inserisci una o più parole da cercare nel sito
ricerca avanzata - azzera

Negoziazione assistita e trascrizione nei registri immobiliari: chi autentica la firma?

autore: M. Labriola

Un certo scalpore hanno suscitato due particolari provvedimenti di merito. Il primo decreto, Camera di Consiglio del Tribunale di Pordenone, è del 17 marzo 2017, reca la firma del Presidente Relatore dott. Appieno l’altro, contestuale, è emesso dal Tribunale di Roma, anch’esso riunito in Camera di Consiglio. In entrambi i giudizi si verte in ipotesi di impugnazione, ai sensi dell’art. 2672 bis cod. civ. co. 2, avverso una trascrizione con riserva ed un diniego della stessa operata dai Conservatori dei Registri Immobiliari e relative ad un accordo di negoziazione assistita tra coniugi. Il caso è il seguente. Le parti sottoscrivevano una convenzione ed un successivo accordo di negoziazione assistita di separazione personale in cui si prevedevano trasferimenti reciproci di quote di proprietà immobiliari, a definizione dei rapporti economici e patrimoniali esistenti tra loro, al fine di dirimere le controversie sorte a causa della intervenuta crisi familiare. Tale impegno avrebbe comportato, come è noto, l’esenzione da ogni imposta o tassa ai sensi dell’art. 19 l. n. 74/87 e della sentenza Corte Costituzionale n. 154/1999. Benché entrambi gli accordi avessero passato il vaglio positivo delle Procure della Repubblica e fossero stati immediatamente trascritti/annotati dagli Ufficiali di Stato Civile territorialmente competenti in entrambe le città, i Conservatori dei Registri Immobiliari, uno rifiutandosi di trascrivere e l’altro accettando con riserva, sollevavano dubbi sulla idoneità del titolo. La contrarietà alla trascrizione constava nella mancata autentica da parte di un pubblico ufficiale delle firme dei coniugi apposte nell’accordo. Non v’è dubbio che la fattispecie di cui si discute è quella dei trasferimenti inseriti all’interno delle convenzioni senza necessità dell’intervento del notaio, rimanendo esclusi gli impegni a stipulare posticipati nel tempo. Con maggior rigore ermeneutico, il Tribunale di Pordenone evidenzia come non sia il dubbio sulla legittimità della trascrivibilità delle cessioni immobiliari, all’interno degli accordi di negoziazione, ad aver impedito al Conservatore di attendere al proprio ufficio, bensì il rilievo della mera assenza dell’autenticazione delle sottoscrizioni da parte di un pubblico ufficiale. Da ciò si desume quanto sia assolutamente ammissibile un accordo contente trasferimenti di diritti reali tra ex coniugi, quindi atti con effetti traslativi. Sottolinea il Collegio che l’obbligatorietà della autentica della firma, prevista dal d.l. n. 132/2014, il cui precetto è contenuto nell’art. 5 co 3, indica che gli avvocati devono certificare l’autografia delle firme, tuttavia, se concludono “uno degli atti soggetti a trascrizione, per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo, deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato”. Orbene, partendo da tale dato testuale, entrambi i giudici di merito escludono che la detta dicitura, contenuta nell’art. 5, possa essere applicabile anche alle fattispecie di negoziazione assistita in materia di diritto di famiglia. La differenza tra le due diverse procedure viene individuata nella assoluta specificità ed unicità della convenzione e dell’accordo conclusi in materia di separazione, divorzio o di modifica delle condizioni di separazione e divorzio. Inoltre, i tribunali evidenziano come, mentre per gli accordi relativi alle materie diverse da quelle familiari, non venga previsto un “filtro di ammissibilità o idoneità” del Procuratore della Repubblica, l’accordo negoziato tra coniugi o ex coniugi, “produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui al comma I, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o divorzio”, pertanto, tale intervento dell’autorità è condizione imprescindibile per il perfezionamento dell’atto. La conseguenza di tali assunti è che “poiché i provvedimenti giudiziali – sentenze ordinanze e decreti – non richiedono autenticazioni delle sottoscrizioni da parte di ulteriori pubblici ufficiali a ciò autorizzati ai fini della trascrizione delle cessioni immobiliari in essi eventualmente contenute, risulta evidente che neppure gli accordi di negoziazione dovranno essere soggetti a tale adempimento, pena la vanificazione della predetta espressa equiparazione ai provvedimenti giudiziali ed il conseguente irriducibile contrasto con i canoni costituzionali di coerenza e ragionevolezza”. Al rifiuto del Conservatore di trascrivere atti le cui firme non sono state autenticate da un pubblico ufficiale, non versandosi in ipotesi di provvedimento giurisdizionale, il collegio friulano eccepisce che, oltre alle sentenze, sono soggetti a trascrizione anche, per esempio, i decreti di trasferimento di beni espropriati ed il lodo arbitrale, senza bisogno di ulteriori autenticazioni. Quindi, i giudici rilevano che, poiché l’accordo di negoziazione assistita sottoscritto in materia di famiglia è, per legge, equiparato al provvedimento giudiziale, questi non necessita di autenticazione pubblica alcuna. Inoltre, i provvedimenti di prime cure qui commentati evidenziano come il legislatore abbia avvertito l’esigenza di specificare che solo nella materia non familiare l’assenza di un controllo del P.M. imporrebbe la diversa formalità nella sottoscrizione dell’atto da parte del notaio. In ultimo, il giudice di Pordenone sottolinea come proprio la previsione dell’obbligo del doppio difensore – uno per parte – nella materia familiare, garantisca”una maggiore funzionalità ed efficienza della giustizia civile”. Non si trascura l’importanza, quale preliminare e necessario presupposto, che potrebbe derivare dall’attribuire all’avvocato il potere di autenticazione di firma in funzione di pubblico ufficiale, tuttavia, ciò non sembra essere desumibile dal testo letterale del d.l. 132/2014. Qualora si volesse accedere, come fanno entrambi i Collegi, ad una interpretazione, alquanto disorganica, che tenda a ripartire le modalità di attuazione degli accordi ed i principî generali, espressi nella legge, in due configurazioni – “tutte le altre materie” ed il “diritto di famiglia” – ci si dovrebbe districare tra il dover applicare, in riferimento a quanto contenuto negli articoli tutti rubricati sotto il Capo II, parte della medesima disciplina ad entrambe le fattispecie e parte solo agli accordi non di diritto di famiglia (autentica di sottoscrizione da parte del pubblico ufficiale). Ma la struttura delle norme non permette di valersi di tale suggerimento. Dalla lettura dei precetti normativi, infatti, si desume come siano applicabili ad entrambe le ipotesi l’art. 2 co. 1, cooperazione di buona fede e lealtà, co. 4, redazione in forma scritta dell’accordo, co. 6, certificazione della autografia delle firme, co. 7 obbligo di informazione del cliente, l’art. 5 co. 2, conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico, co. 3, sottoscrizione del processo verbale di accordo autenticato dal pubblico ufficiale e co. 4 illecito disciplinare per l’avvocato che impugni l’accordo raggiunto e l’art. 11 trasmissione dell’accordo al Consiglio dell’Ordine. Inoltre, va colto come nel successivo art. 6 “convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio”, non siano riportati tutti i predetti principî generali – quali l’obbligo di buona fede e lealtà, autografia, obbligo di informazione ecc. –, presupposti necessari per tutte le fattispecie di accordi, previa inammissibilità della negoziazione, non v’è dubbio, infatti, che tali prescrizioni siano applicabili anche tra i coniugi o gli ex coniugi. Con riferimento, poi, alla formulazione contenuta nel co. 3 dell’art. 6 “l’accordo raggiunto a seguito della convenzione produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono […] i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento o di modifica degli condizioni di separazione o divorzio”, si ravvisa come essa rappresenti una necessaria specificazione affinché, solo a titolo esemplificativo, si abbia certezza della data di decorrenza per la procedibilità di un successivo giudizio di divorzio, per formalizzare il momento certo di scioglimento della comunione legale tra i coniugi, per la decorrenza della prescrizione dei diritti relativi agli ex coniugi ovvero per procedere ad eventuali esecuzioni. Quindi, anche su sollecitazione degli estensori dei decreti in commento, l’analisi deve essere spostata sul rilevo mosso circa la diversità della natura giuridica dei due tipi di accordi. Orbene, gli accordi di cui al precedente art. 5, essendo esplicitamente attribuita ad essi la validità di titolo per poter iscrivere ipoteca, a parere di chi scrive vanno annoverati, sul presupposto della decisiva tassatività dell’elenco dell’art. 2818 cod. civ. (escludendosi le sentenze, i decreti ingiuntivi ed i decreti di omologazione) tra i lodi arbitrali. In particolare, l’art. 824 bis c.p.c., introdotto a seguito della riforma sull’arbitrato, testualmente recita “il lodo ha dalla data della sua ultima sottoscrizione gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria”. Ne consegue che l’attività degli arbitri ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, applicandosi, anche al lodo non impugnabile, l’effetto espansivo della sentenza previsto dall’art. 1306, co. 2 cod. civ.1 . Quindi, anche gli accordi non “familiari” producono gli effetti di una sentenza. D’altronde, persino il Collegio, nel decreto in commento, sottolineando come il Conservatore sia caduto in errore partendo dal presupposto per cui l’accordo negoziato senza autentica di pubblico ufficiale non possa essere trascritto in quanto non equiparabile ad un provvedimento giurisdizionale, esemplifica sostenendo che può essere trascrivibile anche il lodo arbitrale. Non è chiaro, pertanto, come mai se per l’accordo non di famiglia, avente natura giuridica di lodo arbitrale, sia prevista l’autentica della sottoscrizione da parte del pubblico ufficiale, per l’accordo di famiglia, equiparabile anch’esso a provvedimento giurisdizionale, si debba prescindere dalla autentica delle sottoscrizioni. Sulla autentica della firma va rilevato che essa serve a provare che una persona ha firmato in presenza di un pubblico ufficiale, che a sua volta ne verifica l’identità, ai sensi dell’art. 2703 cod. civ. Tuttavia, diversamente dalla autentica c.d. amministrativa che svolge unicamente la funzione di prova della autenticità della sola firma, quella notarile – prevista dal d.l. 132/2014 – serve a controllare, oltre alla autenticità della firma, anche il contenuto dell’atto e delle informazioni in esso contenute. Tra gli altri, in ipotesi di atti soggetti a trascrizione, il pubblico ufficiale verifica i dati catastali di tutti gli atti2 . In particolare “gli atti pubblici e le scrittura private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre alla identificazione catastale il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità dello stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. […] Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari. […] È opportuno evidenziare, in proposito, che le disposizioni in esame sono riferite ad atti aventi oggetto il trasferimento, la costituzione di diritti reali di godimento o lo scioglimento di comunione di diritti reali, redatti con requisiti di forma idonei per la trascrizione”. Questa indicazione normativa contenuta nella recente novella sull’aggiornamento del catasto che ha ribadito, con l’art. 19 del d.l. 31.05.2010 n. 78 convertito con modificazioni dalla l. 30 luglio 2010 n. 122 e circolari integrate, la obbligatorietà della autentificazione del solo notaio, non ai fini formali di veridicità della firma, bensì ai fini del controllo sul contenuto degli atti trascrivibili a contenuto traslativo, non è superabile da una interpretazione giurisprudenziale che distingua le ipotesi di negoziazione assistita. La circolare del Ministero della Giustizia dipartimento per gli affari di giustizia (affari civili interni) del 29 dicembre 2016, in risposta al quesito formulato dalla Corte d’Appello ha sottolineato come, nell’ipotesi di cui all’art. 5 co. 3, trattasi di autentica formale, riservata ai notai e riguarda tutte le scritture private aventi contenuto negoziale. Né, d’altronde, sarebbe possibile sostenere che la presen za del pubblico ministero, organo amministrativo più che giurisdizionale in senso stretto, sostituisca i suddetti precetti normativi. La soluzione corretta dovrebbe essere quella di attribuire, con una espressa previsione di legge, anche agli avvocati quel potere di controllo e di certificazione nella redazione di atti soggetti a trascrizione. In ultimo, si evidenzia come sia stato, in entrambi i casi, erroneamente adito il tribunale in composizione collegiale. Come previsto dall’art. 113 bis disp. att., la parte, in caso di rifiuto del Conservatore, può avvalersi del procedimento ex art. 745 c.p.c. e, ai sensi del co. 2, ricorrere al Presidente del Tribunale nella cui circoscrizione il depositario (dei RR.II.) esercita la sua funzione. Il Presidente del Tribunale provvede con decreto, sentito il pubblico ufficiale (Cass. Civ., sez. 1, n. 15131/2015). Di diverso avviso è la ordinanza emessa a seguito di impugnazione promossa dalla Agenzia delle Entrate del Friuli Venezia Giulia, che esorta, preliminarmente, a non dimenticare le disposizioni codicistiche in materia di trascrivibilità degli atti e della forma necessaria per la loro trascrizione ai sensi degli artt. 2567 e 2703 cod. civ. Peraltro, aggiunge la Corte d’Appello, il giudice di primo grado non pone l’accento sulla qualifica di pubblico ufficiale che acquisirebbe l’avvocato che firma l’accordo, quanto sulla equiparazione della negoziazione agli altri provvedimenti che concludono l’iter della separazione in sede giurisdizionale. In questo senso i giudici di Trieste pervengono, così come già evidenziato in questo commento, alla conclusione che “l’art. 5 medesimo abbia una portata generale e non limitata ad alcune materie, così da escludere l’autenticazione per quelle di cui al successivo art. 6”. Inoltre, la Corte opera un distinguo tra autenticazione della firma ai fini della trasmissione all’ufficiale di stato civile ed ai fini della trascrizione immobiliare, nel senso che non vi è spazio, nel nostro ordinamento, perché il difensore disponga della facoltà di procedere ad atti che comportino la pubblicità immobiliare, non potendosi derogare a quanto tassativamente previsto dall’art. 2657 cod. civ., anche volendo interpretare la dicitura “produrre gli stessi effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria”, non si potrebbe attribuire al controllo del PM alcuna funzione giurisdizionale, di conseguenza l’atto non trasforma la sua natura da accordo privato in atto pubblico. Non secondaria importanza, per il giudice di appello, riveste la necessaria veste di terziatà in capo al soggetto autenticante, neutralità assente per antonomasia nel difensore di ciascuna delle due parti. In conclusione è necessario che l’avvocatura familiarista insista per una puntuale modifica della disciplina relativa alla autentica delle sottoscrizioni di atti predisposti dal legale, senza doversi affidare alla interpretazione giurisprudenziale che sconta la evidente caducità di alcune forzature.

NOTE

1 C. Cass. n. 11634/2014.

2 Art. 19 c. 14 d.l. 78/2010, conv. l. 112/2010; art. 29 l. 52/1985.