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Il ricorso straordinario per Cassazione dei provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale (nota a Cass. Civ., 21 novembre 2016, n. 23633)

autore: F. Ferrandi

Sommario: 1. Il caso di specie. - 2. I Requisiti della decisorietà e della definitività nella evoluzione giurisprudenziale. - 3. Le ragioni poste a sostegno del nuovo orientamento della Suprema Corte. - 4. Conclusioni.



1. Il caso di specie



Con la sentenza n. 23633/2016 la Suprema Corte affronta nuovamente il tema del ricorso straordinario per Cassazione del decreto pronunciato dalla Corte d’appello sul reclamo avverso un provvedimento de potestate, emesso all’esito di un procedimento camerale svoltosi secondo quanto disposto dall’art. 336 c.c.

Nel caso de quo la Corte d’appello di Reggio Calabria aveva dichiarato inammissibile il reclamo proposto da due genitori contro il decreto con il quale, nell’ambito del procedimento ex artt. 330 e 336 c.c. promosso nei loro confronti, il Tribunale dei minorenni aveva, da un lato, confermato l’affidamento etero familiare dei lori figli minori, e dall’altro, disposto altre misure volte a fornire sostegno psicologico ai fratelli ed a fa vorirne gli incontri anche con i genitori, fermo restando le determinazioni già assunte in precedenza, in tal modo implicitamente respingendo la richiesta degli istanti di riattribuzione della responsabilità (all’epoca potestà) genitoriale da cui erano stati dichiarati decaduti. I giudici di seconde cure, in particolare, avevano rilevato come i provvedimenti temporanei ed urgenti resi, ai sensi degli artt. 330 e 333 c.c. in tema di affidamento di figli minori, possano formare oggetto di impugnazione mediante reclamo esclusivamente nei limiti in cui siano idonei a produrre uno stabile pregiudizio nei confronti del genitore interessato, ma non anche laddove presentino natura meramente temporanea e siano destinati ad essere assorbiti nel decreto conclusivo del procedimento reclamabile reso ai sensi dell’art. 739 c.p.c. Il provvedimento è stato impugnato con ricorso per Cassazione affidato a tre motivi con i quali i ricorrenti lamentavano l’erroneità della pronuncia impugnata stante il presupposto della provvisorietà del provvedimento reclamato, che avrebbe, in contrario, natura decisoria e definitiva, non solo perché emesso dal Tribunale in composizione collegiale, ma anche perché costituente l’atto conclusivo di un procedimento autonomo, idoneo a produrre i suoi effetti per un tempo indeterminato, e ad arrecare uno stabile pregiudizio ai genitori. Le censure, secondo la S.C., muovono da due esatti rilievi: la Corte d’appello ha, infatti, erroneamente affermato che il reclamo era stato proposto contro un decreto del giudice minorile delegato al procedimento, anziché (come risultava dagli atti) contro un decreto emesso dal Tribunale dei minori in composizione collegiale; ed, altrettanto erroneamente, ha ritenuto che il provvedimento reclamato avesse ad oggetto misure meramente esecutive, senza avvedersi che, in realtà, il primo giudice limitandosi a confermare “ogni precedente determinazione” assunta, aveva omesso di motivare sulle ragioni del rigetto della richiesta di riattribuzione della responsabilità genitoriale. La Cassazione, quindi, raccogliendo un’indicazione, già formulata da due decisioni1 nelle quali, ancorché incidentalmente, si era sottolineata l’esigenza di rivedere il risalente orientamento in materia, cambia opinione in merito alla natura dei provvedimenti che definiscono i giudizi sulla responsabilità genitoriale previsti dagli artt. 330 ss. c.c., affermando la loro ricorribilità ai sensi dell’art. 111, VII comma, Cost.



2. I Requisiti della decisorietà e della definitività nella evoluzione giurisprudenziale



Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione, affermando la ricorribilità ex art. 111, comma VII, Cost., si pone nettamente in aperto contrasto con la nota posizione giurisprudenziale secondo la quale i provvedimenti resi a conclusione dei giudizi de potestate non presentano il presupposto né della decisorietà, né della definitività, requisiti questi da sempre ritenuti necessari per promuovere il ricorso de quo. La giurisprudenza, infatti, ogniqualvolta investita della questione relativa all’ammissibilità del ricorso straordinario avverso i provvedimenti de potestate, ha ribadito i concetti a sua volta espressi attraverso la pronuncia delle Sezioni Unite del 15 luglio 2003, n. 110262 , ossia che i provvedimenti, emessi in sede di volontaria giurisdizione, limitativi della potestà dei genitori naturali o che pronuncino la decadenza o la limitazione della potestà, ai sensi degli artt. 330 ss. c.c., in quanto privi dei caratteri della decisorietà e della definitività in senso sostanziale, non sono impugnabili con il ricorso ex art. 111, VII comma, Cost. Tradizionalmente, il problema dell’ammissibilità del ricorso straordinario riguardante i provvedimenti non aventi la forma di sentenza fu risolto da una pronuncia delle Sezioni Unite degli anni Cinquanta, secondo cui il rimedio in esame deve essere esteso ad “ogni provvedimento che sia idoneo ad incidere in via definitiva sulle situazioni giuridiche private alla stessa stregua di un provvedimento dato in forma di sentenza a norma dell’art. 279 c.p.c.”3 , purché avente, da un lato, il requisito della decisorietà, caratteristica di ogni provvedimento emesso all’esito di un procedimento vertente su diritti soggettivi o status, idoneo ad attribuire ad uno dei contendenti un “bene della vita”, e dall’altro, la definitività, ossia l’idoneità del provvedimento a raggiungere l’attitudine di cosa giudicata in senso sostanziale, e come tale non ulteriormente impugnabile4 . Si è aperta così la strada per l’ammissibilità del ricorso straordinario anche dei provvedimenti aventi la forma di ordinanza e di decreto, purché emessi per la tutela di un diritto soggettivo o di uno status (requisito della decisorietà), all’esito di un modello procedimentale concludentesi con un provvedimento non altrimenti impugnabile (requisito della definitività). Per quanto attiene allo specifico settore del diritto processuale familiare, particolarmente delicata si presenta la questione relativa alla individuazione dei provvedimenti che possono essere qualificati come decisori e definitivi, specie in presenza del minore ed il suo superiore interesse, una posizione in conflitto con quella del genitore, titolare della potestà genitoriale e quindi del fascio diritti-doveri previsti dall’art. 30 Cost.5 , norma questa che espressamente si riferisce non solo al dovere, ma anche al diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i propri figli, e che consentirebbe di attribuire consistenza di diritto soggettivo alla situazione giuridica del genitore esercente la potestà. La giurisprudenza antecedente alla sentenza in commento, stante la marcata instabilità degli effetti dei provvedimenti camerali (sancita da quanto dispone l’art. 742 c.p.c. per cui i decreti camerali possono essere in ogni tempo modificati o revocati), riteneva non ammissibile il ricorso straordinario per Cassazione, in quanto nei procedimenti de potestate non viene risolto un conflitto fra parti processuali in lite per l’attribuzione di un “bene della vita”, ma viene attuato solamente un controllo esterno sulla potestà genitoriale affidato al giudice ed orientato all’esclusivo e preminente interesse del minore, ragion per cui la revocabilità dei provvedimenti in questione al mutare delle condizioni legittimanti vale a non conferire agli stessi il carattere della definitività6 ; i procedimenti de potestate, sarebbero quindi connotati da un carenza di contrapposizione tra diritti soggettivi, ossia quello dei genitori e quello del minore, dal momento che in essi non si decide una controversia tra parti contrapposte, ma viene esclusivamente attuata una funzione gestoria nel preminente interesse del minore7 . Non solo, ma nella stessa giurisprudenza di legittimità si rinvengono pronunce nelle quali la Corte, pur ammettendo velatamente che i provvedimenti limitativi o ablativi della potestà genitoriale sono in astratto idonei ad incidere su posizioni di diritto soggettivo, sottolinea comunque l’inidoneità di tale “incisione”, a causa delle forme camerali del procedimento, ad assumere la stabilità dell’accertamento di quegli stessi diritti che si realizza, invece, all’esito di un procedimento giurisdizionale contenzioso8 . Quanto, invece, al requisito della definitività quest’ultimo è stato generalmente escluso dalla giurisprudenza di legittimità in ragione del fatto che il decreto pronunciato in sede di reclamo, in quanto provvedimento riguardante il controllo esterno esercitato dal giudice sulla potestà e suscettibile di revisione col mutare delle condizioni legittimanti, difetta del requisito della stabilità caratteristico, invece, di ogni provvedimento giurisdizionale idoneo al giudicato9 . Peraltro, la Suprema Corte nell’escludere la definitività e la decisorietà dei provvedimenti di cui agli artt. 330 e 333 c.c., non ha mancato di rimarcarne le differenze rispetto a quelli (pacificamente ricorribili nelle forme di cui all’art. 111, VII comma, Cost.) concernenti l’affidamento dei figli minori e le relative statuizioni economiche, sottolineando che mentre questi ultimi regolano “l’esercizio” della responsabilità genitoriale, i primi attengono alla compressione della “titolarità” di detta responsabilità, rimessa al controllo esterno del giudice, vendendo assunti nell’interesse del solo minore, a prescindere dalle richieste dei genitori, fatto, questo, che impedirebbe agli stessi di acquisire valenza di giudicato rebus sic stantibus10.



3. Le ragioni poste a sostegno del nuovo orientamento della Suprema Corte



Venendo alle motivazioni che hanno portato ad affermare la ricorribilità in via straordinaria dei provvedimenti de potestate, la Corte di Cassazione ha fin da subito rilevato come il consolidato orientamento sopra ricordato meritasse “di essere superato, anche alla luce delle sopravvenute novità legislative”, nonché in considerazione del fatto che i procedimenti in questione prevedono la presenza di parti processuali quali i genitori ed il minore. Infatti, sebbene l’attività giurisdizionale svolta nei giudizi che ci occupano non abbia natura propriamente contenziosa, non può nemmeno essere ridotta ad un’attività di mero controllo della responsabilità genitoriale nell’interesse preminente del minore, posto che, ai sensi dell’art. 336 c.c., il procedimento si svolge in presenza di parti processuali tra loro in conflitto, dovendo i genitori quanto il minore essere ascoltati, nonché assistiti da un difensore. Non solo, ma l’aspetto che appare dirimente rispetto alla questione de qua è che tali procedimenti vanno a incidere su diritti di natura personalissima di primario rango costituzionale, tanto da poter essere assimilabili, almeno per quanto attiene ad un profilo pubblicistico, a quelli disposti dal Tribunale ordinario nei provvedimenti inerenti la separazione dei coniugi (e dei conviventi) e il divorzio. Altro argomento posto a sostegno del revirement della S.C. è la modifica apportata all’art. 38 disp. att. c.c.11, ad opera della l. 219/201212 la quale avendo attribuendo al Tribunale ordinario la competenza in materia di procedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale nei casi in cui sia già pendente fra le parti stesse un procedimento di separazione personale o di divorzio o un giudizio ai sensi dell’art. 316 c.c., costituisce un ulteriore argomento volto a parificare il regime processuale dei provvedimenti resi ai sensi degli artt. 337 bis ss. c.c.13 ai provvedimenti pronunciati ex artt. 330 ss. c.c. Ragion per cui non ha pregio la tesi che pretende di differenziare il regime dei provvedimenti riguardanti l’affidamento e l’esercizio della responsabilità genitoriale in sede di separazione o divorzio, notoriamente ritenuti idonei ad un giudicato c.d. rebus sic stantibus, ed i provvedimenti, come quelli oggetto della sentenza in commento, con i quali si comprime la titolarità di tale responsabilità, poiché, da un lato, “nel più sta il meno”14 e, dall’altro, “anche i primi sono assunti nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole e sono parimenti sottratti alla disponibilità delle parti, nonché al rispetto del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato”15. Di conseguenza le medesime conclusioni possono essere tratte in riferimento a provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale emessi dal Tribunale per i minorenni, in quanto la disparità di trattamento fra situazioni identiche non può trovare alcuna giustificazione nella speciale competenza attribuita a tale organo giurisdizionale. Secondo la Suprema Corte, dunque, una volta che, come del resto è avvenuto nel caso di specie, il Tribunale abbia dichiarato i genitori decaduti dalla responsabilità genitoriale (riservandosi comunque di monitorare la situazione dei minori e di stabilire eventualmente nuove condizioni per l’affidamento e/o per il collocamento), il provvedimento assume attitudine di giudicato rebus sic stantibus, non essendo più revocabile né modificabile “salva la sopravvenienza di fatti nuovi”16 potendo essere, dopo che la Corte d’appello lo ha confermato, revocato o modificato in sede di reclamo, “anche impugnabile con ricorso per Cassazione”17.



4. Conclusioni



La Corte di Cassazione con la sentenza n. 23633 del 2016, superando il risalente orientamento, ammette la ricorribilità in via straordinaria dei provvedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale, in quanto ritenuti decisori e sostanzialmente assimilabili ai provvedimenti resi in materia di affidamento dei figli minori. La sentenza offre l’occasione per tornare a riflettere sulla natura dell’attività giurisdizionale svolta nei giudizi de potestate e per affrontare, in chiave critica, il tema dell’ammissibilità del ricorso straordinario in Cassazione anche in questo delicato ambito della tutela giurisdizionale dei diritti rappresentato dal processo familiare. Tuttavia, non può non essere rilevato come la sentenza de qua presenti, comunque, qualche criticità avuto particolar riguardo ai presupposti relativi all’ammissibilità del ricorso straordinario quali la decisorietà e la definitività: in particolare, per quanto riguarda il primo requisito, poca attenzione è stata data all’individuazione dell’effettiva natura di questi giudizi, essendosi la S.C. solo limitata ad osservare che, se da un lato il procedimento in questione non è propriamente contenzioso, dall’altro, l’attività ivi svolta non può nemmeno essere degradata a mero controllo in ragione delle forme processuali del giudizio e delle garanzie ivi riconosciute alle parti, mentre per quanto riguarda il requisito della definitività, la sentenza in commento nulla aggiunge, forse valutando sufficiente il parallelo instaurato con i provvedimenti assunti ai sensi degli artt. 337 bis ss. c.c. provvedimenti notoriamente ricorribili in Cassazione, in quanto ritenuti dalla giurisprudenza idonei al giudicato rebus sic stantibus18.

NOTE

1 Sul punto cfr. Cass., 29 gennaio 2016, nn. 1743 e 1746, in Fam. e dir., 2016, 1135 ss., con nota di

RAVOT, Responsabilità genitoriale e provvedimenti de potestate.

2 In senso conforme cfr. Cass., 14 maggio 2010, n. 11756.

3 Cass., sez. un., 30 luglio 1953, n. 2593, in Foro it., 1953, I, 1248.

4 Per un approfondimento della compresenza di tali requisiti con specifico

riferimento ai giudizi de potestate, cfr. Cass., sez. un., 23 ottobre 1986, n. 6220, in Giust. civ., 1987,

I, 903; Cass., sez. un., 10 giugno 1988, n. 3931, in Giur. it., 1989, I, 1, 1224; Cass., sez. un., 25

gennaio 2002, n. 911, in Fam. e dir., 2002, 4, 367 ss., con nota di PorcAri, Provvedimenti de

potestate e inammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost.: le Sezioni Unite confermano il proprio

tradizionale orientamento.

5 Ci si chiede se sia possibile ravvisare in queste posizioni giuridiche altrettanti diritti soggettivi,

ferma restando la difficoltà di individuare con chiarezza, da un punto di vista di teoria generale, i

criteri che consentano di distinguere il diritto soggettivo da altre situazioni soggettive: sul punto

cfr. grAsso, I procedimenti camerali e l’oggetto della tutela, in I procedimenti in camera di

consiglio e la tutela dei diritti: Atti del XVII Convegno nazionale, Milano, 1991.

6 Cfr. ressAni, Ricorso straordinario per cassazione e provvedimento di decadenza dalla potestà

genitoriale ex art. 330 c.c., in Fam. e dir., 2013, 6, 586.

7 Cfr. Cass., sez. un., 23 ottobre 1986, n. 6220, cit.; in senso conf., Cass., sez. un., 10 giugno 1988,

n. 3931, cit.; Cass. sez. un., 25 gennaio 2002, n. 911, cit.; Cass., 31 maggio 2012, n. 8778, in Fam. e

dir., 2012, 11, 1056; Cass., 4 aprile 2011 n. 7609.

8 Cfr. Cass., 17 ottobre 1980, n. 5594, in Foro it., 1981, I, 69; Cass., 27 marzo 1985, n. 2151, in Giur.

it., I, 1, 265; Cass., 7 novembre 1985, 5408, in Giur. it., 1986, I, 1, 1025; Cass.,7 giugno 2002, n.

8279; Cass., 12 luglio 2002, n. 10128, in Fam. e dir., 2003, 2, 153.

9 Cfr. Cass., 13 settembre 2012, n. 15341, in Fam. e dir., 2013, 6, 586.

10 Cfr. Cass., 13 settembre 2012, n. 15341, cit., e Cass., 3 aprile 2015, n. 6863.

11 Art. 38 disp. att. c.c. 1 comma: “Sono di competenza del tribunale per i minorenni i

provvedimenti contemplati dagli articoli 84, 90, 330, 332, 334, 335, e 371, ultimo comma, del

codice civile. Per i procedimenti di cui all’articolo 333 resta esclusa la competenza del tribunale per

i minorenni nell’ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o

giudizio ai sensi dell’art. 316 del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la

competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo

periodo, spetta al giudice ordinario. Sono altresì di competenza del tribunale per i minorenni i

provvedimenti contemplati dagli artt. 25 e 317 bis c.c.”.

12 La l. 219 del 2012 volta ad eliminare ogni disparità di trattamento fra figli legittimi e figli

naturali, contiene anche alcune modifiche alle norme in tema di competenza. In particolare, l’art.

3 interviene per così dire sull’art. 38 disp. att. c.c. limitando la competenza del Tribunale per i

minorenni ai soli provvedimenti contemplati dagli artt. 84 (matrimonio del minore), 90 (assistenza

del minore nella stipula di convenzioni matrimoniali), 330 (decadenza del genitore dalla potestà

sui figli), 332 (reintegrazione nella potestà), 333 (condotta pregiudizievole del genitore e

allontanamento dalla casa familiare), 334 e 335 (amministrazione del patrimonio del minore), 371,

ultimo comma (minore ed esercizio dell’impresa) c.c. Per i procedimenti di cui all’art. 333 c.c.,

inoltre, la disciplina in questione esclude la competenza del Tribunale per i minorenni nell’ipotesi

in cui sia “in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell’art.

316 c.c.” casi questi nei quali provvede il Tribunale ordinario. Inoltre, il successivo art. 4 sancisce

l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 3 ai giudizi instaurati a decorrere dalla data di entrata

in vigore della legge stessa.

13 Art. 337 bis c.c.: “In caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili,

annullamento, nullità del matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio si

applicano le disposizioni del presente capo”.

14 Cit. Cass., 21 novembre 2016, n. 23633.

15 Cit. Cass., 21 novembre 2016, n. 23633.

16 Cit. Cass., 21 novembre 2016, n. 23633.

17 Cit. Cass., 21 novembre 2016, n. 23633.

15 Cit. Cass., 21 novembre 2016, n. 23633.

16 Cit. Cass., 21 novembre 2016, n. 23633.

17 Cit. Cass., 21 novembre 2016, n. 23633.

18 Cfr. Donzelli, Sulla natura decisoria dei provvedimenti in materia di abusi della responsabilità

genitoriale: una svolta nella giurisprudenza della cassazione, in Fam. e dir., 2017, 3, 225.