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Le revocazione del testamento a causa di sopravvenienza di figli. Nota a Cassazione civile, sez. II, sentenza 5 gennaio 2018, n. 169

autore: V. Cianciolo

La lunga e ben articolata sentenza che qui si annota, riguarda la particolare ipotesi successoria in tema di revocabilità (di diritto) delle disposizioni testamentarie disciplinata dall’art. 687 c.c. che come noto, contempla l’ipotesi in cui il figlio sopravvenga rispetto alla data di predisposizione del testa- mento, ove la situazione familiare sia connotata dalla assenza ovvero dalla ignoranza assoluta di avere figli.

La decisione fa il punto sui diversi orientamenti cimentatisi con l’interpretazione della suddetta norma e opta, per la riso- luzione della concreta controversia, per la preferibilità della teoria c.d. oggettiva, pervenendo all’accoglimento del ricorso e alla diretta definizione della causa nel merito, non risultan- do necessari ulteriori accertamenti di fatto.



Il caso



Una donna conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Velletri la consorte di un signore deceduto, le due sorelle di quest’ultimo e i suoi nipoti. Parte attrice affermava di esse- re figlia naturale del “de cuius” il quale aveva in precedenza intessuto una relazione extraconiugale con la di lei madre e con cui aveva avuto modo anche di incontrarsi quando era in vita. Pertanto, chiedeva che venisse giudizialmente accer- tata la paternità naturale del defunto e che, per effetto di tale pronuncia, si provvedesse – ai sensi dell’art. 687 c.c. – alla dichiarazione della revoca del testamento olografo redatto da colui che assumeva essere il suo padre naturale, mediante il quale aveva devoluto le sue sostanze, mobiliari ed immobilia- ri, a vario titolo a vantaggio dei predetti convenuti.

Nella costituzione dei medesimi convenuti che si opponeva- no all’accoglimento della domanda, ad eccezione della moglie del “de cuius” che invece vi aderiva, il Tribunale accoglieva integralmente la domanda e, quindi, dichiarava la revoca del testamento impugnato ai sensi dell’art. 687 c.c.

Eppure, sul gravame proposto dai convenuti soccombenti, la Corte di appello capitolina, con sentenza dell’ottobre 2012, riformava la sentenza di prime cure e, per l’effetto, rigettava la domanda di revocazione del contestato testamento, annul- lando l’attribuzione all’appellata del cognome paterno che le era stato assegnato per effetto della dichiarazione giudiziale di paternità statuita con la decisione adottata all’esito del giudi- zio di primo grado.

la Corte territoriale evidenziava, sostanzialmente, che il cita- to art. 687 c.c. dovesse intendersi in senso restrittivo, ovvero limitandosi l’equiparazione dei casi di acquisto dello “status” di figlio alla sola ipotesi in cui la dichiarazione giudiziale di paternità ossia l’introduzione del relativo giudizio siano inter- venuti prima della morte del testatore.

Avverso la sentenza di appello formulava ricorso per cassa- zione l’originaria attrice (poi appellata soccombente).

La Corte di legittimità, nella resistenza degli intimati, con la sentenza qui segnalata accoglieva l’impugnazione di ultima istanza, decidendo anche il giudizio nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti fattuali, con la conseguente dichiarazione della revocazione di diritto ai sensi dell’art. 687 c.c. dell’impugnato testamento olografo.



La ratio dell’art. 687 c.c.



La revoca, tanto delle disposizioni a titolo universale, quanto a titolo particolare, opera in presenza del verificarsi di un pre- supposto a carattere oggettivo che può, tuttavia, manifestarsi in un duplice modo: l’ignoranza dell’esistenza di figli al momento della redazione del testamento o la sopravvenienza degli stessi1.

Operando di diritto, peraltro, la revoca stessa non richiede né istanza degli interessati, né provvedimento dell’autorità giudiziaria2.

Una stretta interpretazione porta ad escludere che la revoca possa operare qualora il testatore, sapendo di avere figli, igno- rasse solo l’esistenza di altri, o quando altri ne sopravvengano alla redazione del testamento3, anche se non manca chi ne propone un’interpretazione estensiva, dettata dalla comune ratio legis, tale da rendere operante la norma anche nell’ipotesi di sopravvenienza di altri figli4.

Della disposizione dettata dall’articolo 687 c.c. si danno es- senzialmente due spiegazioni.

Secondo la dottrina tradizionale, il fondamento della revo- cazione di diritto andrebbe ricercato nel rispetto della volontà “presunta”, “ipotetica” o “viziata” (secondo diverse varianti ricostruttive) del testatore: il testamento sarebbe revocato di diritto dovendosi presumere, in buona sostanza, che il testatore avrebbe disposto diversamente, si nascituros filios cogitasset5. Si è obbiettato che la menzionata presunzione non avrebbe in effetti fondamento in tutti i casi in cui la so- pravvenienza del figlio ovvero la scoperta della sua esistenza abbia luogo nell’arco temporale compreso tra la confezione del testamento e l’apertura della successione, soprattutto se di molto successiva all’atto di ultima volontà: in tal caso, non avere il testatore provveduto egli stesso a revocare il testamen- to, starebbe semmai a testimoniare che egli vuol conservare proprio quelle disposizioni, e non vuole affatto che vengano travolte. Ed inoltre, la revoca del testamento è ricollegabile anche alla sopravvivenza di un figlio postumo, nel qual caso è arduo ipotizzare una presunzione di una diversa volontà del testatore, dal momento che l’evento che avrebbe giustificato una modifica del testamento viene ad esistenza quando tale modifica non è più possibile.

Secondo l’indirizzo che in questo momento sembra esse- re prevalente, anche in giurisprudenza, la ratio dell’art. 687 c.c. è da ravvisare nella volontà del legislatore di fornire una tutela rafforzata agli interessi successori dei figli, a discapito di quelli degli estranei al nucleo familiare. In questo senso è la decisione, più volte richiamata dal primo giudice, secondo cui l’art. 687, 1°co., c.c., ha un fondamento oggettivo indivi- duabile nella modificazione della situazione familiare in re- lazione alla quale il testatore aveva disposto dei suoi beni6.

La giurisprudenza più recente, peraltro, afferma che il testa- mento redatto da chi sapeva dell’esistenza di propri figli na- turali deve essere revocato anche qualora l’accertamento della filiazione avvenga dopo la morte del testatore, a seguito della dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale7.

A questo punto rimane però ancora da chiedersi se può dav- vero ritenersi corretta l’idea secondo cui il fondamento del rimedio caducatorio di cui all’art. 687 cod. civ. risiederebbe in un vizio presunto della volontà testamentaria o se non deve invece considerarsi preferibile l’insegnamento accolto finora anche dalla Suprema Corte secondo cui la “revoca di diritto” sarebbe un meccanismo di tutela rafforzata degli interessi suc- cessori dei figli e dei discendenti.

Con riferimento all’art. 687, co. 3°, cod. civ. da tempo è stato autorevolmente osservato8 che quella previsione “non è in contrasto con la interpretazione oggettiva [...] della norma, [...] ma anzi la conforta”. E ciò perché “la legge ha inteso far salva con questa disposizione una devoluzione del patrimo- nio anche a persone diverse dai figli e discendenti del de cu- ius, ma solo in quanto sussista una effettiva volontà in questo senso del testatore”9, di modo che – sarebbe questo il vero significato della norma in questione – figli e discendenti del de cuius “non possono venire esclusi dalla successione del loro congiunto neppure per la parte disponibile del patrimonio ereditario ove non risulti una diversa volontà di quest’ultimo consacrata in un testamento”. Ne consegue che l’art. 687 cod. civ., pur sovrapponendosi in parte alla disciplina della c.d. successione necessaria, realizza “per i legittimari un risultato ulteriore rispetto a quello che questi potrebbero conseguire con la semplice azione di riduzione”. Quella norma, infatti, “da un verso rappresenta una specificazione e puntuale ap- plicazione al caso del più generale principio posto dall’art. 457, comma 2°, cod. civ.”, ma “dall’altro si traduce in una più intensa ed efficace tutela dei figli e discendenti del de cuius”.

Né serve sostenere che l’art. 687 cod. civ. non si applica in ogni caso di preterizione di figli o discendenti, ma solo nel caso di una loro sopravvenienza non prevista dal testatore o anche in caso di successiva conoscenza della loro esistenza da parte dello stesso. Certo non è contestabile che la “revo- ca di diritto” reagisce unicamente a una preterizione dovuta a un difetto di conoscenza o di previsione del testatore. Di per sé, però, questo dato non vale a escludere la possibilità di ravvisarne il fondamento nella tutela di figli e discendenti e non della volontà del testatore. Non c’è dubbio insomma, che il legislatore, nel prevedere la “revoca legale” del testa- mento per sopravvenienza di figli, sia stato mosso dalla con- siderazione del “dato di comune esperienza che la mancanza di figli condiziona la volontà testamentaria, e che di regola una persona non fa testamento o lo fa diversamente se ha un discendente”10.

È altrettanto indubbio però che l’art. 687 cod. civ. connette direttamente l’inefficacia delle disposizioni testamentarie alla ricorrenza di fatti oggettivi e non di un vizio della volontà testamentaria.

NOTE

1 Rossi, Revoca degli atti (Revoca del testamento), in EG, XXVII, Roma, 1991, 15.

2 Calice, La sopravvenienza di figli o discendenti, in Bonilini (diretto da), Trat-

tato di diritto delle successioni e donazioni, II, Milano, 2009, 1735.

3 azzariti, Le successioni e le donazioni, 2a ed., Napoli, 1990, 651.

4 talaManca, Successioni testamentarie, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt.

679-712, Bologna-Roma, 1975, 217.

5 Nello stesso senso è la giurisprudenza meno recente: Cass. 6 ottobre 1954, n. 3298, in Giust. civ.,

1954, I, 222; Cass. 19 aprile 1956, n. 1192, in Foro it., 1956, I, 672; Cass. 22 agosto 1956, n. 3146, in

Giust. civ., 1957, I, 1116; Cass. 29 gennaio 1970, n. 187, in Foro it., 1970, I, 1124, in motivazione.

6 Cass. 9 marzo 1996, n. 1935, in Foro it., 1996, I, 1229; Cass. 1° marzo 2011, n. 5037, in Foro it.,

2011, I, 2776; Trib. Reggio Emilia 13 ottobre 2006, in Il merito, 2007, 5, 40.

7 T. Belluno 4 maggio 2005: “Qualora sopravvenga l’accertamento giudiziale di un rapporto di

filiazione naturale, va revocato di diritto il testamento redatto dal genitore, ancorché quest’ultimo

in vita avesse avuto contezza dell’esistenza del figlio naturale”, in Foro it., 2005, 1, 2580. T. Catania

12 febbraio 2001: “La revoca di diritto delle disposizioni ‘mortis causa’ fatte da chi al tempo del

testamento non aveva o ignorava di avere figli o discendenti, nell’ipotesi di esistenza o

sopravvenienza di figli o discendenti legittimi, ovvero di riconoscimento successivo di figli naturali,

ex art. 687 c.c., opera anche nell’ipotesi di successiva dichiarazione giudiziale di paternità, stante

l’equiparazione del riconoscimento volontario alla dichiarazione giudiziale, voluta dall’art. 277 c.c.”

in Giur. di merito, 2002, 39.

8 Sempre nel senso che la “revoca di diritto” del testamento ex art. 687 cod. civ. ha un

fondamento oggettivo riconoscibile in “una esigenza di tutela della filiazione (legittima,

legittimata, naturale, riconosciuta, adottiva)”, v. pure i penetranti rilievi di scalisi, La revoca non

formale del testamento e la teoria del comportamento concludente, Milano, 1974, 105 ss. La tesi

secondo cui la “revoca” del testamento ex art. 687 cod. civ. sarebbe funzionale alla tutela della

filiazione è senz’altro maggioritaria nella dottrina sotto il codice del 1942: cfr. anche pugliatti,

Dell’istituzione d’erede e dei legati, in Commentario del cod. civ., diretto da D’Amelio e Finzi, Libro

delle successioni per causa di morte e delle donazioni, II, Firenze, 1941, 588; Falzea, La condizione

e gli elementi dell’atto giuridico, Milano, 1941, 47 ss.; FeDele, Le invalidità del negozio giuridico di

diritto privato, Torino, 1943, 201 ss., nt. 1; Barassi, Le successioni per causa di morte, Milano,

1947, 457 s.; Bonilini, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Torino, 2013, 376.

9 scalisi, op. cit., 106 e ss.

10 Bianca, Diritto civile, 2, La famiglia. Le successioni, Milano, 2005, 827.