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L'avvocato del minore (nota a Cass., sez. I, 6 marzo 2018, n. 5256)

autore: M. Labriola

La Suprema Corte torna a rimarcare alcuni principî sull’importanza della presenza del minore nei giudizi che lo riguardano. Preliminarmente esprimendosi sulla natura di giudicato dei provvedimenti ablativi della responsabilità genitoriale, la Corte ha ribadito quanto, di recente, è stato già sancito, sempre in sede di legittimità, e cioè che queste decisioni, sempre che siano definitive, sia pure rebus sic stantibus – in quanto il giudice di merito se ne è definitivamente spogliato, incidendo su diritti personalissimi di rango costituzionale – sono ricorribili per cassazione ai sensi dell’art. 111 cost.1 . Per di più, anche i provvedimenti implicanti i rapporti con i nonni, qualora siano irrevocabili e definitivi, sia pure rebus sic stantibus, sono ricorribili per Cassazione2 . A rafforzare la possibilità di reclamo avverso i provvedimenti de potestate, la Corte di legittimità3 , recentemente, decidendo sulla esclusione, disposta dalla Corte d’Appello di Bari, della legittimazione ad agire del genitore sospeso dalla responsabilità, ha confermato che i provvedimenti limitativi od ablativi possono essere assunti soltanto in un giudizio nel quale alla madre ed al padre, anche se decaduti, sia riconosciuta la natura di parti necessarie, in quanto munite del pieno potere di agire, contraddire ed impugnare le decisioni che producano effetti provvisori o definitivi sulla titolarità o sull’esercizio della responsabilità genitoriale.

Il rafforzarsi della assoluta imprescindibilità di garanzie processuali nei procedimenti relativi ai minori rappresenta la pietra angolare su cui costruire le tutele di soggetti che hanno avuto minor voce sino alla riforma n. 154/2013. Sullo stesso binario deve viaggiare, alla luce della modifica introdotta nell’art. 111 Cost., il bilanciamento tra l’interesse del minore e quello alla conservazione, ove possibile, dei rapporti parentali. D’altro canto, la natura sommaria del procedimento camerale non deve, nel processo minorile, esonerare il collegio dall’operare una valutazione approfondita circa gli interessi coinvolti, ciò sarà possibile se nel processo sono tutti presenti. La seconda questione affrontata della sentenza n. 5256/2018 è quella inerente alla natura di parte processuale del minore. Dopo aver affermato l’ammissibilità del reclamo, la Cassazione risolve le criticità attinenti alla difesa del minore quale parte attiva nei procedimenti ablativi della responsabilità genitoriale. Nel caso di specie, nell’impugnare i provvedimenti di merito, i reclamanti, genitori entrambi decaduti dalla responsabilità genitoriale, deducevano la nullità dell’intero percorso processuale attesa la assenza di una rappresentanza del minore sin dal primo grado, ai sensi dell’art. 336 cod. civ. ult. co. Censura fondata. L’art. 336 cod. civ., riformulato più volte nel corso di questi anni, obbliga sia all’ascolto del minore che abbia compiuto i dodici anni sia all’audizione del genitore interessato, inoltre, prescrive la difesa tecnica per questi soggetti. Se si analizzano altri istituti di diritto minorile si rileva come, in tema di accertamento dello stato di adottabilità (art. 8 l. 184/1983)4 , la vincolatività ed imprescindibilità della di fesa del minore sia prevista normativamente. Il procedimento si svolge, sin dalla sua apertura, con l’assistenza legale del minore, il quale è parte a tutti gli effetti del procedimento e, in mancanza di una disposizione specifica, sta in giudizio a mezzo di un rappresentante secondo le regole generali e, quindi, a mezzo del rappresentante legale ovvero, in caso di conflitto d’interessi, di un curatore speciale, soggetti cui compete la nomina del difensore tecnico. Ne consegue, in mancanza dell’assistenza legale del minore, la nullità del relativo procedimento. Inoltre, ancorché non sia obbligatoria la presenza di un avvocato per il minore, non vi è alcun dubbio, che la natura di parte quantomeno in senso sostanziale del minore concerna anche i procedimenti con contenuto prettamente patrimoniale, oltre a quelli relativi allo status filiationis. Nelle controversie sullo status filiationis in cui il genitore è in grado di rappresentare il minore – si pensi ai casi di riconoscimento di paternità – la presenza di quest’ultimo, quale parte, è garantita; in altri istituti sullo status – disconoscimento, contestazione, impugnazione – il litisconsorzio necessario è legislativamente previsto, pertanto, sul presupposto che vi sia un conflitto di interessi, deve essere nominato un curatore speciale. La presenza dell’avvocato del minore, in tali ipotesi è eventuale, atteso che nessuna norma obbliga alla difesa tecnica. Questa premessa è fondamentale per comprendere la posizione del minore nei giudizi che lo riguardano, soprattutto in quanto soggetto che patisce spesso gli effetti di un accertamento giudiziale introdotto da altri. Infine, vi è stata, sino ad una più recente giurisprudenza, una esclusione della partecipazione del minore in quei giudizi, separazione, divorzio e regolamentazione dei rapporti per i figli non matrimoniali, che non sembrano dover incidere profondamente sul percorso identitario del minore. La Corte di legittimità a S.U. ha, però, aperto un varco che ha cambiato prospettiva sulla necessarietà della presenza del minore in questi tipi di contenziosi sostenendo che “è necessaria l’audizione del minore dodicenne od ultradodicenne, o dotato di capacità di consapevole discernimento, se infrasedicenne, nei processi che riguardano il suo affidamento, salvo che tale ascolto sia contrario al suo superiore, poziore interesse, dovendosi motivare l’assenza di consapevole discernimento del minore che possa giustificare l’omesso ascolto. La mancanza di motivata giustificazione produce la nullità del procedimento per violazione dei principi del contraddittorio e del giusto processo ai sensi e per gli effetti dell’art. 111 cost., essendo il minore parte sostanziale del procedimento in quanto portatore di interessi contrapposti o, comunque, diversi da quelli dei genitori”5 . Si può concludere, sul punto, che in tali ipotesi la posizione del minore nel processo sia solo sostanziale. Inoltre, si può agevolmente sostenere che le norme sull’ascolto del minore, recentemente implementate, confermano la qualità di parte sostanziale dello stesso. Come si è mossa la giurisprudenza, invece, nel caso di provvedimenti de potestate, atteso che l’art. 336 cod. civ. novellato ha previsto espressamente la difesa tecnica a tutela del minore? Il quesito che emerge è se, in tali ipotesi, il minore possa essere considerato sempre litisconsorte necessario ex lege, tanto da doversi rendere obbligatoria la nomina di un avvocato. La disciplina in generale prevede che si è “parti in senso processuale” quando, ai sensi dell’art. 75 c.p.c., si è destinatari degli effetti degli atti del processo, invece, chi è titolare del rapporto sostanziale per cui è lite, e subisce gli effetti dell’accertamento giudiziale, è “parte in senso sostanziale” (art. 1 cod. civ). “Secondo un principio generale di indisponibilità del potere di stare in giudizio e di necessario collegamento tra diritto alla tutela giurisdizionale e affermazione della titolarità del diritto sostanziale, si verifica una normale coincidenza soggettiva fra la parte in senso formale e la parte in senso sostanziale; ciò non avviene unicamente allorché il titolare del rapporto controverso sia privo di capacità processuale, oppure quando venga conferita la rappresentanza processuale a colui che già sia investito di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio (art. 77 c.p.c), casi nei quali si ha un soggetto (parte in senso formale) che sta in giudizio in nome e per conto di altri (parte in senso sostanziale)”6 . È pleonastico ricordare come il minore parte è privo però di capacità processuale, ma possa essere affiancato da un rappresentante legale (artt. 75 co. 2 e 78 c.p.c.). Secondo alcuni autori7 la nozione di parte in senso sostanziale è relativa ai soggetti dell’azione, pertanto, la titolarità dell’eventuale contenzioso non attribuisce di per sé al soggetto inteso come parte un ruolo attivo nel processo. “Il concetto di parte in senso sostanziale del processo è strettamente collegato con la capacità giuridica di cui all’art. 1 cod. civ. […]; è al momento della nascita che ciascun individuo, divenuto soggetto giuridico, acquista anche la capacità di essere parte in senso sostanziale di una lite processuale futura”. Questa riflessione prende le mosse dal fatto di come non vi sia sempre coincidenza tra soggetto degli atti e soggetto degli effetti del processo. Come si è già sottolineato, la natura di parte processuale oltre che sostanziale del minore è ammessa con riferimento ai procedimenti de potestate, in ragione del fatto che l’articolo 37, co. 3 l. 149/2001, che ha aggiunto, all’ultimo comma dell’articolo 336 cod. civ., la seguente frase “per i provvedimenti di cui ai commi precedenti i genitori ed il minore sono assistiti da un difensore”. Ha chiarito molti dubbi la nota sentenza della Corte Costituzionale n. 1/2002, nella parte in cui, rigettando la q.l.c. avanzata dal Tribunale per i Minorenni di Torino, evidenziava che, “in riferimento agli art. 2 e 31 comma 2 cost., in relazione all’art. 12 della convenzione sui diritti del fanciullo, resa esecutiva con l. n. 176 del 1991, nonché agli art. 3 commi 1 e 2 (per irragionevolezza della disciplina censurata e per disparità di trattamento rispetto alla procedura di adottabilità) e 111 commi 1 e 2 (per violazione del principio del giusto processo) cost., la q.l.c. dell’art. 336 comma 2 c.c., nella parte in cui non prevede che nei procedimenti camerali concernenti la potestà dei genitori siano sentiti il minore ultradodicenne e, se opportuno, anche quello di età inferiore, o altrimenti i suoi genitori o il tutore, in quanto trattasi di questione che muove da una premessa interpretativa erronea, dal momento che l’art. 12 della citata convenzione è idoneo ad integrare la disciplina dell’art. 336 comma 2 c.c., nel senso di configurare il minore capace di discernimento come “parte” del procedimento che lo concerne, con la necessità del contraddittorio nei suoi confronti, se del caso previa nomina di un curatore speciale” confermando, nella sostanza, la necessità ed anche il dovere di ammettere un difensore per il minore. Quindi, sulla base di queste formulazioni di principio della corte delle leggi, la sentenza qui commentata attribuisce la qualità anche di parti processuali, nel procedimento de potestate, sia ai genitori decaduti dalla responsabilità genitoriale sia al minore, previa, per quest’ultimo, eventuale nomina di un curatore speciale ai sensi dell’art. 78 c.p.c. Si noti, però, che la conclusione cui giunge la S.C. omette di valorizzare l’obbligatorietà della nomina contestuale di un avvocato. Come è stato rilevato, “considerando che in tutti i casi in cui la riforma ha previsto la nomina di un difensore al minore è presupposta di fatto una situazione di conflitto di interessi tra il minore e i suoi genitori, la prima prospettiva di attuazione del tutto ragionevole da ipotizzare è che la rappresentanza sostanziale del minore venga attribuita al difensore, appunto all’avvocato del minore”8 senza che sia necessario passare attraverso la nomina del curatore o del tutore. La sentenza in commento rafforza il concetto per cui la mancata integrazione del minore nel processo, qualora non sia già rappresentato da un tutore provvisorio, nominato dal giudice in via cautelare ed urgente o all’atto di adozione di provvedimenti precedenti meramente limitativi della responsabilità genitoriale, comporterà la nullità del procedimento medesimo ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 354, co. 1° c.p.c. In realtà la Corte nulla dice circa la presenza del difensore del minore, ma rimanda alla imprescindibilità della nomina del curatore speciale cui, si indotti a ritenere, sia demandata la nomina di un avvocato.

Tuttavia, la vera novità del provvedimento sta nel fatto di aver chiarito quanto, anche nei procedimenti de poteste, il conflitto di interessi tra genitori e minori vada sempre presunto. Si asserisce, infatti, che “nei giudizi de potestate la posizione del figlio risulta sempre contrapposta a quella di entrambi i genitori, anche quando il provvedimento venga richiesto nei confronti di uno solo di essi, non potendo in questo caso stabilirsi ex ante la coincidenza e l’omogeneità dell’interesse del minore con quello dell’altro genitore […] e dovendo pertanto trovare applicazione il principio, più volte enunciato in materia, secondo cui è ravvisabile il conflitto di interessi tra chi è incapace di stare in giudizio personalmente e il suo rappresentate legale – con conseguente necessità della nomina d’ufficio di un curatore speciale che rappresenti ed assista l’incapace”. Gli ermellini aggiungono, infine, che una integrazione del contraddittorio, disposto dalla Corte d’Appello, non avrebbe sanato il vizio procedurale derivante dalla mancata partecipazione del minore nel procedimento di primo grado. La riluttanza dei giudici all’applicabilità effettiva dell’ultimo comma dell’art. 336 cod. civ. – l’avvocato del minore nei giudizi de potestate – ha comportato, sino ad oggi, una fondamentale violazione delle garanzie processuali del minore; il pregio del provvedimento annotato è quello di aver ribadito una interpretazione che, ancora una volta, ci avvicina alla normativa trasfrontaliera. Di conseguenza, l’allargamento delle ipotesi di obbligatorietà della difesa del minore, la cui violazione è sanzionabile con la nullità dell’intero procedimento, induce a riflettere sulla validità di tutti quei giudizi che, ai sensi dell’art. 38 disp. att. cod. civ., per vis attractiva, si svolgono davanti al tribunale ordinario che può decidere anche su questioni de potestate nei confronti di un solo genitore, benché in assenza, per prassi consolidata, del difensore del minore.

NOTE

1 Cass. civ., sez. I, 21 n ovembre 2016, n. 23633

2 Cass. civ., sez. I, 29 gennaio 2016, n. 1746. La S.C., precisando che non

sono impugnabili i provvedimenti che limitano la loro operatività ad un periodo predefinito, anche

disponendo attività istruttorie, ha ritenuto inammissibile il ricorso in Cassazione proposto avverso

un provvedimento adottato dal giudice minorile nell’ambito di una procedura non conclusa di

decadenza materna dalla responsabilità genitoriale, che escludeva, per un periodo limitato e

ormai decorso, i rapporti del minore con la nonna materna.

3 Cass, Civ. Ord., 20 febbraio 2018, n. 4099.

4 Art. 8 l. 149/2001 ult. co., “Il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall’inizio con

l’assistenza legale del minore e dei genitori o degli altri parenti, di cui al comma 2 dell’articolo 10”.

5 Cass. civ., S.U., 21/10/2009, n. 22238.

6 www.iusexplorer.it, Codici commentati art. 75 c.p.c. Scarpa.

7 poliseno, Profili di tutela del minore nel processo civile, Napoli, 2017.

8 Dosi, Lessico di diritto di famiglia, 1, gennaio 2018,121, Roma.