CEI parteciperà alle spese dei Tribunali per delibera dell’Assemblea su proposta del Consiglio Episcopale permanente; le risorse disponibili saranno ripartite tra le Regioni ecclesiastiche per metà in relazione al numero degli abitanti e per metà in relazione al numero di cause terminate nei Tribunali nel precedente quinquennio. Il contributo verrà versato alle Regioni (che lo distribuirà ai destinatari) a bimestri anticipati; se una Diocesi intende costituire un proprio Tribunale, dovrà ricollocare il personale che, a motivo del recesso, risultasse in esubero rispetto al Tribunale originario. Le Diocesi metteranno a disposizione dei locali per il Tribunale ed in più potrà essere previsto un rimborso delle spese straordinarie per le sedi dei Tribunali fino al 50%. Sul contributo delle parti, sebbene si invitino i Vescovi alla sollecitudine nell’accompagnare i fedeli, si precisa che le stesse sono tenute a concorrere alle spese giudiziali con le modalità stabilite dal Consiglio Episcopale permanente, salva la possibilità di contribuire in misura maggiore. Il soggetto che non può versare il contributo, ne chiederà al Vicario Giudiziale l’esenzione o la riduzione. Il Vicario, per la concessione del beneficio, acquisirà il parere del parroco o di altro sacerdote e terrà conto degli elementi rilevanti per il diritto civile (presumibilmente i requisiti per la concessione del patrocinio a spese dello Stato). Gli Avvocati dovranno essere iscritti in apposito albo ed il Presidente del Collegio determinerà le misure degli onorari loro dovuti alla fine della fase istruttoria; in primo grado (come nel secondo), un preventivo dovrà essere sottoscritto dalla parte e dall’Avvocato. I legali saranno tenuti, a turno, a prestare il proprio gratuito patrocinio alle parti cui è stato affidato un patrono d’ufficio, con il diritto al rimborso delle sole spese vive sostenute. Rimangono i patroni stabili, che debbono prestare consulenza ed assistenza ex can. 149035. Ritornando alle Regole Procedurali, gli artt. 14-20 riguardano il processo brevior dinanzi al Vescovo: nell’art. 14 sono citati alcuni esempi di causae nullitatis (mancanza di fede che porta la simulazione del consenso, errore che determina la volontà, brevità della convivenza, aborto procurato, ostinato permanere in una relazione extraconiugale prima o subito dopo le nozze, occultamento doloso di sterilità o malattie o di figli già nati o di una carcerazione, cause del matrimonio estranee alla vita coniugale quale gravidanza imprevista, violenza fisica, mancanza di uso di ragione comprovata con documenti medici) in un elenco da considerarsi indicativo, e certamente non esaustivo36. Le Regole suggeriscono una forte accelerazione del processo e l’art. 18 (in contrasto con il can. 1677 § 3), prevede espressamente che le parti possano assistere alle escussioni delle altre parti e dei testi. Tale disposizione, in un processo “intimo” quale quello di nullità può creare timori e mutismi, che non appaiono prudenziali. Inoltre, nel § 2 si prevede che il Notaio dovrà redigere “sommariamente” un verbale delle dichiarazioni delle parti: la sommarietà non appare condivisibile, perché in fondo il Vescovo dovrà decidere in base ad informazioni “riassunte”, talvolta senza aver mai visto le parti. Infine, all’art. 20 si legge che “Il Vescovo stabilisca secondo la sua prudenza il modo in cui pronunciare la sentenza”, che verrà poi notificata entro un mese dalla decisione. Tale genericità sulla modalità di redazione della sentenza appare poco chiara, anche se comunque dovrà esserne redatta una versione scritta, per esplicare le motivazioni e consentire la notifica alle parti.



11. Conclusioni



Questa riforma, tanto auspicata e richiesta dagli stessi fedeli che desideravano profondamente un processo più semplice e veloce, ha a mio avviso raggiunto solo in parte il suo scopo. Essa voleva avvicinare i fedeli alle strutture che possono verificare la reale situazione del loro matrimonio, semplificare le procedure, far sì che nessuno fosse intimorito dai costi processuali. La risonanza mediatica del M. P. ha effettivamente tranquillizzato alcuni fedeli, che si sono accostati con maggiore tranquillità al processo di nullità matrimoniale, come anche a me è stato confidato. Personalmente, condivido l’abolizione della necessità di una doppia sentenza conforme, una certa oralità del processo, la raccomandazione alla semplicità. Ma, da un punto di vista giuridico, la riforma può apparire alcuni punti lacunosa ed aperta ad interpretazioni contrastanti, anche da un punto di vista applicativo; non a caso, i Vescovi Italiani hanno recepito la norma in modo creativo37, in primo luogo ricostituendo i Tribunali che sembravano aboliti. Certamente occorrerà del tempo, come già disse Mons. Pio Vito Pinto (Decano della Rota Romana) nella conferenza di presentazione del Motu Proprio perché i Vescovi, i Giudici, gli Avvocati studino bene le norme così da essere nelle condizioni di applicarle secondo i desiderata pontifici. La riforma potrà essere preziosa, ma richiederà un profondo esame, aggiustamenti applicativi ed una forte preparazione degli operatori del diritto per arrivare ad un pieno rispetto della sacralità del matrimonio congiunto al legittimo desiderio dei fedeli di cominciare, ove ve ne siano i presupposti, una nuova vita familiare.

NOTE

1 M.C. ruSCazio, Considerazioni sulla receptio legis alla luce del M.P. Mitis Iudex Dominus Iesus, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 2018, 9, 12.

2 Il professor Paolo Moneta ne identifica ben 6 in P. Moneta, La dinamica processuale nel M.P. Mitis iudex, in Ius Ecclesiae, 2016, 28, 1.

3 J. llobell, I processi matrimoniali nella Chiesa, in Subsidia Canonica 17, Pontificia Università della Santa Croce, 2015, 145 ss.

4 Non si deve dimenticare che scopo primario e fine ultimo della norma canonica è la salus animarum.

5 Consideriamo che il can. 1488 § 2 vieta addirittura agli avvocati di introdurre le cause là dove prevedono che si possa ottenere più facilmente una sentenza favorevole.

6 N. Colaianni, Il giusto processo di delibazione e le “nuove” sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale, in Stato, Chiese e pluralità confessionali, 2015, 39, 23 ss. Sull’importanza del contraddittorio in tale prospettiva vedi P. Moneta, Riconoscimento degli effetti civili per le pronunce di nullità matrimoniale in Chiesa e Stato in Italia. Nuovi studi di diritto ecclesiastico, in Studi Giuridici, 2015, CXV, 66.

7 Se la riforma ha avuto la sua ispirazione nei lavori dei partecipanti al Sinodo del 2014, non si deve dimenticare che le loro istanze furono abbastanza generiche e che questo ampliamento delle competenze del Vescovo Diocesano non fu assolutamente condiviso da tutti i padri sinodali. ruSCazio, op. cit., 15. L’autrice sottolinea la segretezza dei lavori della commissione di riforma e lo scarso coinvolgimento degli operatori del settore nella preparazione del testo normativo.

8 Tranne quelle specificamente sottratte alla sua competenza.

9 J. llobell, Alcune questioni comuni ai tre processi per la dichiarazione di nullità del matrimonio previsti dal M.P. “Mitis Iudex”, in Ius Ecclesiae, 2016, 28/1, 12.

10 In Italia la prima creazione dei Tribunali Regionali fu determinata da mancanza di personale, penuria del clero e scarsità di risorse; cfr. G. boni, La recente riforma del processo di nullità matrimoniale. Problemi, criticità, dubbi, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, 2016, 11.

11 Tanto che alcuni, come Ferro Canale, ritengono che l’idea soggiacente alla norma sarebbe addirittura quella di far giudicare le cause con rito ordinario agli interdiocesani almeno in prima battuta; G. ferro Canale, Il M.P. Mitis iudex Dominus Iesus: note a prima lettura, in Chiesa e Post Concilio, 2016. A mio avviso, non è questa la mens legislatoris, tanto che Mons. Vito Pinto ha rilasciato una dichiarazione per cui questa spingerebbe al recesso; V. pinto, Dichiarazione, in L’Osservatore Romano, 8 novembre 2015, 8.

12 Per ruSCazio, op. cit., 17, ben poche sono state le Diocesi recedenti dai Tribunali già esistenti, manifestando l’evidente favor dei Vescovi Italiani per tale modello. Chi sottolinea l’esperienza dei Tribunali – i Vescovi Pugliesi –, chi ritiene che garantiscano la continuità e la celerità del servizio – i Vescovi Lombardi –, chi ha parlato di ruolo addirittura centrale dei Tribunale Regionali – Vescovi del Piemonte e Valle d’Aosta.

13 Non ultimo da un punto di vista economico e di gestione del tempo per arrivare ad una decisione tempestiva.

14 Ex can. 1421 § 2 CJC, nei collegi può essere presente un solo laico, quindi si presume che la disposizione del M.P. sia rivolta esclusivamente alle nullità.

15 J. llobell, Siamo di fronte a una profonda riforma legislativa e giudiziale, intervista di G. triDente pubblicata su Palabra (Madrid), ottobre 2015, 16-19. In questo modo, vi saranno più Tribunali e più Tribunali vicini – anche fisicamente – ai fedeli.

16 Nella precedente stesura (can. 1676) il Giudice prima di ammettere il libello aveva il dovere di tentare una riconciliazione fra le parti, invitandole ove possibile ad una sanazione del consenso. Tale obbligo permaneva anche in corso di causa, se le parti si aprivano a tale possibilità.

17 ferro Canale, op. cit.

18 Tale elemento viene ben evidenziato da boni, op. cit., 26, la quale richiama anche le chiare parole di S. Giovanni Paolo II nella Allocuzione alla Rota Romana del 1987, in cui si negava che il fallimento del matrimonio fosse una prova della nullità.

19 Quindi rispettando il dettato della Chiesa.

20 Tesi sostenuta anche da ferro Canale, op. cit., il quale ricorda come già sotto il CJC del 1917 alcune sentenze rotali basavano la nullità sulla dichiarazione delle parti.

21 boni, op. cit., 33.

22 Detta disposizione ebbe origine nella Costituzione Apostolica Dei Mise-

ratione del 1741, per fermare gli abusi di Vescovi e Tribunali (specialmente in Polonia), che portavano a facili pronunce di nullità. ferro Canale, op. cit.

23 Anche se appare remota la possibilità di appello nel processo brevior, essendo le parti concordi in primo grado e dovendo, in tal caso, il Difensore del Vincolo opporsi alla decisione assunta da chi lo ha nominato.

24 Da più parti si è lamentata l’incertezza nell’identificazione del Tribunale di Appello; ferma la competenza della Rota Romana, la situazione è rimasta comunque, anche a seguito di interventi della Segnatura Apostolica, sostanzialmente conforme alla ripartizione precedente al M.P.

25 Che prima facie non offre alcun appiglio ad una possibile tesi pro validitate matrimonii.

26 Alcuni Vescovi hanno manifestato il timore di dover giudicare, sostanzialmente da soli, dei veri e propri processi avendo magari conseguito una laurea in scienze umane.

27 Istruzione da osservarsi nei Tribunali diocesani e interdiocesani nelle trattazioni delle cause di nullità Dignitas Connubii, Pontificio Consiglio per i testi legislativi, 25 gennaio 2005.

28 Ai sensi del can. 1686 il Vicario Giudiziale o un Giudice da lui delegato, se da un documento non soggetto a contraddizione od eccezione consti con certezza la presenza di un impedimento dirimente o la mancanza della forma

legittima, citate le parti e con l’intervento del Difensore del Vincolo, può dichiarare con sentenza la nullità del matrimonio, purché sia chiaro con eguale sicurezza che non fu concessa la dispensa, oppure che il procuratore non aveva un mandato valido. Si precisa che in passato è già stata contestata la delibabilità delle sentenze emesse a seguito di processo documentale, per la sostanziale lesione del diritto di difesa. Nel processo più breve il problema non si dovrebbe porre, essendo la domanda necessariamente congiunta.

29 llobell, Alcune questioni comuni, cit.

30 ferro Canale, op. cit.

31 boni, op. cit., 58.

32 llobell, I processi matrimoniali, cit., 182.

33 Coperte da eventuali aiuti statali e dalla libera generosità dei fedeli, in

primo luogo di coloro che richiedono la nullità. Tale concetto comporterebbe il rischio che i fedeli possano pensare di poter così “pagare” la nullità, rischio che andrebbe evitato spiegando la situazione.

34 llobell, Siamo di fronte, cit.

35 Can. 1490. In ciascun tribunale si costituiscano, per quanto è possibile, patroni stabili, stipendiati dallo stesso tribunale, che esercitino l’incarico di avvocati o procuratori nelle cause soprattutto matrimoniali per le parti che di preferenza desiderino sceglierli. Ex art. 133 § 1 della Instructio Dignitas Connubii, l’ufficio del patrono stabile è stato creato per mettere al servizio dei fedeli uno specialista che possa dare “un consiglio sulla possibilità di introdurre la causa di nullità del matrimonio e, se ciò risulta possibile, come procedere”.

36 Questo anche se taluni, come Colaianni, op. cit., 17, hanno lamentato che il M.P. indicando fattispecie specifiche non ha lasciato alla giurisprudenza il consolidamento delle ipotesi di nullità manifeste, ma ne ha elevate alcune a figure sintomatiche.



Bibliografia

boni, La recente riforma del processo di nullità matrimoniale. Problemi, criticità, dubbi in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, in Rivista telematica, 11, 2016.

Colaianni, Il giusto processo di delibazione e le “nuove” sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale in Stato, Chiese e pluralità confessionali, in Rivista telematica, 39, 2015.

ferro Canale, Il M.p. Mitis iudex Dominus Iesus: note a prima lettura, in Chiesa e Post Concilio, Rivista telematica, 2016.

llobell, Alcune questioni comuni ai tre processi per la dichiarazione di nullità del matrimonio previsti dal M.p. “Mitis Iudex”, in Ius Ecclesiae, 28, 1, 2016.

llobell, I processi matrimoniali nella Chiesa, in Subsidia Canonica 17, Pontificia Università della Santa Croce, 2015.

llobell, Siamo di fronte a una profonda riforma legislativa e giudiziale, intervista di G. Tridente pubblicata su Palabra (Madrid), ottobre 2015.

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