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Il disegno di legge Pillon n. 735 “Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità”. Breve nota esplicativa

autore: C. Cecchella

Sommario: 1. Premessa. - 2. La riforma del processo. - 3. La riforma dell’affidamento, del contributo di mantenimento del figlio dell’assegnazione della casa coniugale. - 4. La regolamentazione per legge della professione di mediatore familiare. - 5. La forte interferenza del disegno di legge con gli aspetti processuali.



1. Premessa



Il disegno di legge che viene proposto all’attenzione dei lettori è freschissimo, essendo stato presentato il 2 agosto 2018 al Senato, primo firmatario il Senatore Simone Pillon, preceduto – episodio devo dire unico nella storia della Repubblica – da una presentazione alle Associazioni specialistiche familiariste (erano presenti, oltre all’Osservatorio, Aiaf e CamMino), e alle maggiori associazioni dei mediatori familiari. Con Aiaf, l’Osservatorio aveva preparato un documento che non ha consegnato al Senatore, per la complessità del disegno di legge, che necessita di una riflessione, tanto che a partire da settembre sarà organizzato una tavolo permanente di confronto tra le Associazioni in vista della probabile convocazione in Commissione Giustizia, per un’audizione istituzionale. Peraltro ONdiF aveva già avviato un gruppo di lavoro al suo interno presieduto dall’Avv. Silvia Manildo, membro dell’Esecutivo nazionale. Per questa ragione ritengo di non esprimermi nel merito del disegno di legge perché voglio rispettare l’opinione che si formerà in sede interassociativa, come all’interno della nostra Associazione, e comunque necessito di un tempo lungo di riflessione. Mi limito solo ad un’esposizione, pur sintetica, evidenziando i passi più salienti della riforma con alcune annotazioni finali, inserendo considerazioni di carattere strettamente tecnico-legislativo e non di merito.



2. La riforma del processo



Un’osservazione di carattere generale che poi è all’origine dell’annotazione finale, il disegno di legge non si occupa affatto e solo di affidamento e mantenimento, ma si occupa in maniera diffusa di processo.



a) I reclami. Viene modificato e novellato l’art. 178 c.p.c. che estende il reclamo, in sede di separazione e divorzio non solo alle ordinanze presidenziali, come già l’art. 708 c.p.c., ma anche alle ordinanze del giudice istruttore (osservazione tecnica: quale rito segue il reclamo, quello camerale dell’art. 739 c.p.c. o quello cautelare dell’art. 669-terdecies c.p.c.? inoltre qual è il destino dei provvedimenti anticipatori, ormai ampiamente ammessi, pronunciati nei procedimenti di merito che seguono il rito camerale? Sono reclamabili, innanzi a quale giudice visto che sono resi collegialmente?).



b) I ricorsi. Con la modifica all’art. 706 e 4 della legge sul divorzio, si introduce un elemento di contenuto formale nel ricorso introduttivo (e nella memoria), a pena di nullità dell’atto – il che fa pensare, ai sensi dell’art. 164 c.p.c., la sua sanabilità con rinnovazione –, costituito dal c.d. piano genitoriale, meglio definito nell’art. 337-ter c.c.: “in ordine a: 1) luoghi abitualmente frequentati dai figli; 2) scuola e percorso educativo del minore; 3) eventuali attività extrascolastiche, sportive, culturali e formative; 4) frequentazioni parentali e amicali del minore; 5) vacanze normalmente godute dal minore”, nonché alla contribuzione economica per il mantenimento del figlio. Osservazione tecnica: nel ricorso per separazione il disegno di legge riferisce (correttamente) che si tratta di un’ipotesi di nullità, ma nel ricorso per divorzio, all’art. 4, 3° comma novellato, la sanzione è ben diversa: quella della inammissibilità, che, se concetto processuale consapevole, deve intendersi come vizio insanabile che conduce diritto ad una sentenza processuale di chiusura del procedimento. Forse le norme devono essere coordinate.



c) La mediazione familiare obbligatoria. Si introduce una nuova condizione di procedibilità (e non di ammissibilità) che conduce in difetto ad un rinvio di due mesi dell’udienza presidenziale (art. 708 c.p.c. novellato) con invito alle parti di provvedervi, costituito da un tentativo di mediazione familiare (che si inserisce tuttavia in una disciplina completa della mediazione familiare in altra parte del progetto, come professione regolata da una legge speciale, da appositi albi organizzati e a cui possono accedere anche gli avvocati, molti dei quali sono anche mediatori). Osservazione tecnica: il legislatore ancora non chiarisce le conseguenze del mancato espletamento della mediazione familiare nonostante l’invito del giudice, peraltro questa lacuna è presente pure nelle discipline dedicate alla mediazione civile e alla negoziazione assistita, nei casi di obbligatorietà. Il processo prosegue? Il processo viene dichiarato estinto senza una misura? (si badi bene un processo che ha ad oggetto diritti indisponibili in capo al minore necessitanti anche d’ufficio di misure urgenti).



d) La separazione consensuale, come anche il divorzio congiunto devono contenere nel ricorso il piano genitoriale concordato, ancora a pena di nullità, ed essere preceduti da un tentativo di (ri-)conciliazione da parte del presidente. Naturalmente resta la norma che consente al tribunale di valutare il piano nella prospettiva dell’interesse del minore (sopravvissuto art 158 del codice civile ed espressa previsione nell’art 4 novellato). Osservazione tecnica: in quest’ultima disposizione (l’art. 4) il vaglio della coerenza con l’interesse del minore sembra fatta dal Presidente, superata la quale egli rimette al collegio per la sentenza (il che è da pensare non esclude certamente un ulteriore vaglio del collegio; forse la norma lascia spazio al Presidente per chiedere una modifica delle conclusioni congiunte ed evitare di giungere al collegio costringendo l’organo a convertire il rito da consensuale a contenzioso, ai sensi dei commi 8 e 9 della stessa disposizione); non si chiarisce la necessità del difensore tecnico, sia nella formulazione dedicata alla separazione e sia nella formulazione dedicata al divorzio.



e) Alcune modifiche minori dedicate al processo divorzile: la coerenza con le regole sulla competenza dopo la declaratoria di incostituzionalità (sentenza n. 169 del 2008) del testo dovuto alla legge n. 80 del 2005 (“ultima residenza dei coniugi” cui non fa più riferimento la norma; la riduzione dei termini per la fissazione della udienza di comparizione (quaranta giorni, anziché novanta), a cui si allinea anche il ricorso per separazione; la non necessità di motivazione dell’ordinanza presidenziale che aderisce al piano genitoriale comune.



f) L’ascolto. È obbligatorio in sede di udienza presidenziale e ogni qual volta si dispongano misure di carattere personale che riguardano il minore e condotto dal giudice ma – la novella usa la congiunzione “e” – quindi sempre coadiuvato da un esperto. La esclusione degli avvocati dall’ascolto è tassativa (mentre attualmente può essere autorizzata; tuttavia l’art. 336-bis c.c. non viene abrogato, ponendosi un problema di coordinamento); i difensori e le parti possono assistere solo in locale separato e porre domande purché non “manifestamente in grado di suscitare conflitti di lealtà da parte del minore verso uno dei genitori” (la terminologia necessita forse di un miglioramento tecnico lessicale, si vorrà intendere evitare domande suggestive che possano influenzare psicologicamente il minore). La norma ha il pregio almeno di imporre l’utilizzo di sistemi audiovisivi, presenti in molti tribunali, ma usati solo in sede penale. L’obbligo sembra subire un’attenuazione quando i genitori raggiungono l’accordo e il giudice deve solo omologarlo e prenderne atto. Osservazione tecnica: sembra molto avvilita la tutela del diritto del minore in caso di conflitto con i genitori, poiché l’accordo non è elemento sufficiente, potendo esserci latente un conflitto di interesse con entrambi i genitori: tutto resta troppo relegato alla sensibilità del giudice.



g) Viene abrogato l’art. 152, 2° comma c.c. sulla domanda di addebito. Osservazione tecnica: l’abrogazione non mi pare faccia venire meno la possibilità di una domanda di danni provocati dagli inadempimenti ai doveri coniugali o verso il figlio, lasciando impregiudicato il grave problema, oggetto di dibattito insoluto, sulla proponibilità incidentale della domanda in sede di separazione e divorzio e necessita di un coordinamento con altre norme, come l’art. 156, 1° comma, c.c. che esclude il contributo di mantenimento in caso di addebito (la norma sopravvive?), il rischio è che la sopravvivenza di quest’ultima norma apra la strada ad una domanda di addebito autonoma ed esercitabile in qualsiasi momento, proprio ciò che forse si vuole evitare (e la giurisprudenza sino ad oggi ha evitato).



h) In sede di controversie nascenti dall’attuazione dei provvedimenti personali, si interviene anche sull’art. 709-ter c.p.c. Le gravi inadempienze che possono essere all’origine di una modifica dei provvedimenti di merito sono descritte più particolarmente: oltre appunto alle “gravi inadempienze”, anche le “manipolazioni psichiche” l’“astensione ingiustificata dei compiti di cura di un genitore”, le “accuse di abusi e violenze fisiche e psicologiche evidentemente false e infondate mosse contro uno dei genitori”. La misura di modifica può espressamente giungere alla “decadenza della responsabilità genitoriale” sino alle “necessarie misure di ripristino, restituzione o compensazione”. Osservazione tecnica: appare poco comprensivo il riferimento a misure restitutorie, ripristinatorie e compensative, trattandosi di profili esclusivamente personali. Congiuntamente a tali misure il provvedimento può condannare il genitore inadempiente al risarcimento del danno causato al minore o all’altro genitore, sino ad una sanzione amministrativa pecuniaria. Osservazione tecnica: la sottolineatura di risarcimento del danno sembra escludere l’annovero delle misure nell’ambito delle misure coercitive su basi oggettive, sulla cui natura si era invero allineata la giurisprudenza espressami sulla norma vigente (proprio in direzione contraria alla ratio della norma che sembra essere per i casi di violazione del diritto del genitore alla genitorialità molto più severa che il recente passato). Il carattere coercitivo resta relegato alla sanzione amministrativa il cui massimo (6.000,00 euro, la norma oggi riferisce un massimo di 5.000,00 euro) non pare in molti casi essere deterrente sufficiente. La attenuazione delle misure coercitive in sede di diritti personali violati, si accompagna ad identico orientamento in relazione ai diritti economici, essendo abrogato l’art. 570-bis c.c. di recente conio. Osservazione tecnica: le misure personali ed economiche per il loro carattere latu sensu infungibile non possono non godere di un adeguato apparato di misure coercitive, come attualmente godono, ed essere relegate esclusivamente alle forme dell’esecuzione del libro III del codice di rito.



i) Gli ordini di protezione, non soccorrono più al solo caso della violenza domestica ma, attraverso la introduzione di un nuovo comma dell’art. 342-bis c.c., anche alla “condotta di un genitore […] causa di grave pregiudizio ai diritti relazionali del figlio minore e degli altri familiari, ostacolando il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con l’altro genitore e la conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”. Sino ad intervenire – ma qui l’osservazione tecnica è necessaria –, in quale misura non si intende, anche per il caso che “il figlio minore manifesti comunque rifiuto, alienazione o estraniazione con riguardo ad uno di essi”: chi deve essere allontanato, il genitore rifiutato? Il nuovo art. 342-bis (che avrebbe forse dovuto trasmigrare per il suo contenuto piuttosto nel codice di rito, dopo l’art. 736-bis c.p.c.), consente anche le misure della sospensione o revoca della responsabilità genitoriale e dei provvedimenti contenuti nell’art. 709-ter “anche di ufficio e inaudita altera parte” (l’espressione così forte offre tanta farina al sacco della tesi sul carattere coercitivo e non risarcitorio delle misure dell’art. 709-ter c.p.c., anche se l’immediatezza della misura senza il contraddittorio dovrà comunque condurre ad un’udienza di convalida a contraddittorio perfezionato, altrimenti la disposizione si scontra con gli artt. 24 e 111 Cost.). Ugualmente, appaiono nuove le misure della inversione della residenza abituale del minore o dei limiti alla permanenza presso il genitore inadempiente o infine del collocamento provvisorio del minore in apposita struttura.



l) Il piano genitoriale è contenuto necessario anche degli accordi di negoziazione assistita, come anche le misure personali dettate dagli artt. 337-ter c.c. e ss.



m) Le disposizioni transitorie, che rendono possibile l’immediata applicazione del nuovo regime, pongono non tanto problemi di diritto sostanziale, quanto di diritto processuale, tenuto conto della deroga al principio tempus regit actum e delle numerose novità: che ne è delle domande di addebito introdotte? che ne è delle ordinanze del g.i. per le quali sono decorsi i termini del reclamo secondo il nuovo regime? I ricorsi introduttivi sono nulli perché non contengono il piano genitoriale, ancorché depositati prima della riforma? L’obbligo di mediazione familiare deve essere esaudito qualunque sia la fase in cui si trova il processo, anche in appello? Che efficacia hanno gli ascolti raccolti con la partecipazione degli avvocati? Lo ius superveniens potrà indurre all’immediata revoca dei provvedimenti provvisori (probabilmente non del giudicato, poiché in tal caso il processo non è più pendente). Insomma, un regime transitorio che pone più problemi piuttosto che risolverli.



n) Si prevede il diritto degli ascendenti ad un intervento volontario ex art. 105 c.p.c. nel giudizio (art. 337-ter c.c.), benché la loro tutela sia affidata in via principale ad un rito camerale, ma poi nella disposizione sui figli maggiorenni, art. 337-septies c.c., si dimentica il problema processuale dell’intervento del figlio maggiorenne, nella controversia di separazione e divorzio (per buona sorte risolto dalla giurisprudenza prevalente in termini, ancora, di intervento volontario).



o) Infine, nei giudizi di revoca e modifica dei provvedimenti sui profili personali, sempre possibili a prescindere da fatti sopravvenuti, all’art. 337-quinquies c.c., questa volta condizionata alla volontà di entrambe le parti, è consentita la facoltà del giudice di suggerire la via della mediazione familiare oppure quella della scelta di un coordinatore genitoriale, punto di riferimento continuativo per i genitori nei rapporti con i propri figli. Quest’ultima figura, al cui ruolo possono ambire anche gli avvocati (art. 5), non coincide necessariamente con un mediatore familiare ed è del tutto nuova, auspicata dalla scienza psicologica, la cui opportunità è nella scelta assolutamente condivisa dei genitori. Si tratta di una frontiera tutta nuova da sperimentare, sulla quale l’Osservatorio si era già aperto, con un saggio pubblicato sul n. 3/16 della Rivista.



3. La riforma dell’affidamento, del contributo di mantenimento del figlio dell’assegnazione della casa coniugale Naturalmente in coerenza al titolo, il disegno di legge si occupa di alcuni istituti di diritto sostanziale che regolano la responsabilità genitoriale.

L’affidamento e il collocamento vengono riformati rispetto all’intervento della legge n. 54 del 2016, seguito dalle normative sulla filiazione del 2012 e 2013, sancendo un principio di bi-genitorialità pieno e rigido, nel primo comma dell’art. 337-ter c.p.c., intenso come diritto di trascorrere con ciascuno dei genitori tempi paritetici e equipollenti, salvo i casi di “impossibilità materiale”, in ragione “della metà del proprio tempo, compresi i pernottamenti, con ciascuno dei genitori”. E da ritenere che l’impossibilità materiale dipenda da ragione logistiche, ovvero non avere uno dei genitori un luogo idoneo per ospitare per il periodo il proprio figlio e non da altre ragioni (tra di esse il “nomadismo” del minore oppure la perdita di un luogo di riferimento per l’educazione e la crescita, sulla quale la scienza psicologica ha speso fiumi di inchiostro). Ciò rende la norma applicabile ai genitori con reddito alto e quindi patrimonio che consente idonee separate abitazioni personali e non ai genitori con redditi basso o peggio ancora privi di patrimonio, ai quali normalmente la separazione conduce a significative difficoltà economiche per reperire un alloggio alternativo, anche solo per sé stessi. Forse per tale ragione il legislatore, al secondo comma, sembra rettificare l’espressione generale con cui si apre lo stesso comma (“tempi paritetici”), prevendendo (evidentemente per il genitore non collocatario) almeno 12 giorni al mese da trascorrere con il figlio. La deroga ulteriore è tuttavia il “comprovato e motivato pericolo di pregiudizio per la salute psico-fisica del figlio minore in caso di 1) violenza, 2) abuso sessuale; 3) trascuratezza; 4) indisponibilità di un genitore; 5) inadeguatezza degli spazi predisposti per la vita del minore”. La norma dunque è nella direzione di un più limitato potere discrezionale del giudicante, essendo rese in maniera molto oggettiva e precisa le ipotesi che escludono i tempi rigorosamente paritetici. Inoltre il criterio adottato dal legislatore può sempre essere derogato da un diverso accordo tra i coniugi, fatto comunque salvo (si deve pensare comunque soggetto ad un vaglio di rispondenza con l’interesse del minore da parte del giudice, rimanendo comunque inesitato il profilo del conflitto di interessi che imporrebbe comunque una rappresentanza processuale del minore). I periodi paritetici assicurati come criterio preferenziale salvo la graduazione delle deroghe di cui si è detto, prelude, negli ultimi commi novellati dell’art. 337-ter c.c. al c.d. contributo “diretto”: al mantenimento, senza erogazione di un assegno, che se anche previsto (si deve pensare nei casi di deroga ai periodi paritetici), deve essere sempre temporaneo (il giudice ne fissa infatti un termine) e comunque condurre ad ogni iniziativa opportuna tra le parti per il suo superamento. Quanto al figlio maggiorenne (art. 337-septies c.c.), è ribadita l’azione diretta a tutela del proprio mantenimento (ancora nel silenzio della legge nelle forme ordinarie di un processo di cognizione), con cessazione al compimento del venticinquesimo anno di ogni obbligo di contribuzione (norma assai discutibile sul piano della costituzionalità) oppure nel caso, questo certamente condivisibile, com’è insegnamento del giudice di legittimità, del figlio “bamboccione” che rifiuta occasioni di lavoro o ritarda ingiustificatamente l’esaurimento del ciclo di studi.

È questa evidentemente la parte che sarà più discussa sul piano del merito. L’affidamento condiviso è la formula ovviamente ancora prevalente, potendo essere relegato quello esclusivo solo ad ipotesi estreme, senza che sia negato al genitore non affidatario il diritto di avere rapporti significativi con il proprio figlio e di condividere le decisioni di maggiore interesse per il figlio, di vigilare sul comportamento del genitore affidatario e di ricorrere al giudice se necessario. Nell’ipotesi che l’affidamento non possa essere disposto ad alcuno dei genitori, è privilegiato l’affidamento familiare in altro nucleo familiare (e non in casa famiglia), preferibilmente parentale o di famiglia nel luogo di residenza del minore, senza che sia negato il diritto dei genitori a rapporti significativi con il minore e sia favorito un recupero della capacità genitoriale dei genitori naturali. La riforma dell’assegnazione della casa familiare è destinata a suscitare numerose perplessità nel merito (sulle quali non mi pronuncio), ma anche sul piano tecnico. Pure nel caso la periodizzazione paritetica del collocamento si sancisce la doppia residenza del minore, ciò che esclude l’assegnazione della casa coniugale. Resta la facoltà del giudice di provvedervi nel superiore interesse del minore, ma in tal caso il genitore che risiederà nella casa familiare non è quello che assicuri una maggiore continuità assistenziale ed educativa (sempre nell’interesse del minore), ma solo quello che abbia un diritto di proprietà o reale minore o personale di godimento sull’immobile oppure quello che comunque potrà versare all’altro, titolare dei diritti menzionati, un indennizzo pari al canone di mercato (ma non si intende per quanto tempo possa risiedervi, perché la norma sembra privilegiare la permanenza nella casa familiare dell’altro, titolare del diritto dominicale o personale). Insomma la madre priva di reddito o di un patrimonio, per scelta di continuità anche educativa dei figli, magari condivisa dal marito prima della crisi, non potrà risiedere nell’abitazione familiare di proprietà del marito o sulla quale questi abbia un diritto dominicale o personale. Una soluzione retta da criteri diversi dall’interesse del minore, quanto alla scelta del genitore coabitante, desta forti dubbi di costituzionalità.

Invece certamente auspicabili le norme, 3° e 4° comma dell’art. 336-sexies c.c., sull’obbligo di comunicazione del cambio di residenza di un genitore all’altro e sulla necessità di un consenso di entrambi, per il caso che uno dei genitori voglia trasferire il minore in altro luogo o iscriverlo in una diversa scuola (con la sanzione, in caso di violazione, di un recupero manu militari del minore trasferito da parte dell’autorità di pubblica sicurezza, deve intendersi senza ordine del giudice?).



4. La regolamentazione per legge della professione di mediatore familiare



Gli artt. da 1 a 4, regolamentano finalmente ex lege la professione del mediatore familiare, a cui possono avere accesso anche gli avvocati, dando un crisma di professionalità attraverso l’iscrizione all’albo nazionale e le verifiche necessarie e fissando regole allo svolgimento dell’attività di mediazione, che si giustificano particolarmente alla luce del vincolo di mediazione in limine litis imposta in tutte le controversie in cui sono coinvolti diritti personali ed economici dei minori.



5. La forte interferenza del disegno di legge con gli aspetti processuali



Si è evidenziato ed esposto l’intervento i più luoghi del progetto sul processo. L’intento è certamente lodevole, ma non può essere avulso da una visione sistematica e razionale imposto da una riforma generale del processo minorile e famigliare, con superamento dei riparti di competenze e della diversità di riti del tutto irrazionale, che restato sullo sfondo dell’intento riformatore. Sul piano tecnico l’auspicio è che il disegno osi di più sul piano processuale, essendo a parere dello scrivente auspicabile che la riforma generale del processo familiare sia del tutto avulsa dalla riforma del processo civile comune (alle cui sorti non può essere trascinata come nello scorcio della scorsa legislatura), per la sua evidente diversità, e che possa avere luogo proprio nel contesto di un progetto che tocca alcuni fondamentali istituti di diritto sostanziale.