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I protocolli sulle spese accessorie

autore: B. Lanza

Sommario: 1. Linee guida e protocolli nel linguaggio giuridico. - 2. Il contributo al mantenimento e le spese accessorie nel nostro sistema legislativo. - 3. Il contributo al mantenimento e le spese accessorie attraverso la giurisprudenza. - 4. I protocolli e le linee guida esistenti e la loro organizzazione. a) Il contributo per il mantenimento dei figli: la definizione. b) Le spese accessorie: la definizione. - 5. Le spese accessorie da rimborsarsi a prescindere dal consenso manifestato. - 6. Le spese accessorie da sostenersi con il preventivo consenso. - 7. La classificazione delle spese in scolastiche, sanitarie e ricreative. a) Le spese accessorie sanitarie. b) Le spese accessorie scolastiche. c) Le spese extrascolastiche. - 8. Le modalità di erogazione della spesa sostenute. - 9. Le linee guida sul contributo al mantenimento dei figli del gruppo famiglia e minori nell’ambito dell’assemblea nazionale degli osservatori sulla giustizia civile il 20 maggio 2017 e linee guida per la regolamentazione delle modalità di mantenimento dei figli nelle cause diritto familiare promosse dal consiglio nazionale forense 29 novembre 2017. - 10. Bibliografia, indice giurisprudenza e sitografia.



1. Linee guida e protocolli nel linguaggio giuridico



L’intreccio dei rapporti giudiziari e sociali evidenzia lacune legislative che le norme non sempre hanno colmato. Per questo, anche nella prassi del diritto di famiglia, si è fatto ricorso alla stesura di linee guida o di protocolli per dirimere aspetti controversi legati alla pratica. In genere con linee guida si intende un insieme di raccomandazioni funzionali a rendere corretto un certo comportamento e da utilizzarsi come parametro di riferimento; queste si applicano ad ogni tipo di organizzazione, pubblica o privata, in campo sociale, politico, economico, aziendale, medico ed anche giuridico consentendo di uniformare le condotte e ridurre il margine di errore1 . Il protocollo, invece, consiste in un’analitica successione di adempimenti e regole, definite da diverse parti, cui attenersi con procedure generalmente vincolanti; in prevalenza esso si riferisce a convenzioni o accordi internazionali relativi ad un’intesa tra Stati e che produce gli stessi effetti giuridici di qualsiasi documento relativo ad accordi tra soggetti di diritto internazionale. I due termini non sono tra di loro sinonimi, anche se nella pratica, sono stati utilizzati come tali2 . Infatti, il loro impiego riguarda situazioni diverse: le linee guide forniscono indicazioni di carattere generale e possono orientare il protocollo; il protocollo, coinvolgendo più parti, contempera esigenze differenti, offre tracce concrete ed ha un’accezione maggiormente cogente soprattutto se desunta dal significato originario del termine. Questo strumento nel diritto di famiglia è molto diffuso generando in tema di spese accessorie, argomento che qui ci interessa, una molteplicità di documenti accomunati dal medesimo denominatore: evitare il moltiplicarsi dei contenziosi frutto di un inevitabile, ma fisiologico, vuoto normativo. Nell’elaborazione di questi atti, tuttavia, qualche foro ha adottato una forma mista, come ad esempio Sulmona ed il recentissimo protocollo di Siena, anche se la diversa organizzazione, di struttura e di contenuto, imporrebbe di non sovrapporli in quanto, perseguono funzioni diverse pur accomunati dallo scopo. L’indagine svolta, attraverso la disamina dei protocolli e delle linee guida esistenti in materia, si è prefissata come obiettivo di confrontare tra loro i diversi documenti ed offrire l’opportunità di integrare, o ridurre, gli accordi già esistenti. Attraverso la loro comparazione, che si sviluppa in un arco temporale superiore ai 10 anni (il più vecchio è il protocollo di Piacenza del 2007 l’ultimo è quello di Bolzano del settembre 2018), è emerso come la tipologia di spese ivi contenuta sia stata progressivamente classificata in modo diverso ad esempio differenziando tra le spese da rimborsarsi con o senza accordo, nonché attraverso l’inclusione di nuove voci di spesa, espressione di una società che muta. Un segnale di cambiamento così forte che già nel volgere di qualche anno, ha condotto addirittura alcuni tribunali alla seconda riedizione di questi documenti (v. Vicenza e Verona in corso di sottoscrizione) includendo spese che, con ogni probabilità, sono il frutto di una particolare attenzione al mutamento delle famiglie e delle sue esigenze e risentono, altresì, di una inevitabile contaminazione con altri documenti. Per questo motivo, quindi, è importante conoscere l’esperienza di altri fori per permettere la creazione, e forse anche la condivisione, di norme di soft law il più possibili omogenee arrivando, auspicabilmente a protocolli che coprano, come accaduto per Milano, l’area della Corte d’Appello.



2. Il contributo al mantenimento e le spese accessorie nel nostro sistema legislativo



Le norme di cui agli art. 316-bis e 337-ter c.c. hanno dettato i criteri generali per stabilire come i genitori debbano concorrere al mantenimento della prole richiamando le loro capacità di reddito e dettando una serie di criteri cui attenersi quando lo si quantifica. Accanto al contributo al mantenimento mensile riferito a spese caratterizzate dalla frequenza e dall’ordinarietà, ci sono altre voci che lo arricchiscono e che, impropriamente, sono definite nel linguaggio corrente straordinarie; questo aggettivo, in realtà, non le qualifica e ne riduce la portata perché nella gestione di un minore ad esempio la spesa scolastica o sanitaria, non è sempre un fatto straordinario (come non dovrebbe esserlo quella sportiva o ricreativa fatte salve le condizioni economiche dei genitori). Più appropriata sarebbe la definizione di “spesa accessoria” che affianca e completa, come componente variabile, il contributo al mantenimento in quanto legata ad esigenze costituzionalmente garantite come, ad esempio, l’istruzione; l’aggettivo straordinario od ordinario, quindi, dovrebbe utilizzarsi come tale e non come sinonimo delle citate spese3 . L’argomento di cui si tratta sembrerebbe marginale rispetto alla problematicità che nella pratica riveste la quantificazione del contributo al mantenimento in favore della prole così come del coniuge; al contrario proprio le spese accessorie sono diventate un terreno di scontro ove i genitori, anche per importi non rilevanti, hanno affrontato addirittura tre gradi di giudizio in un braccio di ferro originato più da una lotta di potere legata più a dinamiche interne alla coppia che non dalla rilevanza della spesa in sé e dalla sua effettiva rimborsabilità. In tal senso i fattori emotivi spesso hanno soverchiato il dovere imposto ai genitori di mantenere, istruire ed educare la prole in relazione alla capacità, all’inclinazione naturale e alle aspirazioni dei figli, facendo prevalere istanze legate più alla logica del conflitto che non alla effettiva soddisfazione dei bisogni della prole. Se ad una condizione di fragilità emotiva, in cui spesso i genitori vengono a trovarsi in questo frangente, si aggiunge un’infausta contingenza economica ove talvolta è difficile garantire anche le esigenze primarie, si capisce come questi fattori abbiano reso incandescente la materia incrementando i procedimenti giudiziari. Da qui la diffusione di queste intese con uno scopo prevalentemente deflattivo.



3. Il contributo al mantenimento e le spese accessorie attraverso la giurisprudenza



La giurisprudenza di legittimità e di merito ha offerto criteri diversificati per individuare le spese accessorie, utilizzando una terminologia che ne ha definito la qualità ma non la sostanza. Per avere un quadro complessivo, è necessario partire dalla definizione che viene generalmente data al contributo al mantenimento ordinario versato mensilmente per la prole, ossia quanto serve a soddisfare le esigenze di vita quotidiane di una persona normale, o di quella particolare persona (ad esempio riferite ad un figlio affetto da una patologia che richiede costantemente cure mediche), nonché le spese ad esse immediatamente propedeutiche e consequenziali; esigenze che mutano ed aumentano con il tempo in relazione all’età della prole secondo l’id quod plerumque accidit4 . Le spese accessorie, invece, affiancano il contributo al mantenimento non costituendone un duplicato5 e si ripartiscono tra spese ordinarie legate a bisogni quotidiani riferiti alla scuola, alla sanità ed alle attività ricreative e straordinarie necessarie a fronte di eventi non costanti, eccezionali, saltuari, non prevedibili, rilevanti in termini economici e imponderabili6 , senza che tali caratteri debbano ricorrere simultaneamente7 .





Le spese accessorie, quindi, per definizione non si potrebbero includere nella determinazione del contributo al mantenimento8 ; il loro mancato riconoscimento sarebbe un danno per la prole che vedrebbe negato un indispensabile apporto economico orientato alla crescita: “in contrasto con il principio di adeguatezza al mantenimento che è rivolto non solo alle loro esigenze alimentari e abitative ma anche a quelle di istruzione, di natura sanitaria, sociale e sportiva”9 . La Suprema Corte, definito il contenuto delle spese accessorie, ha individuato quando una spesa accessoria sia rimborsabile. La questione è di particolare interesse per la diffusione di un orientamento che, apparentemente, sembrerebbe escludere ai fini del rimborso l’obbligo di concertazione delle spese accessorie ritenute per la prole di maggior interesse10. L’affermazione non è pertinente ed è frutto del processo di riproduzione meccanica di altre massime, estrapolate dal contesto, tipico dell’era telematica: anche gli ermellini non sono sfuggiti al fascino del taglia/incolla continuando a riferirsi al genitore affidatario come sinonimo di collocatario e attribuendogli poteri di cui è stato privato. Questo richiamo, infatti, è nato sotto il vigore di una norma abrogata e antecedente l’introduzione della legge 54/2006 che ha sostituito il disposto di cui all’art. 155, co. III11, c.c. con l’art. 337-ter, co. 3, c.c. Infatti, prima del 2006 il regime ordinario di affidamento era quello esclusivo e correttamente le massime si riferivano al genitore affidatario (oggi collocatario) del minore, che per le spese ritenute di maggior interesse per la prole non aveva alcun obbligo di accordo preventivo con l’altro genitore. La Suprema Corte, nonostante la riformulazione della norma, in epoca successiva all’abrogazione e per vicende processuali insorte dopo il 2006 ha continuato a richiamare nelle proprie sentenze la figura del genitore affidatario e la non obbligatorietà di concertazione preventiva per le spese di maggior interesse; in questo modo sembrerebbe superarsi il principio sotteso alla bigenitorialità che impone, al contrario, il preventivo accordo e che non distingue tra spese di maggior o minor interesse. Peraltro, una formulazione così generica non fornisce il minimo criterio di orientamento nella realtà concreta. Il concetto, quindi, staticamente riprodotto nelle massime della Suprema Corte ha generato, anche in molti commentatori giuridici, l’erronea convinzione che le spese accessorie di maggiore importanza non vadano concordate. Tuttavia, solo una lettura pellicolare, o legata alla massima estrapolata dal contesto, può condurre a queste conclusioni; l’esame delle fattispecie concrete e la lettura integrale delle sentenze escluderebbe che sia necessario ricorrere a principi obsoleti riconducibili all’applicazione di norme abrogate. Infatti, nei casi arrivati in Cassazione molto tempo dopo l’abrogazione della norma era stata riconosciuta la rimborsabilità della retta di due scuole private, una materna e l’altra della scuola media inferiore, perché la decisione sulla scuola da frequentare era stata concordata dai genitori prima dello scioglimento del rapporto affettivo all’atto dell’iscrizione al ciclo scolastico: attesa la positiva esperienza dei minori la spesa accessoria, in questi casi, aveva assunto natura ordinaria e non straordinaria. Quindi la Suprema Corte aveva concluso per l’obbligo di rimborso della spesa, ritenendo che il genitore opponente non avesse espresso ragioni valide per impedire la prosecuzione di un ciclo già proficuamente avviato e soprattutto concordato da tempo: corretto il percorso argomentativo, ma errata la conclusione ossia che per tale motivo il genitore affidatario (rectius collocatario) non fosse obbligato ad ottenere il consenso dell’altro per le decisioni più importanti. Se si applicasse, quindi, questa conclusione con una prova di tenuta della massima estrapolata dal contesto si potrebbe arrivare a concludere, tout court, che anche l’iscrizione ex novo ad una scuola privata escluda il preventivo consenso se rispondente all’interesse del minore quando al contrario questa decisione, svincolata da precedenti accordi e da positive esperienze del minore, presuppone necessariamente l’intesa tra genitori. Del resto la nuova formulazione di cui all’articolo 337-ter c.c. ha affermato il principio che entrambi i genitori hanno pari poteri e responsabilità nella realizzazione di un progetto educativo per la prole; la sua elaborazione, pertanto, non può risolversi nell’acquiescenza dell’uno alle scelte compiute dall’altro, ma esige una costante e preventiva consultazione reciproca. Il genitore, quindi, che ritenga utile o necessaria la spesa dovrà comunicarlo all’altro; se quello interpellato non concorda sulla spesa avrà l’onere di far pervenire una tempestiva opposizione non genericamente formulata12, soprattutto nel caso in cui la spesa da effettuarsi sia riconducibile ad un programma educativo comune dal quale intende a posteriori discostarsi13. Nel momento in cui non vi sia accordo e l’altro genitore non si opponga tempestivamente, la decisione sul rimborso è rimessa al giudice che verificherà la rispondenza della spesa all’interesse del minore, l’entità della stessa rispetto alla sua utilità ma soprattutto la sostenibilità rapportata alle condizioni economiche delle parti (aspetto quest’ultimo che, nella scelta di una scuola privata fatta ex novo da uno dei genitori esclude che si tratti di una scelta di maggior interesse)14. La giurisprudenza di merito, nel solco tracciato dalla Suprema Corte nell’elaborazione dei provvedimenti, ne ha sovente richiamato i principi distinguendo nell’ambito delle spese definite “straordinarie” per il mantenimento dei figli “le spese obbligatorie, ovverossia relative ad esborsi imprescindibili conseguenti ad una scelta già concordata tra i genitori (es. libri di testo o acquisto farmaci prescritti dal medico scelto di comune accordo) oppure a decisioni talmente urgenti da non consentire la previa concertazione, da quelle invece subordinate al consenso dei genitori medesimi”15. Spesso, tuttavia, le sezioni dei tribunali che si occupano di famiglia, anche in assenza di protocolli sul punto (v. foro di Mantova), hanno applicato schemi molti simili; segno della tendenza a ricercare parametri e definizioni che limitino il proliferare dei contenziosi fornendo tracce concrete16. I principi generali offerti dalla giurisprudenza di legittimità, pur orientando l’interprete nella pratica, non sono però sufficienti ad impedire l’inflazione del contenzioso; da qui la ricerca di strumenti di soft law per dirimere in anticipo il possibile conflitto in tema di spese accessorie. Dei 142 tribunali esistenti in Italia, 66 hanno deciso in vario modo di affrontare la problematica: 50 hanno adottato la forma del protocollo; 7 quella delle linee guida; 3 hanno adottato una forma mista, ossia in apertura il documento è definito protocollo, mentre laddove sono state esplicitate le singole voci di spesa compare la definizione linee guida (v. Trib. di Sulmona, Gela e Siena); 5 hanno adottato nelle loro prassi degli schemi non sottoscritti anche se divulgati nei siti dei vari ordini professionali ed altri hanno ritenuto di far proprie le linee guida del CNF di cui si parlerà più avanti. Singolare è stata, invece, la posizione del Tribunale ordinario di Genova ove la sezione che si occupa di famiglia, ritenendo il protocollo uno strumento privo di efficacia vincolante, ha pubblicizzato un “verbale”, con caratteristiche simili ai documenti esaminati in tema di spese accessorie. Un verbale che, tuttavia, al pari dei protocolli pare essere una fonte normativa atipica applicata, ragionevolmente anche dalla categoria forense traducendola, di fatto in norma di soft law. Anche il foro di Bolzano aveva adottato nel 2010 la forma del “verbale”, ma a differenza del precedente era frutto di concertazione tra i giudici del Tribunale ordinario, dei minori e rappresentanti dell’Osservatorio Nazionale sul diritto di famiglia sez. di Bolzano. In data 6 settembre 2018 quel documento è stato rielaborato nel protocollo d’intesa tra Tribunale di Bolzano, Procura di Bolzano, Consiglio Ordine Avvocati di Bolzano e Osservatorio Nazionale sul diritto di famiglia – avvocati di famiglia – sezione di Bolzano in materia di provvedimenti riguardanti il mantenimento dei figli. Meritano di essere menzionate a parte le linee guida per le spese extra assegno di mantenimento per i figli minori e maggiorenni non economicamente indipendenti elaborate nel novembre 2017 dalla Corte d’Appello, il Tribunale Ordinario, il COA e l’Osservatorio sulla giustizia civile di Milano; il contenuto è pressoché uguale al protocollo che precedentemente siglato in Milano tra Tribunale, COA e l’Osservatorio sulla Giustizia civile. La novità riguarda l’applicazione delle linee al distretto di Corte d’Appello fornendo un indirizzo unitario ed omogeneo che ne rafforza la diffusione ed applicazione.



4. I protocolli e le linee guida esistenti e la loro organizzazione

a) Il contributo per il mantenimento dei figli: la definizione



Nei protocolli sono stati riprodotti i criteri dettati dalla giurisprudenza di legittimità per definire preliminarmente l’ordinario contributo al mantenimento mensile caratterizzato dalla periodicità, dalla non gravosità in relazione alle capacità economiche dei genitori: si tratta di una spesa correlata alle esigenze primarie di vita della prole, certa nell’an e nel quantum, immediatamente azionabile in via esecutiva. Il contributo al mantenimento è stato ritenuto comprensivo del vitto, della mensa scolastica, del concorso alle spese di casa, dell’abbigliamento ordinario, inclusi i cambi di stagione e in alcuni accordi dell’abbigliamento sportivo di base e dell’acquisto di prodotti per le attività sportive (v. prot. di Rieti), dell’abbigliamento richiesto dalla scuola (v. linee guida di Matera), delle spese di cancelleria scolastica correnti effettuate nel corso dell’anno ad eccezione di quelle iniziali nonché dei medicinali da banco; questa inclusione è ragionevole atteso che le influenze stagionali possono cogliere il minore quando si trovi presso l’abitazione dell’uno o dell’altro genitore il quale provvederà con i propri mezzi alle cure ordinarie. Alcuni documenti puntualizzano persino la tipologia di farmaco compreso in questa voce come gli antibiotici, gli antipiretici e i medicinali necessari alla cura di patologie ordinarie e/o stagionali (v. prot. di Foggia). Accanto alle voci ricorrenti indicate, da considerarsi prevalenti, alcuni protocolli hanno compreso nell’ordinario mantenimento le spese di trasporto urbano (tessera autobus); alcuni a prescindere da qualunque riferimento con la scuola (v. prot. Perugia e Foggia), altri ai mezzi di trasporto da e verso la scuola (le Linee guida di Varese). Si segnala anche l’inclusione delle spese per le tasse scolastiche fatta eccezione per quelle universitarie (v. prot. Velletri e Reggio Calabria). Non sono mancati, tuttavia, ulteriori potenziamenti come le spese per il carburante (v. prot. di Ivrea, Pescara, Foggia, Reggio Calabria), la ricarica del telefono se condivisa dai genitori (v. prot. Treviso) e nei limiti di € 15,00 mensili (v. prot. di Rieti); ed ancora le uscite didattiche in ambito giornaliero magari sottoposte ad un limite di spesa pari ad € 10,00 (v. prot. di Vicenza), le spese per la babysitter se presenti nell’organizzazione domestica precedente (v. prot. di Perugia, Pescara, Roma, Rieti), le spese inerenti ai trattamenti estetici (v. prot. di Foggia, Pescara, Velletri), al pre e dopo scuola e alle attività ricreative ordinarie (v. prot. di Reggio Calabria), le spese collegate ad attività ludiche, quali la partecipazione a compleanni o a riunioni, ovvero aventi ad oggetto regali d’uso in occasione di ricorrenze (v. prot. di Velletri), nonché, soprattutto, in quelli più recenti, la spesa per la cura degli animali domestici dei figli purché preesistenti gli accordi di separazione (v. linee guida di Gela). L’inclusione nell’ordinario mantenimento di alcune spese come i mezzi di trasporto, la tassa di iscrizione alla scuola o, addirittura, il pre scuola o dopo scuola, lascia qualche perplessità; si tratta di voci che possono mutare in relazione all’età del minore, al mutamento di ciclo scolastico o anche al mutamento della scuola all’interno di un medesimo ciclo (primaria, primaria dell’obbligo e secondaria) ed al diversificarsi delle sue esigenze. Questo può alimentare un diverso tipo di contenzioso, quello legato alla domanda di riduzione del contributo al mantenimento ordinario calcolato sulla scorta di diverse necessità. In conclusione, dare una definizione troppo articolata al mantenimento ordinario può essere pericoloso: man mano che questa voce viene arricchita da altre spese si rischia di creare, soprattutto nel coordinamento con quelle accessorie, delle aree buie dove alcune spese non trovano una precisa collocazione rimanendo in una sorta di limbo (si pensi, ad esempio, agli alimenti destinati a chi soffre di intolleranze).



b) Le spese accessorie: la definizione



Prima di individuare nel concreto le spese accessorie, comunemente definite straordinarie, molti protocolli ne hanno evidenziato le caratteristiche generali richiamando il requisito temporale, perché occasionale o periodico; quantitativo, perché gravoso; funzionale, perché voluttuario, nonché il requisito probatorio, ossia da documentarsi in forma scritta (v. prot. Sulmona). Sono state, quindi, individuate le aree in cui le spese accessorie sono normalmente suddivise ossia scolastiche, altrimenti definite di studio o di istruzione; sanitarie, altrimenti definite mediche, o relative alla salute; ricreative, altrimenti definite ludiche, parascolastiche, extrascolastiche o per il divertimento; nelle spese ricreative, in genere, si sono incluse le spese sportive e culturali. A partire dal 2015 molti protocolli anziché ritenere le spese per la custodia di prole minorenne (v. prot. di Brescia) e di prole minorenne o con grave handicap (v. prot. di Cremona) ricomprese nel mantenimento ordinario, le hanno classificate come spese separate e in seguito puntualizzate nelle spese per la baby sitter; analogamente per le spese di cura e custodia di animali domestici (v. prot. di Pavia), nonché per le spese relative all’organizzazione di feste ed eventi legate ai figli (linee guida di Varese). Una breve riflessione va dedicata alle spese di custodia (baby sitter) di prole minorenne o con grave handicap. Si tratta di due situazioni che non possono equipararsi: le spese per la custodia di minori presentano i tratti richiesti dalle spese accessorie in quanto strettamente correlate alla crescita dei minori e, quindi, variabili. La condizione del minore diversamente abile è, invece, permanente e rappresenta un costo di cui preventivamente i genitori possono tener conto nella determinazione del contributo al mantenimento come una componente stabile anche in funzione dei tempi di permanenza dello stesso presso ciascun genitore; la disabilità rende, pertanto, prevedibile questa spesa in quanto non occasionale. Le linee guida del Tribunale di Brindisi, invece, hanno adottato una formula diversa che ha ripartito le spese non in ordinarie e straordinarie ma, citando la Suprema Corte17, “in prevedibili ed imprevedibili evitando l’attuale confusione tra le spese effettivamente imprevedibili e quelle non quotidiane (tipo spese scolastiche), ma prevedibilissime. Pertanto appare corretto e funzionale assegnare in partenza le spese prevedibili all’uno o all’altro genitore per intero in funzione del reddito e stabilire che le imprevedibili verranno divise al momento in proporzione delle risorse”. Coerentemente alla premessa dell’opinabilità della classificazione delle voci di spesa accessorie, il documento si è limitato a fornire il principio generale, ma ha lasciato libere le parti di stabilire come un genitore debba concorrere al mantenimento di un figlio. Una formulazione che desta qualche perplessità, mancando di quella concretezza che le norme protocollari indiscutibilmente offrono.



5. Le spese accessorie da rimborsarsi a prescindere dal consenso manifestato



È piuttosto generalizzata la distinzione tra le spese accessorie che richiedono un preventivo accordo da quelle che non lo richiedono affatto, e presenta una certa affinità con quella data in proposito dalla Suprema Corte tra spese ordinarie e straordinarie (v. paragrafo 2). La ratio di questa classificazione è facilmente comprensibile: serve a dare al genitore collocatario autonomia e celerità nella gestione delle spese accessorie che, sebbene non quotidiane, siano comunque cicliche o prevedibili, come ad esempio, la tassa di iscrizione scolastica, le visite specialistiche prescritte dal medico di base da effettuarsi tramite il SSN; si tratta di spese per cui il consenso è implicito. Nei paragrafi successivi verranno esaminate le voci che nei vari documenti sono state ritenute rimborsabili a prescindere dal consenso; per il momento è necessario fare riferimento ad alcuni correttivi, di carattere generale, che hanno definito l’immediata rimborsabilità della spesa in funzione di un criterio quantitativo. Infatti, alcuni protocolli hanno ritenuto di prescindere dal consenso prevedendo un limite nel rimborso, ad esempio, delle attività ricreative ed i grest estivi che non abbiano superato l’importo annuale di 400,00 euro (v. prot. di Trieste), gite ed attività scolastiche per un costo complessivo di euro 300,00 annuali, oppure per un’unica attività sportiva ricreativa o artistica per un tetto massimo mensile di 50,00 euro (v. prot. di Udine); altri, dopo aver classificato le spese in sanitarie, scolastiche, sportive, di custodia per i minori e di cura degli animali domestici è stata prevista la rimborsabilità immediata qualora si tratti di una spesa comunque inferiore agli euro 200,00 annuali, mentre, se superiore andrebbe concordata, fatta eccezione per le spese mediche urgenti e non programmabili ed alcune voci di spesa scolastiche comunque rimborsabili (v. prot. di Pordenone); altri, ancora, hanno precisato come il rimborso di spese accessorie senza previo accordo, sia dovuto se nell’arco di un mese la singola spesa abbia superato il 20% dell’assegno di mantenimento ordinario fissato per ciascun figlio, mentre se inferiore rientrerebbe nel mantenimento ordinario (v. prot. di Velletri): per altri il tetto è stato fissato nella soglia del 10% del contributo al mantenimento le spese straordinarie (mediche, scolastiche ricreative e di custodia dei minori), per altri se di importo superiore, invece, andrebbe concordata e documentata fatta eccezione per le spese mediche urgenti non programmabili (v. prot. di Sondrio). Il citato tentativo di semplificazione rischia, però, di privilegiare più un aspetto quantitativo che non di funzionalità ed essenzialità della spesa da sostenersi per il minore. Infatti, se è metodologicamente corretto e condivisibile per talune voci di spesa, ad esempio quelle di tipo ludico, o sportivo, prevedere un tetto massimo per la loro rimborsabilità, che in relazione al caso singolo ed alle particolari condizioni economiche delle parti potrà essere pattiziamente aumentato o diminuito, meno convincente è l’utilizzo delle formule matematiche descritte negli altri casi. Basti pensare che l’acquisto di testi scolastici delle scuole medie dell’obbligo e superiori costituisce una spesa significativa che, spesso, supera la percentuale indicata rispetto a contributi al mantenimento che si aggirano intorno agli € 300/400,00 al mese e subordinando il loro acquisto ad un consenso non necessario. Si sono registrate, inoltre, differenze, non sostanziali, nell’esposizione delle varie voci di spesa e che hanno inciso solo sul piano della loro pratica rappresentazione: alcuni, dopo aver individuato un sintetico elenco di spese accessorie, si sono limitati a considerare comunque rimborsabili le sole spese scolastiche e sanitarie (v. prot. di Arezzo); altri hanno indicato le spese straordinarie, nella loro composizione molto simile a quelle che prescindono dall’accordo, senza definirne, tuttavia, l’obbligatorietà (v. prot. di Lucca); oppure hanno segnalato la necessità dell’accordo solo per i viaggi di studio, le attività sportive artistiche, ricreative e di svago, nonché di iscrizione e frequenza a corsi comprensivi di attrezzature ed abbigliamento (v. prot. di Pistoia e Firenze). Nel protocollo di Bolzano si è assunto, invece, come presupposto generale che ogni decisione inerente la prole debba essere adottata congiuntamente, oppure sia comunque rimborsabile per diniego immotivato: il genitore che non abbia prestato il proprio consenso sarà tenuto a sostenere la spesa quando si tratti di attività del tempo libero già concordata in costanza di matrimonio o di convivenza o di cure mediche usuali quando la famiglia era unita; o, in ogni caso, quando la spesa è stata connessa ad una decisione adottata dai genitori congiuntamente prima della loro separazione affettiva (ad esempio le spese per la prima comunione, compreso vestiario e pranzo se partecipano entrambe le famiglie da ricondursi ad un progetto educativo comune dei genitori). A questo ultimo proposito si segnala che proprio le spese per la Comunione o la Cresima, funzionalmente connesse all’educazione religiosa che entrambi i genitori generalmente condividono, o hanno condiviso in costanza di convivenza, non sono state previste in molti protocolli. Statisticamente si tratta di un esborso ancora piuttosto diffuso, specie rispetto alla Comunione e di cui negli accordi si dovrebbe tener conto come spesa rimborsabile seppure con un limite di uscita (v. prot. di Bolzano) dato che si tratta di un evento di cui non va dimenticata l’intrinseca funzione religiosa piuttosto che celebrativa.

6. Le spese accessorie da sostenersi con il preventivo consenso La maggioranza dei protocolli hanno classificato molte voci all’interno delle spese accessorie da sostenersi con accordo. Singolare, ma condivisibile, è stata la scelta del foro di Udine di elencare solo le voci di spesa per le quali si prescinde dal consenso indicando che tutte quelle non ricomprese, dovranno necessariamente concordarsi tra i genitori; in questo modo si è evitato quanto indicato come fattore di rischio nel paragrafo 4.a) a proposito della definizione del contributo al mantenimento ordinario: l’eccesso di puntualizzazione potrebbe escludere voci che, alla fine, non hanno una loro collocazione in nessuna area precedentemente individuata. I vari documenti non indicano come si debba concludere l’accordo, che potrà dirsi pertanto perfezionato anche per facta concludentia (ad esempio con il mero pagamento di alcuni ratei delle cure odontoiatriche); invece, è stata attribuita grande rilevanza alla modalità di formulazione del diniego a fronte di una richiesta di concorso ad una spesa accessoria da uno dei due genitori; caratteristiche che si possono riassumere nella tempestività e nell’articolata esplicitazione dei motivi del dissenso. In difetto il silenzio, o l’immotivato diniego, saranno interpretati come assenso alla richiesta (v. prot. di Perugia.). Il Tribunale di Piacenza, che ha pubblicato a ridosso dell’introduzione della legge 54 dell’8 febbraio 2006 il più vecchio protocollo in tema di spese accessorie, ha subito utilizzato gli strumenti offerti dalla novella per evitare atteggiamenti ostruzionistici, richiamando il senso di responsabilità dei genitori prima ancora che concentrarsi sulla classificazione delle spese accessorie. Si legge, infatti, nel documento: “Il genitore cui viene comunicata la necessità o l’opportunità di sostenere una spesa straordinaria è tenuto a darne riscontro in tempo utile a consentire all’altro l’assunzione della relativa decisione. Un comportamento commissivo od omissivo manifestamente e pretestuosamente ostruzionistico può essere valutato ai sensi dell’articolo 155-bis, secondo comma c.c. e/o dell’articolo 709-ter, comma secondo c.p.c.”. Altri documenti hanno richiamato, in caso di protratti e pretestuosi dinieghi di accordo per spese opportune e sostenibili sanzioni alternative, come la possibilità di accrescimento del contributo al mantenimento ordinario di una quota mensile forfettizzata parziale o totale delle spese extra immotivatamente e reiteratamente rifiutate e non saldate (v. prot. di Pavia e di Verona).



7. La classificazione delle spese in scolastiche, sanitarie e ricreative



a) Le spese accessorie sanitarie



La maggior parte dei protocolli ha distinto le spese sanitarie tra quelle rimborsabili senza accordo dei genitori da quelle che necessariamente lo impongono. Indicativamente nel primo gruppo sono stati ricompresi i ticket per i trattamenti sanitari e per i farmaci prescritti dal medico di base e non coperti dal SSN, nonché le cure odontoiatriche e i trattamenti sanitari ed urgenti ed indifferibili non erogati dal SSN. Accanto a queste spese alcuni protocolli hanno incluso anche altre voci come le protesi, gli occhiali, le montature o le lenti a contatto purché non siano di uso cosmetico (v. prot. di Milano), altri ne hanno condizionato la rimborsabilità alla prescrizione medica nei limiti del preventivo più basso che i due genitori abbiano ottenuto (v. prot. di Pavia). Un unico protocollo, quello di Bologna, ha previsto la rimborsabilità delle protesi ortodontiche se prescritte dal medico di base, altri vi hanno incluso, pur in presenza di analoga prescrizione, i cicli di logopedia e psicoterapia (v. prot. di Ravenna). Le spese sanitarie rimborsabili previo accordo, invece, sono state individuate nelle cure odontoiatriche, ortodontiche oculistiche ed in genere tutte le visite eseguite in regime di libera professione, oltre alle cure termali e fisioterapiche. Singolare è stata la scelta del foro di Imperia che ha incluso tra i trattamenti rimborsabili senza accordo le visite specialistiche prescritte dal medico curante, senza alcun riferimento alla necessità od urgenza della prestazione. Questa scelta, sembra aver trascurato l’esistenza di un sistema sanitario nazionale e viola il principio della bigenitorialità che ha imposto un doveroso accordo sulla scelta del professionista e dei relativi costi. Nei protocolli, anche tra quelli di più recente sottoscrizione come quello senese, avvenuta nel luglio scorso, non è stata riconosciuta in modo approfondito né tra le voci di spesa accessorie e nemmeno nell’ordinario mantenimento, la spesa legata all’acquisto di alimenti per accertate intolleranze di cui potrebbe essere affetta la prole. Dato che si tratta di un problema diffuso è necessario dedicare all’argomento qualche riflessione. Normalmente il costo di alcuni prodotti alimentari seppure in misura limitata è a carico del SSN, ad esempio per la celiachia forma di intolleranza piuttosto diffusa; per tale patologia, infatti, è stato pubblicato un decreto del ministero della salute del 10 agosto e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 199 del 28 agosto scorso relativo all’anno in corso in cui è stata prevista l’erogazione di un contributo mensile che per i ragazzi tra i 14 ed i 17 anni è stato riconosciuto in 124 euro; il ritiro dei prodotti dovrebbe avvenire secondo modalità definite dalle singole regioni, direttamente presso i presidi delle Asl, le farmacie convenzionate o i fornitori da queste autorizzati. L’importo, ovviamente, non esaurisce il fabbisogno alimentare del soggetto che soffre di intolleranza; e nel contempo tutte le catene di supermercati offrono prodotti alimentari che, rispetto a qualche tempo fa, hanno prezzi solo leggermente più alti rispetto agli alimenti di uso corrente. Ebbene trattandosi di una spesa, per così dire, cronicizzata nella vita di un minore a rigore dovrebbe considerarsi parte dell’ordinario mantenimento e da modularsi in funzione dei tempi di permanenza di un figlio presso l’uno o l’altro genitore, nonché proprio in ragione di eventuali bonus erogati dallo stato. Merita, da ultimo, un cenno la problematica sovente creata dalle assicurazioni sanitarie di cui alcuni lavoratori fruiscono (ad esempio FASI) attraverso una trattenuta sulla retribuzione mensile e per un ammontare massimo di spesa annuale. Attesa la diversità delle condizioni, premi ed ammontare dei rimborsi è difficile pensare ad una disciplina che possa essere inclusa nei protocolli. Tuttavia, proprio perché il protocollo è uno strumento duttile, sarà possibile integrare la condizione inerente le spese accessorie valutando, caso per caso, come procedere al rimborso delle prestazioni sanitarie ed in che misura il genitore non titolare della polizza possa beneficiarne per la prole (tenendo conto che non partecipa all’erogazione del premio mensile).



b) Le spese accessorie scolastiche



Le spese scolastiche che prescindono dall’accordo sono sempre state ben individuate e riferite a tasse scolastiche, sino alle scuole di secondo grado, imposte dovute ad istituti pubblici, libri di testo anche usati (v. integrazione al prot. di Verona) e materiale di corredo scolastico di inizio anno, gite scolastiche e spese per mezzi di trasporto pubblico. Sono state, inoltre, incluse alcune spese con dei correttivi: la mensa generalmente inclusa nel contributo al mantenimento mensile, si è considerata rimborsabile se la prole frequenti l’università fuori sede per un costo medio di euro dodici al giorno (v. prot. di Forlì); altri l’hanno esclusa addirittura dall’ordinario mantenimento senza alcuna specificazione (v. prot. di Imperia e di Bergamo) o l’hanno prevista come voce rimborsabile, senza previo accordo solo laddove l’importo della stessa abbia superato mensilmente il 25% dell’importo di quanto corrisposto a titolo di contributo al mantenimento (v. prot. di Siena). Lo scorporo della mensa dal contributo al mantenimento ordinario pone un problema di coordinamento con quanto dettato in proposito dalla Suprema Corte che, al contrario, la considera parte dello stesso; circostanza di cui si dovranno informare i propri assistiti per l’inevitabile contrasto tra la giurisprudenza di merito locale e quella di legittimità. Alcuni fori hanno implementato le spese che non richiedono accordo con voci di spesa significative come la dotazione informatica di p.c. e tablet imposta dalla scuola e connessa al programma di studio differenziato in presenza di bambini con bisogni educativi speciali e che necessitano di una programmazione individuale del piano di studi come, ad esempio, per la dislessia (v. linee guida Corte d’Appello di Milano). È evidente che in questo caso sarebbe auspicabile individuare un tetto massimo di spesa perché se sull’an non dovrebbero sorgere contestazioni, la determinazione del quantum potrebbe essere particolarmente onerosa in relazione alla tipologia di dispositivo elettronico scelto. Merita di essere attentamente considerata quale spesa accessoria necessaria quella dell’asilo nido, che rispetto alle attuali esigenze delle società diviene più una spesa accessoria ordinaria che non straordinaria, soprattutto quando la frequenza è il frutto di una scelta condivisa dai genitori e programmata. Non è infrequente, però, che il legame affettivo tra due genitori venga a cessare prima che le parti possano condividere tale progetto, o dopo la chiusura dei bandi per gli asili comunali ed in assenza di una rete familiare di riferimento che li supporti nella gestione di bambini molto piccoli. Il loro collocamento, quindi, in strutture organizzate che consenta ai primi di continuare a lavorare diviene un’inderogabile necessità che non può porsi solo a carico di un genitore, ma deve essere condivisa da entrambi. In genere sono presenti numerosi asili comunali le cui tariffe vengono determinate in funzione delle fasce di reddito dei genitori presso i quali è possibile fare la relativa domanda; qualora ciò non sia possibile e si debba ricorrere a strutture private, escludere la paritetica corresponsione della retta significa pregiudicare il genitore collocatario debole impedendogli lo svolgimento di un’attività lavorativa con tutte le negative conseguenze: chi è costretto a non lavorare per occuparsi del proprio figlio compromette il proprio piano previdenziale pensionistico ed anche il proprio reinserimento nel mercato del lavoro.

I protocolli raramente trattano di questa spesa; per alcuni è rimborsabile a prescindere dal consenso manifestato quando l’inserimento sia imposto dalle esigenze lavorative dei genitori (v. prot. di Gorizia) o in mancanza di disponibilità dell’altro genitore o di altre alternative gratuite (v. prot. di Siena); il foro di Mantova prevede l’immediato rimborso, della tassa di iscrizione all’asilo nido senza precisare se vi rientri o meno la retta mensile. Per le tasse universitarie, generalmente individuate come spese per le quali è richiesto l’accordo dei genitori, si sono riscontrati diversi orientamenti. Alcune intese le hanno considerate immediatamente rimborsabili a prescindere dalla frequenza se riferite ad atenei pubblici (v. prot. di Brescia, v. verb. di Genova che prevede l’obbligo di corresponsione senza accordo anche delle tasse universitarie e spese di iscrizione imposte da atenei pubblici fino all’ultimo anno della durata legale del corso); altre le hanno fatte rientrare tra le spese da concordare a partire dal secondo o terzo anno fuori corso, oppure hanno previsto il rimborso delle spese di alloggio ed utenze per la sede universitaria frequentata dalla prole qualora la facoltà scelta non sia presente nella provincia di residenza del figlio e la sede universitaria disti più di 100 km dal luogo di residenza (v. prot. di Udine). Prevedere l’obbligo del rimborso delle spese universitarie, nelle formulazioni citate, può considerarsi espressione della continuità di un progetto formativo che rispetta inclinazioni e aspirazioni della prole; ma potrebbe tradursi in condotte non del tutto corrette e soprattutto trasparenti. Consentire il rimborso delle spese universitarie sino al completamento degli anni di corso (v. verb. di Genova) oppure sino al secondo o terzo anno fuori corso sconta problemi di ordine pratico che dipendono dalle organizzazioni degli atenei: alcuni dipartimenti, infatti, permettono l’iscrizione al secondo anno a condizione che sia stato raggiunto dallo studente un certo numero di crediti e di esami; altri, invece, prescindono da tale regolamentazione e consentono l’iscrizione anche dopo aver sostenuto, per anno, uno o due esami. La questione andrebbe attentamente considerata all’atto della redazione dei protocolli non limitandosi alla stretta previsione del previo accordo per chi si iscrive al secondo anno fuori corso. Infatti, in relazione alla citata diversa regolamentazione dei vari dipartimenti di studio questa scelta potrebbe rivelarsi parimenti giusta od ingiusta: sarebbe iniquo escludere dallo studio chi, comunque prossimo alla laurea, abbia nel proprio corso di studi sostenuto anno per anno un certo numero di esami dimostrando continuità ed impegno anche se non grande attitudine; ma sarebbe altrettanto iniquo mantenere agli studi, oltreché concorrere all’ordinario mantenimento, chi si è garantito un’ingiustificata area di parcheggio. I correttivi, dunque, dovrebbero essere correlati ad una determinata percentuale di esami da sostenere per singolo anno; ciò consentirà, specie per facoltà complesse, di prevedere con anticipo gli anni fuori corso che un certo nucleo familiare ritenga di poter sostenere economicamente. La partecipazione alle spese straordinarie dei figli maggiorenni non economicamente indipendenti, viene comunque trattata nei vari protocolli come spesa gestita tra i genitori e non tra il genitore obbligato ed il figlio. Solo il protocollo di Bolzano dedica una sezione del proprio elaborato alla durata del contributo al mantenimento ed all’indipendenza economica dei figli formulando considerazioni, assolutamente condivisibili, espressione più di linee guida che non di un protocollo.

Il problema non è peregrino e riguarda sia l’ipotesi in cui il contributo al mantenimento ed il rimborso delle spese accessorie sia erogato direttamente e solamente all’altro genitore, sia il caso in cui sia previsto un obbligo di corresponsione diretta da parte del genitore obbligato in capo al figlio. In entrambe le ipotesi, pur non essendo parte in senso tecnico all’interno del processo, la prole diventa destinataria di provvedimenti che rispetto agli accordi raggiunti tra genitori per la prole minorenne rischia di contrapporre diritti che non sempre è facile armonizzare tra di loro Si pensi al rimborso delle spese universitarie ed alla necessità di consentire una verifica preliminare del regolare andamento del corso sostenendo gli esami connessi al corso di studi; oppure, argomento ancor più delicato, al rimborso delle prestazioni sanitarie urgenti ed indifferibili relative a patologie che incidono su di una sfera privata ed intima che un figlio vorrebbe non dover esporre, o affrontare, con il genitore tenuto al rimborso: ma a questo punto quale diritto prevale? Il diritto alla riservatezza di un ragazzo maggiorenne ma non economicamente indipendente o quello del genitore cui viene chiesto di rimborsare qualcosa che non conosce o non è in grado di controllare? Esiste un diritto alla trasparenza in questi casi? E come è possibile ovviare agli inconvenienti provocati? Il protocollo di Bolzano offre molti spunti interessanti per dirimere queste problematiche i che comunque andrebbero approfondite e valutate puntualizzando meglio le condotte da tenere in questi casi.



c) Le spese extrascolastiche



Nei protocolli di recente formazione, sono state individuate le spese accessorie extrascolastiche, che non debbono essere concordate come, ad esempio, il tempo prolungato, il pre e dopo scuola, il centro ricreativo estivo (l’oratorio, il grest, il campus organizzati da scuole pubbliche o da enti territoriali). La ratio è comprensibile: si tratta di scelte che si riconducono ad un progetto funzionale alle esigenze lavorative dei genitori durante la loro unione; a maggior ragione, sciolto il legame affettivo, le esigenze di gestione della prole aumentano e non diminuiscono e sarebbe ingiusto escludere la paritetica partecipazione dei genitori alla citata voce di spesa. Per le attività ricreative (sportive) si registrano diversi orientamenti. Alcuni hanno considerato rimborsabili, a prescindere dall’intesa, la spesa definita genericamente di tipo educativo ricreativo e sportivo nonché la relativa attrezzatura solo se prescritta dal medico a scopo terapeutico (v. prot. di Perugia); altri non hanno richiesto la prescrizione del medico di base (v. prot. di Padova), o hanno puntualizzato che si deve trattare di un’unica attività sportiva, ricreativa o artistica con un limite di spesa di euro 50,00 a carico di ciascun genitore e subordinando la rimborsabilità di più sport al preventivo consenso dei genitori (v. prot. di Udine). Meno convincente è il limite economico per le spese sportive, comprensiva di divisa, attrezzatura, iscrizione, abbigliamento per una spesa massima di euro 100,00 l’anno da rapportarsi comunque alle capacità economiche dei genitori; limitazione che rischia di onerare un solo genitore della relativa spesa dato che sport così economici difficilmente si trovano sul mercato (v. prot. di Forlì). Prende sempre più spazio nei protocolli la previsione della rimborsabilità di spese per la cura di animali domestici (che altri hanno incluso nell’ordinario mantenimento se preesistenti la separazione), presenti presso il genitore collocatario all’atto della redazione degli accordi nonché per la manutenzione, bollo e assicurazione dei mezzi di locomozione acquistati in accordo (v. prot. di Grosseto). Le spese che si dovrebbero sostenere per il rilascio della patente di guida, attualmente previste da pochissimi protocolli (Genova, ad esempio, la prevede come unica spesa rimborsabile di natura extrascolastica) meritano di essere attentamente considerate in quanto non si tratterebbe più di una spesa accessoria straordinaria ma di natura ordinaria. È pur vero che si possono raggiungere i luoghi di lavoro con i mezzi pubblici, ma non sempre e non tutte le zone sono agevolmente servite. Quindi, se tra le finalità educative di un genitore vi è quella di rendere economicamente indipendente la prole, escludere la possibilità di acquisire questo titolo rischia di compromettere un percorso orientato a far divenire un giovane autonomo. Varrebbe forse la pena di porre dei limiti di spesa per il conseguimento della patente di guida, come efficacemente proposto con delle restrizioni al numero minimo delle lezioni di guida e con possibilità di ripetere l’esame solo una volta (v. prot. di Pavia).



8. Le modalità di erogazione della spesa sostenuta



I documenti esaminati, soprattutto quelli modulati come linee guida, hanno previsto, in ossequio al principio della bigenitorialità, che ciascun genitore concorra al pagamento delle spese accessorie. Di fatto, nella pratica, è diffusa l’abitudine di riferirsi al genitore collocatario come l’unico titolato ad ottenere il rimborso delle spese sostenute; questa formulazione, tuttavia, appare contraria allo spirito della legge sull’affidamento condiviso perché ciascuno dei genitori potrà, e dovrà, concorrere nella percentuale concordata o giudizialmente stabilita ad affrontare dette spese a prescindere dall’erogazione iniziale del genitore collocatario. La ratio di questa previsione è duplice: da un lato non sarebbe corretto onerare una sola parte dell’anticipo di una consistente spesa come, ad esempio, libri o cure odontoiatriche; dall’altro, anche il genitore non collocatario potrebbe aver sostenuto nell’interesse della prole spese rimborsabili che, pertanto, andranno compensate con quelle sostenute dall’altro genitore. In pochissimi protocolli si è rinvenuta l’indicazione di una scadenza entro la quale la prestazione debba essere eseguita, e del un termine entro cui il genitore che eroga la spesa debba richiedere il consenso all’altro genitore ad esempio 15 giorni prima (v. prot. di Monza). Circostanza rilevante soprattutto per spese ingenti (ad es. gli apparecchi ortodontici) in quanto il genitore al quale è stata fatta la richiesta dovrebbe avere il tempo di cercare e valutare le diverse offerte del mercato.



9. Le linee guida sul contributo al mantenimento dei figli del gruppo famiglia e minori nell’ambito dell’assemblea nazionale degli Osservatori sulla giustizia civile il 20 maggio 2017 e linee guida per la regolamentazione delle modalità di mantenimento dei figli nelle cause diritto familiare promosse dal consiglio nazionale forense 29 novembre 2017.



Anche l’assemblea nazionale degli Osservatori sulla giustizia civile nel 2017 ha individuato delle linee guida da adottarsi nella disciplina dei rapporti tra genitori che sciolgono il rapporto affettivo, o il matrimonio, in tema di spese accessorie. Il documento è costruito in modo da fornire concrete raccomandazioni di cui si dovrebbe tener conto nella redazione dei protocolli locali anche per relationem18. Le linee si sono rivolte ad avvocati e giudici con l’intento di individuare il contenuto del contributo al mantenimento e classificare le voci di spesa accessorie. Nel primo sono state incluse le visite pediatriche di routine, i medicinali da banco, il vitto, la mensa scolastica in quanto sostitutiva del pranzo, il materiale scolastico di cancelleria, il contributo alle spese abitative, l’abbigliamento ordinario unitamente ai cambi di stagione. Accanto a queste voci sono state comprese anche le tasse scolastiche di istituti pubblici sino al ciclo di studi medio superiore, i trasporti pubblici, i trattamenti estetici riferiti a parrucchiere ed estetista, la ricarica del cellulare, le gite scolastiche giornaliere senza pernottamento. È stata inclusa, inoltre, la retta di iscrizione e frequenza ad istituti scolastici privati e i costi per babysitter, “purché presenti nell’organizzazione familiare prima della separazione affettiva dei genitori o conseguenti al nuovo assetto familiare determinato dalla cessazione della convivenza a condizione che si tratti di una spesa sostenibile”. Queste ultime voci di spesa, così come il costo per i trasporti pubblici, riguardano, però, erogazioni che possono cambiare nel tempo: ad esempio, la scuola primaria, la scuola media dell’obbligo o la scuola media superiore possono trovarsi in distretti diversi per i quali non è richiesto il mezzo di trasporto; oppure terminato un ciclo scolastico, ad esempio legato alla scuola primaria o media inferiore privata, i genitori potrebbero aver deciso di iscrivere il figlio ad una scuola pubblica. Tuttavia ci si interroga sulla sorte di un contributo al mantenimento quantificato su diversi presupposti e più onerosi; anche se è possibile ricorrere all’azione di modifica dei provvedimenti, e tenuto conto che i cicli scolastici sono almeno tre (senza contare eventuali cambi di istituto) non bisogna dimenticare lo scopo perseguito dai documenti esaminati, ossia ridurre il contenzioso. Con riguardo, invece, alle spese accessorie da sostenersi senza accordo, denominate dalle linee guida spese extra assegno, persiste la tradizionale classificazione in spese sanitarie, scolastiche ed extrascolastiche. Le prime sono quelle connotate dalla necessarietà o urgenza, oltre ai trattamenti sanitari, gli esami e le visite specialistiche prescritti dal pediatra o medico di base nell’ambito del servizio sanitario nazionale, gli impianti di ausilio sanitario quale consequenzialità della prescrizione sopra indicata. Per le spese scolastiche, invece, è stato richiesto preliminarmente di soddisfare, per l’immediata rimborsabilità, tre condizioni: che siano sorte dopo la separazione o la cessazione della convivenza, che non siano incluse nel contributo al mantenimento e che siano compatibili con le possibilità economico patrimoniali dei genitori. Tra le spese sono state previste l’iscrizione e la retta dell’asilo nido infantile, le tasse ed assicurazioni scolastiche per scuole o istituti privati, tasse universitarie, libri scolastici e universitari, tablet e p.c. per uso scolastico con costi da rapportare alle condizioni economiche della famiglia.

All’interno delle spese extrascolastiche da non concordare sono state individuate due sole voci di spesa: quella per un’attività sportiva e per la manutenzione ordinaria e straordinaria del mezzo di trasporto acquistato in accordo tra i genitori. L’impianto del documento offre, nelle aree di interesse sopra indicate, l’indicazione delle spese accessorie da concordare, cui è stato equiparato per la loro immediata rimborsabilità il diniego immotivato, nel termine massimo di dieci giorni o in altro stabilito. Le spese sanitarie da concordare sono state individuate in quelle che dipendono dalle prestazioni di strutture private e non sono accompagnate da prescrizione medica e per gli apparecchi sanitari e ortodontici; le scolastiche sono legate a corsi di formazione supplementare come corsi di lingua, musica nonché di preparazione e selezione per l’ingresso nelle facoltà universitarie, spese per università all’estero, nonché alloggio fuori sede inerente la frequenza scolastica e le relative utenze; quelle extra scolastiche sono state individuate nelle attività ricreative sportive o ludico ricreative come i centri estivi, e le spese di comunione, cresima e matrimonio. A parere di chi scrive si segnala una dissonanza tra le voci di spesa extrascolastiche da sostenersi senza accordo e con accordo: infatti, in entrambe è stato previsto il costo per il conseguimento della patente di guida, ma l’immediato rimborso consegue solo dopo il concordato acquisto dell’auto. In realtà, l’abilitazione alla guida dovrebbe prescindere dall’acquisto di un veicolo, non sempre alla portata di tutte le famiglie e dovrebbe essere considerato un modo attraverso cui i genitori concorrono all’autonomia del figlio. L’organizzazione di queste linee guida è senz’altro positiva anche se l’esclusione di alcune voci di spesa dalle categorie individuate non si ritiene condivisibile: ad esempio, le spese legate alle attività ludico ricreative dei centri estivi sono state subordinate al consenso di entrambi i genitori, nonostante nell’ottica di un’organizzazione familiare frantumata la collocazione dei figli nel periodo estivo rappresenti una necessità per entrambi i genitori, specie se manca una rete familiare di riferimento o quando le diatribe in corso si sono estese anche alle famiglie d’origine. In ogni caso, la struttura dell’atto appare chiara ed orientata a guidare il fruitore che, come peraltro enunciato in premessa, potrà essere adattata ai singoli documenti. Anche il CNF, a pochi mesi di distanza dalla pubblicazione del precedente documento ha elaborato un proprio documento con finalità simili ma strutturato in modo diverso. L’atto, preceduto da un ampio preambolo (rivolto ai genitori coniugati) distingue tra le spese straordinarie e ordinarie. Sono state, quindi, identificate le spese comprese nell’ordinario mantenimento ossia il vitto, l’abbigliamento, il concorso per le spese dell’abitazione comprese le utenze, il materiale scolastico di cancelleria, la mensa, i medicinali da banco, compresi quelli per le cure di patologie ordinarie, la ricarica del cellulare, le uscite didattiche della scuola in ambito giornaliero, le spese per il carburante, le attività ricreative abituali e le spese per la cura degli animali domestici se già esistenti all’atto della separazione. Sono state, altresì, ricomprese in questa previsione anche le spese per la babysitter, se esistenti nell’organizzazione familiare, così come il pre e dopo scuola, anche se conseguenti il nuovo assetto determinato dalla cessazione della convivenza ed a condizione che si tratti di spesa sostenibile, le spese di trasporto urbano e spese per tasse scolastiche fatta eccezione per quelle universitarie. Rispetto alla criticità di questa inclusione sono state già esposte le perplessità (v. paragrafo sub 7b). Il documento, quindi, ha distinto le spese obbligatorie, definite extra assegno, per le quali non è richiesto l’accordo, da quelle che lo richiedono. Nelle spese da non concordare sono state indistintamente inserite le spese scolastiche, riferite ai soli libri di testo; le spese sanitarie, invece, sono state riferite all’acquisto di farmaci prescritti ad eccezione di quelli da banco, agli interventi chirurgici indifferibili presso strutture pubbliche e private, alle visite specialistiche effettuate tramite il servizio sanitario nazionale, spese protesiche. Sono state inoltre incluse le spese di bollo e assicurazione per il mezzo di trasporto se acquistato con il consenso di entrambi i genitori. Le spese che richiedono l’accordo, invece, sono state ripartite in spese scolastiche, di natura ludica o parascolastica, sportive o medico sanitarie. Il contenuto è molto simile a molti protocolli rappresentandone quasi un duplicato. Complessivamente, quindi, pur apprezzando lo sforzo del contributo ad un argomento così dibattuto, manca di un’organizzazione che sia parametro per l’elaborazione di protocolli locali. Si segnala, tuttavia, che la categoria forense ha ritenuto, soprattutto nei fori che non hanno uno strumenti come quelli qui descritti, di applicare le linee guida del CNF. Questa scelta rappresenta una modalità per dirimere le questioni sulle spese accessorie, ma in realtà è poco funzionale alla promozione di tavoli di confronti che coinvolgano tutte le categorie interessate nei procedimenti contenziosi.

Conclusioni Le norme protocollari in tema di spese accessorie, nonostante le resistenze di alcuni tribunali e valga per tutti il verbale del tribunale di Genova, sono particolarmente diffuse e numericamente maggiori di quelli che hanno ad oggetto il processo di famiglia in generale; circostanza sintomatica del livello di conflittualità generato dalla materia. L’utilizzo di questi accordi, pertanto, si rivela utile per dirimere a monte le possibili diatribe in tema di spesa accessorie e strumento insostituibile nei rapporti tra avvocato ed assistito per orientare il proprio cliente, qualunque sia la sua posizione processuale, a districarsi in una complessa fase emotiva tra i meandri delle spese accessorie oltreché quantificare correttamente la misura del contributo al mantenimento. Proprio in funzione di questo doppio registro, i documenti di cui si sta trattando dovrebbero avere un’organizzazione, anche strutturale, di facile comprensione soprattutto considerando che diventeranno parte di un provvedimento dotato di efficacia esecutiva. Al contrario molti protocolli non sono sempre connotati dalla chiarezza e sinteticità riconducibile alla loro funzione tipica; è necessario, pertanto, che si ricorra ad uno sforzo di organizzazione e semplificazione non dimenticando che l’efficacia di un testo non deriva dall’utilizzo di forme sacramentali complesse, e spesso incomprensibili, ma dalla loro immediata e chiara percezione da parte di chi le deve utilizzare19. È necessario, pertanto, considerare come un diritto-dovere non solo dei politici ma anche dei giuristi comunicare in modo chiaro preciso ed efficace20, perché solo in questo modo si potrà rendere al cittadino, in difficoltà, un servizio utile che non lasci troppi spazi alla libertà di interpretazione. Ne va dimenticato, da ultimo, che i protocolli restano comunque degli strumenti nelle mani dell’avvocato di famiglia e non dovrebbero mai considerarsi una mera riproduzione meccanica all’interno degli accordi raggiunti tra due genitori; infatti a prescindere dall’errore, spesso rinvenuto negli atti, di richiamare tra le spese accessorie, il pre scuola, dopo scuola o grest estivi anche per figli maggiorenni ed iscritti all’Università, manca uno sforzo di adattamento alla fattispecie concreta perché ogni famiglia non è uguale all’altra. Questa operazione, che plasma i documenti qui esaminati alla realtà concreta, lo si raggiunge attraverso due modalità: la prima suggerita nelle stesse linee guida degli osservatori sulla giustizia civile e del CNF, ossia descrivere soprattutto nelle premesse degli atti il contesto familiare che ha generato quel tipo di accordo, quali scelte siano state fatte dai genitori durante la convivenza per distinguere le spese che rientrano nell’ordinario mantenimento da quelle che, pur escluse, rappresentano per la famiglia una scelta obbligata come, ad esempio, il pre scuola o doposcuola, il grest estivo. Una puntualizzazione che potrebbe investire anche gli aspetti sanitari, attraverso l’indicazione dei professionisti che, privatamente, si sono occupati della salute dei minori, ad esempio un odontoiatra o un pediatra privato, e quante visite di controllo siano state generalmente concordate. Secondariamente nelle conclusioni ove andrà riprodotta quella particolare spesa accessoria pur non inclusa nel protocollo. La necessità di considerare, quindi, le variabili di quel singolo nucleo familiare permette di adattare queste norme di soft law alla loro realtà concreta evitando che soprattutto gli accordi di separazione diventino atti “seriali” ed astratti; un’intesa deve essere la rappresentazione di un certo gruppo di cui vanno descritte abitudini e scelte che, permanendo determinate situazioni economiche, vanno mantenute sul solco della continuità e del progetto educativo iniziale. Il compito del legale, paradossalmente, potrebbe essere quello, soprattutto nella stesura di intese, di depotenziare le norme protocollari adattandole alla specificità del caso trattato. Il protocollo, così come le linee guida, non sono un incondizionato atto di fede, ma un orientamento: il resto lo mettono i buoni professionisti. Nell’elaborazione di questo articolo prezioso è stato il lavoro di ricerca dei vari protocolli da parte della dottoressa Carlotta Lonardi alla quale va il mio sentito ringraziamento.

NOTE

1 Così Cass. civ., Sez. 4, n. 16237 del 29 gennaio 2013 “Costituiscono sapere scientifico e

tecnologico codificato, metabolizzato, reso disponibile in forma condensata, in modo che possa

costituire un’utile guida per orientare agevolmente, in modo efficiente ed appropriato, le decisioni

terapeutiche” ed attraverso il quale “si tenta di oggettivare, uniformare le valutazioni e le

determinazioni e di sottrarle all’incontrollato soggettivismo del terapeuta”.

2 Bove, Brevi riflessioni su protocolli e linee guida: è a rischio il principio di legalità?, in

redazione@penalecontemporaneo.it, 2 ss., ult. acc. 20 febbraio 2019.

3 Bertoli, La non necessità della concertazione delle spese straordinarie: un’evoluzione

giurisprudenziale inconsapevole, in Avvocati di Famiglia, gennaio-aprile 2016, 42 ss.

4 Cass. civ., Sez. I, n. 10720 del 8 maggio 2013.

5 Cass. civ., Sez. I, n. 18077 del 20 agosto 2014.

6 Cass. civ., Sez. I, n. 9372 del 8 giugno 2012.

7 Trib. Di Roma 5 maggio 2017, in Garzella, Recenti approdi verso una definizione di spese

ordinarie e straordinarie, in Il familiarista.it.

8 Cass. civ., Sez. I, n. 9372 del 8 giugno 2012; Cass. civ., Sez. I, n. 18077 del 20 agosto 2014.

9 Cass. civ., Sez. VI, n. 21273 del 18 settembre 2013; Cass. civ., Sez. I, n. 18077 del 20 agosto 2014.

10 Cass. civ., Sez. VI, n. 16175 del 30 luglio 2015; Cass. civ., Sez. I, n. 19607 del 26 settembre 2011;

Cass. civ., Sez. VI, n. 4060 del 15 febbraio 2017.

11 Articolo 155 (sostituito dall’art. 5 del d.l. del 28 dicembre 2013 n. 154).

Il giudice che pronunzia la separazione dichiara a quale dei coniugi i figli sono affidati e adotta ogni

altro provvedimento relativo alla prole, con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale

di essa. In particolare il giudice stabilisce la misura e il modo con cui l’altro coniuge deve

contribuire al mantenimento, all’istruzione e all’educazione dei figli, nonché le modalità di

esercizio dei suoi diritti nei rapporti con essi. Il coniuge cui sono affidati i figli, salva diversa

disposizione del giudice, ha l’esercizio esclusivo della potestà su di essi; egli deve attenersi alle

condizioni determinate dal giudice. Salvo che sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore

interesse per i figli sono adottate da entrambi i coniugi. Il coniuge cui i figli non siano affidati ha il

diritto e il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando

ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse. L’abitazione nella casa

familiare spetta di preferenza, e ove sia possibile, al coniuge cui vengono affidati i figli. Il giudice dà

inoltre disposizioni circa l’amministrazione dei beni dei figli e, nell’ipotesi che l’esercizio della

potestà sia affidato ad entrambi i genitori, il concorso degli stessi al godimento dell’usufrutto

legale. In ogni caso il giudice può per gravi motivi ordinare che la prole sia collocata presso una

terza persona o, nella impossibilità, in un istituto di educazione (cod. proc. civ. 710). Nell’emanare

i provvedimenti relativi all’affidamento dei figli e al contributo al loro mantenimento, il giudice

deve tener conto dell’accordo fra le parti: i provvedimenti possono essere diversi rispetto alle

domande delle parti o al loro accordo, ed emessi dopo l’assunzione di mezzi prova dedotti dalle

parti o disposti d’ufficio dal giudice. I coniugi hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione

delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della potestà su di

essi e le disposizioni relative alla misura e alle modalità del contributo.

12 Cass. civ., Sez. VI, n. 4182 del 2 marzo 2016: il coniuge convenuto in giudizio per il rimborso

della spesa deve svolgere, una difesa non meramente assertiva, ma articolata su specifici motivi di

dissenso; il Giudice valuterà la non rispondenza delle spese all’interesse del minore ovvero la

insostenibilità della spesa stessa se rapportata alle condizioni economiche dei genitori e all’utilità

per i figli.

13 Cass. civ., Sez. VI, n. 1070 del 17 gennaio 2018: secondo la Corte non è stato ritenuto motivato

il dissenso di un genitore all’iscrizione della figlia A. alla scuola materna privata fornito per l’anno

antecedente la formazione del titolo esecutivo, a causa delle numerose assenze del minore per



malattia; il genitore obbligato, infatti, aveva già valutato la convenienza e la conformità

dell’iscrizione all’interesse della minore. Cass. civ., sez. VI, n. 4060 del 15 febbraio 2017, nello

stesso senso rispetto alla frequentazione della scuola media dell’obbligo privata, già iniziata,

rispetto a quella pubblica.

14 Cass. civ., Sez. VI, n. 16175 del 30 luglio 2015; Cass. civ., Sez. I, n. 19607 del 26 settembre 2011;

Cass. civ., Sez. I, n. 5262 del 29 maggio 1999.

15 Tribunale di Roma, sezione I, n. 23157, del 12 dicembre 2017, De Jure.

16 Trib. di Roma 5 maggio 2017, in Garzella, Recenti approdi verso una definizione di spese

ordinarie e straordinarie, in Il familiarista.it.

17 Cass. civ., del 1 ottobre 2012, n. 16664/2012.

18 Assemblea Nazionale degli Osservatori sulla giustizia civile, Corte di Cassazione, 19-21 maggio

2017, 3.

19 Si legga a proposito della scrittura giuridica le considerazioni di CarofiGlio, Con parole precise,

breviario di scrittura giuridica, Bari, 2015, 96 ss.; Mortara Garavelli, Le parole e la Giustizia, Torino,

2001, 17.

Bibliografia

G. Bertoli, La non necessità della concertazione delle spese straordinarie: un’evoluzione

giurisprudenziale inconsapevole, in Avvocati di Famiglia, 2016.

G. Carofiglio, Con parole precise, breviario di scrittura giuridica, 2015. B. Mortara Garavelli, Le

parole e la Giustizia, 2001.

Indice della giurisprudenza di legittimità

Cass. civ., sez. 4, n. 16237 del 29 gennaio 2013. Cass. civ., sez. I, n. 10720 del 8 maggio 2013. Cass.

civ., sez. I, n. 18077 del 20 agosto 2014.

Cass. civ., sez. I, n. 9372 del 8 giugno 2012.

Cass. civ., sez. I, n. 9372 del 8 giugno 2012.

Cass. civ., sez. I, n. 18077 del 20 agosto 2014. Cass. civ., sez. VI, n. 21273 del 18 settembre 2013.

Cass. civ., sez. I, n. 18077 del 20 agosto 2014. Cass. civ., sez. VI, n. 16175 del 30 luglio 2015. Cass.

civ., sez. I, n. 19607 del 26 settembre 2011. Cass. civ., sez. VI, n. 4060 del 15 febbraio 2017. Cass.

civ., sez. VI, n. 4182 del 2 marzo 2016.

Cass. civ., sez. VI, n. 1070 del 17 gennaio 2018. Cass. civ., sez. VI, n. 4060 del 15 febbraio 2017.

Cass. civ., sez. VI, n. 16175 del 30 luglio 2015. Cass. civ., sez. I, n. 19607 del 26 settembre 2011.

Cass. civ., sez. I, n. 5262 del 29 maggio 1999. Cass. civ., n. 16664/2012 del 1 ottobre 2012.

Indice della giurisprudenza di merito

Trib. di Roma 5 maggio 2017, in Il familiarista.it. Trib. di Roma 12 dicembre 2017, in De Jure.

Sitografia

V. Bove, Brevi riflessioni su protocolli e linee guida: è a rischio il principio di legalità?, in

redazione@penalecontemporaneo.it, ult. acc. 20 feb- braio 2019.