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Prime riflessioni sulla c.d. “riserva di codice in materia penale”. Quali strumenti per il nuovo diritto di famiglia?

autore: V. Cianciolo

Sommario: 1. Introduzione. - 2. La mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. - 3. La giurisprudenza sull’art. 388 c.p. in tema di affidamento dei figli. - 4. Che cosa cambia con la modifica del 2° comma dell’art. 388 c.p. - 5. Le fattispecie previste dall’art. 570 c.p. - 6. La tutela penale del mantenimento dei figli maggiorenni. - 7. Che cosa cambia con il nuovo art. 570-bis c.p.



1. Introduzione



In ragione delle profonde modifiche apportate alla disciplina dell’istituto familiare nel codice civile ed in stretta correlazione con il mutato assetto dei valori oggetto di tutela penale in tale ambito, alcuni interventi provenienti da autorevole dottrina1 hanno sollecitato un dibattito intorno alla necessità di una, almeno parziale, rivisitazione di alcune delle fattispecie penali previste dal nostro codice penale nel titolo XI “Dei delitti contro la famiglia”. Nell’ambito della riforma varata con la legge 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. riforma Orlando), la legge delega ha previsto “l’attuazione, sia pure tendenziale, del principio della riserva di codice nella materia penale, al fine di una migliore conoscenza dei precetti e delle sanzioni e quindi dell’effettività della funzione rieducativa della pena, presupposto indispensabile perché l’intero ordinamento penitenziario sia pienamente conforme ai princìpi costituzionali, attraverso l’inserimento nel codice penale di tutte le fattispecie criminose previste da disposizioni di legge in vigore che abbiano a diretto oggetto di tutela beni di rilevanza costituzionale, in particolare i valori della persona umana, e tra questi il principio di uguaglianza, di non discriminazione e di divieto assoluto di ogni forma di sfruttamento a fini di profitto della persona medesima, e i beni della salute, individuale e collettiva, della sicurezza pubblica e dell’ordine pubblico, della salubrità e integrità ambientale, dell’integrità del territorio, della correttezza e trasparenza del sistema economico di mercato”. Il recente d.lgs. n. 21 del 1° marzo 20182 ha inserito nel codice penale l’art. 3-bis, secondo cui “Nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell’ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia”. La disposizione ha come scopo l’inserimento tendenziale nel codice penale di tutte le fattispecie criminose, al fine di creare una disciplina quanto più organica e completa dei precetti e delle sanzioni e rendere intellegibili gli effetti rieducativi della pena. Il recente d.lgs. 21/2018 ha poi operato sul sistema vigente, la traslazione di norme incriminatrici dalla legislazione complementare all’interno del codice penale, senza attuare un progetto di ricodificazione del sistema penale.



L’art. 2, d.lgs. 1 marzo 2018, n. 21 introduce l’art. 570-bis c.p. che assorbe le previsioni di cui all’articolo 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), a mente del quale: “Al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno dovuto a norma degli articoli 5 e 6 della presente legge si applicano le pene previste dall’articolo 570 del codice penale”, e di cui all’articolo 3 della legge 8 febbraio 2006, n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei coniugi e affidamento condiviso dei figli), che a sua volta recita: “In caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica l’articolo 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898”.



Art. 570-bis. c.p. - Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio.

Le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.

La modifica, da un lato, non incide sul regime di procedibilità di ufficio, la cui corrispondenza a Costituzione è stata comunque, ripetutamente affermata dalla Corte costituzionale (da ultimo con sentenza n. 220 del 2015), dall’altro, contempla le ipotesi (già previste mediante rinvio agli articoli 5 e 6 della stessa legge) di scioglimento, cessazione degli effetti civili, nullità del matrimonio oltre che quella dell’assegno dovuto ai figli nelle medesime evenienze. Lo stesso articolo 2 co. 1, lett. b) ha poi modificato l’art. 388 c.p. (Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice), stabilendo al 2°comma3 quanto segue:



Art. 388, 2° co. c.p. La stessa pena si applica a chi elude l’ordine di protezione previsto dall’articolo 342-ter del codice civile, ovvero un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ovvero ancora l’esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che concerna l’affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito.



2. La mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice



L’art. 388 c.p. è inserito nel capo II del titolo III del codice penale, cioè, tra i delitti contro l’autorità delle decisioni giudiziarie. Il bene-interesse protetto dalla norma non è peraltro costituito tanto dall’autorità in sé delle decisioni giurisdizionali quanto dall’esigenza costituzionale dell’effettività della giurisdizione4 . Ciò implica comunque, che in tutti i casi previsti, debba venire in considerazione l’effettività di una pronuncia giurisdizionale, in quanto da essa discendano misure cui corrispondono doveri di comportamento, positivo o omissivo, incidenti sulle specifiche situazioni contemplate dalla norma. Con riguardo ai primi due commi dell’art. 388 c.p., in particolare, occorre che venga in rilievo la cogenza di provvedimenti giurisdizionali, idonei a risolvere peculiari situazioni di conflitto. Il reato presuppone un provvedimento del giudice civile concernente l’affidamento di minori, la cui elusione deve sostanziarsi in qualunque comportamento che ne ponga nel nulla o aggiri le finalità, il cui contenuto ed i relativi obblighi devono essere valutati non in termini letterali, ma alla luce dell’interesse del minore che vi è sotteso e che ne costituisce la ragion d’essere5.



3. La giurisprudenza sull’art. 388 c.p. in tema di affidamento dei figli



Come è noto, la Cassazione6 in tema di affidamento dei figli minori ha affermato che l’art. 388 del codice penale punisce soltanto quelle condotte che costituiscano consapevole elusione del provvedimento del giudice, ovvero quei comportamenti che rendano vane le legittime pretese altrui e ciò non si realizza necessariamente con ogni violazione formale delle prescrizioni poste dall’Autorità Giudiziaria. In relazione all’affidamento dei figli minori, la giurisprudenza ritiene che “l’elusione dell’esecuzione di un provvedimento del giudice civile può concretarsi in un qualunque comportamento da cui derivi la ‘frustrazione’ delle legittime pretese altrui, ivi compresi gli atteggiamenti di mero carattere omissivo”. La Corte di Cassazione ha ritenuto sussistente la fattispecie in esame nel caso in cui il genitore affidatario, cambiando continuamente il luogo di dimora senza darne preavviso al marito separato, gli aveva di fatto impedito l’esercizio del diritto di visita e di frequentazione dei figli. Così, come integra gli estremi del delitto di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento giudiziale e non quelli della contravvenzione prevista dall’art. 650 c.p., che ha carattere residuale, la condotta di chi si avvicini al centro abitato nel quale hanno dimora il coniuge ed i figli, eludendo il provvedimento del giudice che aveva vietato tale avvicinamento7 . Integra, ancora, il reato de quo anche il rifiuto di consegnare saltuariamente il figlio al coniuge non devono essere valutati non in termini letterali, ma alla luce dell’interesse di tutela del minore che vi è sotteso e che ne costituisce la ragion d’essere8 . È pure condotta elusiva anche il mero rifiuto di ottemperare al provvedimento giudiziale sul diritto di visita del genitore non affidatario da parte dell’altro genitore affidatario, salva la sussistenza di contrarie indicazioni di particolare gravità, quando l’attuazione del provvedimento richieda la sua necessaria collaborazione9 . Diversamente, si è ritenuto che “non integra il reato di elusione del provvedimento del giudice civile concernente l’affidamento dei figli la condotta del coniuge separato che – quale affidatario dei figli minori, e obbligato a far sì che l’altro coniuge possa incontrare e tenere con sé i figli nei giorni e nelle settimane predeterminate nel provvedimento giudiziale – trasferisca in altra città la residenza propria e dei figli, ma astenendosi da specifici contegni di impedimento all’esercizio del diritto di questi di far visita e incontrare i figli”10.affidatario o comunque, qualunque comportamento che ponga nel nulla o aggiri le finalità cautelari, il cui contenuto ed i relativi obblighi devono essere valutati non in termini letterali, ma alla luce dell’interesse di tutela del minore che vi è sotteso e che ne costituisce la ragion d’essere8 . È pure condotta elusiva anche il mero rifiuto di ottemperare al provvedimento giudiziale sul diritto di visita del genitore non affidatario da parte dell’altro genitore affidatario, salva la sussistenza di contrarie indicazioni di particolare gravità, quando l’attuazione del provvedimento richieda la sua necessaria collaborazione9 . Diversamente, si è ritenuto che “non integra il reato di elusione del provvedimento del giudice civile concernente l’affidamento dei figli la condotta del coniuge separato che – quale affidatario dei figli minori, e obbligato a far sì che l’altro coniuge possa incontrare e tenere con sé i figli nei giorni e nelle settimane predeterminate nel provvedimento giudiziale – trasferisca in altra città la residenza propria e dei figli, ma astenendosi da specifici contegni di impedimento all’esercizio del diritto di questi di far visita e incontrare i figli”10.



4. Che cosa cambia con la modifica del 2° comma dell’art. 388 c.p.



Il 1° comma dell’art. 388 c.p. stabilisce:



[1] Chiunque, per sottrarsi all’adempimento degli obblighi nascenti da un provvedimento dell’autorità giudiziaria, o dei quali è in corso l’accertamento dinanzi all’autorità giudiziaria stessa, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi all’ingiunzione di eseguire il provvedimento, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032.



Con l’inserimento del nuovo secondo comma, dunque, a colui che si sottrae all’adempimento degli obblighi derivanti da un provvedimento giudiziario, sarà applicabile la misura dell’ordine di allontanamento previsto dall’art. 342-ter c.c. Come è noto, il giudice civile può adottare “ordini di protezione” quando la condotta del genitore o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all’integrità fisica o morale, ovvero alla libertà di altro coniuge o convivente. Si tratta di previsione estremamente ampia, che spazia dal grave pregiudizio alla vita, alla salute fisica e all’incolumità del familiare, fino ad arrivare a quello alla salute psichica e alla “libertà”. Verificandosi detti presupposti (che la norma individua in modo assai generico), il giudice, adito con procedimento di cognizione sommaria, di tipo sostanzialmente cautelare, può assumere provvedimenti che incidono su diritti fondamentali della persona, riconosciuti e garantiti dalla Carta costituzionale, in particolare gli artt. 13 e 16 (libertà personale, libertà di circolazione e soggiorno), ma anche l’art. 42 (proprietà privata). Ciò in mancanza di quel sistema rigoroso di condizioni e verifiche, che legittima il giudice penale a limitare tali diritti, ove sia ipotizzabile una fattispecie delittuosa. Il giudice civile, infatti, ritenuta la sussistenza di un “grave pregiudizio” nei termini sopra evidenziati, può disporre l’allontanamento dalla casa familiare, nonché vietare di frequentare determinati luoghi per colui (coniuge o convivente) che tenga la condotta “violenta”.

Gli ordini di protezione, proprio perché misure di tipo provvisorio, hanno una durata limitata nel tempo: tale durata è determinata dal giudice, con decorrenza dall’avvenuta esecuzione del provvedimento e comunque non può essere superiore a sei mesi. In tale lasso di tempo i coniugi (o i conviventi) devono essere in grado di risolvere la situazione conflittuale. La misura potrebbe risolvere gli atteggiamenti ostruzionistici molto spesso praticati dal coniuge affidatario.



5. La fattispecie previste dall’art. 570 c.p.



La formulazione dell’art. 570 c.p., appare nel suo insieme complessa e tecnicamente ambigua al punto che gli interpreti, ancora oggi, si interrogano se trattasi di “un’unica norma articolata in più fattispecie alternative, sí che il delitto resti unico anche se lo stesso autore con la sua condotta concreti più fattispecie…; ovvero di una disposizione a più norme che prevedono più fattispecie cumulative, ognuna costituente un diverso ed autonomo titolo delittuoso, sí che esse possano dar luogo, in caso di violazione plurima, ad un concorso di reati”11. L’incertezza interpretativa è alimentata altresì dalla genericità dell’espressione “obblighi di assistenza” di cui al 1° comma dell’art. 570 c.p. e che ha indotto la dottrina, in passato maggioritaria, a ipotizzare la separazione della norma in due parti: l’una concernente l’assistenza morale (1° comma), l’altra l’assistenza economica (2° comma)12.

a. l’abbandono del domicilio domestico o l’assunzione di altra condotta contraria all’ordine e alla morale delle famiglie, che determinano la violazione dell’obbligo di assistenza inerente alla responsabilità genitoriale3 o alla qualità di coniuge (comma 1)13;

b. la malversazione o dilapidazione di beni del figlio minore o del coniuge da parte del genitore o dell’altro coniuge (comma 2, n. 1);

c. la mancata somministrazione dei mezzi di sussistenza a discendenti minorenni, inabili al lavoro, agli ascendenti ovvero al coniuge (comma 2, n. 2).

In realtà, la violazione degli obblighi di assistenza familiare è disciplinata, oltre che dall’art. 570 c.p., sia dall’art. 12-sexies legge n. 898/1970 (che punisce l’omesso versamento, da parte dell’obbligato, dell’assegno dovuto al coniuge divorziato in forza di un provvedimento giudiziario) sia dall’art. 3 legge n. 54/20065 che punisce la violazione degli obblighi di natura economica disposti per il mantenimento dei figli (minorenni o maggiorenni non autosufficienti) dal Giudice nella separazione dei coniugi.



6. La tutela penale del mantenimento dei figli maggiorenni



La violazione dell’obbligazione di mantenimento stabilita per i figli maggiorenni, può dirsi sanzionata dall’art. 570 c.p.? La risposta è certamente positiva per ciò che attiene alla violazione del 1°comma della norma in questione (come interpretato dalle Sezioni Unite del 2013), mentre alla stessa soluzione non si può giungere per quanto concerne il secondo comma. Come è noto, la seconda ipotesi di reato, prevista dall’art. 570, 2° co., consiste nella omessa prestazione dei mezzi di sussistenza realizzata nei confronti di soggetti legati da un particolare vincolo di parentela, in tutti i casi in cui sussista l’obbligo giuridico agli alimenti. Si è affermato in giurisprudenza che la fattispecie di cui all’art. 570, comma 2, n. 2, c.p. prevede come persone offese, tra le altre, i figli minori o inabili al lavoro, con la conseguenza che non integra il reato la violazione dell’obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza ai figli maggiorenni non inabili al lavoro, mentre la suddetta incriminazione va distinta da quella contemplata dall’art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898, la quale punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice civile in sede di divorzio in favore dei figli senza limitazione di età, purché economicamente non autonomi14. Il comportamento di chi non adempiendo all’obbligazione di mantenimento verso i figli a suo carico determina la privazione dei mezzi di sussistenza, è penalmente rilevante soltanto se compiuto in danno di soggetti minori di età. Viceversa, la disposizione di cui al primo comma dell’art. 570 del codice penale (come interpretata dalla Sezioni Unite nel 201315) – richiamata dall’art. 12-sexies della legge sul divorzio (legge 1° dicembre 1970, n. 300, come modificata sul punto dalla legge 6 marzo 1987, n. 74) – è utilizzabile in caso di sottrazione all’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento dovuto a norma dell’art. 5 (Assegno coniugale) e dell’art. 6 (Contributo di mantenimento per il figlio minorenne o maggiorenne).



7. Che cosa cambia con il nuovo art. 570-bis c.p.



Il nuovo art. 570-bis c.p. estende il trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 570 c.p. “al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”. E quindi, il coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione, verrà punito con la reclusione fino ad una anno e la multa da euro 103 a 1.032, pene che saranno applicabili alternativamente nella ipotesi di cui all’art. 570, 1° co. congiuntamente nelle ipotesi previste dal 2° co. dello stesso articolo. Trattandosi, secondo dottrina dominante, di ipotesi autonome di reato e non di circostanze aggravanti del reato di cui al 1° co., per le violazioni previste dal 2° co., dovrà esser sempre applicata la pena detentiva congiunta a quella pecuniaria.

NOTE

1 Ruggiero, Violante, La famiglia nel diritto penale, in PD, 1980, 33.

2 In G.U. del 22 marzo 2018, n. 68 “Disposizioni di attuazione del principio

di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell’articolo 1, comma 85, lettera q),

della legge 23 giugno 2017, n. 103”.

3 Il testo precedentemente in vigore era il seguente: “La stessa pena si applica a chi elude

l’esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che

concerna l’affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a

difesa della proprietà, del possesso o del credito”.

4 Cass. Pen., Sez. Unite, 27 settembre 2007, n. 36692, Vuocolo, in CED Cass., n. 236937.

5 Cass. pen. Sez. VI, 14 marzo 2017, n. 20801.

6 Cass. pen. Sez. VI, Sent., 23 marzo 2016, n. 12391; Cass. pen. Sez. VI,

Sent., 30 novembre 2015, n. 47287.

7 Cass. pen., Sez. VI, 1° febbraio 2013, n. 9397.

8 Cass. pen., Sez. III, 7 aprile 2010, n. 24294.

9 Cass. pen., Sez. VI, 5 luglio 2016, n. 27604.

10 Cass. pen., Sez. feriale, 14 settembre 2010, n. 34024.

11 Delogu, Commentario al diritto italiano della famiglia, a cura di Cian, Oppo, Trabucchi, Padova,

1995, 380.

12 antolisei, Manuale di diritto penale, Parte Speciale, I, 13a ed., Milano, 1999, 488; Miconi tonelli,

voce Violazione degli obblighi di assistenza familiare, in Enc. Giur. Treccani, XXXII, Roma, 1994, 2;

serVetti, La riforma della legge sul divorzio: una nuova fattispecie incriminatrice, in Riv. it. dir. e

proc. pen., 1987, 981. In giurisprudenza: Cass., Sez. I, 26 gennaio 1976, saloMoni, in Cass. Pen.,

1977, 364; Id., Sez. VI, 23 settembre 1995, arraBito, ivi, 1996, 2975.

13 La fattispecie di cui al 1° co. richiede che il soggetto attivo – genitore o coniuge – si sottragga

agli obblighi di assistenza familiare mediante l’abbandono del domicilio domestico o con una

condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie. Per la configurabilità del reato di cui al

comma 1 dell’art. 570 c.p., la Cassazione ha evidenziato che non basta il solo fatto di sottrarsi al

dovere di coabitazione, ma è necessario che l’allontanamento sia ingiustificato e che cagioni

volontariamente l’inadempimento degli obblighi della mutua assistenza materiale e morale

(Cassazione 29 aprile 1980, Giustizia penale, 1981, II, 198).

14 Cass. pen. Sez. VI, 30 settembre 2014, n. 41832. Recentemente il principio è stato sposato

anche dalla giurisprudenza di merito. Cfr. Trib. Cassino, 23 ottobre 2017 secondo cui la fattispecie

incriminatrice di cui all’art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970, a differenza di quella di cui all’art.

570 c.p., punisce il mero inadempimento dell’obbligo di corresponsione ai figli, senza limitazione di

età, dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice in sede di divorzio, prescindendo dalla

prova dello stato di bisogno dell’avente diritto.

15 Cfr. Dosi, Lessico di diritto di Famiglia, voce Violazione degli obblighi di assistenza familiare:

Cass. pen. Sez. Unite, 31 gennaio 2013, n. 23866: “l’assunto della giurisprudenza dominante,

secondo cui il primo comma sanzionerebbe la violazione degli obblighi di assistenza morale,

mentre il secondo punirebbe la violazione di quelli di assistenza materiale connessi alla condizione

di coniuge o di genitore non può condividersi. Infatti negli obblighi di assistenza inerenti alla

qualità di coniuge (art. 143 codice civile) rientrano anche quelli di assistenza materiale concernenti

il rispetto e l’appagamento delle esigenze economicamente valutabili dell’altro coniuge e la

corresponsione dei mezzi economici necessari per condurre il tenore di vita della famiglia. Obblighi

che permangono anche in caso di separazione personale dei coniugi e anche in caso di divorzio,

ove sia previsto l’assegno divorzile la cui natura assistenziale è ribadita costantemente dalla

giurisprudenza civile”.