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Nota alla sentenza n. 23633/16 della S.C. sul ricorso straordinario ex art. 111 Cost (nota a Cass. Civ., 21 novembre 2016, n. 23633)

autore: M. G. Castauro

La sentenza oggetto di commento si pone all’attenzione del lettore per il superamento del principio ormai pacifico e consolidato secondo il quale i decreti provvisori dei Tribunali dei Minorenni pronunciati nell’ambito di procedimenti ex art. 330, 333 c.c. non siano reclamabili né ricorribili in Cassazione. La vicenda. Per quanto desumibile dalla ricostruzione dei fatti opera-ta dalla Suprema Corte, la vicenda oggetto d’esame ha origine da un procedimento pendente avanti il T.M. di Reggio Calabria che con de-creto provvisorio aveva confermato l’affido eterofamiliare dei figli mi-nori di una coppia, aveva disposto misure atte al sostegno psicologico degli stessi minori ed a favorire l’incontro con i genitori precisando che restavano ferme per il resto le determinazioni già assunte in preceden-za. Poiché i genitori erano stati dichiarati decaduti dalla potestà genito-riale (ora responsabilità), essi ritenevano che il T.M. avesse implicita-mente respinto la loro richiesta di reintegro della potestà (ora respon-sabilità). Da ciò nasceva il reclamo proposto alla Corte d’Appello di Reggio Calabria la quale tuttavia lo dichiarava inammissibile ribadendo il principio consolidato secondo il quale i provvedimenti ex art. 330 e 333 c.c., “in tema di affidamento dei minori possono formare oggetto di impugnazione mediante reclamo esclusivamente nei limiti in cui siano idonei a produrre uno stabile pregiudizio nei confronti del genitore interessato e non anche nel caso in cui abbiano natura temporanea e sia-no destinati ad essere assorbiti nel decreto conclusivo del procedimen-to”, a parere della Corte ipotesi riscontrabile in fattispecie. I genitori, all’evidenza non soddisfatti della pronuncia, proponevano quindi ricor-so avanti la Corte di Cassazione sulla base di tre motivi con i quali rile-vano, sotto vari profili, come il provvedimento reclamato non fosse provvisorio ma avesse natura decisoria e definitiva sia perché emesso dal Tribunale in composizione collegiale sia perché costituente l’atto conclusivo di un procedimento autonomo idoneo non solo a produrre i suoi effetti per un tempo indeterminato ma altresì ad arrecare uno sta-bile pregiudizio ai genitori. I precedenti. Come già anticipato, era principio consolidato quello per cui i decreti del T.M. pronunciati nel corso di un procedimento ex art. 330-333 c.c., in quanto provvisori non potessero essere oggetto di reclamo potendo sempre essere modificati, revocati o integrati ad ope-ra dello stesso Giudice che li aveva emessi ove si fossero manifestate nuove esigenze ed emergenze processuali che avessero reso la regola-mentazione provvisoria non più aderente alla situazione originariamente valutata e quindi non più rispondente all’interesse del soggetto da tutelare (Cass. Civ. sez. VI, 20.11.10 n. 23578). Ed allo stesso modo si affermava pacificamente che i provvedimenti resi dalla Corte d’Appello in sede di reclamo non fossero ricorribili in Cassazione nemmeno ai sensi dell’art. 111 Costituzione in quanto provvedimenti privi dei caratteri della decisorietà e della definitività in senso sostan-ziale. Si precisava in particolare che “il decreto impugnato, sebbene adottato in sede di reclamo, non fosse qualificabile come provvedimen-to definitivo al pari del decreto reso dal T.M. al quale accedeva” (Cass. Civ. sez. I, 12.05.14 n. 10291). Di avviso opposto una risalente sentenza della Suprema Corte (Cassazione Civile sez. 1, 7.05.98 n. 4614) che ha ritenuto ammissibile il ricorso ex art. 111 Costituzione nell’ipotesi in cui avverso le statuizioni del giudice minorile ex art. 333 c.c. la Corte d’Appello aveva dichiarato l’inammissibilità del reclamo proposto ai sensi dell’art. 739 c.p.c. La Suprema Corte riteneva difatti che il prov-vedimento così emesso, non più impugnabile, in quanto negatorio di un diritto processuale d’azione incidesse in via definitiva su diritti sog-gettivi ancorché di natura processuale. La Suprema Corte, ammetteva dunque il ricorso straordinario per Cassazione pur se poi riteneva il motivo infondato e confermava la non reclamabilità in fattispecie del provvedimento temporaneo assunto dal T.M. La riferita possibilità di modifica dei decreti provvisori collideva con la realtà dei fatti ove si consideri che la prassi dei T.M. era (ed è) quella di tenere aperti i procedimenti per lungo tempo, emanando più decreti provvisori a seconda delle emergenze istruttorie. E i provvedimenti as-sunti con detti decreti provvisori sono tali da incidere notevolmente sulla vita dei minori e dei loro genitori. È sufficiente pensare all’ipotesi in cui veniva disposto l’affido eterofamiliare, all’ipotesi in cui vengono limitate le visite genitori-figli o quelle in cui viene previsto che le stesse si svolgano solo in forma protetta o ancora ai provvedimenti che pro-nunciano la decadenza dalla responsabilità genitoriale. In tutte dette ipotesi, la cui rilevanza, lo si ribadisce, non è di poco conto, i genitori erano impotenti e potevano solo proporre reclamo presso la competen-te Corte d’Appello nella speranza quest’ultima ritenesse che il provve-dimento assunto, per quanto contenuto in un decreto provvisorio, fosse tale da produrre un autonomo pregiudizio stabile nei confronti del genitore interessato. In mancanza i genitori non potevano far altro che attendere la pronuncia del provvedimento di chiusura del procedimen-to, chiusura che poteva giungere dopo anni ed in alcuni casi al raggiun-gimento della maggiore età del minore, il tutto dopo che il rapporto con i figli necessariamente aveva subito le conseguenze dei provvedimento provvisori assunti e pur nell’ipotesi in cui gli stessi fossero fondati su presupposti errati. Motivo della decisione. Già prima della decisione oggetto d’esame vi era stato il sentore di un mutamento d’orientamento. Con la senten-za Cassazione Civile 29.01.16 n. 1746, pur avendo la Corte ritenuto inammissibile nella fattispecie il ricorso proposto, aveva difatti affer-mato in motivazione che i provvedimento ex art. 330 e 333 c.c. in rela-zione al loro contenuto, potessero divenire “irrevocabili”, rebus sic stantibus e come tali suscettibili di ricorso in Cassazione. Ma è solo con la sentenza in esame che la Suprema Corte ritiene espressamente di dover superare il precedente orientamento ritenuto incongruo anche alla luce delle novità legislative intervenute. La Corte rileva prima di tutto come debba escludersi che i provvedimenti cd de potestate pre-vedano preminentemente o esclusivamente attività di controllo del giudice sull’esercizio della responsabilità genitoriale, con esclusione di parti in conflitto. La Suprema Corte difatti osserva come l’art. 336 c.c. preveda quali siano i soggetti legittimati a promuovere il ricorso, pre-veda che i genitori ed i minori siano assistiti da un difensore, sancisca l’obbligo di audizione del genitore contro il quale il procedimento è promosso. Ma a parere della Suprema Corte l’argomento dirimente per ritenere che il provvedimento adottato dal giudice sia immediatamente reclamabile è che esso, disponendo la limitazione o la decadenza dalla responsabilità genitoriale incida su diritti di natura personalissima di primario rango costituzionale. La Suprema Corte ritiene altresì criticabile la tesi che esclude l’attitudine dei provvedimenti di cui si discute ad assumere valenza di giudicato rebus sic stantibus poiché non attinenti all’esercizio della re-sponsabilità genitoriale ma alla compressione della titolarità ed in ra-gione della loro assunzione nell’esclusivo interesse del minore. Osserva la Suprema Corte come il primo argomento non tenga conto del fatto che l’esercizio della responsabilità possa essere regolato anche attraverso la sua compressione mentre il secondo argomento non consideri che nei procedimenti di separazione, divorzio ovvero ex art. 316 c.c. i provvedimenti relativi ai figli sono assunti nell’esclusivo interesse della prole tanto è vero che sono sottratti alla disponibilità delle parti ed al rispetto del principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato. Da ultimo la Suprema Corte osserva come la l. 219/12 nel modificare l’art. 38 disp. att. c.c. abbia attributo al Giudice Ordinario i procedi-menti ablativi e limitativi della responsabilità genitoriale qualora tra le parti penda un procedimento di separazione, divorzio ovvero tra geni-tori non coniugati. In ragione di ciò la Suprema Corte ritiene contrad-dittorio continuare ad operare la distinzione tra i provvedimenti assun-ti in sentenza dal Giudice ordinario ai sensi dell’art. 337 bis e segg. e quelli assunti dallo stesso Giudice ai sensi dell’art. 330 e 333 c.c. attri-buendo solo ai primi e non ai secondi attitudine di giudicato rebus sic stantibus. La Suprema Corte conclude facendo presente come ad analoghe con-clusioni debba giungersi con riguardo ai provvedimenti ablatori o limi-tativi della responsabilità genitoriale emessi dal tribunale dei minori non potendo la disparità di trattamento tra situazione identiche essere giustificata dalla speciale competenza del T.M. Quindi viene affermato l’innovativo principio di diritto per cui una vol-ta che il Tribunale per i Minorenni abbia dichiarato decaduti i genitori dalla responsabilità il provvedimento assume attitudine di giudicato rebus sic stantibus, non sia revocabile o modificabile, salva la soprav-venienza di fatti nuovi e sia pertanto, dopo che la Corte d’Appello l’abbia confermato, revocato o modificato in sede di reclamo, anche impugnabile con ricorso in cassazione. Conclusioni. Deve accogliersi con soddisfazione il principio enuncia-to dalla Suprema Corte poiché viene in tal modo data tutela a situazioni che in precedenza ne erano sprovviste.