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Maso Chiuso. Per la Consulta è illegittima la preferenza dei maschi nei confronti delle femmine (nota a Corte Cost., 14 luglio 2017, n. 193)

autore: V. Cianciolo

Sommario: 1. Nozione di maso chiuso. - 2. Le principali novità della legge sul Maso chiuso. - 3. Il maso chiuso e la questione di genere. - 4. La sentenza n. 193 del 2017 della Corte Costituzionale



1. Nozione di maso chiuso



A fronte di una sacralità del principio di autonomia testamentaria e di una particolare attenzione agli interessi familiari, nonché di regole anelastiche preposte alla disciplina della vicenda successoria e di schemi legali di apprezzabile rigidità in merito imposti dall’ordinamento interno per la soluzione della dialettica interesse proprietario - interessi familiari, il legislatore, in ragione delle ricordate esigenze, ha più di una volta superato il principio di unità del regime successorio, rendendo possibile per parte del patrimonio ereditario la sottrazione dello stesso all’ordinaria regolamentazione. Si parla in proposito di vocazioni anomale, distinguendole dalle vocazioni speciali, relative a casi in cui v’è un discostamento da altri principi generali in merito, e dalle assegnazioni preferenziali, utili ad individuare quelle ipotesi in cui, intervenuto lo stato di comunione tra i coeredi, sia prevista una deroga al principio posto nell’art. 718 c.c. in ordine al diritto a conseguire beni in natura da parte di ciascun condividente. Le fattispecie normativamente previste, con difficoltà riconducibili a categorie unitarie, delle quali peraltro si potrebbe discutere la stessa titolazione, presentano in linea di massima a volte particolarità relative all’aspetto oggettivo della vicenda, altre volte specificità relative ai soggetti coinvolti nell’attribuzione dei beni, altre volte ancora peculiarità con riferimento ad entrambi i profili menzionati. È il caso della disciplina del c.d. maso chiuso per la provincia di Bolzano. La disciplina sul maso chiuso è data dalla legge provinciale di Bolzano 28 novembre 2001, n. 171 , il quale lo definisce come “il complesso di immobili, compresi i diritti connessi, iscritto nella sezione I (masi chiusi) del libro fondiario”2 . Dev’essere compresa in esso una casa di abitazione con relativi annessi rustici (intendendosi per tale ogni edificio, vano o gruppo di vani destinato alle scorte vive o morte, al deposito, lavorazione e commercializzazione dei prodotti del maso. Secondo quanto stabilito dall’art. 12 della legge, rubricato “pertinenze del maso”, di esso fanno parte “in ogni caso” le scorte vive e morte, in quanto necessarie per la sua regolare conduzione, nonché i diritti e i fattori di produzione connessi alla conduzione del maso. Già sulla scorta di tali previsioni normative può concludersi che i beni costituiti in maso chiuso sono qualificabili in termini di compendio aziendale, dal momento che esso comprende tutto quanto occorre per l’esercizio dell’attività agricola sul e con i beni del maso. Il maso incontra dei limiti quantitativi, poiché esso dev’essere di dimensioni tali da assicurare un reddito medio sufficiente per un adeguato mantenimento di almeno quattro persone, senza, tuttavia, poter superare il triplo di tale reddito; qualora venga ad essere superato tale limite massimo, si procede allo scorporo di una parte dei beni.



2. Le principali novità della legge sul Maso chiuso



La legge provinciale 28.11.2001, n. 17 disciplina oggi l’istituto del Maso chiuso e si configura quindi come l’ultimo sforzo legislativo in materia. Diverse sono le innovazioni introdotte dal legislatore provinciale, alcune delle quali toccano aspetti di non secondaria importanza. In questa sede, preme sottolineare le modifiche relative al diritto successorio: 1. nella successione legale vengono determinati nuovi criteri per la scelta dell’assuntore del Maso: scompare il riferimento al sesso dell’erede, mentre diventa decisivo l’essere cresciuti ed avere contribuito allo sviluppo del Maso, o l’essere professionalmente qualificati; 2. regolamentazione dell’entità del necessario per la sussistenza del coniuge sopravvissuto: quest’ultimo acquisisce il diritto di continuare a vivere sul maso e di essere mantenuto in modo adeguato. È questa un’eccezione al principio della non applicabilità di limitazioni al godimento della casa familiare prevista dalla normativa speciale in materia di maso chiuso. In sintesi, la successione mortis causa nel Maso segue la regola secondo cui l’intera unità poderale è attribuita ad un unico assuntore. Se questi non è il coniuge superstite, i suoi diritti di abitazione e di uso dovranno essere esercitati tenendo conto della razionale conduzione del maso e delle esigenze familiari dell’assuntore La nuova legge sui masi chiusi non va a toccare il principio dell’indivisibilità del maso e l’art. 11 ribadisce che “nella divisione del patrimonio ereditario il maso chiuso, comprese le pertinenze, va considerato unità indivisibile e non può essere assegnato che ad un unico erede o legatario oppure ad un’unica erede o legataria”. Tale principio, assieme a quello dell’erede unico, rappresenta un elemento fondamentale del sistema del Maso chiuso; ne consegue che una sua eventuale modifica o eliminazione andrebbe a compromettere l’efficacia dell’ordinamento in questione, che a quel punto non avrebbe più motivo di essere mantenuto3 . Il maso è indivisibile anche in caso di successione mortis causa e può essere assegnato solo ad un unico erede o legatario. Si distingue a seconda che la successione si apra ab intestato o con testamento: nel primo caso, in mancanza di accordo tra i chiamati l’assuntore è determinato dall’autorità giudiziaria secondo criteri di preferenza indicati dalla legge4 . L’assuntore, ai sensi dell’art. 15, diventa debitore nei confronti della massa ereditaria per l’ammontare del valore del maso, concordato o determinato ex art. 20, il quale stabilisce la procedura da seguire per la determinazione giudiziale del valore del maso. Nel caso di successione testamentaria, è possibile la designazione dell’assuntore con la scheda testamentaria ed è altresì consentito al testatore di fissare il prezzo di assunzione (peraltro, se il prezzo fissato dal testatore non è accettato dall’assuntore o dagli altri coeredi, esso è determinato con la procedura di cui all’art. 20, di cui si è detto poc’anzi). Mette conto rilevare una previsione di particolare interesse in questa sede, contenuta nella legge regolatrice dei masi chiusi: in caso di donazione del maso, al momento della morte del donante il donatario può tenere il maso chiuso, salva reintegrazione in denaro della quota riservata ai legittimari (art. 17): la tutela dei diritti di legittima avviene, dunque, mediante attribuzione di denaro e non anche mediante la possibilità di esperire azione di riduzione avente ad oggetto il bene donato. Per non svuotare di significato la previsione in tema di legittima, si prevede, inoltre, che anche la collazione, in tale ipotesi, debba farsi in denaro e sulla base del prezzo determinato ex art. 20 (art. 31).



3. Il maso chiuso e la questione di genere



Il fatto che un tempo il figlio maschio maggiore ereditasse l’azienda per intero poteva sembrare un’ingiustizia, ma ciò rappresentava una realtà inderogabile per la conservazione del maso. Fortunatamente, vi è stata una presa di coscienza dell’uguaglianza tra uomo e donna. Storicamente la prevalenza degli uomini sulle donne era giustificata, sul piano pratico, dal fatto che i primi erano più adatti a svolgere il lavoro agricolo rispetto alle seconde. Il dibattito in merito a questa disposizione ha visto in passato il contrapporsi di posizioni assai distanti. Per lungo tempo la normativa sul maso chiuso ha riconosciuto la prevalenza, ai fini della successione nella conduzione del maso, della linea maschile su quella femminile. Tale elemento era apparso in contrasto con i principi costituzionali, ma si osservava anche che i maschi erano “preferiti perché chiamati al duro lavoro della terra”. Trabucchi non vedeva in tale preferenza alcuna lesione al principio costituzionale dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, mentre Romagnoli sosteneva che “qualche dubbio potrebbe sollevarsi sulla conformità ai nostri principi della preferenza accordata al maschio, con riguardo al sesso anziché alle capacità tecniche”5 . Anche Porru6 era dell’opinione che la preferenza accordata agli uomini nella scelta dell’assuntore non fosse pienamente conforme ai principi costituzionali italiani e che soprattutto fosse oramai obsoleta. La Corte Costituzionale ha costantemente giudicato legittima la disposizione in questione. Tale posizione appare assai discutibile per diversi motivi. In primo luogo perché l’abolizione di tale principio non avrebbe certamente portato allo snaturamento dell’istituto del Maso chiuso, cosa che sarebbe invece successa se fossero stati modificati altri principi cardine dell’istituto, quali quello dell’indivisibilità dell’azienda agricola o quello dell’erede privilegiato7 . L’abolizione del principio di preferenza degli uomini è sicuramente possibile senza che per questo l’ordinamento masale cessi di funzionare correttamente. L’introduzione della meccanizzazione in agricoltura ha infatti agevolato l’esecuzione di quei lavori pesanti per i quali, in altri tempi, esisteva la presunzione che fosse necessaria la forza fisica dell’uomo. A questo proposito bisogna inoltre sottolineare che la normativa sul Maso chiuso, a partire dalla legge tirolese del 1900, ha sempre previsto fra i motivi di esclusione dall’assunzione del Maso la “mancanza di qualifica a condurre personalmente il maso”. Con questa espressione non si è però, mai inteso che un requisito essenziale per poter ereditare il Maso fosse la capacità di coltivare manualmente, personalmente il Maso stesso. Quindi, non solo il principio in questione non risulta indispensabile per il “funzionamento corretto” dell’istituto masale, ma appare inoltre in palese contraddizione con il principio di uguaglianza dettato dall’art. 3 della nostra Costituzione e con le varie e numerose norme di diritto del lavoro o del diritto di famiglia che riconoscono alla donna capacità pari a quelle dell’uomo. Queste circostanze hanno indotto la Provincia di Bolzano a modificare i criteri per la determinazione dell’assuntore. L’art. 14 della nuova legge sui Masi Chiusi8 prevede che in caso di successione legittima l’assuntore del Maso sia determinato dall’autorità giudiziaria in base al seguente ordine di preferenza:

1. i coeredi o le coeredi che crescono o sono cresciuti/e nel Maso sono preferiti/e agli altri coeredi e alle altre coeredi;

2. tra più coeredi che crescono o sono cresciuti/e nel Maso sono preferiti/e coloro che nei due anni antecedenti l’apertura della successione hanno partecipato abitualmente alla conduzione e alla coltivazione del Maso9 ;

3. tra più coeredi che adempiano ai presupposti previsti nelle lettere a) e b) sono preferiti/e coloro che sono in possesso di un diploma di una scuola professionale ad indirizzo agrario o di economia domestica riconosciuta dallo Stato o dalla Provincia, o di un’altra adeguata formazione riconosciuta dalla Provincia. In ogni caso vale il principio per cui tra più coeredi di pari preferenza è preferito/a il più anziano o la più anziana. I discendenti e le discendenti di cui sopra sono preferiti/e al coniuge superstite. Quest’ultimo o quest’ultima è però preferito/a a tutti gli altri parenti se ha collaborato alla conduzione del maso da almeno cinque anni (il lavoro domestico svolto nel Maso viene considerato quale collaborazione alla sua conduzione).



4. La sentenza n. 193 del 2017 della Corte Costituzionale



Con la sentenza n. 193 del 2017 il Giudice delle leggi ha ritenuto costituzionalmente illegittima la norma della Provincia autonoma di Bolzano, ormai abrogata ma vigente ratione temporis, nella parte in cui prevede che, tra i chiamati alla successione nello stesso grado del maso chiuso, ai maschi spetta la preferenza nei confronti delle femmine, in ragione della primazia del principio di parità tra uomini e donne, dovendosi l’assetto giuridico dell’istituto conformare a quello sociale e alla sua evoluzione, alla stregua del quale è ormai superata la concezione patriarcale della famiglia come entità bisognosa della formale investitura di un capo del gruppo parentale, senza che peraltro detta previsione sia funzionale alla conservazione dell’istituto nelle sue essenziali finalità e specificità e alla conseguente esigenza obiettiva di mantenere indiviso il fondo. Il Tribunale di Bolzano sollevava questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, dell’art. 5 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 25 luglio 1978, n. 33 (Modifiche al testo unico delle leggi provinciali sull’ordinamento dei masi chiusi, approvato con decreto del Presidente della Giunta Provinciale 7 febbraio 1962, n. 8, e alla legge provinciale 9 novembre 1974, n. 22), riprodotto dall’art. 18 del decreto del Presidente della Giunta Provinciale di Bolzano 28 dicembre 1978, n. 32 (Approvazione del testo unificato delle leggi provinciali sull’ordinamento dei masi chiusi), come modificato dall’art. 3 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 24 febbraio 1993, n. 5 (Modifica delle leggi provinciali sull’ordinamento dei masi chiusi e della legge provinciale 20 febbraio 1970, n. 4, e successive modifiche ed integrazioni, sull’assistenza creditizia ai coltivatori diretti assuntori di masi chiusi), nella parte in cui prevede che, tra i chiamati alla successione nello stesso grado, ai maschi spetta la preferenza nei confronti delle femmine. I rilievi del rimettente si incentravano sul fatto che la norma censurata si sarebbe posta in contrasto con l’art. 3, primo comma, Cost., che sancisce il principio di pari dignità sociale e di eguaglianza dei cittadini innanzi alla legge, senza distinzione di sesso. Sicché la disposizione avrebbe previsto un criterio di preferenza basato sul sesso, avendo così operato una discriminazione irragionevole in danno delle donne. Al riguardo, il giudice a quo evidenziava la necessità di applicare il diritto sostanziale vigente al momento dell’apertura della successione, in virtù degli artt. 10 e 11 delle disposizioni sulla legge in generale, che prevedono che una norma non ha effetto retroattivo, salvo che vi sia contraria espressa disposizione. Tale principio risulta, peraltro, codificato nell’art. 46, primo comma, della legge 31 maggio 1995, n. 218 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato), che ha sostituito l’art. 23 delle disposizioni sulla legge in generale. Sarebbe stata, quindi, inapplicabile la successiva legge della Provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17 (legge sui masi chiusi), che ha abrogato la preferenza in discussione, alle successioni apertesi in epoca anteriore alla sua entrata in vigore. La sentenza deve confrontarsi con la norma di rango costituzionale dello Statuto della Regione Trentino-Alto Adige (art. 11, n. 9), la quale stabilisce il principio secondo cui è rimesso alla potestà legislativa della provincia “l’ordinamento dei ‘masi chiusi’”. Vi è da osservare che il problema della violazione in materia di successione del principio di uguaglianza, oggi non si pone più, in forza della l. prov. di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17 attualmente in vigore. Il problema riguarda il passato, in base al principio secondo cui occorre sottoporre allo scrutinio di costituzionalità – per contrasto con l’art. 3, 1º comma, Cost., nella parte in cui prevede che tra i chiamati alla successione nello stesso grado, ai maschi spetta la preferenza nei confronti delle femmine – la norma in vigore al momento dell’apertura della successione (nel caso oggetto della sentenza il 12 agosto 2001), e cioè l’art. 5 l. prov. di Bolzano n. 33/1978, che seppure oggi è stato abrogato dalla sopravvenuta l. 28 novembre 2001, n. 17, deve tuttavia ritenersi applicabile alla fattispecie del giudizio rimesso alla Corte. La costituzionalizzazione della disciplina del maso chiuso, mediante la rimozione del vincolo alla preferenza nella successione maschile, ferme restando le sue originarie caratteristiche, rappresenta nella prospettiva ermeneutica della Corte un “fenomeno emblematico del pluralismo economico, sociale e giuridico che permea la Carta costituzionale”.

NOTE

1 Per un commento alla legge, cfr. Ferrucci, La nuova legge provinciale sul maso chiuso: spunti per

una riviviscenza dell’istituto, in r.d.agr., 2003, I, 86 ss., riportante in appendice il testo della legge.

2 Cfr. art. 1 della legge provinciale n. 17 del 2001.

3 Non esiste d’altronde alcun giustificato motivo per prendere in considerazione una tale ipotesi.

Innanzitutto perché l’istituto del Maso chiuso declina a livello locale un principio che è previsto dal

codice civile all’art. 846, quello della minima unità colturale: “nei trasferimenti di proprietà, nelle

divisioni (713, 1116) e nelle assegnazioni a qualunque titolo, aventi per oggetto terreni destinati a

coltura o suscettibili di coltura, e nella costituzione o nei trasferimenti di diritti reali sui terreni

stessi non deve farsi luogo a frazionamenti che non rispettino la minima unità colturale. S’intende

per minima unità colturale l’estensione di terreno necessaria e sufficiente per il lavoro di una

famiglia agricola e, se non si tratta di terreno appoderato, per esercitare una conveniente

coltivazione secondo le regole della buona tecnica agraria”.

4 Nell’ordine, i coeredi che sono cresciuti nel maso; quelli che nei 2 anni antecedenti l’apertura

della successione hanno partecipato abitualmente alla conduzione e alla coltivazione del maso;

quelli in possesso di diploma di scuola professionale o di altra adeguata formazione riconosciuta

dalla provincia; ecc. (l’elenco dei chiamati a succedere nella proprietà del maso si trova nell’art. 14

della legge). Mette conto rilevare che nell’attuale formulazione della norma sono scomparse le

differenziazioni precedentemente esistenti date dal sesso, in forza delle quali si disponeva che “tra

i chiamati alla successione nello stesso grado ai maschi spetta la preferenza nei confronti delle

femmine” (così il previgente art. 18 del testo unico delle leggi provinciali sull’ordinamento dei masi

chiusi).

5 trABucchi, Il rinnovato riconoscimento legislativo del “maso chiuso”, in Riv. dir. agr., 1954, I, 437;

romAgnoli, La tutela dell’unità aziendale, Giuffrè, 1957.

6 Porru, Profili storici della successione speciale del maso chiuso: la designazione dell’assuntore, in

Giur. agr. it., 1979, I, 145, 2.

7 Il fatto che nell’art. 11 n. 9 dello Statuto del Trentino Alto Adige (che assegna alla provincia di

Bolzano la potestà legislativa in materia di Masi chiusi) il nome dell’istituto sia scritto fra virgolette,

sta sì a significare che il legislatore si riferiva a quel particolare ordinamento con tutte le sue

peculiarità fondamentali; non significa però che la modifica di alcune di tali caratteristiche porti

allo stravolgimento dell’istituto stesso.

8 Cass. civ. Sez. II, 22/04/2016, n. 8208: “Ai fini del riconoscimento del diritto all’assunzione del

maso chiuso per successione legittima, il requisito dell’‘abitualità’ della conduzione e della

coltivazione dello stesso, previsto dall’art. 14, comma 1, lett. b, della l.p. Bolzano n. 17 del 2001, va

interpretato nel senso per cui essa non è esclusa dalla stagionalità del lavoro svolto dall’aspirante

assuntore nel maso (consistente, nella specie, nella concimazione e nella fienagione annuale), che

può dipendere dalle caratteristiche del fondo, mentre richiede che l’attività sia replicata

ciclicamente, con continuità, nel tempo”.

9 Cass. civ. Sez. II, 22/04/2016, n. 8208: “In caso di successione legittima, nell’individuazione

dell’assuntore del maso chiuso, tra più coeredi che vi crescono o che vi sono cresciuti, si preferisce

quello che nei due anni precedenti all’apertura della successione ha partecipato abitualmente alla

conduzione e alla coltivazione del maso, con lavoro anche stagionale purché essenziale,

imprescindibile e regolarmente ripetuto nel tempo”, in Foro it., 2016, 9, 1, 2825.