inserisci una o più parole da cercare nel sito
ricerca avanzata - azzera

L’applicazione dell’art. 162-ter c.p. dopo l’introduzione della l. 172 del 4 dicembre 2017

autore: C. Mancini

La legge “Orlando” (l. 103/17) ovvero la legge di riforma al codice penale e di procedura penale introduce una serie di modifiche di grande rilievo nell’ordinamento sia sul piano del diritto sostanziale, sia sul piano del diritto processuale. Vediamo in breve quali sono le novità introdotte:

1) inasprimento di alcuni tipi di reato (è stato previsto l’aumento dei minimi edittali per alcuni reati quali il furto in appartamento o la rapina)

2) riforma della disciplina della prescrizione (è stata introdotta una nuova ipotesi di sospensione della prescrizione: il termine resta sospeso fino al deposito della sentenza di appello; è stato inoltre inserito l’interrogatorio innanzi alla P.G. su delega del P.M. quale atto interruttivo della prescrizione, ecc.)

3) regime di procedibilità di alcuni reati (è stata prevista la procedibilità a querela per i reati contro la persona punibili con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a 4 anni) È stata inoltre apportata una serie di modifiche anche al codice di procedura penale, in tema di richiesta di archiviazione, di accertamenti tecnici non ripetibili, di impugnazioni…; su questi punti non mi soffermerò non essendo inerenti all’argomento di cui ci occupiamo oggi. Una delle modifiche che sicuramente ha fatto molto discutere è quella dell’introduzione dell’art. 162-ter c.p. Art. 162-ter c.p. - stabilisce che:



Nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l’imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, ed ha eliminato, ove possibile le conseguenze dannose o pericolose del reato. Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli artt. 1208 e ss. Del c.c., formulata dall’imputato e non accettata dalla parte offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo. Quando dimostra di non aver potuto adempiere, per fatto a lui non addebitabile entro il termine di cui al I comma, l’imputato può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a sei mesi, per provvedere al pagamento, anche in forma rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento; in tal caso il giudice, se accoglie la richiesta, ordina la sospensione del processo e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito e comunque non oltre 90 gg dalla predetta scadenza, imponendo specifiche prescrizioni. Durante la sospensione del processo il corso della prescrizione resta sospeso. Si applica l’art. 240 II co. Il giudice dichiara l’estinzione del reato, di cui al I co., all’esito positivo delle condotte riparatorie.



Caratteristiche

Scopo della norma



L’istituto era già contemplato dal Progetto presentato dal gruppo di studio incaricato di elaborare una proposta di revisione del sistema penale attraverso l’introduzione di norme di depenalizzazione – presieduto dal Prof. Fiorella, il cui operato rispondeva complessivamente alla necessità di contrarre l’intervento del diritto penale. In tale sede era evidente quindi l’intento deflattivo della riforma. Sul piano sistematico l’introduzione dell’art. 162-ter c.p. rappresenta senz’altro una conferma del crescente apprezzamento politico per la condotta riparativa. La novella operata dalla l. 103/17 sembra dunque iscriversi in una strategia promozionale diretta alla tutela del bene anche se sotto forma di salvaguardia tardiva e di tipo restituivo/ risarcitorio. È forte la connotazione civilistica della norma desumibile dal fatto che parliamo di una offerta reale che deve essere fatta dall’imputato, e dalla modalità di pagamento che può essere fatto anche a rate.



Reati applicabili



L’art. 162-ter c.p. trova applicazione esclusivamente con riferimento a quei reati perseguibili a querela soggetta a remissione. La scelta del Legislatore evidentemente è stata quella di poter eliminare con una condotta riparatoria soltanto quei reati che realizzano una offesa ad interessi individuali, nella disponibilità del titolare del bene giuridico leso. Nella Relazione Tecnica del testo originario infatti si legge che “lo scopo della norma è quello di deflazionare il numero di procedimenti penali e comunque realizzare una rapida definizione degli stessi, determinando effetti di risparmio in termini di spese processuali e di impegno di risorse umane”. La norma ha subito suscitato perplessità nel momento in cui esclude l’applicazione a quei reati perseguibili sempre a querela ma non soggetta a remissione: anche in questi casi, infatti, spesso il bene tutelato è un bene individuale, pertanto, il risarcimento del danno avvenuto prima dell’apertura del dibattimento di primo grado potrebbe estinguere il reato, mentre così non è; e ci si trova di fronte ad un processo che rimane un inutile orpello. Un esempio tra tutti: art. 609-bis c.p.: qualora l’imputato offra un risarcimento del danno alla vittima si potrà avere la mancanza di costituzione di parte civile, ma non anche l’estinzione del processo con sentenza di non luogo a procedere per intervenuta condotta riparatoria.



Modalità di applicazione



La condotta riparatoria deve concludersi entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di I grado. Qualora l’imputato dimostri di non aver potuto adempiere per un fatto a lui non imputabile, entro il termine di cui al I comma, può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine non superiore a 6 mesi per provvedere al pagamento, anche in forma rateale.



Ambito di applicazione



La nuova norma in base alla normativa transitoria si applica a tutti i processi in corso alla data di entrata in vigore della legge. Nello specifico il giudice potrà dichiarare l’estinzione del reato anche nel caso in cui la condotta riparatoria sia stata posta in essere oltre il termine previsto, cioè l’apertura del dibattimento. Infatti è stabilito che l’imputato nella prima udienza successiva alla data di entrata in vigore dell’art. 162-ter c.p. potrà fare richiesta di un termine, che non superi i 60 gg per poter provvedere alle restituzioni, la pagamento dovuto a titolo di risarcimento e ove possibile alla rimozione delle conseguenze dannose e/o pericolose del reato. Per di più, nella medesima udienza, l’imputato dimostrata l’impossibilità ad adempiere a lui non imputabile, può chiedere al giudice un ulteriore termine, anch’esso non superiore a 60 gg. per versare quanto dovuto, anche in forma rateale. Ovviamente tale norma non potrà applicarsi ai giudizi in grado di legittimità, non avendo la Corte di Cassazione poteri e cognizioni di merito per valutare l’adeguatezza della condotta riparatoria.



Art. 162-ter c.p. / Atti persecutori



In caso di ipotesi “semplice”, cioè quella procedibile a querela (la stessa per intenderci che consente di chiedere l’ammonimento del Questore) del reato di atti persecutori era pienamente applicabile l’art. 162-ter c.p. Questo perché trattasi di un reato – lo stalking – creato volutamente dal Legislatore come un reato procedibile a querela rimettibile al fine di tutelare l’esigenza di lasciare libere le persone perseguitate di valutare se la strada giudiziale fosse la migliore da intraprendere e soprattutto di decidere se, eventualmente, fare un passo indietro optando per una remissione della querela. È, pertanto, prevalsa la massima valorizzazione della libertà della parte offesa, in genere la donna. Varata la riforma “Orlando” si è da subito notata la discrepanza tra ciò che va a tutelare l’art. 612-bis c.p. e la condotta riparatoria. Il reato di atti persecutori è stato introdotto per riconoscere la rilevanza di una condotta altamente lesiva della libertà, della serenità e della sicurezza delle persone e prevalentemente delle donne. Quindi la Rete Nazionale dei Centri Antiviolenza ha subito espresso la propria preoccupazione che la riforma voluta dal Ministro Orlando, pur riflettendo una volontà, come già accennato, deflattiva del Legislatore, sia applicata ai casi di violenza di genere, come definiti dalla Convenzione di Istanbul, ovvero i reati commessi nei confronti delle donne in quanto tali. La succitata Convenzione prevede all’art 45 che i reati commessi a danno delle donne “siano puniti con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive”.

La stessa Normativa Europea a Tutela delle Vittime di Reato (2102/29/UE) agli artt. 12 e 22 impone particolare cautela nei casi di giustizia riparativa in ipotesi di violenza di genere. Ovviamente una norma come quella dell’art. 162-ter c.p. che affida al giudice anche nei giudizi di stalking la valutazione della congruità dell’offerta riparativa e la conseguente determinazione dl reato, ignora l’interesse privato e soprattutto ignora la sicurezza della donna. I timori delle varie Associazioni a tutela delle donne, non erano certo infondati, perché, in data 25 settembre 2017 un G.U.P. di Torino, con sent. 1299/17 ai sensi dell’art. 531 c.p.p. ha dichiarato estinto il reato di atti persecutori ex art. 612-bis c.p., pronunciando sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell’imputato, perché era stata offerta alla vittima una riparazione del danno pari a € 1.500,00. Invero, il giudice altro non ha fatto che applicare la norma. Nei fatti, all’udienza del 25 settembre 2017 a seguito di una offerta reale ex art. 1208 c.c. formulata dall’imputato, il GUP sentita la vittima, che peraltro non aveva accettato tale risarcimento, ritenendolo invece congruo applicava l’art. 162-ter c.p. Si evidenzia la mancata incidenza nella normativa della volontà della vittima. È da subito emerso che l’art. 162-ter c.p. presentava delle carenze in termini di applicabilità. Quanto accaduto a Torino ha sollevato un gran polverone mediatico, ha infiammato le polemiche, ha indignato le istituzioni e le varie associazioni a tutela delle donne. La sentenza di Torino è stata dichiarata da più parti assurda e incongruente, un pericoloso precedente che rischiava di incentivare gli episodi di stalking lanciando un messaggio inquietante: quello che non si commette reato se dopo aver molestato una persona le si offre del denaro come risarcimento. Il reato di atti persecutori, in ragione della sua peculiarità e delle conseguenze gravi che può provocare alle vittime, non può essere incluso tra i reati da dichiararsi estinti a mezzo di condotte riparatorie poste in essere dall’autore. Pertanto è stato proposto un emendamento alla proposta di legge a tutela degli orfani di crimini domestici da parte della Senatrice Puglisi, con lo scopo di escludere l’art. 612-bis c.p. dall’art. 162-ter c.p. Su tale emendamento l’Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia ha immediatamente espresso parere favorevole. Quindi, nella l. 172/ 17 pubblicata nella G.U. del 5.12.17 n. 284 – di conversione del d.l. 148/17 (recante disposizioni urgenti in materia finanziaria) è stato introdotto un nuovo comma all’art 162-ter c.p. in cui viene espressamente escluso il reato di cui all’art. 612-bis c.p. dall’applicabilità dell’estinzione del reato per condotte riparatorie. Le problematiche emerse dalla suindicata sentenza del GUP di Torino, che hanno portato alla modifica appena ricordata, appaiono diretta conseguenza di una norma mal scritta e ricca di vuoti di tutela, che se non modificata avrebbe portato di fatto ad una depenalizzazione del reato di stalking e lanciato un messaggio fuorviante.